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martedì 9 aprile 2019 

 

Libia: Aeroporto bombardato, migliaia di civili in fuga. «Telefonata Haftar-Conte»

Almeno 21 i morti nel fine settimana, 32 dall'inizio dell'offensiva del generale Haftar. Il premier Conte riferirà giovedì in Parlamento. I 400 militari italiani nel Paese restano al loro posto

 

La battaglia infuria intorno a Tripoli.

L'unico aeroporto funzionante della capitale libica, quello di Mitiga, è stato colpito da raid aerei lunedì e poi ancora martedì mattina ed è stato chiuso e poi riaperto solo per i voli notturni.

Intanto sale il numero delle persone in fuga dalle zone di combattimento. Gli sfollati sarebbero già tremila o forse più. Le Nazioni unite in mattinata parlavano di oltre duemila ma i numeri crescono di ora in ora. C'è poi il dramma dei civili intrappolati tra i combattenti, che non possono mettersi al sicuro

Lo scontro sta avendo ripercussioni a livello internazionale anche sul mercato del petrolio, con i prezzi in rialzo per il timore della diminuzione dell'offerta per il blocco, almeno parziale, della produzione libica. Una telefonata è intercorsa lunedì sera tra il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, e il premier libico Fayez al-Sarraj. Lo ha riportato la pagina Facebook del Governo di accordo nazionale libico specificando che il colloquio telefonico ha riguardato "gli sviluppi e le ripercussioni dell'aggressione che la capitale di Tripoli e altre città libiche hanno subito da parte delle forze del generale Haftar". "Conte - continua il post - ha confermato il rifiuto dell'Italia per questo attacco, che ha minato la stabilità e minaccia la vita dei civili". Il presidente del Consiglio italiano ha poi auspicato, si legge ancora nel post, "la fine del conflitto".

 

Cresce intanto a livello europeo la preoccupazione, anche per quanto riguarda i migranti. Sia perché le loro vite sono sempre più a rischio, sia perché si teme una nuova nuova ondata sul Mediterraneo. "L'Europa deve intervenire subito unita in Libia per evitare nuove crisi migratorie di cui l'Italia pagherebbe un prezzo altissimo", ha detto il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani.

L'Europa continua a sollecitare "una tregua umanitaria come raccomandato dall'Onu; a evitare qualsiasi ulteriore escalation militare e a tornare al tavolo del negoziato", ha dichiarato l'Alto rappresentante dell'Ue Federica Mogherini al termine del Consiglio Esteri, evidenziando il sostegno all'inviato speciale Onu Ghassam Salamé.

In realtà questi appelli non sembrano interessare il generale Khalifa Haftar, forte del sostegno diretto di Egitto e Arabia Saudita. Se nelle ultime ore si registra un calo nell'intensità dei combattimenti a Tripoli, questa secondo gli analisti non è legata a pressioni americane ma ad un esaurirsi delle speranze del generale di una rapida conquista della capitale e a fasi di riorganizzazione dei due fronti in vista di un'ulteriore escalation. Il vero problema per Haftar e i suoi alleati è quello di evitare uno stop che comporti un conseguente arretramento delle posizioni, perché tale evento potrebbe essere letto come un fallimento della sua strategia con il conseguente indebolimento della sua posizione in campo internazionale e quindi nelle possibili future trattative sul futuro del Paese.

È di 21 morti e 27 feriti il bilancio della battaglia per Tripoli iniziata nel fine settimana e che si combatte ormai una decina di chilometri a est della capitale. Dall'inizio dell'offensiva del generale Khalifa Haftar contro la capitale libica almeno 32 persone sono state uccise, di cui 14 nelle fila dell'Esercito nazionale libico di Haftar, e 50 ferite. L'Onu ha chiesto invano un cessate il fuoco di due ore per evacuare civili e feriti dalla periferia sud di Tripoli.

Il premier Fayez al-Sarraj, riconosciuto dalla comunità internazionale, accusa il rivale, il generale Khalifa Haftar che controlla la Cirenaica, di «tradimento» e di tentato golpe. «Abbiamo teso le nostre mani verso la pace», ha dichiarato in tv, «ma dopo l'aggressione da parte delle forze di Haftar e la sua dichiarazione di guerra contro le nostre città e la nostra capitale non troverà nient'altro che forza e fermezza». Intanto l'Ufficio dell'Onu per i diritti umani rende noto che negli ultimi quattro giorni, almeno 2.200 persone sono fuggite a causa dei combattimenti in corso a sud di Tripoli.

 

Sarraj ha fatto scattare l'operazione "Vulcano di rabbia" per contrastare Haftar con l'aiuto degli uomini di "Bunian al Marsus", la coalizione di milizie che nel 2017 ha sconfitto il Daesh a Sirte. Il contrattacco è stato lanciato verso il distretto di Giofra, dove si trovano le forze dell'autoproclamato Esercito nazionale libico. L'aviazione governativa ha bombardato le forze di Haftar nella zona dell'aeroporto internazionale di Tripoli, chiuso dal 2014, e a Wadi Rabea. Jet del generale hanno risposto con un bombardamento aereo a Naqliya camp, sulla strada dell'aeroporto.

Il premier Giuseppe Conte ha chiesto di scongiurare un bagno di sangue: «La Libia è un dossier che seguo personalmente da tempo», ha ricordato domenica a margine di Vinitaly a Verona, «già nella conferenza di Palermo si era evidenziata l'esigenza di prevenire l'escalation di violenza. Adesso si sta manifestando. Confido che il generale Haftar, col quale sono costantemente in contatto, voglia evitare bagni di sangue». Secondo quanto si apprende da fonti parlamentari, il Presidente del Consiglio ha dato la disponibilità a svolgere un'informativa urgente sui recenti accadimenti in Libia nella seduta dì giovedì 11 aprile, alle ore 15.

 

Da Dinard, in Francia, i ministri degli Esteri del G7 hanno chiesto a tutte le parti coinvolte di interrompere immediatamente ogni azione militare e ogni ulteriore movimento verso Tripoli, ribadendo che «non esiste una soluzione militare». Dopo il ritiro del contingente militare statunitense, il segretario di stato Pompeo chiede «l'immediata cessazione del fuoco, non esiste soluzione militare alla crisi».

Nella capitale sotto assedio le scuole resteranno chiuse per tutta la settimana. Gli abitanti stanno cominciando a fare scorte di benzina e prodotti di prima necessità nei supermercati. A causa della situazione di incertezza, gli Usa hanno richiamato un proprio contingente dalla Libia mentre alcuni diplomatici americani hanno lasciato Palm City, a una ventina di chilometri da Tripoli.

Per ora l'inviato Onu per la Libia, Ghassan Salamè, ha confermato la Conferenza nazionale sulla Libia in programma dal 14 al 16 aprile a Ghadames, nel sud-ovest del Paese, «a meno che circostanze considerevoli non ce lo impediscano». La conferenza di Ghadames dovrebbe mettere a punto una roadmap per far uscire il Paese dal caos in cui è piombato dopo la caduta del regime di Gheddafi del 2011.

 

I militari italiani in Libia

Nonostante la crisi restano regolarmente dispiegati circa 400 militari italiani presenti in Libia impegnati nella Missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia (Miasit). Il grosso dei militari italiani (300) è dislocato presso l'ospedale da campo di Misurata, attivato per fornire assistenza sanitaria alle forze libiche impegnate nel contrasto alla presenza dell'Isis nel Paese. Il resto delle forze armate nazionali si trova a Tripoli con compiti di supporto alla guardia costiera locale. In particolare, nel porto della capitale libica c'è la nave Capri della Marina Militare che fornisce aiuto logistico, nonché un team addestrativo.

 

EDITORIALE di Giorgio Ferrari

Tragedie libiche e autolesionismi

 

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