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Ottobre 2011

Capitalismo finanziario neoliberista, carattere sociale e dimensione umana
di Marco Foroni

Il capitalismo finanziario neoliberista, macchina artificiale (per usare la metafora hobbesiana) predatoria che è venuta sviluppandosi nell’ultimo quarantennio, ha come suo obiettivo quello di massimizzare e accumulare, sotto forma di capitale e assieme di potere, quello che possiamo definire il valore estraibile sia dall’ecosistema, sia dalla massima numerosità degli esseri umani, condizionando, in modalità più o meno nascosta e subdola, ogni aspetto della vita attraverso la mercificazione dell’esistenza. Ciò è avvenuto tramite la sua rizomatica e capillare penetrazione in tutti i sotto-sistemi sociali, in tutte la classi sociali, nei singoli; ideologia totalizzante che ha reso in tal modo inconsapevoli e “naturali” determinati modelli comportamentali acquisiti (perché altro di differente non può e deve esservi), caratterizzati dalla spinta al consumismo individualista.

Quello della estrazione di valore in questa fase storica, è un processo differente rispetto a quello della produzione di valore, propria della fase del capitalismo industriale. Si produce valore (e plus-valore) quando si fabbrica e si vende una automobile, si costruisce una casa, si piantano alberi. Si estrae valore quando si aumentano i ritmi di lavoro a parità di salario, si provoca un aumento del prezzo delle case manipolando i tassi di interesse dei mutui, si distrugge un bosco per farne un parcheggio per le auto.

Il capitalismo finanziario neoliberista è forma di potere in sé.  E’ potere mosso non dall’obiettivo prioritario di produrre beni e servizi bensì da quello di controllare e manipolare coscienze con modalità di estrema e raffinata efficienza, flessibilità e forza d’imperio (di nuovo, “il paradiso all’ombra delle spade” hobbesiano, che si manifesta con la armi della persuasione). D’altronde “la produzione capitalistica…(tende) ad essere estremamente parsimoniosa di lavoro materializzato, oggettivato in merci. Essa è invece, molto più di ogni altro modo di produzione, una dilapidatrice di uomini, di lavoro vivente, una dilapidatrice non solo di carne e sangue ma pure di nervi e cervelli…” (1).

Il capitalismo industriale aveva come motore l’industria manifatturiera, scientificamente e tayloristicamente organizzata. Il capitalismo finanziario neoliberista ha come motore il sistema finanziario. E ciò determina la sostanziale differenza nella modalità di accumulazione del capitale. Il primo attraverso la formula D1-M-D2 ovvero investimento di denaro per produrre beni e servizi per poi ricavare denaro in quantità superiore a vendita effettuata (profitto). Il secondo tende ad elidere il passaggio intermedio, dal momento che il denaro investito viene fatto circolare sui mercati finanziari allo scopo precipuo di produrre in modo speculativo, e nel tempo più rapido possibile, una maggior quantità di denaro (D1-D2): ovvero, la produzione di denaro a mezzo di denaro, che garantisce un reddito più elevato rispetto alla produzione per mezzo di merci.

La macchina artificiale del capitalismo finanziario neoliberista è, fondamentalmente, votata alla creazione di esseri umani “automi” e funzionali, potenzialmente esuberi (ovvero prodotti di scarto), con la tendenza pianificata a limitare le possibilità di accrescimento delle potenzialità intellettive (cosa altro rappresenta la progressiva privatizzazione e limitazione della istruzione e della ricerca?) e relazionali; un saccheggio dell’umanità che la priva di innumerevoli energie necessarie per la crescita e l’arricchimento relazionale, e che avviene attraverso la pressoché totale interiorizzazione, nella struttura delle personalità, della “razionalità” non oggettiva del pensiero neoliberale.

Un modello per l’homo oeconomicus dove tutto è contabilità, anche affettiva, e che permea non soltanto l’io razionale (l’istanza preposta a perseguire razionalmente, appunto, gli obiettivi), ma plasmando al tempo l’es inconscio, le istanze morali ed etiche. La subordinazione di ogni azione al mero calcolo costi-benefici che sarà a questo punto inerente indifferentemente all’economia, alla politica, alla cultura, alle relazioni sociali, alle relazioni affettive. Perché la razionalità del mercato non dovrà avere alcuna limitazione. Lo svuotamento completo dato dal rapporto inverso che si determina tra valore economico e sviluppo umano. D’altronde, ancora, “..la svalorizzazione del mondo umano cresce in rapporto diretto con la valorizzazione del mondo delle cose” (2).

Oggi, nella sua fase liquido-moderna, questo carattere sociale dato dal totalitarismo neoliberale  globale versa in grave crisi; ma le sue strutture non sono riformabili gradualmente, perché questo si autoalimenta perversamente da e in sé stesso, privo della esperienza e degli insegnamenti del passato perché non gli appartengono, in quanto schiacciato nella sua dimensione del tempo presente, dell’ora e subito. Sta a noi che ne siamo  consapevoli, che ci poniamo come “visione altra”, mettere in azione ed in atto quei comportamenti virtuosi, solidi, e le energie affettive del “noi collettivo”, in forma organizzata, che lo costringa a riconoscere la propria insostenibilità. Prima che sia troppo tardi per tutti.

 Note

(1)   K. Marx, Il Capitale, Libro III, tomo I - Il processo complessivo della produzione capitalistica – pag 121, Editori Riuniti, 1980

(2)   K. Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844 (a cura di Norberto Bobbio) - Piccola Biblioteca Einaudi, Filosofia – Einaudi, 2044

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December 19, 2009

Il capitalismo parassitario e gli uomini pieni di larve
di Stefano D’Andrea

La lettura del libro di Zygmunt Bauman, Capitalismo parassitario, Bari, 2009 e in particolare del primo capitolo, che più riflette il titolo del libro, lascia sospesi e perplessi. Si ha l’impressione di aver seguito un ragionamento ben costruito ma interrotto a metà.

Bauman muove dalla celebre tesi di Rosa Luxenburg, secondo la quale il capitalismo non può sopravvivere senza economie “non capitalistiche”. Esso potrebbe prosperare finché trova “terre vergini da sfruttare”. Il capitalismo sarebbe un sistema parassitario che può crescere e consentire l’accumulazione di capitale quando trova un organismo non ancora sfruttato del quale nutrirsi. Il sociologo svolge la teoria applicandola al moderno capitalismo, osservando che la Luxemburg non aveva ipotizzato che i territori premoderni di paesi esotici non sono gli unici potenziali “ospiti” dei quali il capitalismo può nutrirsi. Gli ospiti moderni, la nuova specie di ospiti, sono gli stessi cittadini degli Stati ad economia capitalistica. Lo sfruttamento avviene assoggettando i cittadini – e invero anche le imprese produttive, ma sul punto Bauman tace – al pagamento degli interessi sul debito contratto con banche e finanziarie.

L’introduzione delle carte di credito è stato il segnale di quello che sarebbe venuto dopo”, scrive Bauman, il quale ci informa che le carte di credito furono lanciate con lo slogan “Togliete l’attesa dal desiderio”. Le storie che Bauman narra, tratte dalla cronaca della Gran Bretagna, sono penose e probabilmente riguardano le cosiddette carte di credito “revolving” – appena lanciate in Italia, dove per fortuna il capitalismo è meno “maturo” che in Gran Bretagna. Cosa dovrebbe fare, secondo voi, il popolo ai nostri “esperti” che lodavano e, talvolta, ancora continuano a lodare il capitalismo “maturo” dei paesi anglosassoni? Il titolare della carta di credito revolving, utilizzando la carta, contrae un prestito, che deve restituire, con gli interessi, mediante rate fisse mensili. Bauman osserva che i cittadini debitori abbandonano una banca o una finanziaria, che non riescono più a pagare, a favore di un’altra, la quale paga il debito alla prima e diventa la nuova creditrice. Ciò che interessa alle banche e alle finanziarie sono ormai gli interessi, non il capitale. Il capitale, precisiamo noi, sta in bilancio come attivo e continua a figurare come tale anche quando è certo che i debitori non potranno restituirlo; in questo modo banche e finanziarie producono “utili” (e quindi la crescita del valore delle azioni: sic!), che non vi sarebbero o sarebbero molto minori se si prendesse atto che quegli attivi non valgono nulla o ammontano a molto meno del valore nominale, tanto più che questo meccanismo è necessario e per così dire strutturale, posto che il sistema capitalistico moderno (o post moderno; insomma quello attuale) si fonda su una quantità di crediti-debiti largamente superiore alla massa monetaria circolante. Osserva Bauman: “le banche e le società di carte di credito contano ormai sul “servizio” continuato del debito invece che sul pronto rimborso dello stesso”. Bauman poi accenna agli ormai famosi mutui subprime e al credito al consumo (che opportunamente denomina “debito al consumo”), osservando che in Gran Bretagna “il debito al consumo non rimborsato ha superato il totale del prodotto interno lordo”.

La situazione nella quale vengono a trovarsi i protagonisti delle brevi storie narrate da Bauman – le quali comunque riflettono la condizione di milioni di cittadini britannici e statunitensi – è definita dall’autore come “tunnel”: la parola che si suole utilizzare per descrivere la condizione di forte dipendenza da una droga pesante. E infatti, precisa Bauman: “Vivere a credito dà dipendenza come poche altre droghe, forse più di qualsiasi altra droga, e sicuramente di più di altri tranquillanti in offerta…”.

Infine Bauman pone in evidenza il ruolo dello Stato, che nella fase liquida della modernità – così, notoriamente, Bauman designa la fase attuale della modernità – “è “capitalista” nella misura in cui garantisce la disponibilità continua di credito e la capacità continua dei consumatori di ottenerlo”. Assumendo posizioni di ispirazione marxista, il sociologo precisa che “La cooperazione tra stato e mercato nel capitalismo è la regola; il conflitto tra di essi, se mai viene alla luce, è l’eccezione. Di regola, le politiche dello Stato capitalista “dittatoriale” o “democratico”, vengono costruite e condotte nell’interesse, non contro l’interesse dei mercati”. Oggi, secondo Bauman, lo Stato promuove e protegge l’accumulazione di capitale, non tanto attraverso lo sfruttamento della manodopera operaia, bensì attraverso lo “sfruttamento dei consumatori”. Perciò, conclude Bauman – si tratta di una conclusione, anche se l’asserzione si trova nel mezzo del primo capitolo – , “Le notizie sulla morte del capitalismo, come avrebbe detto Mark Twain, sono alquanto esagerate… Anche i necrologi sulla fase “creditizia” nella storia dell’accumulazione capitalistica sono prematuri!”. Una parte forse minoritaria ma significativa della popolazione mondiale è potenzialmente soggetta al rischio di divenire dipendente dalla droga del credito, ossia cronicamente e perennemente indebitata a causa di crediti contratti per consumare di più in una fase, magari breve, della vita.

Salvo un passaggio, quello relativo al preteso succedersi dello sfruttamento dei consumatori allo sfruttamento dei lavoratori – la moderazione salariale e le delocalizzazioni dell’ultimo ventennio mostrano che una forma di sfruttamento si è affiancata all’altra, non l’ha sostituita -, condividiamo riga per riga le pagine di Bauman e siamo piuttosto orgogliosi di averle completamente anticipate. Avevamo scritto, infatti, nel tratteggiare un programma ideale di quello che dovrebbe essere un auspicabile partito alternativo alle due coalizioni che da quindici anni governano l’Italia: “11. I nuovi strumenti di indebitamento – leveraged buy-out, contratti autonomi di garanzia, leaseback, credito al consumo, carta di credito – o sono già invalidi o devono essere qualificati invalidi […] 18. Il termine consumatore deve essere bandito. Esistono soltanto il consumismo e la spesa equilibrata. Il consumismo è l’atteggiamento e l’ideologia dei drogati del consumo; il consumerismo magari fosse metadone: è la dose a basso prezzo” E avevamo anche scritto, nel sostenere la natura assolutamente omogenea delle due coalizioni: “Nessuna delle due coalizioni ha contrastato la politica di indebitamento dei cittadini, che invece è stata perseguita da entrambe, contro il dettato costituzionale, secondo il quale “la Repubblica incoraggia … il risparmio” e non il debito. Le due coalizione intendevano e intendono conservare il potere andando contro un dettato costituzionale, perché se si fa credito al cittadino, la droga del credito attenua il conflitto sociale, con la conseguenza che non si è costretti a cercare una equilibrata politica dei redditi e le coalizioni al potere vi restano” (http://www.appelloalpopolo.it/?p=106).

Qual è allora il limite del saggio di Bauman? Consiste in ciò: pur volendo restare sul piano scientifico e descrittivo – ed evitare di saltare sul piano politico per interrogarsi sul che cosa si dovrebbe fare per evitare lo “sfruttamento dei consumatori” – Bauman poteva dire altro o almeno poteva sollevare interrogativi.

Quegli interrogativi li solleviamo noi.

Hanno titolo i cittadini che ricorrono al credito per acquistare beni e servizi di consumo di contestare il sistema capitalista o almeno la fase “liquida” del capitalismo, fondata sul loro asservimento e sulla loro condizione di consumatori, cronicamente e strutturalmente indebitati?

Può il consumatore indebitato essere parte consapevole dell’ipotetico soggetto della storia che dovrebbe sostituire, nella fase moderna, il proletariato cosciente e la sua avanguardia? O sarà irrimediabilmente parte del moderno lumpenproletariat?

Che senso ha impegnarsi politicamente e sindacalmente per ottenere (senza peraltro riuscirci), al tempo dei rinnovi contrattuali, un aumento salariale di 50 euro al mese, se poi non si ostacola la pubblicizzazione e la diffusione di carte di credito revolving, che conducono inesorabilmente a sottrarre al cittadino dai 500 ai 3000 euro l’anno per interessi?  Ovvero, se non si ostacola, anziché promuovere e tutelare, il credito finalizzato, che conduce i cittadini ad acquistare sei autovetture anziché tre in trenta anni e a pagare, per un trentennio, dai 500 ai 1000 euro di interessi l’anno soltanto per l’acquisto dell’automobile (oltre allo sperpero di capitale)? O, ancora, se non si propone di reintrodurre l’equo canone, per evitare che i cittadini siano costretti o indotti a stipulare assurdi mutui trentennali, magari follemente a tasso variabile, in forza dei quali si obbligano a pagare interessi per 3000 o 4000 euro l’anno per trenta anni?

Una politica volta a limitare l’indebitamento dei cittadini sarebbe “eticamente orientata”, e perciò da scartare in linea di principio – ma viene il dubbio che lo Stato, in qualche misura, almeno minima, debba essere etico, se vuole evitare di essere lo Stato nichilista (o liberista: è la stessa cosa) -? Oppure sarebbe una pura attuazione del principio costituzionale secondo il quale la Repubblica, non soltanto tutela, ma “incoraggia… il risparmio”? E sono costituzionali in Italia le leggi che promuovono l’indebitamento dei cittadini se la Costituzione dice che la Repubblica “incoraggia… il risparmio”? Può il legislatore ordinario, anziché incoraggiare il risparmio, come i costituenti gli hanno imposto, promuovere l’indebitamento?

Muovendo dal presupposto che la “teoria” della decrescita presenta ancora molti aspetti deboli o comunque da sottoporre a rigorosa analisi, si deve comunque prendere atto che devono essere promossi e presi provvedimenti che, limitando l’indebitamento dei cittadini, ostacolano la crescita (almeno come effetto immediato)?

Soprattutto, che cosa è diventato l’uomo, se persegue – deve perseguire secondo l’ideologia; ed è spinto a perseguire dall’ordinamento giuridico – il sostegno al sistema promuovendo la propria condizione di perenne debitore? Ponendosi il vincolo dell’indebitamento, i cittadini occidentali si sono, forse, dati una regola che li pone in funzione del sistema? Non era questa la più feroce e in fondo, per certi versi, giusta e nobile critica che i liberali muovevano alle teorie socialiste?

Non ci avevano insegnato che nella vita si deve essere umili? Che si deve essere pazienti, perché la pazienza è la virtù dei forti? Che bisogna dare tempo al tempo? E la teoria economica non ci insegna che se gli acquirenti – perché consumatori e non acquirenti? – sanno attendere, i venditori non riusciranno a stipulare le agognate vendite ai prezzi da essi sperati e saranno costretti ad abbassare i prezzi? E’ paziente il consumatore? E’ umile? Si comporta intelligentemente, come la teoria economica suggerisce? O è frettoloso, presuntuoso e incapace di provvedere a sé stesso?  E’ un uomo o è una larva di uomo?

Noi che non intendiamo fermarci al piano scientifico-descrittivo oltre a sollevare domande che Bauman elude, possiamo andare oltre gli interrogativi e fissare qualche punto, a mo’ di conclusione provvisoria.

C’è chi ha interesse a trasformare i cittadini degli Stati europei in uomini pieni di larve, così come sono pieni di larve quei cittadini statunitensi e britannici, che sono titolari di debiti addirittura superiori al reddito annuo che percepiscono: debiti contratti per consumare, intendo – per andare in vacanza in un posto costoso e magari all’estero; per acquistare un’autovettura più “importante” di quella che altrimenti potrebbero permettersi; per poter bere tutti i fine settimana birra al pub con gli amici, anziché un fine settimana si e uno no; per poter assistere in diretta alle partite della squadra del cuore; per avere lo schermo piatto; per non dire ai propri figli “le finanze della famiglia non mi consentono di regalarti il motorino o comunque il motorino che desideri”; e così via. Coloro che contraggono debiti per queste ragioni sono uomini pieni di larve. Sono drogati dipendenti dal consumo e, accettando il credito, dal debito. Naturalmente si deve avere pietà per questi debitori cronici, come si deve avere pietà per chiunque abbia contratto una dipendenza grave che lo corroda dall’interno. E tuttavia ciò non toglie che si debba muovere dalla constatazione che si tratta di uomini pieni di larve.

La difesa individuale dall’azione malvagia del capitale è possibile e anzi facile e conveniente. Ma l’uomo che saprà salvarsi sarà comunque circondato da uomini pieni di larve; da indebitati cronici. Perciò il discorso andrebbe elevato al piano politico e non può arrestarsi al piano della resistenza individuale: la promozione del risparmio e la lotta contro l’indebitamento dei cittadini devono diventare il perno di una proposta politica alternativa. E’ questa la proposta politica alternativa, perché la proposta dei dominanti, negli anni passati, ha sostenuto esattamente il contrario: fare credito; diminuire la riserva frazionaria (in modo che le banche possano prestare ancora più volte il medesimo denaro); aiutare i cittadini che si trovano in difficoltà nel pagamento delle rate, agevolando la rinegoziazione dei mutui (ossia l’allungamento dei tempi di restituzione e quindi di indebitamento); tutelare il debito contratto per acquistare beni e servizi di consumo più del debito contratto per ragioni professionali o di impresa (la cosiddetta disciplina di tutela del credito al consumo); promuovere, per quanto possibile, una politica di bassi tassi di interessi, così i cittadini si indebiteranno in maggior misura; “ finanziare e pubblicizzare la rottamazione di automobili”, ossia ulteriore indebitamento per acquistare auto nuove; “consumare, consumare” –  senza pensare al futuro,  senza sentirsi parte di una famiglia, senza voler lasciare ai figli, in proporzione, almeno quanto ci ha lasciato il padre – altrimenti il sistema non funziona più e si arresta. E che cosa si deve volere, se non che questo sistema parassitario si arresti?

Chiunque non sia contrario alle politiche di indebitamento dei cittadini e, in generale, alle leggi e alle prassi che li riducono a consumatori, non può essere considerato, in nessun caso, e qualsiasi sia l’ideologia della quale si fa portatore,  “contro il sistema” e non può nemmeno essere qualificato come “riformista” che persegue riforme strutturali. Fa parte a pieno titolo del partito capitalista. E’ iscritto, anche se non lo sa o non lo ammette, con la qualifica di moderno lumpenproletariat, al partito che vuole trasformare i cittadini degli Stati europei in uomini pieni di larve. Questo sono i più accaniti consumatori: uomini pieni di larve. L’insoddisfazione che li induce a spendere somme superiori al reddito, al fine di consumare beni e servizi; la mancanza di umiltà, di pazienza e di progetti di vita che li spinge a voler uguagliare i consumi di altri cittadini, magari provvisti di redditi e rendite molto maggiori; il giogo degli interessi accettato per futili motivi; il senso di fallimento esistenziale – ed è ancora peggio la mancanza del senso di fallimento esistenziale – per non essere in grado di restituire il capitale e sottrarsi al pagamento degli interessi; le scadenze inesorabili delle rate; la ricerca di ulteriori finanziatori o di finanziatori disposti ad acquistare il credito da altri ormai stanchi dei ritardi e dei parziali inadempimenti; tutte queste ragioni, come le larve con il corpo, corrodono l’animo di questi uomini e li conducono alla grave depressione o, comunque, allo squilibrio psichico.

Ecco il consumatore ideale: un uomo pieno di larve! Questo è l’“uomo” che i detentori e i gestori di grandi capitali, per mezzo dell’ideologia liberista, di quella pseudoscienza che è la moderna teoria economica – ormai semplice capitolo della ideologia liberista – e dell’ordinamento giuridico capitalista, perseguono all’unisono, mentre i cittadini si distraggono e si limitano a godere – godono perché sono strafatti – o, al più, discutono di questioni del tutto secondarie.


da globalresearch.ca 

http://www.resistenze.org
18/01/2013

 

Le bugie della democrazia e il linguaggio della menzogna
di Colin Todhunter - Global Research

In un'epoca sempre più guidata dai media, il linguaggio è tutto ed è spesso usato dalla burocrazia per dominare il significato. Con milioni di morti sulle spalle sin dal 1945, gli Stati Uniti sono diventati lo stato terroristico numero uno al mondo. Dagli anni '80, l'ex agente della CIA John Stockwell, ha accennato alla cifra di sei milioni. Un recente articolo ha indicato come, dal bombardamento di massa nel sud est asiatico all'impiego di squadroni della morte in America del Sud, l'esercito americano e la CIA siano stati direttamente o indirettamente responsabili di un numero aggiornato di circa dieci milioni di morti (1). Ma oggi non è definito assassinio di massa. Ironia della sorte, gli Stati Uniti hanno sequestrato la parola "terrore" per giustificare il loro marchio di tirannia attraverso una guerra al terrore.

È inoltre possibile aggiungere a quei dieci milioni innumerevoli altri, le cui vite sono state sacrificate sull'altare del profitto aziendale, che non si basa sui militari per bombardare popoli e paesi fino alla sottomissione, ma su una certa politica. Non è una vessazione. E' un adeguamento strutturale.

Come risultato, centinaia di migliaia di contadini indiani si sono tolti la vita negli ultimi dieci anni, una gran parte di loro a causa dell'attività agroindustriale statunitense e della manipolazione dei prezzi globali delle materie prime e per gentile concessione delle politiche adottate per loro conto da parte del governo degli Stati Uniti o per il monopolio delle grandi corporazioni o la frontiera tecnologica dei semi terminator che ugualmente riducono in miseria gli agricoltori che contraggono più debiti di quanto possano sopportare (2).

La situazione dei contadini indiani non è unica. Quante vite sono state fatte a pezzi in tutto il mondo a causa della violenza intrinseca strutturale o dell'omicidio silenzioso derivante dal funzionamento quotidiano, apparentemente benigno, del capitalismo predatorio. Le intrinseche disuguaglianze del sistema hanno effettivamente rubato anni alle vite delle persone, la salute dai loro corpi, i mezzi di sostentamento dalle loro mani, l'acqua dai loro rubinetti e il cibo dai loro piatti. Dal Regno Unito all'Africa, le classi subalterne - il materiale economico spesso sacrificabile, la carne da cannone in tempo di guerra o gli eroi reduci gettati a mare dal sistema al loro ritorno a casa, persone manipolate e sfruttate a piacimento tramite fasulli principi di nazionalismo o di interesse nazionale - hanno avuto le loro vite spezzate o private di opportunità a causa delle difficoltà imposte dal pugno di ferro del capitalismo (3).

L'appropriazione della ricchezza attraverso un sistema che la convoglia dal basso in alto per mezzo di un processo di accumulazione per esproprio (4), è celebrata come crescita, prosperità e libertà di scelta nonostante la realtà provi che, dalla Grecia alla Spagna, per la maggioranza sia aumentata la povertà, la privazione di scelta e la miseria.

Non si sa molto di questo però, se si usano solo i principali media di informazione. Certo, ci può essere stato detto di stringere la cinghia perché siamo tutti nella stessa barca e dobbiamo fare qualche sacrificio in questi tempi economicamente difficili.

E ad ogni buon conto, poiché gran parte del paese (qualsiasi paese) è gettato nella discarica in quanto eccedente, ora che i loro posti di lavoro sono stati esternalizzati all'estero, dobbiamo semplicemente attaccare il Mali, la Siria, la Libia, l'Iran (e la lista continua), perché non farlo avrebbe permesso ai malvagi di conquistare il mondo. E allora dove saremmo senza idee così alte? Non è saccheggio delle risorse. E' umanitarismo.

Beh, saremmo proprio dove ci troviamo in questo momento perché i malvagi già controllano e fanno la guerra non solo ai popoli di questi paesi appena citati, ma ai loro rispettivi popoli anche attraverso gli strumenti di sorveglianza, il sistema penale, gli effetti narcotizzanti delle droghe importate dal capo delle spie o dell'industria dell'informazione-spettacolo e la raffica di leggi che servono a spogliare le libertà civili. Il gioco è finito, l'economia occidentale dominante (gli Stati Uniti) è incrinata in modo irreparabile (5). L'imperialismo e il militarismo non la salveranno, ma il dissenso non sarà consentito.

E, come banchieri privati, intrappolano tutti noi ancora di più, con la loro licenza di stampare e prestare moneta ai governi nazionali per poi prestare loro anche gli interessi su di essa, entrando in una spirale indebitatoria che non potrà mai essere rimborsata (6) e sono anche in grado di riempirsi ulteriormente le tasche acquistando beni nazionali a basso prezzo in primo luogo dai paesi in bancarotta. Non è racket. E' austerità.

"E ora vengono per la vostra sicurezza sociale. Vogliono i vostri soldi della pensione. Li rivogliono indietro per darli ai loro amici criminali di Wall Street. E sai una cosa? Li avranno. Otterranno tutto prima o poi, perché possiedono questo posto." Gorge Carlin, scrittore, critico e comico.

E dove sono i principali media di tutto questo? Dove sono i giornalisti la cui pretesa di rispettabilità è la loro rigida professionalità, responsabilità, indipendenza? Se si possono chiamare professionalità, responsabilità e obiettività l'essere nelle mani di pubblicitari, burocrati, lobbisti o think tank aziendali e non volere offenderne gli interessi, allora sono dei modelli di virtù assoluta!

Diffondendo le loro menzogne altamente stipendiate, hanno deluso e continuano a deludere il pubblico. Con la loro fioca luce "investigativa" sulle "procedure parlamentari", le personalità e le insensate macchinazioni delle politiche di partito, non fanno altro che mantenere e perpetuare lo status quo e tenere il pubblico all'oscuro dall'indefinibile ed egoistica potenza e unità di interessi che consentono a Big Oil, Big Banking, Big Pharma, Big Agra e al resto di costoro di continuare a dissanguarci tutti.

Richiamare alla mente la notiza della BBC sul bombardamento NATO della Libia, ci fornisce una visione piuttosto rivelatrice dei media ufficiali. La copertura è stata vergognosamente unilaterale. Il pubblico deve pagare un "servizio pubblico" per venire ingannato e per garantire il nostro rispetto alle politiche statali-aziendali illegali? C'era poca analisi sull'orientamento della "missione" o su dove gli insorti ottenevano le armi, nonostante l'ONU avesse sanzionato l'embargo sulle armi. Molto meno sul diritto morale della NATO di bombardare una strada di Tripoli. Non parliamo di quanto affermato dal professore Chris Landsberg dell'Università di Johannesburg rispetto alla violazione del diritto internazionale da parte della NATO, o delle 200 personalità africane che hanno accusato le nazioni occidentali di sovvertire il diritto internazionale.

Al contrario, quello che ci viene servito, per gentile concessione dei media mainstream di volta in volta che la Gran Bretagna decide di fare la guerra, è un gustoso piatto del sentimento nazionalistico e della mentalità coloniale dei "nostri ragazzi", andati laggù per aiutare a civilizzare i barbari.

Ma questo è il ruolo dei media, ovvero contribuire a rafforzare e riprodurre le condizioni materiali di un sistema di sfruttamento quotidiano e di divisione sociale. Si chiama avere dei media condiscendenti, senza artigli. E' la democrazia liberale. Questo è il ruolo non solo dei media, ma del sistema educativo e del sistema politico.

Ed è per questo che all'ex premier britannico anni fa era stato detto dai suoi padroni finanziari di vendere quello che scherzosamente era considerato "l'oro della nazione" a un prezzo stracciato, a beneficio degli interessi dei banchieri (non della nazione), senza un vero e proprio controllo pubblico. Alcuni dicono che è stato il primo "salvataggio" (7). È per questo che il denaro dei contribuenti, all'insaputa alla maggior parte di loro, viene utilizzato inspiegabilmente e non democraticamente per sostenere le banche e per rovesciare diversi paesi, causando migliaia di morti e distruzioni attraverso le "operazioni segrete". Segrete, cioè nascoste all'opinione pubblica, beatamente inconsapevole di dove i suoi dollari, sterline o euro duramente guadagnati siano effettivamente andati a finire.

Ecco perché i truffatori statali-aziendali, assassini e bugiardi che si ammantano del linguaggio della libertà e della democrazia l'hanno fatta franca per tanto tempo. Purtroppo, è per questo che continuano a farlo.

 

Note

1) http://www.globalresearch.ca/the-cias-hollywood-release-zero-dark-thirty-or-how-people-lose-their-humanity/5318368

2) http://www.countercurrents.org/glo-shiva050404.htm 

3) http://ibnlive.in.com/news/india-is-prospering-indians-arent-aiyar/158081-60-120.html 

4) http://globetrotter.berkeley.edu/people4/Harvey/harvey-con4.html 

5) http://www.globalresearch.ca/the-collapsing-us-economy-and-the-end-of-the-world/31825 

6) http://www.hangthebankers.com/economic-collapse-is-inevitable-heres-why/ 

7) http://www.marketoracle.co.uk/Article35501.html

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