il Manifesto

http://nena-news.it/

30 giu 2020

 

Israele, incertezza sui tempi dell’annessione della Cisgiordania

di Michele Giorgio  

 

Frenato da considerazioni internazionali e dalla prudenza del suo alleato Gantz, Netanyahu domani forse farà solo una dichiarazione e rinvierà di una settimana l’attuazione del suo piano di annessione di porzioni di Cisgiordania

 

Gerusalemme, 30 giugno 2020, Nena News –

 

A poche ore dal 1 luglio indicato da Benyamin Netanyahu come la data di inizio della «estensione della sovranità», l’annessione unilaterale a Israele di larghe porzioni di Cisgiordania, non sono chiare le mosse che farà il premier israeliano. Sotto la pressione di varie parti internazionali annuncerà una «mini-annessione» di tre grandi blocchi di insediamenti coloniali senza la Valle del Giordano oppure, incurante di critiche e condanne – l’ultima è di Michelle Bachelet, alto commissario Onu per i diritti umani -, annetterà subito il 30% della Cisgiordania? Due giorni fa Netanyahu ancora una volta ha parlato della Bibbia come di un trattato di geografia politica. Durante una conferenza virtuale con la Christians United for Israel, una audience di cristiani evangelici sionisti, ha rappresentato il suo progetto, figlio del piano di Donald Trump per il Medio oriente, come una attuazione del racconto biblico e «un passo verso la pace». «Il Piano Trump non cambia la realtà sul terreno – ha affermato – ma semplicemente la riconosce». E ha ribadito che lo staterello palestinese teorizzato dall’Amministrazione Usa sarà sotto il pieno controllo di Israele. Tanti gli applausi da parte degli evangelici stretti alleati di Israele.

Dagli Usa però il via libera definitivo all’annessione tarda ad arrivare e le esitazioni del principale alleato di governo, il ministro della difesa Benny Gantz, rallentano le mosse del primo ministro.

Incontrando l’inviato speciale della Casa Bianca, Avi Berkowitz, e l’ambasciatore Usa David Friedman, ieri Gantz ha detto che il primo luglio «non è una data sacra». Domani, ha lasciato intendere il ministro, potrebbe non esserci alcun annuncio. Non è una inedita opposizione all’annessione che rientra nel programma di governo. Gantz semplicemente è più prudente di Netanyahu, vuole procedere a piccoli passi, e, comunque, non sono ancora pronte le mappe dei territori palestinesi che saranno annessi a Israele. Stando alle ultime indiscrezioni, il premier farà una dichiarazione ma, almeno questa settimana, non attuerà alcuna parte del suo piano. Tuttavia parlando ieri ai dirigenti del Likud, il suo partito, è stato categorico: la decisione definita spetta solo a lui e non anche al ministro della difesa.

La popolazione israeliana mostra scarso interesse verso la questione all’annessione che comunque non contesta. Allo stesso tempo si rafforza l’opposizione interna al progetto. A Petach Tiqwa (Tel Aviv) un liquido rosso sangue, repellente, zampillava ieri in una fontana nella piazza dedicata un anno fa a Trump in riconoscenza per il riconoscimento, sempre unilaterale, di Gerusalemme come capitale di Israele. «L’annessione ci costerà sangue» diceva una scritta lasciata alla base della fontana. Gli autori della protesta hanno spiegato che il piano di Netanyahu, «sarà un disastro sia per la sicurezza sia per l’economia. Quei leader giocano col fuoco a spese dei cittadini». Nena News

 

 

 

 

 

 

il Manifesto

http://nena-news.it/

1 luglio 2020

 

Senza il via libera Usa, Netanyahu rinvia l’annessione 
ma non

di Michele Giorgio  

 

Oggi avrebbe dovuto essere il giorno previsto dal governo israeliano per l’avvio della cosiddetta estensione di sovranità al 30% della Cisgiordania. Ma in assenza dell’ok definitivo da Washington, scrive la stampa locale, il premier congela il piano. Previste per oggi manifestazioni di protesta nei Territori Occupati, mentre cresce la contrarietà al piano dei democratici statunitensi

 

Gerusalemme, 1 luglio 2020, Nena News – 

Non sarà il primo luglio la data di inizio dell’annessione unilaterale a Israele del 30% della Cisgiordania, ma nei Territori occupati si svolgeranno ugualmente le previste manifestazioni di protesta del «Giorno della rabbia» palestinese.

«Stiamo lavorando (all’annessione) e continueremo a lavorarci nei prossimi giorni», ha detto ieri il premier israeliano Netanyahu dopo aver incontrato l’ambasciatore Usa Friedman e l’inviato speciale americano Berkowitz. Oggi perciò non accadrà nulla. E sarà così per il resto della settimana, scriveva ieri il Jerusalem Post citando fonti americane. 

In più di una occasione Netanyahu aveva indicato il primo giorno di luglio come quello dell’avvio dell’iter legislativo per «l’estensione della sovranità israeliana» su larghe porzioni di Cisgiordania, territorio palestinese che Israele ha occupato nel 1967 al termine della Guerra dei sei giorni. Ora frena ma non rinuncia. Non lo preoccupano più di tanto le critiche dell’Onu e gli ammonimenti dell’Ue. E neppure le esitazioni del suo principale partner di governo Gantz. 

Gli occorre però il via libera definitivo degli Usa all’annessione che con ogni probabilità sarà limitata nella sua prima fase – quindi senza la Valle del Giordano – e completata nei prossimi mesi, prima delle presidenziali Usa di novembre quando il suo alleato Trump rischierà di lasciare la Casa Bianca al suo rivale democratico Biden. Il premier israeliano vede crescere nel Partito democratico il dissenso verso le politiche di Israele.

Ieri anche il senatore democratico Sanders, il rappresentante più noto e autorevole della corrente socialista nel suo partito, ha aggiunto il suo nome a una lettera, «Apartheid», contro il piano di Israele di annettere parti della Cisgiordania. Fatta circolare dalla deputata Alexandria Ocasio-Cortez, la lettera chiede di bloccare gli aiuti militari statunitensi a Israele se Netanyahu attuerà il piano di annessione che, si legge, creerebbe una realtà di apartheid in Cisgiordania.

Il testo di Ocasio-Cortez è diverso per contenuto e tono da una lettera anti-annessione più moderata diffusa all’inizio di giugno e firmata da oltre 190 deputati democratici della Camera dei rappresentanti, tra i quali persino storici alleati di Israele come Ted Deutch e Steny Hoyer. L’iniziativa non pare destinata a raccogliere un alto numero di firme. Tuttavia, assieme alla lettera diffusa all’inizio del mese scorso, conferma che tra i democratici il dibattito su Israele e palestinesi è più vivo che mai e si sta intensificando. E Joe Biden, pur rappresentando l’establishment tradizionale del partito, non potrà non tenerne conto.

top