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giovedì 11 aprile 2019

 

Julian Assange è stato arrestato a Londra

 

Per conto degli Stati Uniti, che ne chiedono l'estradizione: dal 2012 il fondatore di Wikileaks viveva come rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador, che oggi lo ha espulso

 

Julian Assange, il 47enne fondatore di Wikileaks, è stato arrestato questa mattina a Londra, nell’ambasciata dell’Ecuador dove dal 2012 viveva come rifugiato politico. L’imminente espulsione di Assange dall’ambasciata era stata anticipata la settimana scorsa sempre da Wikileaks e motivata con la violazione da parte di Assange dei termini del suo asilo politico. L’arresto è avvenuto per una violazione della libertà su cauzione avvenuta nel Regno Unito nel 2010, e per conto delle autorità statunitensi che avevano emesso un mandato di estradizione che lo accusa di aver cospirato per hackerare una rete informatica del governo e diffondere documenti riservati. Il giudice britannico Michael Snow ha già giudicato Assange colpevole di aver violato le condizioni della libertà vigilata: potrebbe ricevere una condanna fino a 12 mesi di carcere per questo.

 

Nel 2010 un tribunale svedese aveva chiesto l’arresto di Assange per le accuse di stupro, molestie sessuali e di “coercizione illegittima”, ma nel 2017 il caso era stato archiviato. Nei suoi confronti restava però il mandato d’arresto da parte della polizia di Londra: nel 2010 infatti Assange era stato arrestato dalla polizia britannica in seguito a un mandato di arresto europeo e internazionale da parte dell’Interpol, su richiesta delle autorità svedesi, e dopo aver ottenuto di essere liberato su cauzione per dieci giorni era fuggito. Nel 2012 aveva richiesto e ottenuto asilo politico nell’ambasciata dell’Ecuador per i timori di essere estradato negli Stati Uniti, una volta messo sotto processo in Svezia, per la rivelazione di enormi quantità di documenti riservati statunitensi fatta da Wikileaks.

Il presidente ecuadoriano Lenín Moreno, da quando era stato eletto nel 2017, aveva sempre detto di voler rivedere l’anomala situazione di Assange, a cui l’asilo politico era stato concesso dal predecessore di Moreno, Rafael Correa.

 

Da marzo a ottobre 2018 Assange era stato costretto a vivere in uno stato di quasi isolamento, senza internet e senza possibilità di ricevere ospiti, con la motivazione che con il suo uso di internet avesse «messo a rischio» le relazioni diplomatiche dell’Ecuador (anche in riferimento al ruolo avuto da Assange e Wikileaks nelle operazioni con cui la Russia ha manipolato la campagna elettorale statunitense). A ottobre, quando l’isolamento era finito, ad Assange erano state imposte nuove regole legate al mantenimento dello status di rifugiato politico, regole che Assange è stato accusato di aver ripetutamente violato. Moreno, tra le altre cose, aveva implicitamente accusato Assange di essere coinvolto nella sottrazione e diffusione sui social media di diverse sue foto private e personali, dove sono ritratti membri della sua famiglia e stanze della sua casa.

 

In un messaggio diffuso questa mattina, Lenín Moreno ha confermato la sua decisione di ritirare l’asilo politico e ha comunque spiegato di aver ricevuto rassicurazioni da parte del Regno Unito che Assange non sarà estradato in paesi che prevedono la pena di morte (ma negli Stati Uniti c’è). Moreno ha accusato Assange di aver partecipato direttamente alle più recenti attività di Wikileaks, compresa la diffusione di documenti riservati di altri governi ed istituzioni internazionali, spiegando che questa era una violazione dei termini dell’asilo concesso dall’Ecuador. Wikileaks ha detto di considerare l’arresto di Assange una violazione della legge internazionale e ha accusato l’Ecuador di aver interrotto “illegalmente” l’asilo politico di Assange.

 

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