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12/09/2020

 

Pechino mente: almeno tre campi di internamento in funzione nello Xinjiang

Si trovano nella contea di Uchturpan, e ospitano più di 20mila internati uiguri, circa il 10% della popolazione locale. Pochi giorni fa, in visita in Europa, Wang Yi aveva dichiarato che tutti i “centri educativi” erano stati chiusi. Sito web Usa: dal 2017 costruite nella regione 268 strutture fortificate. Le proteste della comunità internazionale.

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Almeno tre campi di internamento, con più di 20mila prigionieri uiguri, sono ancora in funzione nello Xinjiang. Lo hanno rivelato a Radio Free Asia due ufficiali di polizia della contea di Uchturpan, sede delle strutture incriminate.

La notizia smentisce le recenti dichiarazioni delle autorità cinesi, secondo cui i centri di detenzione – istituti educativi per Pechino – sono stati tutti chiusi. Il 30 agosto, durante una visita in Francia, il ministro cinese degli Esteri Wang Yi ha dichiarato che tutte le persone ospitate in questi istituti hanno terminato il loro corso di studi e hanno trovato un impiego.

Secondo dati degli esperti, confermati dalle Nazioni Unite, oltre un milione di uiguri (su una popolazione di quasi 10 milioni) e altre minoranze turcofone di fede islamica sono detenuti in modo arbitrario nello Xinjiang, che la locale popolazione chiama “Turkestan orientale”.

Attivisti per i diritti umani e molti governi, tra cui Stati Uniti e Unione europea, descrivono le strutture detentive come veri e propri lager usati per indottrinare la popolazione uigura. Le autorità cinesi hanno ammesso l’esistenza dei centri nell’ottobre 2018, sostenendo però che si trattano di scuole professionali per educare i cittadini uiguri, soprattutto i giovani, contro il terrorismo, il separatismo e l’estremismo islamico.

I tre campi di internamento indicati dai funzionari di polizia di Uchturpan ospitano circa il 10% della popolazione uigura della contea (235mila persone). Nella struttura più grande, il centro di Kongtai, sarebbero internati più di 10mila musulmani locali.

Le nuove rivelazioni “sull’universo concentrazionario” cinese arrivano pochi giorni dopo che Buzzfeed, un sito web Usa, ha riportato che le autorità dello Xinjiang hanno costruito dal 2017 ben 268 strutture fortificate: almeno una per ciascuna contea. Il calcolo è stato fatto attraverso l’utilizzo di dati satellitari.

Per le sue politiche nello Xinjiang, Pechino è sempre più nel mirino della comunità internazionale. Ieri, al termine di un meeting ministeriale a Bruxelles, Unione europea e Canada hanno condannato il trattamento riservato dalle autorità cinesi alla minoranza uigura. Il primo settembre, nel corso della visita di Wang Yi a Berlino, il governo tedesco ha chiesto alla Cina di permettere agli osservatori internazionali di entrare nello Xinjiang.

Anche gli Usa hanno intensificato gli attacchi alla leadership di Pechino. L’8 settembre l’amministrazione Trump ha dichiarato che gli Stati Uniti bloccheranno le importazioni di cotone e pomodori – due tra i principali beni di esportazione per la Cina – dallo Xinjiang. Washington sostiene che essi siano prodotti grazie allo sfruttamento degli internati uiguri.

A causa degli abusi contro il popolo uiguro, il governo statunitense ha già invitato le imprese Usa a tagliare i legami con i loro fornitori nello Xinjiang. Nike e Apple, che hanno forti interessi nella regione autonoma, hanno aperto un’indagine sull’impiego di lavoratori uiguri e di altre minoranze locali.

 


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25/09/2020

 

Come gli uiguri: tibetani rinchiusi nei campi di rieducazione (I)

di Adrian Zenz

 

In Tibet pastori e agricoltori “in eccesso” sono formati e indottrinati in strutture simili ai centri di internamento dello Xinjiang. Un meccanismo di controllo sociale: le autorità cinesi usano la lotta alla povertà per combattere il “separatismo” e soffocare la religione buddista. Lavoratori tibetani “trasferiti” anche in altre province.

Oltre mezzo milione di contadini e pastori tibetani sono stati formati e addestrati in modo militare per diventare lavoratori salariati controllati dalle autorità. Lo schema ripete quello dei campi di internamento nello Xinjiang, in cui sono rinchiusi e indottrinati oltre un milione di musulmani uiguri: da un'indagine dell’Australian Strategic Policy Institute risulta che il regime cinese gestisce 380 “lager” in questa regione autonoma. Secondo il Partito comunista cinese, i tibetani sono “persone pigre” da riprogrammare. Per fare ciò, la leadership vuole  ridurre “l’influenza negativa” della religione buddista. La prima di tre parti dell’analisi di Adrian Zenz, ricercatore della  Victims of Communism Memorial Foundation. Per gentile concessione della Jamestown Foundation (traduzione a cura di AsiaNews). 

Introduzione

Nel 2019 e nel 2020, la Regione Autonoma del Tibet ha introdotto nuove politiche per promuovere la formazione sistematica, centralizzata e su larga scala e il trasferimento dei “lavoratori rurali in esubero” in altre parti del suo territorio, così come in altre province della Cina. Nei primi sette mesi di quest’anno, attraverso tale politica, l’amministrazione locale ha formato oltre mezzo milione di lavoratori rurali “in eccesso”. Il programma è diretto a tibetani di tutte le età, copre ‘'intera regione ed è distinto dalla formazione professionale coercitiva degli studenti delle scuole secondarie e dei giovani adulti segnalata dai tibetani in esilio (RFA, 29 ottobre, 2019).

La politica di “trasferimento del lavoro” prevede che pastori e contadini siano sottoposti a una formazione professionale centralizzata di tipo “militare”, che mira a riformare il “pensiero arretrato” e include l’insegnamento della “disciplina del lavoro”, della legge e della lingua cinesi. Esempi dall’area di Chamdo indicano che il regime di addestramento militarizzato è supervisionato da sergenti istruttori della Polizia armata del popolo (Pap), e le foto di addestramento pubblicate dai media statali mostrano tirocinanti tibetani vestiti con uniformi militari.

I rapporti sulla riduzione della povertà dicono senza mezzi termini che lo Stato deve “smettere di allevare le persone ‘pigre’”. I documenti affermano che la “rigorosa gestione in stile militare” del processo di formazione professionale “rafforza la debole disciplina del lavoro [dei tibetani]” e riforma il loro “pensiero arretrato”. I tibetani “riluttanti a muoversi” devono essere trasformati in cittadini disposti a “partecipare”, un processo che richiede “la diluizione dell'influenza negativa della religione”. Per raggiungere tale obiettivo, le autorità del Partito comunista (Pcc) cinese hanno adottato un nuovo e preoccupante schema che “incoraggia” i tibetani a consegnare le loro terre e le loro mandrie a cooperative gestite dal governo, trasformandoli in lavoratori salariati.

Un meccanismo fondato sull’assegnazione del lavoro e la formazione a gruppi, e orientato all’ordine, addestra i lavoratori in base alle esigenze dell’azienda. La formazione, l'assegnazione e la consegna dei lavoratori alla loro destinazione di lavoro avviene in modo centralizzato. Le assunzioni si basano, tra l'altro, su squadre di lavoro presenti nei villaggi: un meccanismo di controllo sociale intrusivo, sperimentato in Tibet da Chen Quanguo, ex segretario del Pcc nella regione autonoma, e successivamente utilizzato nello Xinjiang per identificare gli uiguri che dovrebbero essere inviati nei campi di internamento (China Brief, 21 settembre, 2017). Documenti ufficiali affermano che i funzionari che non riescono a raggiungere le quote stabilite sono soggetti a “punizioni severe". Come richiesto dal presidente cinese Xi Jinping, l’obiettivo del programma è quello di sradicare la povertà assoluta attraverso l’aumento del reddito della popolazione rurale. Ciò significa che nomadi e contadini tibetani devono cambiare i loro mezzi di sussistenza, in modo da ottenere entrate misurabili e “uscire dalla povertà”.

Questo schema draconiano mostra un numero inquietante di strette analogie con il sistema di formazione professionale coercitiva e di trasferimento di manodopera stabilito nello Xinjiang. Il fatto che Tibet e Xinjiang condividano molti degli stessi meccanismi di controllo sociale e sicuritario – introdotti in entrambi i casi da Chen Quanguo – rende particolarmente semplice l’adattamento del sistema di una regione all’altra.

Contesto storico

Già nel 2005, a Lhasa , (Sina, 13 maggio, 2005) le autorità del Tibet avevano lanciato un'iniziativa per la formazione e l'occupazione su piccola scala di pastori e agricoltori “in eccesso”. L'11° Piano quinquennale (2006-2010) ha poi specificato che questo tipo di formazione e trasferimento di manodopera doveva essere condotto in tutta la regione (PRC Government, 8 febbraio, 2006). Dal 2012, l’area di Chamdo ha avviato una "formazione di tipo militare per il trasferimento di manodopera in eccedenza per le regioni pastorali e agricole" (Tibet’s Chamdo, 8 ottobre, 2014). Il programma di Chamdo è stato formalmente stabilito nel 13° Piano quinquennale della regione (2016-2020), con l'obiettivo di formare 65mila lavoratori (inclusi i disoccupati urbani) durante quel periodo (Chamdo Government, 29 dicembre, 2015).

Entro il 2016, l’amministrazione di Chamdo aveva creato 45 basi di formazione professionale (TAR Government, 17 novembre, 2016). A partire dal 2016, anche la regione tibetana di Shannan ha varato un programma di formazione professionale con una "gestione semimilitare" (Tibet Shannan Net, April 5, 2017). Diverse fonti indicano che la gestione della formazione in stile militare di Chamdo è stata condotta da sergenti istruttori della Pap.

Formazione militarizzata e  trasferimento dei lavoratori

Nel marzo 2019, l’amministrazione tibetana ha emanato il Piano d'azione 2019-2020 per la formazione degli agricoltori e dei pastori e il trasferimento del lavoro, che impone la "vigorosa promozione della formazione militare [professionale]", adottando il modello pionieristico di Chamdo e imponendolo a tutta la regione. Il processo di formazione professionale deve includere "la disciplina del lavoro, la lingua cinese e l'etica del lavoro", con l'obiettivo di "migliorare il senso della disciplina dei lavoratori per conformarsi alle leggi e ai regolamenti nazionali e alle norme e ai regolamenti delle unità di lavoro".

La formazione professionale in eccesso deve seguire il metodo "orientato all'ordine" o "guidato dal bisogno", in cui il lavoro viene organizzato per primo, e la formazione si basa sul collocamento prestabilito. Nel 2020, almeno il 40% dei collocamenti doveva seguire questo metodo, e questa quota doveva superare il 60% entro il 2024. Le aziende che impiegano un numero minimo di lavoratori possono ottenere ricompense finanziarie fino a 500mila yuan (63mila euro). I reclutatori locali di manodopera ricevono 300 o 500 yuan (38-63 euro) per ogni trasferimento di manodopera organizzato, a seconda che sia all'interno o all'esterno del Tibet. Le quote dettagliate non solo stabiliscono quanti lavoratori in eccedenza ogni contea deve formare, ma anche quanti devono essere addestrati in ogni specialità professionale (Ngari Government, 31 luglio, 2019).

Le somiglianze con il programma di formazione coercitiva dello Xinjiang sono abbondanti: entrambi i programmi hanno lo stesso target ("lavoratori rurali in eccesso"); una forte attenzione a mobilitare un gruppo minoritario "reticente" per cambiare la loro tradizionale modalità di vita; impiegare esercitazioni militari e gestione della formazione in stile militare per produrre disciplina e obbedienza; sottolineare la necessità di "trasformare" il pensiero e l'identità dei lavoratori e di riformare la loro "arretratezza"; insegnare la legge e il cinese; mirare a indebolire l'influenza negativa della religione; prescrivere quote dettagliate; e mettere grande pressione sui funzionari per raggiungere gli obiettivi del programma.


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26/09/2020

 

Come gli uiguri: tibetani rinchiusi nei campi di rieducazione (II)

di Adrian Zenz

 

Nel 2020, il Partito comunista cinese ha “formato” e indottrinato in Tibet 543mila lavoratori rurali “in eccesso”. Si ripete lo schema adottato nei “lager” dello Xinjiang. Pechino: agricoltori e pastori nomadi partecipano in forma volontaria per trovare impiego. Secondo molti osservatori, il regime li obbliga in un contesto di forte controllo sociale.

Come nello Xinjiang, dove le autorità hanno rinchiuso oltre un milione di uiguri musulmani in campi di internamento, il Partito comunista cinese ha "rieducato" centinaia di migliaia di contadini e pastori tibetani. Con il pretesto della lotta alla povertà, il regime ha trasferito quasi 50mila lavoratori tibetani all’interno della regione, e oltre 3mila in altre province del Paese. Vengono impiegati nella costruzione di strade, nelle pulizie, nelle miniere, nella ristorazione, nel trasporto e nella trasformazione alimentare. Se sono fedeli al Partito, figli, mogli e membri anziani delle loro famiglie riceveranno le "cure amorevoli" dello Stato. Disciplina militare usata per inculcare il patriottismo e riformare il “pensiero arretrato” della popolazione di credo buddista. La seconda di tre parti dell’analisi di Adrian Zenz, ricercatore della  Victims of Communism Memorial Foundation. Per gentile concessione della Jamestown Foundation (traduzione a cura di AsiaNews).

Trasferimenti di manodopera in altre province

Nel 2020, il Tibet ha introdotto una politica di trasferimento di manodopera a livello regionale che stabilisce meccanismi e quote obiettivo per il trasferimento di lavoratori rurali in “eccesso” formati sia all'interno (55mila unità) sia all'esterno (5mila) della regione (TAR Human Resources Department, July 17). La terminologia è simile a quella usata in relazione ai trasferimenti di manodopera nello Xinjiang, utilizzando frasi come: "Trasferimento di lavoro sovraregionale" e "esportazione di manodopera". Sia il Piano d'azione per la formazione e il trasferimento di lavoro 2019-2020 sia il 13° Piano quinquennale del Tibet (2016-2020) menzionano i trasferimenti al di fuori della regione autonoma solo di sfuggita, senza descrivere in dettaglio la relativa politica o l'uso di una terminologia simile a quella che si trova nei documenti correlati dello Xinjiang.

Nei primi setti mesi del 2020, le autorità tibetane hanno formato 543mila lavoratori rurali in esubero, raggiungendo entro luglio il 90,5% del loro obiettivo annuale. Di questi, 49.900 sono stati trasferiti in altre parti del Tibet, e 3.109 in altre province della Cina (TAR Government, 12 agosto). A ogni area viene assegnata una quota di trasferimento. Entro la fine del 2020, questo schema di trasferimento deve coprire l'intera regione autonoma.

Esempi specifici di tali trasferimenti di manodopera individuati dall'autore in altre zone del Tibet includono i collocamenti lavorativi nella costruzione di strade, nelle pulizie, nell'estrazione mineraria, nella ristorazione e nel trasporto. I trasferimenti a posti di lavoro al di fuori della regione tibetana comprendono l'impiego presso il Cofco Group, la più grande azienda statale cinese di trasformazione alimentare (Hebei News, 18 settembre, 2020).

La terminologia ufficiale impiegata in Tibet per il processo di trasferimento del lavoro è identica a quella utilizzata nello Xinjiang: "assegnazione, organizzazione, gestione e invio unificati". I lavoratori vengono trasferiti a destinazione in modo centralizzato, "di gruppo. Il documento programmatico fissa le dimensioni del gruppo a 30 persone, suddivise in sottogruppi di 10, entrambi guidati da (sotto)capigruppo (TAR Human Resources Department, 17 luglio). In un caso, questo metodo di trasporto è stato descritto come "servizio punto a punto in stile ‘tata’" (Chinatibet.net, 21 giugno). Come nello Xinjiang, questi trasferimenti di manodopera verso altre province sono organizzati e sostenuti attraverso uno specifico meccanismo (“Assistenza Tibet”), anche se non in modo esclusivo. Se sono fedeli al Partito, figli, mogli e membri anziani della famiglia dei lavoratori trasferiti riceveranno le "cure amorevoli" dello Stato.

Anche in questo caso, le somiglianze con lo schema di trasferimento interprovinciale dello Xinjiang sono significative: elaborazione unificata, trasferimenti in gruppi, forte coinvolgimento del governo, incentivi finanziari per gli intermediari e per le aziende partecipanti e quote statali. Tuttavia, per quanto riguarda lo schema di trasferimento di manodopera del Tibet, non vi sono finora prove di funzionari accompagnatori o personale di sicurezza, di quadri stazionati nelle fabbriche, o di lavoratori tenuti in ambienti chiusi e protetti nella loro destinazione finale del lavoro. È possibile che il trasferimento di lavoratori tibetani non sia così protetto come quello dei lavoratori uiguri. Non vi è inoltre attualmente alcuna prova che i programmi di formazione e di trasferimento dei lavoratori tibetani siano collegati all'internamento extragiudiziale. L'intera gamma dei meccanismi di formazione professionale e di assegnazione dei posti di lavoro in Tibet può assumere varie forme e ha una serie di focus group; non tutti prevedono trasferimenti centralizzati o la formazione e il trasferimento in stile militare di nomadi e contadini.

La natura coercitiva del sistema di formazione e trasferimento

Ciononostante, ci sono chiari elementi di coercizione durante il reclutamento, la formazione e l’assegnazione lavorativa, così come un processo di trasferimento centralizzato e fortemente controllato dallo Stato. Mentre alcuni documenti affermano che lo schema si basa sulla partecipazione volontaria, l'evidenza complessiva indica la presenza sistemica di numerosi elementi coercitivi.

Come nello Xinjiang, i documenti del governo del Tibet chiariscono che la riduzione della povertà è un "campo di battaglia", con un lavoro da organizzare sotto una struttura di "comando" di tipo militare (TAR Government, 29 ottobre, 2019; Xinhua, 7 ottobre, 2018). A metà del 2019, la battaglia contro la povertà in Tibet sarebbe entrata "nella fase decisiva", dato l'obiettivo di sradicare la povertà assoluta entro la fine del 2020 . (Tibet.cn, 11 giugno, 2019) Poiché la povertà si misura in base ai livelli di reddito, e il trasferimento di manodopera è il mezzo principale per aumentare i redditi – e quindi per "far uscire" le persone dalla povertà – la pressione per i governi locali di radunare le popolazioni povere e inserirle nel programma è estremamente elevata.

Il Piano d'azione per la formazione e il trasferimento di manodopera stabilisce rigorose procedure amministrative e impone la creazione di gruppi di lavoro dedicati e il coinvolgimento di quadri dirigenti di alto livello, per "garantire che i compiti previsti siano completati nei tempi previsti". Ogni livello amministrativo deve fare "pressione [per raggiungere gli obiettivi] al livello successivo [inferiore]". Le unità di governo locale devono "stabilire una lista di avanzamento dei compiti [e] coloro che sono in ritardo rispetto al loro programma di lavoro devono essere segnalati e devono essere ritenuti responsabili secondo le norme".

La versione adottata nell’area della città di Shannan è ancora più draconiana: i risultati della formazione e del trasferimento del lavoro sono direttamente pesati nei punteggi annuali di valutazione dei quadri, integrati da un sistema di "premi e punizioni severe". Specifiche minacce di "severi premi e punizioni" in relazione al raggiungimento degli obiettivi di formazione e trasferimento del lavoro si trovano anche altrove, come nei rapporti ufficiali della regione governata dalla città di Ngari, che prevedono l’elaborazione di resoconti "settimanali, mensili e trimestrali" (TAR Government, 18 dicembre, 2018).

Come per gli uiguri dello Xinjiang, il superamento della resistenza dei tibetani al trasferimento di manodopera è parte integrante dell'intero meccanismo. I documenti affermano che la "rigorosa gestione militare" del processo di formazione professionale induce le "masse a rispettare la disciplina", rafforza continuamente la loro consapevolezza patriottica" e riforma il loro "pensiero arretrato". Ciò può anche comportare la presenza di quadri locali per "rendere più rigorosa la disciplina della formazione".

Poiché il processo di formazione professionale in stile militare produce disciplina e trasforma le "vecchie visioni occupazionali", esso dovrebbe promuovere il trasferimento del lavoro. Gli sforzi per la riduzione della povertà e per la formazione sono quindi abbinati a un impegno propagandistico a tutto campo, che mira a usare “l’educazione al pensiero" per "educare e guidare i disoccupati a cambiare la loro mentalità chiusa, conservatrice e tradizionale del lavoro" (Tibet’s Chamdo, 8 luglio, 2016).

Un resoconto del 2018 sul post-formazione redatto dal governo di Chamdo mostra le rigide procedure impiegate dalle autorità: “Seguire rigorosamente il processo e chiederne l'efficacia. Prima della fine di ogni corso di formazione, i tirocinanti sono tenuti a compilare il ‘Questionario sulla disponibilità al lavoro’. Creare una banca dati per comprendere lo status occupazionale dei tirocinanti dopo la formazione. Per coloro che non possono essere assunti in tempo dopo la formazione, seguire e visitare regolarmente e raccomandare attivamente l'impiego”. Questi criteri sono sempre più superflui, perché il processo "orientato all'ordine" obbligatorio significa che la gente del posto viene assegnata ai futuri posti di lavoro prima della formazione.

 

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