Isocrate

Coloro che in quel tempo reggevano la città


(Aerop. - 20-27)

... Coloro che in quel tempo reggevano la città non istituirono un governo democratico e moderato solo nel nome, ma che di fatto non appariva tale a chi con esso aveva a che fare: esso, infatti, non educava i cittadini a considerare DEMOCRAZIA l'impunità e LIBERTÀ la possibilità d'infrangere la legge, e a pensare che "uguaglianza" fosse la libertà sfrenata di parola e "benessere" la facoltà di fare tutto questo; questo governo odiava e puniva chi si comportava così, e in questo modo rese tutti i cittadini migliori e più moderati. Fu di grande aiuto, a tale scopo, non perdere mai di vista questo fondamentale principio: ci sono due tipi di uguaglianza: uno che dà a tutti in parti uguali, l'altro che dà a ciascuno quanto gli è dovuto in proporzione alle sue capacità. Bene. Gli Ateniesi di allora rifiutavano l'uguaglianza che mette tutti sullo stesso piano, competenti ed incapaci, perché non la ritenevano giusta, e preferivano quella che premiava e puniva ciascuno in base a merito o demerito. Secondo questi parametri governavano; non distribuivano perciò le cariche affidandosi al sorteggio, ma mettevano ciascun settore nelle mani di quelli che giudicavano i migliori ed i più adatti. Speravano, infatti, che anche tutti gli altri sarebbero stati indotti ad agire e comportarsi secondo il modello di quelli che governavano. Oltre a questo valido motivo pedagogico, c'è anche un'altra considerazione da fare: nel sorteggio gioca troppo il caso e può capitare che le cariche vadano in mano a uomini bramosi di tenere il potere tutto per sé e per pochi altri; quando invece ci si affida ad un giudizio attento, è il popolo che ha la facoltà di scegliere gli uomini che più manifestano spirito democratico. Al popolo piaceva questa impostazione, e non si verificava una sfrenata corsa al potere: i cittadini avevano imparato a lavorare e risparmiare; non trascuravano i propri averi per carpire quelli degli altri; non usavano i soldi dello Stato per impinguare le casse proprie, anzi, se ce n'era bisogno, erano pronti a pagare di tasca propria per la comunità; ed erano amministratori attenti delle entrate pubbliche così come lo erano di quelle derivanti dalle loro attività private. E non toccavano il denaro della città. Perciò, a quei tempi era più difficile trovare chi volesse accedere alle cariche pubbliche, mentre adesso si fa fatica a trovare chi non le chieda: allora, infatti, consideravano l'amministrazione pubblica come un dovere, non come un affare; e appena entrati in carica si preoccupavano di esaminare se era rimasta in sospeso qualche questione che doveva essere sistemata, e non pensavano solo a guardare se i magistrati (nota del curatore: per "magistrati" si intendono, più in generale, i funzionari ed i titolari di cariche e poteri pubblici, per lo più esecutivi, ma anche giudiziari, come rimase poi nella tradizione) precedenti avevano lasciato qualcosa da arraffare! Insomma, si era capito che il popolo è sovrano nel distribuire gli incarichi e nel sorvegliare la legalità dell'operato, punendo chi sbaglia e giudicando sulle controversie, mentre chi ha mezzi sufficienti per vivere e può quindi dedicarsi completamente alla amministrazione pubblica deve mettersi al servizio del popolo: e devono comportarsi correttamente i magistrati, perché tutti gli occhi sono puntati su di loro; se rispetteranno giustizia e legalità, oltre alla personale soddisfazione, saranno fatti oggetto di particolare encomio, mentre se sbaglieranno, non otterranno perdono e li colpirà una condanna severa. Quale democrazia, dunque, si può trovare più solida e più giusta di quella che mette al governo i più capaci, ma vuole il popolo arbitro di questi e del loro operato?

... (gli Ateniesi consideravano) inaccettabile che la maggioranza fosse alle dipendenze di pochi, che quelli finanziariamente più deboli, ma non certo inferiori per tutte le altre capacità, fossero esclusi dalla vita politica attiva; (non volevano) infine che, pur membri di una patria comune, alcuni si comportassero da tiranni e gli altri si trovassero nella condizione di "meteci", di ospiti estranei, potremmo dire, e che, pur essendo per natura cittadini, venissero per legge privati dei loro diritti di cittadinanza.


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