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05/12/2019

 

Un altro caso di suicidio sconvolge il Libano 

di Pierre Balanian

 

Paralizzato da 50 giorni di sciopero, il Paese assiste impotente a un'ondata di suicidi. Si moltiplicano le iniziative di sostegno a favore dei disoccupati e dei disperati da parte di chi ancora può aiutare. Ma si moltiplicano anche i casi di sciacallaggio: scoperto un finto tentativo di levarsi la vita, architettato per chiedere soldi sui social network.

 

A meno di quattro giorni dal suicidio di un 40enne di Arsal, si è diffusa ieri in tutto il Libano la notizia del suicidio di un altro padre di famiglia, questa volta della periferia di Beirut. Dany Abi Haydar, 41enne e padre di tre figli, ha deciso di porre fine alla propria vita sparandosi un colpo alla tempia con un fucile da caccia. Era davanti ai suoi genitori.

Dany abitava a Nabaa, un quartiere conosciuto anche come «il Bronx di Beirut», nella zona est della periferia della capitale. Nonostante fosse cresciuto in una delle zone più povere del Paese, Dany era uno dei più fortunati del quartiere. Aveva un lavoro in una azienda di illuminazioni, con uno stipendio fisso che con gli straordinari gli permetteva di guadagnare fino a 2 milioni di lire libanesi al mese.(circa 1.200 euro al mese).

l padre di Dany ha racontato ad AsiaNews come sono andati i fatti: «Era padre di tre figli, ma otto mesi fa ha perso il suo lavoro e non era più in grado di pagare l'affitto. Si è trasferito con la famiglia a casa nostra, insieme a suo fratello. Ma i suoi debiti con il supermercato, solo per il cibo, superavano oramai i 3 milioni di lire. Inoltre, al lavoro hanno iniziato a parlare di licenziamenti».

Ieri Dany è andato come al solito a lavoro, ma è rientrato alle 10.30 del mattino e ha preso il fucile da caccia. Il padre gli ha chiesto se intendesse andare in cerca di animali da uccidere, e l'uomo ha risposto in maniera affermativa. Il tempo di girarsi, e il figlio si era sparato ed era caduto a terra, in una pozzangera di sangue.

Continua il padre: «Mi rivolgo ai manifestanti: che cosa volete ancora? Avete paralizzato il Paese per 50 giorni, ci avete portato a questo. Volete sangue? Altro sangue?»Il fratello disoccupato anche lui è in pieno collasso e non parla, mentre la madre – che si è cosparsa il viso col sangue del figlio - incredula si chiede a voce alta: «Perché ti sei tolto la vita? Eri credente, pregavi, facevi il digiuno, non facevi del male a nessuno, non sparlavi di nessuno...». L’azienda per la quale lavorava ha negato di averlo licenziato.

Ieri notte una grande manifestazione nella zona cristiana si è messa in marcia dalla Chiesa di Sant’Elia ad Antelias fino a Jal el Dib: la gente in marcia era talmente numerosa che la strada è stata bloccata. A Jal el Dib tre bare sono state depositate sulla piazza.

Due giorni fa la signora Halima Mualem - minacciata di sfratto per insolvenza, disoccupata con a carico la madre ed il figlio entrambi malati - è stata fotografata in pieno centro con un cartello in mano sul quale era scritto «Vendo un rene a prezzo economico». Una campagna sui social media l’ha salvata dallo sfratto garantendo l’affitto della casa.

La solidarietà via social si è dimostrata però un'arma a doppio taglio. Ieri in serata è apparso sui social il video di un ragazzo che tentava di darsi fuoco: salvato in extremis dagli amici, è risultato essere falso per attirare aiuti dalla gente. Gli autori sono stati fermati dalle forze dell'ordine.

Stamane un signore anziano non in grado di pagarsi le medicine ha minacciato di suicidarsi: all’arrivo della stampa il ministero della Sanità ha promesso di garantirgli le medicine gratuitamente lunedì prossimo.

Tuttavia, la società civile reagisce anche con imprese lodevoli. Un supermercato ha messo all’ingresso una scritta: «Caro cliente, se non puoi pagare ma hai fame prendi quello che ti serve senza pagare. Accettiamo dai clienti più fortunati qualsiasi donazione di sostegno».

 

 

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