Francesca Borri

1 luglio 

 

MALTA

Fa un po' effetto essere qui.
Perché Malta è molto bella. E però anche molto finta.
Malta è l'anima nera dell'Europa.

Con la sua posizione, tra l'Italia, la Tunisia e la Libia, esattamente al centro del Mediterraneo, Malta è sempre stata un avamposto strategico per le spedizioni commerciali e militari. Dai fenici in poi. Gli ultimi suoi conquistatori sono stati gli inglesi. E fino all'indipendenza, fino al 1964, Malta è stata sostanzialmente una base logistica della marina britannica. Partita la flotta, però, con tutto il suo indotto, è stata costretta a reinventarsi l'economia. E dopo un tentativo di sviluppo fondato sul basso costo della manodopera, quando si è vista superare da paesi con un costo ancora più basso ha deciso di vendere la sua unica vera ricchezza: se stessa. Ed è diventata un paradiso fiscale. 
La tassazione delle imprese qui è al 35 percento. Ma tra mille cavilli e espedienti, quella effettiva è intorno al 10 percento. Nei suoi 316 chilometri quadrati, Malta ha 434mila abitanti e oltre 53mila società: la concentrazione più alta al mondo. 
E il suo principale bene d'esportazione è quindi abbastanza singolare: il passaporto. Dal 2014 è possibile comprarne uno attraverso la Henley and Partners. Costa 650mila euro. Più un investimento di altri 150mila euro in azioni di società locali, e l'acquisto di una casa. O un contratto di affitto quinquennale. I requisiti sono, diciamo, flessibili: otto miliardari russi sono risultati residenti in un sottoscala. L'idea è stata del primo ministro laburista Joseph Muscat. E nel solo primo anno, ha fruttato 500 milioni di euro. Oggi, quasi il 25 percento del PIL di Malta è ricavato così. Mentre l'Europa si interroga di ius soli e ius sanguinis, qui quello che conta è lo ius pecuniae.


E se provi a raccontare tutto questo, finisci ucciso.
Finisci come Daphne Caruana Galizia.


E quindi sono qui, in questi giorni. A scrivere un po' di cose arretrate, e guardare attraccati in porto tutti questi yacht per cui dovremmo mobilitarci molto più che per una Sea Watch. Hanno a bordo un altro genere di profughi: quelli che non sono in fuga dalla guerra e dalla violenza, ma dalla legge. In cerca non di una vita, ma di un fisco migliore. Quelli che violano le sole frontiere che nessuno pattuglia: le frontiere dei capitali, per cui da Microsoft a Apple, da Google a Amazon le tasse ormai non si pagano, si ottimizzano, come dicono i consulenti specializzati in elusione, e l'unica cosa che importa, è aumentare i profitti. A scapito dei lavoratori. Dell'ambiente. Di scuole e ospedali. Di strade e ponti. Di tutto. Negli anni '50, lo stipendio di un amministratore delegato era in media 20 volte quello di un suo dipendente. Oggi 361. O anche 1.440, come nella Fiat di Marchionne.
Ma è normale. Qui il 12 percento del PIL arriva dall'attività regina del riciclaggio: il gioco d'azzardo online. E però, per le agenzie di rating, Malta ha tutte A.
Insistono a parlarci di 42 naufraghi: perché sul resto non hanno idea di cosa dire.
Ma Lampedusa era davvero il porto sicuro più vicino? E la Sea Watch, era davvero in stato di necessità? E il salvataggio, dove è avvenuto, di preciso? Più vicino alla Libia o all'Italia? E che vento c'era? E una motovedetta della Guardia di Finanza, cos'è, una nave da guerra? E che norme si applicano, se batti bandiera olandese e hai un capitano tedesco? O forse si applica il regolamento di Dublino? Ci vogliono tutti esperti di diritto del mare. Così da distrarci dal diritto della terra.

 

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