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16 gen 2020

 

 Gaza 2020: Breaking the Siege, attivisti arrestati

di Pietro Pasculli

 

Lo scorso 13 gennaio diversi attivisti internazionali erano intenzionati ad infrangere il blocco di Gaza aprendo un varco nella barriera che separa Israele dalla Striscia. Sono stati fermati e detenuti per alcune ore

 

Roma, 16 gennaio 2020, Nena News – 

 

Il 13 gennaio scorso una delegazione di attivisti internazionali ha tentato di infrangere il blocco israeliano su Gaza, con l’intenzione di aprire un varco nella barriera di recinzione che separa Israele dalla Striscia. La delegazione ha provato a superare il blocco via terra nel sud del paese, ma giunta a poca distanza dalla barriera è stata bloccata ed arrestata dalle forze di sicurezza israeliane. L’operazione chiamata “Gaza 2020: Breaking the Siege” (interrompi l’assedio) ha come fine la denuncia delle condizioni di vita a Gaza e la fine dell’isolamento dei cittadini gazawi. L’azione, così come riportato nel manifesto dell’operazione, si ispira in parte al Free Gaza Movement, movimento che ha sfidato il blocco navale israeliano con l’invio di dozzine di barche contenenti aiuti per i cittadini della Striscia.

Il blocco cominciato nel 2007 ha reso quasi impossibile la vita a Gaza con circa due milioni di abitanti stipati in 360 km quadrati. Da allora Israele controlla ogni centimetro del confine così come ogni merce in entrata ed uscita, imponendo forti limitazioni alla libera circolazione delle persone via mare terra e aria. Una dichiarazione delle Nazioni Unite del 2012 aveva stimato l’inabitabilità di Gaza entro il 2020.  Ad oggi, con il 70% di disoccupazione giovanile, il 96% dell’acqua delle falde acquifere non potabile, un economia in caduta libera ed un sistema sanitario al collasso, quell’ipotesi è diventata una triste realtà. In una sessione speciale del 24 ottobre 2018  l’inviato Speciale per i diritti umani nei territori palestinesi aveva insistito come tutte le parti – in particolare Israele – avrebbero dovuto impegnarsi per porre fine a “questo disastro”. Il governo israeliano al contrario non ha mai posto in discussione la possibilità di una fine del blocco, ma ha più volte ostacolato ed impedito l’ingresso di commissari ONU all’interno della Striscia.

“Non è più questione di tempo. Il tempo è già scaduto. La popolazione di Gaza non può vivere un anno in più in una terra avvelenata, sovrappopolata e desertificata. Questo è il motivo che ci ha portato a compiere un azione diretta, per accrescere la consapevolezza sull’assedio israeliano e chiedere la fine del castigo che sta colpendo tutti i cittadini di Gaza”. Così si legge nel manifesto del movimento.

La delegazione rappresentata da attivisti, insegnanti, avvocati e politici come Anna Kontula, parlamentare e sociologa finlandese, dopo essere stati trattenuti ed interrogati per circa 10 ore alla stazione di polizia di Ofakim, nel sud di Israele, sono stati rilasciati nel tardo pomeriggio e bannati dal sud del paese.

“Negli ultimi dieci anni l’occupazione israeliana ha causato una profonda crisi a Gaza. Adesso Israele sta costruendo un muro  e quando sarà pronto circa due milioni di persone saranno totalmente rinchiuse al proprio interno.” Queste le dichiarazioni all’avvio dell’operazione. Le nuove barriere che separano Gaza da Israele infatti raggiungono i 6 metri di altezza ed il settembre scorso media israeliani hanno riportato come circa il 70% del muro era già stato completato.

Attestati di solidarietà nei confronti del gesto compiuto dagli attivisti sono arrivati anche dall’interno della Striscia. Un accademico e attivista che ha preferito rimanere anonimo ha dichiarato: “L’assedio israeliano ha distrutto tutte le sfere della vita. […] Questo è il motivo per cui questa azione è così importante, poiché la comunità internazionale ha fallito non facendo assolutamente nulla. Questo ha portato la gente comune dotata di coscienza ad aiutarci a fermare l’assedio. ” Nena News

Dal 30 marzo 2018 migliaia di manifestanti gazawi si sono radunati settimanalmente alla barriera israeliana che separa Gaza dalle terre sequestrate da Israele, chiedono sia la fine dell’assedio israeliano sia il diritto al ritorno dei rifugiati costretti a lasciare le loro case dalle forze israeliane nel 1948 e nel 1967. Il 70% degli stessi abitanti di Gaza infatti sono rifugiati. Dall’inizio delle manifestazioni, oltre 230 palestinesi hanno perso la vita, uccisi dalle forze di occupazione israeliane e almeno 31.000 persone sono rimaste ferite.

 

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