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7 settembre 2019

 

In Amazzonia. Lezioni dalla giungla profonda

di Nacho Yuchark e Sergio Ciancaglini

Traduzione di Michele Fazioli

 

Tra gli Apuriná della comunità di Boca do Acre. «Siamo circondati da produttori che invadono la nostra terra. Il 13 agosto è stato definito da Bolsonaro come Fire Day. Qui hanno bruciato 600 ettari. Chiediamo solo rispetto»

 

Antonio José, uno dei capi del popolo Apuriná, ha negli occhi e nell’intuito una specie di Gps della giungla, che gli consente di orientarsi nei labirinti più intricati dell’Amazzonia.

Arriviamo alla comunità di Boca do Acre, dopo circa 40 chilometri di sobbalzi automobilistici. Abbiamo trascorso la notte in due amache dopo essere stati invitati a mangiare carne di manzo e riso alla luce del sole notturno visto che nella comunità non c’è elettricità.

 

Da qui, all’alba, abbiamo passato due stupende ore e mezza di cammino, passando attraverso boschi fatati e anche per grandi pascoli per l’allevamento da esportazione là dove un tempo c’erano montagne. A proposito, vengono esportati i legni migliori.

 

Antonio: «Siamo circondati da produttori che invadono la nostra terra. Il 13 agosto è stato definito da (il presidente Jair) Bolsonaro come Fire Day [Giorno di Fuoco – ndt]. Qui hanno bruciato 600 ettari. Chiediamo solo rispetto.»

 

La marcia ha incontrato degli ostacoli, alcuni anche concreti come la caduta di entrambi i membri della troupe di lavaca in due torrenti, mentre cercavano di attraversarli su tronchi non troppo larghi e con un equilibrio non molto amazzonico.

 

Aspetto fondamentale: le fotocamere che hanno permesso queste foto non si sono bagnate, anche se la nostra autostima ne è uscita abbastanza zuppa.

 

Antonio José e altri capi, assieme a Francisco, hanno rappresentato un aiuto prezioso in quel frangente.

 

È proprio quando tutto sembra instabile che impariamo il valore di una spalla su cui appoggiarsi. O il significato di una mano che ti viene offerta dall’altra riva mentre stai per affogare. L’aneddoto acquatico è solo un capitolo in più sulla generosità dei capi Apuriná.

 

Nel quaderno ormai bagnato e sbiadito ritrovo come il nome del territorio significhi una proposta che gli Apuriná continuano a rivendicare:

Val-Paraiso, ovvero Ritorno al Paradiso.

Ritrovo anche un dialogo di tre parole con Antonio José, nel mezzo della giungla bruciata:

– Bolsonaro?

– Uno psicopatico.

 

Tutti gli scatti sono di Nacho Yuchark

Questo articolo fa parte di una copertura giornalistica cooperativa nella regione amazzonica dell’Acre realizzata da lavaca.org – Rivisita Mu e sostenuta da dinamopress. Sul campo, ci sono il giornalista Sergio Ciancaglini e il fotoreporter Nacho Yuchark.

 

 

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