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21 gennaio 2021

Sessanta adolescenti annunciano il rifiuto di prestare servizio nell’esercito
israeliano

Il 5 gennaio, sessanta adolescenti israeliani hanno pubblicato una lettera aperta indirizzata ai massimi funzionari israeliani, in cui dichiaravano il loro rifiuto di prestare servizio nell’esercito, in segno di protesta contro le politiche di occupazione e Apartheid. La lettera dei “Shministim” (soprannome ebraico dato agli “anziani” delle scuole superiori) denuncia il controllo militare israeliano sui palestinesi nei Territori Occupati, riferendosi al regime di occupazione che vige in Cisgiordania, Striscia di Gaza e Gerusalemme Est come a un “sistema di Apartheid” che prevede “due diversi sistemi di legge: uno per i palestinesi e un altro per gli ebrei”. “È nostro dovere opporci a questa realtà distruttiva unendo le nostre forze e rifiutandoci di servire questi sistemi violenti, a cominciare da quello militare”.

Questo è quanto emerge dalla lettera, indirizzata al Ministro della Difesa Benny Gantz, al Ministro dell’Istruzione Yoav Galant e al Gapo di Stato Maggiore Generale dell’IDF Aviv Kochavi. “Rifiutiamo di arruolarci nell’esercito, ma non per voltare le spalle alla società israeliana” - continua la lettera. “Al contrario, con il nostro rifiuto ci assumiamo la responsabilità delle nostre azioni e delle ripercussioni che ne derivano. L’arruolamento, non meno del rifiuto, è un atto politico. Qual sarebbe il senso di entrare a far parte del sistema di oppressione che critichiamo per poi protestare contro la sua violenza sistematica e il suo razzismo?”.

Questa lettera dei “refusenik” (come vengono chiamati i giovani obiettori di coscienza israeliani che si rifiutano di servire l'esercito) è la prima nel suo genere ad andare oltre il concetto di occupazione, facendo anche riferimento all’espulsione dei palestinesi durante la guerra del 1948: “Ci viene ordinato di indossare un’uniforme militare macchiata di sangue, per preservare l’eredità della Nakba e dell’occupazione. La società israeliana è stata costruita su queste radici marce, ciò che è evidente in tutti gli aspetti della nostra vita: nel
razzismo, nel discorso politico improntato sull’odio, nella brutalità della polizia e in altro ancora”. Se ciò non bastasse, denunciano i ragazzi, “mentre tra i cittadini dei Territori Palestinesi Occupati la povertà è dilagante, le élite israeliane diventano sempre più ricche a loro spese. I lavoratori palestinesi vengono sistematicamente sfruttati; l’industria israeliana delle armi utilizza i Territori Palestinesi Occupati come terreno di prova e vetrina per sostenere le sue vendite. Ma quando il governo sceglie di sostenere l’occupazione, agisce contro il nostro interesse di cittadini: somme ingenti di denaro da parte dei contribuenti stanno finanziando l’industria della “sicurezza” e lo sviluppo di insediamenti anziché un sistema di welfare, istruzione e salute”.

Yael Amber, 19 anni, di Hod Hasharon, è consapevole delle difficoltà che i suoi coetanei incontrano con una simile decisione. “Comprendiamo che andare in prigione sia un prezzo che non tutti hanno il coraggio di pagare, sia a livello materiale, sia a livello di tempo, sia a livello di critiche dell’ambiente circostante”, dice. Per questo, i firmatari insistono che il rifiuto può avvenire secondo diverse modalità, e che la ricerca di queste strategie rappresenta essa stessa un’importante forma di rifiuto.

Origine:
http://www.assopacepalestina.org/2021/01/ci-assumiamo-le-nostre-responsabilita-sessanta- adolescenti-annunciano-il-rifiuto-di-prestare-servizio-nellesercito-israeliano/

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