http://www.renovatio21.com/

21 luglio 2020

 

ONU, Eugenetica sessuale: il Fondo per la Popolazione difende il «diritto» di eliminare la metà della popolazione femminile

 

Secondo il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA), la soluzione agli aborti sesso-selettivi (uccisioni di feti solo perché femmina) non è quella di proteggere le bambine dalla violenze intenzionali, ma di «contrastare la preferenza per i figli attraverso cambiamenti nelle norme sociali».

 

L’UNFPA ha pubblicato il suo rapporto annuale sullo stato della popolazione mondiale. L’edizione 2020 contiene un linguaggio che condanna l’uso dell’aborto specificamente per sterminare le femmine  e allo stesso tempo respingere le leggi per vietare questa pratica sessista.

 

«Le decisioni da prendere per definire i feti maschili ma non femminili sono un riflesso delle opinioni discriminatorie di genere secondo cui le donne e le ragazze valgono meno degli uomini e dei ragazzi», afferma il rapporto, in un passaggio sottolineato dalla testata americana Church Militant.

 

Allo stesso tempo, «i divieti sulla selezione del sesso sono spesso inefficaci e violano anche i diritti riproduttivi, incluso l’accesso all’aborto sicuro nei paesi in cui l’aborto è legale».

 

Il rapporto, scrive Lifesitenews, sembra cercare di conciliare queste due posizioni incolpando gli aborti sesso-selettivi di  «persistenza di stereotipi profondamente radicati nei ruoli e nelle responsabilità delle donne e viola il diritto umano di essere trattatio allo stesso modo, senza riguardo al genere».

 

Il dogma pro-aborto considera l’aborto legale un prerequisito per l’uguaglianza delle donne, nonostante il numero di donne e gruppi di donne che si oppongono con forza all’aborto.

 

L’UNFPA continua dichiarando che la soluzione agli aborti selettivi non è quella di proteggere le bambine dalle violenze intenzionali, ma di «contrastare la preferenza per i figli attraverso cambiamenti nelle norme sociali».

 

L’aborto selettivo per sesso è un problema persistente in tutto il mondo, in particolare in Cina, le cui politiche di controllo della popolazione hanno portato gli uomini a superare le donne di 33 milioni. L’anno scorso, uno studio pubblicato negli Atti della National Academy of Sciences degli Stati Uniti ha scoperto che l’aborto selettivo per sesso ha eliminato oltre 23 milioni di ragazze in tutto il mondo.

 

In India, altro Paese orientale piagato dall’aborto sesso-selettivo – cioè dalla strage indiscriminata delle bambine –non solo esso è divenuto proibito per legge, ma è proibito ai medici di dire il sesso del nascituro guardando le ecografie. In pratica, le coppie indiane conoscono il sesso della prole solo alla nascita, come avveniva un tempo. Ciò ha aiutato a mitigare l’orrenda strage delle ragazze.

 

Una voce femminista, in questa ecatombe di donne, non si è ancora sentita chiaramente, e chissà perché: il cortocircuito di senso tra la difesa delle donne e la difesa dell’aborto – che le uccide – è difficilmente irrisolvibile, anche qualora ci provino i burocrati ONU, che, notiamo, cercano ancora di utilizzare la teoria del Gender (parlando di stereotipi e riforma della sensibilità sociale) per continuare l’opera della Cultura della Morte.

 

L’aborto-sesso selettivo manda in cortocircuito la Necrocultura, quella che stiamo vedendo all’opera anche nella recente lotta delle femministe radicali contro l’idea che un transessuale possa definirsi «donna».

 

L’aborto sesso-selettivo, di fatto, è consentito in Italia, dove la legge 194 rende de facto l’aborto libero. Se si decide di avere un figlio di un sesso preciso – pensiamo ai casi delle immigrate orientali, ma non solo: pensiamo alle famiglie borghesi perfettine, che dopo il maschio vogliono la femmina, o viceversa – si può tranquillamente affrontare la risibile filiera di controllo medico-burocratico e terminare la vita del nascituro o nascitura che si porta in grembo.

 

L’aborto-sesso selettivo, consentendo il pazzo pregiudizio della superiorità di un figlio maschio su una figlia femmina e quindi praticando l’uccisione di quest’ultima, altro non è che una riformulazione di un pensiero preciso: l’eugenetica.

 

Lo scorso maggio, il giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti Clarence Thomas ha asparamente criticato la corte per il suo rifiuto di sostenere una parte della legge dell’Indiana che vieta gli aborti specificamente richiesti a causa del sesso, della razza o della disabilità di un bambino, parlando espressamente del ritorno dell’eugenetica:

 

«Rafforzare un diritto costituzionale ad un aborto basato esclusivamente sulla razza, il sesso o la disabilità di un bambino non ancora nato, come sostiene Planned Parenthood, renderebbe costituzionali le opinioni del movimento eugenetico del XX secolo».

 

Planned Parenthood è la multinazionale dell’aborto che con le sue cliniche produce massivamente l’uccisione di feti in USA. La sua fondatrice, Margaret Sanger, è ricordata per le sue idee eugenetiche.

 

«La cosa più misericordiosa che una grande famiglia fa a uno dei suoi membri infantili è ucciderlo. Gli stessi fattori che creano il terribile tasso di mortalità infantile e che aumentano il tasso di mortalità dei bambini di età compresa tra uno e cinque anni, operano ancora più ampiamente per ridurre il tasso di salute dei membri sopravvissuti» scrisse la Sanger nel capitolo V («La malvagità di creare famiglie numerose») del suo libro Woman and the new race («La donna e la nuova razza»).

 

La Sanger, che collaborava anche con il Ku Klux Klan, ricevette una lauta donazione da parte di John Davison Rockefeller che le consentì di rafforzare le sue iniziative. Nonostante le idee eugenetiche e secondo alcuni perfino razziste, la Sanger è vista oggi come una paladina dei diritti riproduttivi, un’idolo del femminismo.

 

L’idea eugenetica partì prima in Gran Bretagna e poi negli Stati Uniti tra Otto e Novecento. La Rockefeller Foundation, insieme alla Carnegie Institution, fu il principale finanziatore dell’influente centro di ricerca chiamato Eugenics Record Office («Ufficio di Registro Eugenetico»).

 

A partire dal 1930, la Rockefeller Foundation fornì supporto finanziario all’Istituto di Antropologia, Ereditarietà umana e Eugenetica Kaiser Wilhelm di Berlino, un centro di ricerca di Berlino. Il Kaiser Wilhelm in seguito ispirò e condusse esperimenti di eugenetica nel Terzo Reich.

 

La Germania di Hitler slatentizzò l’eugenetica nel modo che la storia ricorda – o che dovrebbe ricordare. La storia che è totalmente dimentica del fatto che il modello di Hitler – come scrive un recente saggio –furono proprio gli USA e le teorie finanziate dai Rockefeller.

 

PER APPROFONDIRE

Hitler's American Model: The...

 

top