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10 Agosto 2021

Il papa influencer dell’immigrazione globale

Arnaud Bédat giornalista francese

Immagine dolorosa. Quella di un bambino di guerra, testimone dell'orrore del genocidio in Ruanda. Non ancora l'assassino di padre Olivier Maire, né il presunto incendiario della cattedrale di Nantes: Emmanuel Abayisenga stringe la mano a papa Francesco nel 2016, nella sala Paolo VI del Vaticano, durante l'udienza del mercoledì. A destra, il vicecomandante della Guardia Svizzera Pontificia Philippe Morard, incaricato della sicurezza del papa.

Nel 2020, il quarantenne Emmanuel Abayisenga viene sospettato di aver dato fuoco alla cattedrale della città francese di Nantes. Fu messo in carcere per alcuni mesi per «distruzione e danneggiamento da incendio». A giugno è stato liberato, rimanendo sotto controllo del tribunale in attesa del processo.

Il giovane richiedente asilo quindi trovò sulla sua strada la compassione di un sacerdote, Padre Olivier Maire, sessant’anni, che lo accoglie nella comunità missionari monfortani di Saint-Laurent-sur-Sèvre, in Vandea – una regione non privo di particolari echi per quel mondo cattolico che ancora conserva la memoria…

Ieri la notizia: qualche fonte sostiene che il sacerdote sia stato picchiato fino a morire.

Abbiamo scritto qualche giorno fa del caso del cantante Morrisey, che ha voluto scrivere una canzone sul massacro di Manchester al concerto di Ariana Grande di qualche anno fa: un massacro perpetrato materialmente dalle politiche migratorie in atto.

Il terrorista suicida della Manchester Arena, Salman Abedi, infatti, era arrivato tramite la Libia come richiedente asilo. Il disco, che si intitola «il falò degli adolescenti», non trova etichetta discografica che lo voglia distribuire. La verità che enuncia è davvero semplice. Immigrazione uguale caos. Immigrazione uguale morte. Forse per questa sua estrema semplicità, tale verità è proibita.

Come nel caso del ruandese che incendia la cattedrale e uccide il sacerdote che lo ha accolto.

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