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						L11 Settembre Bush ha Mentito.
 Il documentato atto d'accusa del guardiano delle Twin Towers
 di Philip J. Berg & William Rodriguez
 Editori Riuniti, 144 pp., 12 euro
 
 
 L'11 settembre 2001 William Rodriguez era lì. In possesso, come guardiano
 della gigantesca Torre Nord, di tutte le chiavi dell'edificio, perfetto
 conoscitore dei passaggi, delle scale, delle uscite d'emergenza, dei
 sotterranei, è riuscito a guidare i vigili del fuoco e i soccorritori, fino
 al momento del crollo. Ha rischiato la vita, è stato elogiato e decorato
 dalle autorità. Ma la ricostruzione fatta dall'Amministrazione Bush del
 terribile attentato non lo ha convinto. Rodriguez è stato testimone diretto
 di un evento radicalmente diverso da quello raccontato. Si è affidato
 perciò a un importante studio legale dalla Pennsylvania, per sostenere e
 documentare la sua accusa. Questo libro la riproduce nella sua interezza,
 dubbio per dubbio, contestazione per contestazione, menzogna per menzogna.
 Da dove provenivano gli scoppi distintamente uditi da Rodriguez e da altri,
 molto prima del crollo? Perché gli aerei dirottati, in volo sul paese
 meglio difeso del mondo, non sono stati intercettati? Perché e come è
 crollato il cosiddetto "Edificio 7"? Dove è caduto esattamente e perché, il
 misterioso "Volo 93"? Come hanno potuto, terroristi senza alcuna esperienza
 di volo guidare un possente Boeing proprio contro il Pentagono, nel luogo
 più inaccessibile e protetto del pianeta? A cinque anni dal terribile
 attentato al World Trade Center, una parte crescente dell'America si
 interroga sulle macroscopiche contraddizioni della versione ufficiale.
 Nessuno può essere in grado di dire come si sono svolte effettivamente le
 cose quel giorno. Ma un punto sembra ormai acquisito, come questo atto
 d'accusa dimostra: George Bush ha mentito.
 
 Philip J. Berg, avvocato, è titolare di un prestigioso studio legale della
 Pennsylvania, <http://www.911forthetruth.com/>www.911forthetruth.com/
 William Rodriguez è l'uomo che fungeva da guardiano delle Torri Gemelle e
 che l'11 settembre 2001 contribuì a salvare centinaia di vite umane.
 
 
 LA PREFAZIONE DI GIULIETTO CHIESA
 
 Questo libro è stato scritto da un avvocato, Phil Berg, per conto del suo
 cliente, William Rodriguez. E' una denuncia "per complotto e strage" nei
 confronti di George Bush e di una parte consistente della sua
 Amministrazione, presentata alla Corte Distrettuale di Filadelfia in base
 al RICO (Racketeer Influenced and Corrupt Organization Act). I capi
 d'imputazione sono: a) Conoscevano quanto stava per accadere; b) Non
 agirono, non prevenirono, non gettarono l'allarme; c) Ostacolarono la
 giustizia mentre era in corso la ricerca delle verità.
 
 
 
 Non sappiamo se e quando, eventualmente, quella Corte darà seguito a una
 tale, circostanziata denuncia. E c'è da dubitarne.
 
 Ma il titolo che Phil Berg ha dato alla denuncia, "complotto e strage", è
 assai bene appropriato. Direi che è l'applicazione della dantesca legge del
 contrappasso.. Perché dalle ore immediatamente successive all'11 settembre
 2001, fino ad oggi, tutti coloro, in America o fuori, che abbiano osato
 anche soltanto sollevare interrogativi sulla intera storia, quella che
 "tutti abbiamo visto sui teleschermi", sono stati considerati dei
 "complottisti", dei "dietrologi". E si tratta dei complimenti più leggeri,
 perché dietro, nella scia degl'insulti, delle più o meno sgangherate
 derisioni, delle sprezzanti liquidazioni ("solo un matto può negare
 l'evidenza"), vengono le accuse: da quella, onnipresente, di
 "antiamericanismo", a quelle correlate di "antisemita", fino a quella,
 inesorabile, di "complice del terrorismo", se non addirittura quella,
 definitiva, di "terrorista".
 
 
 
 E' quasi uno schema obbligato, un percorso preventivamente fissato, per
 chiunque si accinga, in una qualunque conversazione, a cercare di mettere
 in fila gl'interrogativi che una normale persona di buon senso non può non
 porsi di fronte all'analisi spassionata dei dati.
 
 Il problema più grande da risolvere, infatti, è che tutti i dati di
 partenza sono falsi. Tutti, cioè, quelli che sono arrivati al grande
 pubblico mondiale, ai miliardi di persone che hanno visto crollare le due
 torri. Solo quello, in pratica, hanno visto: due aerei, non identificati,
 che colpiscono le torri (evento A) , e il loro crollo (evento B). Con il
 corollario, apparentemente evidente, che B è l'effetto di A. Tutto "il
 resto" non l'hanno potuto vedere e non possono nemmeno immaginarselo, da
 persone "normali" quasi sono e siamo tutti noi.
 
 
 
 Purtroppo per tutti noi anche quello che "hanno visto" è falso, come da
 queste pagine si potrà agevolmente arguire. Phil Berg ha centrato il
 problema. Una certa compagnia di criminali, attorno al presidente Bush (non
 essendo chiaro il suo ruolo personale)  non solo ha organizzato un
 complotto, ma ha preventivamente fatto in modo che chiunque avesse capito
 che si trattava di un complotto fosse accusato di immaginare complotti.
 
 L'intera storia dell'11 settembre è un colossale complotto, il cui asse
 portante è stato "visuale", "ottico". Per diventare "vero", l'evento,
 altrimenti inspiegabile, doveva essere "visto". E non solo da tutta
 l'America, ma da tutto il mondo. Perché questo evento era destinato a
 mutare non solo la storia degli Stati Uniti, ma quella del mondo intero.
 
 
 
 Non possiamo affermarlo con assoluta certezza, ma anche il fatto che il
 secondo aereo (volo United Airlines, UA 175) abbia colpito la torre sud
 esattamente sedici minuti dopo che il primo aveva colpito la torre nord
 (ore 8:46) ha permesso a circa due miliardi di persone di vedere tutto lo
 spettacolo in presa diretta, live. E la cosa non ha affatto l'aria di
 essere stata casuale perché, inspiegabilmente, il volo UA175 era già
 passato vicino a Manhattan, ma aveva superato quello che sarebbe divenuto
 il suo bersaglio, di oltre 50 chilometri, per poi tornare improvvisamente
 indietro esattamente nel momento in cui il primo aereo (volo American
 Airlines, AA 11) colpisce la torre nord del World Trade Center.
 
 
 
 E ancora meno casuale appare la successione in cui i quattro aerei staccano
 il transponder. Due parole per spiegare cos'è il transponder: un
 apparecchio, di cui tutti gli aerei passeggeri sono dotati, che trasmette
 alle stazioni a terra tutti i dati essenziali della posizione di un
 velivolo, latitudine, longitudine, quota.  E' dunque un prezioso supporto
 per la sicurezza del volo, perché consente a chi sorveglia da terra di
 verificare istante per istante la corrispondenza tra il volo reale e i
 piani di volo previsti. Il transponder  funziona in automatico e non è
 prevista la sua disattivazione in nessuna circostanza. Disattivarlo
 richiede dunque conoscenze tecniche molto specifiche e una certa quantità
 di tempo a disposizione. Ma c'è di più: i dirottatori non avevano anch'essi
 nessun motivo per disattivare i transponder, essendo evidente che in quel
 preciso momento essi avrebbero comunicato alle difese aeree l'avvenuto
 dirottamento o, come minimo, una situazione di grave irregolarità. Ed è
 proprio ciò che i dirottatori avrebbero dovuto non volere.
 
 
 
 Se ora osserviamo - sulla base della ricostruzione ufficiale degli eventi
 di quella mattina - la successione dei distacchi dei transponder, vediamo
 che essi sono avvenuti in base a una straordinaria "regia". Il volo AA 11
 (bersaglio la torre nord) stacca il suo transponder alle 8:27. Il volo UA
 175 (bersaglio la torre sud) stacca il suo transponder alle 8:46,
 esattamente quando AA 11 colpisce il suo bersaglio. Il volo AA 77
 (bersaglio il Pentagono) stacca il suo transponder alle 9:02, esattamente
 quando UA 175 centra la torre sud. Il volo UA 93 (quello che cadrà in
 Pennsylvania, obiettivo presunto la Casa Bianca o il Campidoglio) stacca il
 suo transponder esattamente alle 9:40, attimo in cui il volo AA 77 centra
 il Pentagono.
 
 
 
 Dobbiamo presumere che i quattro gruppi di dirottatori fossero in contatto
 permanente tra di loro? E che,  tutti presi dalla stessa illogicità di
 comportamento, si dessero il cambio nel momento in cui s'immolavano? E in
 che modo avrebbero potuto essere in contatto permanente tra di loro? Non
 risultano conversazioni radio, segnali speciali in codice, registrazioni di
 collegamenti tra i quattro aerei. E allora come si spiegano quelle
 simultaneità, se non con il fatto che vi era una regia esterna a tutti e
 quattro, in grado di determinare i loro comportamenti e, soprattutto,
 quelli delle apparecchiature di bordo? Né è possibile pensare - e sarebbe
 in ogni caso questione che apre, a sua volta, tutta una serie
 d'interrogativi ancora più inquietanti e complessi - che i quattro aerei
 fossero stati "manipolati" in anticipo, in modo da effettuare
 automaticamente i distacchi dei transponder. Per due ragioni essenziali: la
 prima è che due dei quattro aerei partirono in ritardo rispetto agli orari
 previsti. La seconda è che in tal caso si dovrebbe per forza di cose
 ipotizzare una ancora più larga sfera di complicità attorno ai presunti
 kamikaze, i quali non potevano realizzare da soli un piano così complesso.
 E, infatti, la ricostruzione ufficiale degli eventi sembra non essersi
 nemmeno accorta di tutta questa serie di dati. Li ha semplicemente ignorati.
 
 
 
 Ma tutto ciò è soltanto un modesto antipasto della sterminata serie di
 incongruenze, di silenzi, di menzogne vere e proprie che la Commissione
 Ufficiale d'inchiesta del Congresso ha distribuito  nelle 567 pagine del
 suo rapporto conclusivo, emerso a tre anni di distanza dai fatti..
 
 Tutto quello che leggerete in queste pagine conduce a formulare ipotesi
 criminali e di complotto. Ma provare tutto ciò è e sarà impossibile, come
 ha scritto Noam Chomski, nei prossimi cento anni. Quello che si delinea è
 qualche cosa di molto simile a un colpo di stato. La vastità del disegno e
 la sua complessità indicano la partecipazione attiva di apparati dello
 stato, che puntavano ad assicurarsi il controllo permanente e definitivo
 dell'intera macchina coercitiva e militare della superpotenza. E chi
 organizza un colpo di stato all'interno dell'unica superpotenza mondiale,
 sa che sarà un "colpo di stato mondiale". Solo chi si colloca in questa
 dimensione globale, mondiale, storica, epocale, può rendersi conto della
 sua oggettiva grandezza. Solo obiettivi giganteschi possono essere
 compatibili con crimini giganteschi. Per gli uni e per gli altri non sono
 indispensabili personalità gigantesche. Questo lo abbiamo già imparato
 dalla storia. Basta una mentalità da imbianchino frustrato per immaginare
 il Terzo Reich e la seconda guerra mondiale.
 
 
 
 Ma è nelle dimensioni pazzesche dell'evento che consiste il segreto del suo
 successo (perché stiamo per ora parlando di un evento che è riuscito, che
 ha avuto successo, che si sta sviluppando, che sta creando quello che i
 suoi promotori volevano): miliardi di persone normali, che non hanno mai
 ammazzato nessuno, né si accingono a farlo, troveranno sicuramente
 incredibile che ve ne siano alcune, apparentemente normali, già ai vertici
 di un immenso potere, capaci di progettare stermini, l'uccisione di
 migliaia di persone innocenti, di bambini, di vecchi, di donne.
 
 
 
 E' su questa "normale" incredulità che giocano coloro che concepiscono la
 morte su grande scala come leva per mutamenti politici, cioè in nome del
 Potere: la gente sarà facilmente spinta a credere nella cosa più ovvia che
 verrà presentata subito ai suoi occhi. E la cosa più ovvia è la pazzia. E
 la pazzia sarà tanto più credibile se verrà coniugata con il fanatismo suo
 fratello, e con la vendetta sua sorella, e con l'invidia e con l'odio. La
 cosa più ovvia sarà far sfilare davanti agli occhi del mondo intero la
 rappresentazione del Male. Da quel momento ogni discussione sulla verità
 diventerà impossibile. La enormità del complotto dell'11 settembre, e la
 sua "evidenza visiva", sono gl'indizi preliminari della falsità della
 versione ufficiale dell'accaduto. Solo una raffinata cultura del Potere,
 solo una conoscenza profonda della vulnerabilità della psicologia
 individuale, solo il controllo dell'intero sistema dei mezzi di
 comunicazione di massa possono avere ideato, realizzato  e tenuto sotto
 controllo l'11 settembre.
 
 
 
 C'è, in chi ascolta, e non sa nulla di questa gigantesca faccenda, come
 un'incredulità preliminare: ma che vai dicendo? L'abbiamo visto tutti cos'è
 accaduto! Non è una storia, di quelle che si leggono; l'abbiamo vista noi,
 direttamente, senza mediazioni. E tu vorresti farci credere che non è
 accaduta? Vorresti negare che gli aerei hanno colpito e abbattuto le due
 torri gemelle? Vorresti farci credere che il Pentagono non è stato centrato
 da quell'aereo? E dopo tutto quello che è successo in questi anni vuoi
 forse negare l'esistenza dei kamikaze islamici? Ma allora sei pazzo ...
 
 
 
 Ecco: è questo percorso obbligato quello che ha impedito ogni domanda. O,
 meglio, è quello che ha impedito fino ad oggi che le domande giungessero al
 grande pubblico mondiale. Che ha quindi creduto "a quello che aveva visto",
 e non avrebbe potuto fare altrimenti. Ed è stato così condotto per mano a
 constatare che "è stato Osama bin Laden". Questo mantra è divenuto, quasi
 istantaneamente, una verità così potente, un dogma così evidente, da
 rendere apparentemente impossibile ogni contestazione, ogni barlume di
 critica.
 
 
 
 Eppure una minoranza, prima sparuta e poi, via via, sempre più numerosa, le
 domande che qui leggerete se le era poste. Ma circondata dal silenzio e,
 quando quelle domande riuscivano ad emergere alla luce del sole, vista con
 aperta ostilità o irrisione. Il mainstream informativo mondiale ha svolto
 questo compito "silenziatore". In due modi fondamentali: tacendo, come si è
 detto, pervicacemente, sistematicamente, ignorando, fingendo di non sapere,
 e quando tutte le altre varianti risultavano impraticabili,
 autocensurandosi. Cioè mediante una falsificazione passiva. E, in seconda e
 parallela istanza, dirottando l'attenzione, parlando d'altro, sostenendo la
 versione ufficiale anche quando era palesemente insostenibile, irridendo e
 schernendo i "pazzi" che osavano porre domande. Cioè mediante una
 falsificazione attiva.  Eppure, diradato il polverone dei falsificatori di
 ogni risma, complici più o meno consapevoli dei criminali che hanno
 realizzato questa "storia di successo", molte cose appaiono chiare.
 
 
 
 "Esiste un governo ombra, dotato della sua propria Aviazione, della sua
 propria Marina, dotato di un meccanismo suo proprio per raccogliere fondi,
 e della capacità di perseguire le proprie idee circa l'interesse nazionale,
 libero da ogni tipo di controlli e verifiche incrociati tipici dello stato
 di diritto, e libero da ogni costrizione di leggi".<>[1] Sono parole
 riferite agli Stati Uniti d'America di qualche decennio prima, ai tempi
 dello scandalo Iran-Contras, quando si venne a sapere che il governo degli
 Stati Uniti  applicava il terrorismo di stato contro il legittimo governo
 del Nicaragua, usando per finanziarsi la droga che gli serviva per comprare
 le armi in Iran, che erano poi inviate ad armare le formazioni terroriste
 dei Contras. Come trattare queste circonvoluzioni dietologiche se non come
 un complotto proveniente dall'interno stesso degli apparati statunitensi ?
 E sono parole non di un antiamericano ma di un senatore americano, Daniel
 K. Inouye. Valgono esattamente anche adesso, mentre scriviamo queste
 righe, quando quel governo ombra ha preso il potere negli Stati Uniti, e lo
 esercita da ben due mandati, e non è affatto escluso che cercherà con ogni
 mezzo di esercitarlo anche per un terzo.
 
 
 
 Sono difficili da digerire, per chi continua a pensare nei termini voluti
 dall'Impero, le verità che emergono dagli stessi documenti del governo
 ombra che ha preso il potere negli Stati Uniti l'11 settembre 2001. "Ogni
 dieci anni, all'incirca, gli Stati Uniti devono prendere per la gola
 qualche piccolo riottoso paese e scaraventarlo contro un muro, così, tanto
 per mostrare al mondo ciò che noi intendiamo come affari"<>[2]. Chi parla
 in questo modo non è l'ultimo dei commessi del Pentagono, bensì uno dei più
 intimi collaboratori di Richard Perle, Michael Ledeen, con lui tra gli
 ideatori e fondatori del "Progetto per il nuovo secolo americano" (Project
 for the New American Century, PNAC) insieme a Paul Wolfowitz (ora
 presidente della Banca Mondiale), Dick Cheney (vice-presidente degli Stati
 Uniti), Donald Rumsfeld (segretario di stato alla Difesa), John Bolton (ora
 rappresentante designato all'ONU degli Stati Uniti). E un altro dei
 fondatori del PNAC , William Kristol, nel 2003, del tutto dimentico della
 tragedia mondiale di cui ci stiamo occupando, proclama che l'invasione
 dell'Irak, lungi dall'essere un atto difensivo, o un tentativo di colpire
 il terrorismo, o di impedire che Saddam si dotasse delle armi di
 distruzione di massa, o, nell'ultima versione, di costruire la democrazia
 in quello sventurato paese, proclama orgogliosamente che  "è stata
 espressione di una coraggiosa e ambiziosa politica estera americana, giusta
 per noi e giusta per il mondo intero"<>[3].
 
 
 
 L'11 di settembre, strumento di terrore, è già messo in archivio. Non sono
 vittime quelle che parlano. Emerge la volontà di utilizzarlo il più in
 fretta possibile, il più radicalmente possibile. "Non vi sarà pace. Il
 ruolo sostanziale delle forze armate statunitensi sarà di mantenere il
 mondo libero per la nostra economia, e di aprirlo al nostro assalto
 culturale. Per questi scopi noi dovremo uccidere una discreta quantità di
 persone"<>[4]
 
 
 
 E' questo tipo di ragionamenti, che precedono l'11 settembre, a raffigurare
 la politica del futuro, per noi divenuto presente. Fino ai tempi nostri,
 quando perfino il New York Times è costretto a guardare in faccia il
 progetto dell'ex governo ombra, ormai divenuto governo in atto,
 Amministrazione degli Stati Uniti d'America. In verità non è detto che
 l'editorialista del primo giornale del mondo (quello che ha dovuto cacciare
 una dei suoi reporter di punta, dopo avere scoperto che lavorava per
 l'Amministrazione di Washington e faceva passare notizie, false, a sostegno
 della guerra in Irak) si renda conto di tutte le implicazioni di quello che
 scrive. Ma è sufficiente quello che scrive, in ogni caso. E scrive questo:
 "In oltre 212 anni, 42 presidenti hanno emanato 'dichiarazioni firmate'
 (signing statements)   che ponevano sotto scrutinio circa 600 norme di
 nuove leggi [approvate dal Congresso, ndr]. George W Bush lo ha fatto più
 di 800 volte in appena cinque anni e mezzo, o poco più, della sua
 permanenza in carica.". E continua così: "Per Bush  i 'signing statements'
 sono divenuti messaggi al Congresso che egli, semplicemente non intende
 seguire la legge, specialmente ogni tentativo di chiamarlo a rispondere dei
 suoi atti". Esisterebbe dunque, secondo il New York Times, una "teoria
 unitaria dell'Esecutivo" fortemente sostenuta da alcuni dei più estremisti
 consiglieri del presidente, incluso il vice presidente Dick Cheney e il suo
 staff legale. "Questa teoria afferma che il Presidente - e non il Congresso
 o le Corti - ha il potere esclusivo di decidere come egli debba svolgere i
 suoi compiti"<>[5].
 
 
 
 Esiste un nesso tra l'11 settembre, il Patriot Act, che era già pronto
 prima che avvenisse l'11 settembre, e questa pratica "contraria allo stato
 di diritto e al nostro sistema costituzionale della separazione dei
 poteri"?<>[6] Negarlo appare difficile. Ma non appena si cerchi di
 approfondire il tema, ecco riapparire l'accusa di "complottismo".
 
 Come ha scritto, con assoluta chiarezza, William Webster Tarpley,
 "L'accusa, o insulto,  di teoria cospirativa non è soltanto demagogica, ma
 anche intellettualmente disonesta. Poiché la versione ufficiale, che
 coinvolge bin Laden e Al Qaeda, che agiscono a distanza, in grotte remote,
 con l'aiuto di computers, rappresenta una teoria cospirativa (o balla
 cospirativa) di un tipo peculiarmente fantastico. Implicito in questa
 procedura è l'assunto che una teoria cospirativa che è condivisa dal
 sistema mediatico delle grandi corporations non è più una teoria
 cospirativa, ma diventa una teoria rispettabile e presunta vera. I punti di
 vista minoritari, che non sono condivisi  dai grandi media, rimangono
 invece teorie cospirative, e non possono essere credibili, non importa
 quanto essi siano veri".<>[7]
 
 
 
 Resta, ai sostenitori della versione ufficiale, la smisurata potenza del
 mito della democrazia americana, ovvero quello che il citato maggiore
 Peters definisce brillantemente come l'"assalto culturale" dell'America, da
 decenni impegnata, con indubitabile successo,  a dimostrarci la propria
 superiorità in ogni campo del vivere economico e civile (quello sociale è
 impossibile propagandarlo, e quindi viene fatto passare in secondo piano).
 Di fronte al mito e alla sua assoluta "evidenza", visiva anch'essa, resta
 solo la pazzia per spiegare i comportamenti di coloro che al mito non
 vogliono credere. Sfortunatamente questi ultimi annoverano tra le loro
 schiere, ormai piuttosto numerose, una gran quantità di persone che è
 difficile considerare pazzi, svitati, irresponsabili, incompetenti,
 ignoranti, antiamericani (visto che la gran parte sono proprio americani) o
 antisemiti (visto che molti di loro sono ebrei). In questo modo è stato
 fatto a pezzi, in Francia, dalle colonne di tutti i maggiori giornali,
 Thierry Meyssan, primo tra gli europei a indagare sull'11 settembre, primo
 in assoluto a indagare il mistero del volo AA 77, sparito - letteralmente -
 dentro il Pentagono. E a concludere che non si trattava di un aereo, ma di
 "qualche cosa d'altro".<>[8]
 
 
 
 Meyssan aveva ragione, come tutte le ricerche successive hanno confermato.
 Ma è stato cancellato dal mainstream informativo mondiale. I suoi libri
 sono stati venduti in centinaia di migliaia di copie, in decine di paesi,
 ma hanno viaggiato con la Rete. Fuori dalla Rete non c'è stato spazio.
 
 La stessa cosa è accaduta a personaggi di evidente rilievo, come Andreas
 Von Bulow,  ex ministro della Difesa tedesco, negli anni '70, prima della
 riunificazione, ex ministro per la tecnologia, ex relatore, nel 1993,
 della commissione parlamentare d'inchiesta sulla Stasi, la polizia politica
 della Repubblica Democratica Tedesca. Difficile liquidare il suo pensiero.
 Ma lo si può ignorare. E così avvenne subito dopo che Von Bulow esplicitò
 pubblicamente i suoi dubbi , fin dall'inizio del 2002, in un'intervista
 rilasciata al giornale berlinese Der Tagesspiegel<>[9]. In quella
 intervista egli mise in luce la  clamorosa inconsistenza della versione
 ufficiale. "Esistono negli USA ventisei agenzie di controspionaggio - disse
 all'intervistatore - che costano trenta miliardi di dollari l'anno, più
 dell'intero bilancio tedesco della difesa. E non sono state capaci di
 prevenire gli attacchi (.) Non un sospetto, prima. E, per sessanta decisivi
 minuti le agenzie militari e di intelligence hanno lasciato a terra i
 caccia. Però quarantott'ore dopo l'FBI presenta una lista completa dei
 dirottatori suicidi. Ma dieci giorni dopo risulta che sette di loro sono
 ancora vivi".
 
 
 
 Questo Von Bulow lo scriveva, appunto, all'inizio del 2002. Due anni dopo,
 nel Rapporto ufficiale, la domanda è ancora inevasa. E, continuava l'ex
 ministro tedesco, di cui tutto si può dire salvo che non conosca come
 funzionano queste cose, a proposito dei kamikaze: "Si lasciano dietro
 tracce come una carica di elefanti. Pagano con le loro carte di credito,
 danno i loro veri nomi agl'istruttori di volo. Si lasciano dietro auto
 noleggiate con manuali di volo in arabo. Portano con sé, nel loro viaggio
 verso il suicidio, ultime volontà e lettere di addio, che cadono nelle mani
 dell'FBI perché le hanno messe nel posto sbagliato, con indirizzi
 sbagliati. Suvvia, sono segnali lasciati sul percorso come in una caccia al
 tesoro per bambini". Eppure "The 9/11 Commission Report" rimarrà
 interamente basato su questa caccia al tesoro per bambini. "Posso
 affermare, concludeva l'ex ministro tedesco, che "la progettazione
 dell'attacco è stato un capolavoro dal punto di vista tecnico e
 organizzativo. Dirottare quattro grossi aerei di linea in pochi minuti e
 lanciarli sui bersagli entro  un'ora, con complicate manovre di pilotaggio!
 Ma questo è impensabile senza l'appoggio, e per anni, di apparati segreti
 dello stato e dell'industria".
 
 
 
 Non fu l'unico a sollevare dubbi. C'è chi ha fatto il conto, come David Ray
 Griffin, scoprendo non meno di 200 plateali omissioni, incongruenze,
 falsità totali o parziali, nel famoso Rapporto<>[10]. E, andando a cercare
 con pazienza nella Rete, unico luogo in cui tutte queste informazioni hanno
 continuato a circolare, si scopre che Andreas Von Bulow , Thierry Meyssan,
 non erano soli, e che centinaia di persone si erano messe ad analizzare uno
 ad uno gli elementi del puzzle, giungendo tutti alle stesse conclusioni: la
 versione ufficiale è falsa, non regge alla minima verifica. Tutti pazzi? Ma
 allora dovremmo concludere che molti pazzi albergavano e albergano dentro i
 governi impegnati nella lotta contro il terrorismo internazionale. Per
 esempio è il caso di Morgan Reynolds, ex economista capo del Dipartimento
 del Lavoro di George W. Bush, nel suo primo mandato, ex direttore del
 Centro di Giustizia Criminale presso il National Center for Political
 Analysis di Dallas, professore emerito della Texas A & M University (mi
 scuso con il lettore per la minuziosa elencazione degl'incarichi, ma serve
 a chiarire con chi abbiamo a che fare), che, dopo avere anche lui esaminato
 i risultati del famoso Rapporto, scrive, nel  2005: "E' difficile
 sovrastimare l'importanza di un dibattito scientifico sulle cause del
 crollo delle torri gemelle e dell'edificio N. 7. Se la versione ufficiale
 del collasso è errata, come io penso sia, allora le conseguenze politiche
 di una tale erronea analisi ingegneristica, lo sono altrettanto. La teoria
 del governo circa il collasso è altamente vulnerabile nelle sue stesse
 premesse. Soltanto una demolizione controllata è in grado di corrispondere
 a un'intera serie di fatti associata al collasso dei tre edifici"<>[11]
 
 
 
 Il linguaggio è misurato, le conclusioni sono tremende. Altrettanto si può
 dire di Paul Craig Roberts, ex segretario al Tesoro con Ronald Reagan, ex
 commentatore del molto conservatore Wall Street Journal, che scrive: "Molti
 lettori patriottici mi hanno scritto esprimendomi la loro frustrazione
 perché i fatti e il senso comune non possono farsi strada in una
 discussione dominata dall'isteria e dalla disinformazione. Mi sfidano a
 spiegare come mai tre edifici del World Trade Center sono crollati nello
 stesso giorno sulle loro fondamenta alla velocità della caduta libera: un
 evento che è escluso dalle leggi della fisica, a meno che non si sia
 trattato di una demolizione controllata. Essi insistono che vivremo in una
 guerra ininterrotta e in uno stato di polizia fino a che la versione
 governativa dell'11 settembre resterà incontestata. Potrebbero avere
 ragione. Non ci sono molti direttori di giornale disposti a ospitare gli
 evidenti difetti del Report della Commissione sull'11 settembre. (.) Noi
 sappiamo che il governo ha mentito sulle armi di distruzione di massa in
 Irak, ma crediamo che il governo abbia detto la verità sull'11
 settembre"<>[12].
 
 
 
 E' un repubblicano conservatore, cittadino statunitense, che parla. Come
 cancellarlo dalla lista delle persone normali? C'è un solo modo: ignorare
 quello che ha detto. Così hanno fatto tutti i media principali, in America,
 ma anche in Italia.  E che ne facciamo di Michael Meacher, stretto
 collaboratore, per anni, di Tony Blair e uno dei leader più in vista del
 Labour britannico, ex ministro dell'Ambiente, appunto nel Gabinetto Blair,
 dal 1997 al giugno 2003? Le sue dichiarazioni sono finite, rara eccezione,
 direttamente nel mainstream informativo. In certi casi, quando accadono di
 sorpresa, è impossibile ai controllori pararle. Così le "follie" di Michael
 Meacher, ancora in carica come ministro, vanno a finire addirittura sul
 Guardian (quando Meacher non è più ministro). "In primo luogo - dice
 Meacher - è chiaro che le autorità americane fecero poco o nulla per
 impedire gli eventi dell'11 settembre. E' noto che almeno 11 paesi diedero
 l'allarme in anticipo agli USA sugli attacchi dell'11 settembre. Due
 esperti di alto grado del Mossad vennero inviati a Washington nell'agosto
 2001 per allertare la CIA e l'FBI dell'esistenza di una cellula di 200
 terroristi che sarebbero stati in procinto di attuare una grossa operazione
 [terroristica] <>[13]. La lista che i due esperti fornirono includeva i
 nomi di quattro dei dirottatori dell'11 settembre, nessuno dei quali fu
 arrestato. (..) . Fin dal 1996 era nota l'esistenza di piani per colpire
 obiettivi a Washington con aerei. Poi nel 1999 un documento del National
 Intelligence Council rilevò che "kamikaze suicidi di Al Qaeda  avrebbero
 potuto scagliare aerei riempiti di esplosivi ad alto potenziale contro il
 Pentagono, il quartier generale della CIA , o la Casa Bianca. (.). Quindici
 dei dirottatori ottennero il visto in Arabia Saudita. Michael Springmann,
 l'ex capo dell'ufficio visti americano a Jeddah, ha dichiarato che, fin dal
 1987, la CIA forniva illegalmente visti d'ingresso a individui  che non
 avrebbero dovuto averli, portandoli negli Stati Uniti per addestrarli al
 terrorismo nella guerra afgana, in collaborazione con bin Laden.
 <>[14].(..) Altre fonti hanno riferito che cinque dei dirottatori furono
 addestrati all'interno di installazioni militari segrete degli Stati Uniti
 negli anni '90.<>[15] (..).
 
 
 
 Tutta questa inazione fu semplicemente l'effetto del fatto che persone nei
 gangli decisivi ignorarono l'evidenza, o non ne furono a conoscenza? Oppure
 si può supporre che le operazioni di sicurezza dell'aviazione furono
 deliberatamente azzerate l'11 settembre? Se così è stato, perché? E chi ha
 dato l'ordine? L'ex procuratore criminale federale degli Stati Uniti, John
 Loftus, ha detto: 'L'informazione fornita dai servizi d'intelligence
 europei prima dell'11 di settembre fu così ampia che non è più possibile
 che la CIA e l'FBI possano difendersi accampando la tesi
 dell'incompetenza'".<>[16]
 
 
 
 Si potrebbe continuare a lungo elencando personalità di grande rilievo,
 politici, giornalisti politologi, scienziati, tutti molto dubbiosi - quando
 non del tutto certi nel considerare la falsità del complotto  governativo -
 sulla versione ufficiale dell'11 settembre. Ma - è si tratta di una
 "stranezza" molto ben spiegabile - il mainstream informativo non ha reso
 noti questi nomi, e i loro dubbi. Così terminerò questo mio elenco
 ristretto con la dichiarazione di uno specialista, americano, che ha già
 provato al mondo intero le sue qualità investigative. Si tratta di Daniel
 Ellsberg, ex analista militare della Rand Corporation, autore, nel 1971,
 dei "Pentagon Papers" pubblicati dal  New York Times. Furono chiamati così
 perché erano la prova che il Pentagono aveva sistematicamente mentito (a
 cominciare dall'invenzione dell'inesistente scontro nel Golfo del Tonchino
 tra navi americane e nord- vietnamite) per trascinare in guerra l'America e
 per tenervela. Intervistato da una stazione radio<>[17], Ellsberg conferma
 di avere esaminato i materiali delle indagini dell'11 settembre, e di
 averne trovato "alcuni molto poco convincenti, mentre altri li trovo
 piuttosto solidi".
 
 
 
 Non è dunque un fanatico del complotto e si tiene, in un certo senso, a
 debita distanza dal problema. Ma procede:"Non ho alcun dubbio che essi
 siano sufficienti per giustificare un'inchiesta a largo raggio, che non c'è
 ancora stata, con incriminazioni, interrogatori sotto giuramento,
 l'esibizione di molti documenti. Diciamo così: non c'è dubbio che sono
 stati sollevati interrogativi molto seri, che riguardano ciò che essi
 [servizi segreti, settori dell'Amministrazione, ndr] sapevano prima che
 accadesse e quanto coinvolgimento possa esservi stato. E' l'Amministrazione
 .... c'è un'Amministrazione capace, umanamente e psicologicamente, di
 mettere in atto una tale provocazione? Sì, direi che sì. Ho lavorato per
 un'Amministrazione di questo genere, io stesso: quella di Johnson. Ah, il
 presidente Johnson espose al pericolo dei cacciatorpediniere nel Golfo del
 Tonchino, e non solo una, ma diverse volte. E c'era un sacco dei suoi
 [collaboratori] che speravano che avrebbe condotto a uno scontro e che
 gridarono che quello scontro c'era stato".
 
 
 
 Ellsberg crede dunque che l'Amministrazione in carica è "umanamente e
 psicologicamente" in grado di organizzare "una tale provocazione". E
 aggiunge questa previsione, che letta oggi, mentre scrivo queste righe,
 mentre i bombardieri israeliani radono al suolo città e villaggi libanesi,
 mette i brividi: "Se ci sarà un altro 11 settembre, o una guerra ancora più
 vasta nel Medio Oriente, che implichi un attacco americano contro l'Iran,
 non ho alcun dubbio che vi sarà - il giorno dopo o entro alcuni giorni - un
 equivalente del decreto che seguì l'incendio del Reichstag: che
 significherà arresti di massa nel [nostro] paese, campi di concentramento
 per i medio-orientali e per una certa quota di loro 'simpatizzanti', di
 critici della politica del presidente, e sostanzialmente la cancellazione
 della Carta dei Diritti".
 
 
 
 Per concludere, in relazione al "documento Northwood", quello che rivelò
 che lo stato Maggiore degli Stati Uniti progettava un attacco contro Cuba
 motivato dal finto abbattimento di un finto aereo passeggeri americano:
 "Ah, sì: A proposito di una provocazione inscenata che avrebbe potuto
 implicare perfino l'abbattimento di un aereo di linea americano (.) , sì,
 direi che gli americani giocano questo gioco, senza dubbio, e sono sicuro
 che sta accadendo adesso. Noi, io, ci aspettavamo che Bush avrebbe
 architettato qualcosa di simile a un incidente nel Golfo del Tonchino prima
 di andare in Irak. Pensai che avevo torto quando vidi che essi pensarono di
 non averne bisogno. E' interessante che le rivelazioni che sono emerse, gli
 appunti delle conversazioni tra Bush e Blair, mostrano che Bush insisteva
 sulla possibilità di mandare un U-2, per farlo abbattere, e usare questo
 come una scusa"<>[18].
 
 
 
 Ma, dopo questa lunga digressione, sarà utile tornare a William Rodriguez,
 il nostro eroe. Non è una battuta di spirito. William Rodriguez fu il
 simbolo dell'eroismo americano. E per questo il Congresso degli Stati Uniti
 gli conferì, appunto, il titolo di eroe. Nel suo album di famiglia, di
 modesto cittadino statunitense di origine portoricana, c'è una foto che lo
 ritrae accanto al presidente Bush. Salvò decine di vite nel World Trade
 Center, entrò e uscì per ben tre volte dalla torre nord per prestare aiuto.
 Essendo addetto alla manutenzione, aveva le chiavi passe partout per aprire
 tutte le porte. Erano in quattro ad avere quelle chiavi, lui solo le usò.
 Si salvò pochi istanti prima del crollo della torre sud gettandosi sotto un
 camion.
 
 
 
 Rodriguez ha perduto, con le torri, il suo posto di lavoro, non è un
 politico, un politologo, un ex membro di governo. E' solo un testimone
 oculare, diretto, che fu considerato a tal punto affidabile da essere
 sentito anche dalla Commissione d'inchiesta ufficiale. A quanto lui stesso
 ha raccontato, i membri della Commissione furono molto turbati dal suo
 racconto. Eppure non c'è nel rapporto finale una sola riga che riguardi la
 deposizione di William Rodriguez. E si spiega: perché il suo racconto di
 testimone non collima affatto, anzi sembra smentire clamorosamente, la
 versione ufficiale. Dove? Rodriguez era, alle ore 8:46, al primo piano
 interrato della torre nord. Le 8:46 sono l'ora esatta in cui il volo AA 11
 colpisce la torre nord. Le due torri avevano ben sei piani sotterranei,
 dove erano concentrati, oltre ai garages, depositi, strutture tecnologiche,
 impianti di sicurezza e tutto quanto doveva servire alla manutenzione degli
 edifici. Questi piani erano denominati come B1, B2, B3, fino a B6.
 Rodriguez stava dunque al B1, dove era arrivato, per cominciare la sua
 giornata lavorativa, alle 8:30.
 
 Egli racconta che alle 8:46 lui e un supervisore che lo accompagnava
 sentirono una potentissima esplosione "ai piani di sotto a quello in cui ci
 trovavamo, tra il B2 e il B3". L'esplosione fu così potente che "l'edificio
 tremò, le pareti si creparono e il controsoffito crollò". La prima cosa che
 Rodriguez pensa è che è saltato un generatore di corrente. Ma "alcuni
 secondi dopo" (si noti questo dettaglio cruciale) "si sentì un enorme colpo
 nella parte alta dell'edificio, che cominciò a tremare così forte che tutte
 le 40 persone che erano con me cominciarono a gridare tutte assieme, in una
 confusione totale". Tralascio il resto del racconto per fermarmi sui
 particolari più essenziali. Una potente esplosione, nelle fondamenta della
 torre nord,  ha preceduto "di qualche secondo" l'impatto dell'aereo.
 Inspiegabile. Si è forse confuso, sbaglia i tempi? Ma che rapporto c'è tra
 le due esplosioni?
 
 
 
 Ma Rodriguez ci parla anche d'altro. E questo altro non è meno importante.
 Con le chiavi accompagna un gruppo di pompieri che salgono lungo la scala A
 della torre nord. "Mentre salivamo  sentivamo delle esplosioni che
 continuavano a verificarsi nei vari piani". Rodriguez sale fino al 33-esimo
 piano, e oltre, fino a che incontra alcuni agenti di polizia. Mentre stanno
 scambiandosi informazioni iniziano a sentire "una serie di esplosioni in
 rapida successione, bum , bum, bum." Al radiotelefono dicevano: "Abbiamo
 perso il 65-esimo, è crollato, dal 65-esimo al 44-esimo". Sono 21 piani.
 "Tutti quei piani erano crollati". Ma il volo AA 11 colpì la torre molto
 più in alto del 65-esimo piano. E' in quel punto, dell'impatto, che
 dovrebbe essersi verificato l'incendio che ha indebolito - secondo la
 versione ufficiale - le strutture dell'edificio, provocando il cosiddetto
 "effetto torta", cioè lo schiacciamento successivo dei piani, uno sopra
 l'altro, fino al crollo totale.
 
 Ma il racconto di Rodriguez ci dice che esplosioni in serie avvenivano
 dentro l'edificio a da alcune decine di piani al di sotto di quelli
 dell'impatto dell'aereo. E ci comunica con precisione che -altrettanto
 inspiegabilmente - ben prima del cedimento  strutturale nei piani alti,
 ben 22 piani della torre erano già crollati. Le pareti esterne avevano
 tenuto, ma i piani erano stati abbattuti. Da che cosa? Cos'altro è avvenuto
 nella torre nord, prima e dopo l'impatto dell'aereo?
 
 E non è strano che, di tutto questo, la Commissione ufficiale non abbia
 tenuto conto?
 
 
 
 Rodriguez spiega perché ha raccontato tutto questo, invece di limitarsi a
 mettere in bacheca la sua medaglia da eroe. "Perché il rapporto ufficiale
 sui fatti dell'11 settembre 2001 è un rapporto falso e incompleto"<>[19]
 
 
 
 Giulietto Chiesa
 
 
 
 <>[1] Citato da Webster  Griffin Tarpley, "9/11 Syntetic Terror",
 Progressive Press, 2006, pag. 5
 
 <>[2] Michael Ledeen, citato da Ervand Abrahamian in "Empire Strikes Back:
 Iran in US Sights", Inventing the Axis of Evil (New York: The New Press,
 2004), pag 93
 
 <>[3] ABC Nightline, di Ted Koppel, "Tonight, 'The Plan' , how one group
 and its blueprint have brought us to the brink of war". 5 marzo 2003.
 L'intera trascrizione si trova in
 <http://www.whatreallyhappened.com/Thelan.htm>http://www.whatreallyhappened.com/Thelan.htm
 
 Si noti qui, en passant, che anche Ted Koppel meriterebbe di essere
 accusato di dietrologia. Tutta la trasmissione è infatti la ricostruzione
 di un complotto a regola d'arte, che ha portato l'America in guerra, alle
 spalle del popolo americano, e perfino del Congresso degli Stati Uniti.
 
 <>[4] Ralph Peters, "Constant Conflict: a look behind the philosophy and
 practice of the US push for domination of the world's economy and culture".
 US Army War College: Parameters, Summer 1997, pp 4-14.
 
 Il maggiore Ralph Peters è stato membro dell'Ufficio del vice capo dello
 staff  per l'Intelligence, come responsabile delle guerre del futuro. Anche
 Peters, che guarda "dietro" la filosofia e la pratica della spinta
 americana al dominio, è dunque un teorico del complotto, un "dietrologo"
 classico.
 
 <>[5] International Herald Tribune, July 26, 2006.
 
 <>[6] Dichiarazione della American Bar Association, IHT, cit.
 
 <>[7] William Webster Tarpley, "9/11 Syntetic Terror", cit. pag. 339
 
 <>[8] Si vedano i suoi due libri, "L'incredibile menzogna", Fandango 2002 e
 "Il Pentagate", Fandango 2003.
 
 <>[9] Der Tagesspiele, 13 gennaio 2002.
 
 <>[10] David Gray Griffin,  "The 9/11 Commission Report: Omissions and
 Distortions, 2004. Griffin  è stato fino al 2004 Professore Emerito di
 Filosofia delle Religioni e Teologia della Claremont School of Theology e
 alla Claremont Graduate University. E' attualmente uno dei co-direttori del
 Center for Policy Analysis di Claremont
 
 <>[11] Prison Planet, 16 giugno 2005. La citazione è da "United Press
 International".
 
 <>[12] Articolo di Paul Joseph Watson su Prison Placet , 8 febbraio 2006.
 
 <>[13] Qui è lo stesso Meacher che cita, come fonte, il Daily Telegraph del
 16 settembre 2001.
 
 <>[14] Qui Meacher cita la BBC del 6 novembre 2001.
 
 <>[15] Qui Meacher cita Newsweek del 15 settembre 2001. Rilevo, di
 sfuggita, che tutte queste informazioni risalgono alle prime settimane dopo
 gli attentati, quando ancora il controllo sui media non era così ferreo
 come avvenne, progressivamente, in seguito. Altra considerazione a margine:
 tutti questi dati spiegano perfettamente bene come mai CIA e FBI furono in
 condizione di distribuire l'elenco dei "colpevoli" appena 50 ore dopo la
 tragedia: era un elenco di doppi agenti, o di ex agenti della CIA di cui
 essi erano a conoscenza da anni.
 
 <>[16] Michael Meacher, "The war on terrorism is bogus", The Guardian, 6
 settembre 2003.
 
 <>[17] Radio GCN  nel programma condotto da Jack Blood., luglio 2006.
 
 <>[18] Articolo postato da Kevin Smith e Alex Jones il 19 luglio 2006.
 Infowars.com/articles/Pentagon_papers_author_gov_maybe_did_911.htm
 
 <>[19] Ground Zero: parla l'eroe. Tratto da "Speciale 11 settembre",
 supplemento al DVD "9/11 in Plane Site".
 
 
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