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16/03/2019

 

In 50 anni Israele ha espropriato 10mila ettari di terra palestinese

 

Dietro gli espropri forzati l’esercito ha addotto questioni di sicurezza nazionale. Tuttavia, più della metà dei terreni sono stati utilizzati per sviluppare nel tempo insediamenti o strade a beneficio dei coloni ebraici. I proprietari non sono mai stati risarciti. Il governo Netanyahu ha impresso una accelerazione alla politica di espansione.

Negli ultimi 50 anni Israele ha espropriato oltre 10mila ettari di terra appartenente in origine ai palestinesi, cintando questioni legate alla sicurezza nazionale; tuttavia, quasi la metà dei terreni è andata in concessione a coloni ebraici della Cisgiordania. È quanto emerge da un rapporto pubblicato in questi giorni da Kerem Navot, una organizzazione non governativa israeliana che ha monitorato la crescita degli insediamenti e le operazioni di esproprio promosse dal governo nella West Bank fra il 1969 e il 2014.

Secondo gli attivisti, circa il 47% della terra requisita sfruttando norme e leggi che rientrano nel novero delle “necessità urgenti sul piano militare” sono usate oggi per gli insediamenti o come strade di accesso alle colonie. Alcune di queste, in un primo momento, erano usate per infrastrutture militari o depositi dell’esercito. Con il passare degli anni edifici e terreni sono stati concessi in usufrutto ai coloni.

Gli insediamenti sono comunità abitate da civili e militari israeliani e costruite nei territori conquistati da Israele dopo la Guerra dei sei giorni del giugno del 1967, in Cisgiordania, a Gerusalemme Est, nelle Alture del Golan e nella Striscia di Gaza. Nel 1979 Israele si è ritirata dagli insediamenti nel Sinai dopo aver firmato l’accordo di pace con l’Egitto, e nel 2005 l’allora premier Ariel Sharon ha ordinato lo smantellamento di 17 colonie israeliane nella Striscia di Gaza.

Al momento le colonie - illegali secondo il diritto internazionale - si trovano a Gerusalemme Est, in Cisgiordania e sulle Alture del Golan. Secondo dati del ministero israeliano degli Interni, quelle riconosciute in Cisgiordania sono almeno 133 - cui si aggiungono un centinaio di “avamposti” - e ospitano circa 500mila persone. A Gerusalemme Est vivono circa 300 mila israeliani e 20 mila nelle Alture del Golan.

Interpellati dall’Afp vertici militari israeliani affermano di non essere a conoscenza del rapporto, ma che esso “verrà studiato dalle autorità competenti”. L’autore della ricerca, Dror Etkes, spiega che la prima ondata di insediamenti si è registrata sotto un governo a guida laburista, considerato moderato, fra il 1967 e il 1977. In quel periodo, aggiunge il ricercatore, ha iniziato a farsi largo “il concetto di sequestro di terra” che poi sarebbe andata ai coloni.

Il picco sarebbe avvenuto fra il 1979 e il 1983, con il Likud [attuale partito di governo] al potere nel Paese. Il diritto internazionale e umanitario prevede che questi espropri di terra siano temporanei e che i proprietari siano risarciti in maniera adeguata. Niente di tutto questo è mai avvenuto e la pratica ha continuato a essere utilizzata nel tempo, subendo una ulteriore accelerazione nell’ultimo periodo. Sotto il governo Netanyahu, infatti, vi è stato un considerevole incremento. Negli ultimi anni il numero è aumentato del 20%, conseguenza anche dell’interruzione nel 2014 dei colloqui di pace e della successiva escalation di violenze, di fronte alla quale si è rivelata sempre più evidente l’inerzia (o impotenza) della comunità internazionale.

 


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