Giulietto Chiesa: finito il consenso, useranno il terrore


Loro fabbricano soldi, noi paghiamo il debito


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Giulietto Chiesa, estratti dal capitolo “Matrix” del libro
“Invece della Catastrofe”, Piemme 2013


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30/8/13

Giulietto Chiesa: finito il consenso, useranno il terrore

Democrazia e libertà civili furono gli strumenti culturali e istituzionali indispensabili per la costruzione del consenso. Il loro esercizio soddisfacente permise di controllare e conquistare non solo i ceti intermedi che venivano consolidandosi, ma anche settori decisivi delle classi lavoratrici. Il “welfare state” fu l’arma economica con cui le classi dominanti dell’Occidente si assicurarono il superamento indolore del “turning point” previsto da Karl Marx. Il risultato fu raggiunto. A fatica, certo, e attraverso lotte durissime, poiché le forze lavoratrici si erano nel frattempo dotate di strumenti di difesa: partiti, sindacati, società civile organizzata. La storia del XX secolo è stata, in Occidente, un continuo alternarsi di offensive e controffensive delle due classi principali. Quando la bilancia delle forze si spostò dalla parte dei subordinati, e per il Potere il pericolo divenne concreto, esso ricorse senza esitazione alla forza, al sangue, alla violenza.

Per menzionare solo due esempi illuminanti, dei molti che potremmo scegliere: il rovesciamento di Salvador Allende in Cile, con un colpo di Stato direttamente sponsorizzato dal governo degli Stati Uniti, e la strategia della tensione in Italia, culminata con il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro. Anche quest’ultimo guidato da oltreoceano, con la partecipazione dei servizi segreti italiani e delle frange eversive della destra estrema. Se in Cile non ci furono dubbi sui reali autori dell’operazione (ma ci volle del tempo perché perfino Henry Kissinger ammettesse pubblicamente il proprio ruolo diretto), ancora adesso gran parte dell’opinione pubblica italiana pensa che furono le Brigate Rosse ad “attentare allo Stato”. Non sa, e non può sapere (perché la storia dell’eversione e dello stragismo le è stata raccontata dagli uomini della P2 e dai loro amici, alleati, sodali e servi), che le Brigate Rosse furono solo lo strumento, l’arma che permise al potere imperiale di mettere fuori gioco il più forte partito comunista dell’Occidente, e di scongiurare il pericolo che un regime democratico, con il partito comunista quale sua componente, si affacciasse nella parte “sbagliata” della divisione dell’Europa creata a Yalta. Esempio da manuale di come i detentori del potere informativo-comunicativo abbiano potuto usare anche le bandiere (rosse) del nemico, per combatterlo.

Le Brigate Rosse, certo, sono esistite. Furono un frammento degenerativo, patologico, infantile, delle istanze di liberazione. E, proprio, per questo, divennero lo strumento della più grande “diversione” organizzata nel mondo occidentale per “fermare il comunismo”. Di tutto questo la gente non sa, e non può sapere, perché le è stata raccontata un’altra storia. La cosa straordinaria è che anche una parte della sinistra di allora credette a questa storia. E, per gli stessi identici motivi di subalternità culturale, tutta intera la sinistra, italiana ed europea, non ha saputo cogliere il significato strategico di quell’altra “operazione sotto falsa bandiera” che fu attuata l’11 settembre del 2001 con l’attacco alle Twin Towers di New York e al Pentagono. Torniamo dunque, ancora una volta, alla questione della Grande Fabbrica dei Sogni e delle Menzogne, che ha prodotto lo spettacolo necessario per stemperare e parare, deviandoli, gli obiettivi di trasformazione sociale; per oscurare, marginalizzare, ridicolizzare la critica al sistema; per produrre il “rumore di fondo” sufficiente a impedire l’ascolto di altre voci; per catturare, infine, corrompendoli, i capi della resistenza, secondo il principio che è più economico e sicuro comprare un generale nemico che vincerlo in battaglia.

Sul versante della legittimazione formale del sistema, l’efficacia dell’azione deviante fu ancora più clamorosa. I sistemi democratici “liberali” vennero modificati, resi tecnicamente sempre più complicati e non maneggiabili dai cittadini. Con lungimirante intelligenza, nello stesso tempo, una parte del controllo fu concessa ai rappresentanti delle classi medie e delle aristocrazie operaie. Il cambio dei sistemi elettorali in nome della “governabilità” consentì la graduale espropriazione della sovranità popolare da parte di oligarchie partitiche sempre più impermeabili a ogni controllo. Per operare questi cambiamenti in modo relativamente indisturbato, enormi risorse vennero destinate, come s’è detto, alla formazione e alla retribuzione dei mediatori del consenso. Cioè le coorti di politici, giornalisti, manager, pubblicitari che furono piazzati nelle trincee della comunicazione: quelli che oggi vengono giustamente definiti i “gatekeepers”, quelli che controllano la porta d’ingresso dell’informazione-comunicazione.

La lotta di classe è stata combattuta e vinta dal Potere in questo modo. senza quell’esercito di mediatori, tutti apparentemente disarmati, il punto di ebollizione sociale si sarebbe pericolosamente ripresentato. La spesa per sostenerlo, formarlo e pagarlo divenne, gradualmente ma sistematicamente, parte integrante – e principale – del calcolo economico necessario alla riproduzione del sistema. Questi processi, questo misto di repressione, consenso, democrazia, ebbero andamenti differenziati nei singoli paesi dell’Occidente. Ciascuno procedette secondo i suoi ritmi e i suoi compromessi. Si definì un modello europeo, assai più morbido, e un modello americano, assai più feroce. Negli Stati Uniti, pr esempio, le classi padronali usarono la forza per assoggettare i sindacati con molto anticipo e con molta più durezza che in Europa, dove la via del consenso fu e restò prevalente. Ma gli stessi percorsi furono analoghi dovunque, in maggiore o minore misura.

Al di sotto di questo panorama agivano comunque i fattori strutturali che Marx aveva ben previsto: essenzialmente la caduta tendenziale del saggio di profitto e la correlata e ondulatoria serie delle crisi di sovrapproduzione. Furono necessarie due guerre mondiali, con il loro carico di morte, per impedire che l’innalzamento della temperatura del corpo sociale giungesse a livelli pericolosi per le classi dominanti. E’ in questo snodo che nasce la “società dello spettacolo”. Che fu il luogo di convergenza tra le nuove tecnologie della comunicazione-informazione e l’impellente necessità del sistema di impedire lo scontro tra le classi sociali. Le crisi cicliche dell’Occidente continuarono a ripresentarsi, ma la sovrapproduzione venne rinviata con la creazione di una massa di merci sempre nuove, sempre più differenziate, sempre più a vita breve, il cui acquisto venne imposto alle grandi masse (non solo dell’Occidente) mediante un micidiale bombardamento pubblicitario.

Questa fu la crescita, che apparve come infinita. Tutti ci credettero, e tuttora ci credono. Il fatto nuovo, come abbiamo già detto, è l’apparizione dei “limiti”. Che ha posto un ostacolo fisicamente invalicabile a quel sistema di “dilazione”. Al suo posto – ed è la cronaca degli ultimi quarant’anni – ne venne inventato un altro: la finanziarizzazione, che ha permesso di staccare la produzione fondamentale di ricchezza dalla produzione di merci. Il XXI secolo ha visto la luce in questo contesto. L’11 settembre 2001 è stato il primo tentativo di correzione della rotta attraverso la violenza politica sul mondo intero.

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05/9/13

Loro fabbricano soldi, noi paghiamo il debito

Le guerre? Ottimo affare. Devono essere «dirette in modo tale» che le nazioni «sprofondino sempre di più nel loro debito e, quindi, sempre di più sotto il nostro potere». Parola del banchiere Amshel Mayer Rothschild, che visse a cavallo tra ‘700 e ‘800. Thomas Jefferson, il presidente americano raffigurato sulle banconote da due dollari, sapeva bene con che razza di banditi avesse a che fare: «Io credo che le istituzioni bancarie siano più pericolose per le nostre libertà di quanto non lo siano gli eserciti armati». Quella «aristocrazia facoltosa» può mettere in croce qualsiasi governo. Quindi: «Il potere di emissione dev’essere tolto alle banche e restituito al popolo». Chiosa il coevo Andrew Jefferson, settimo presidente degli Stati Uniti: «Se solo gli americani capissero la totale ingiustizia del nostro sistema monetario e bancario, ci sarebbe una rivoluzione prima di domani mattina». Sintetizza Giulietto Chiesa: se l’emissione di moneta non è più sovrana, ma appaltata alle banche, lo Stato ha le ore contate, e così i suoi cittadini. Ecco spiegata l’apocalisse finanziaria.

«Gli Stati – scrive Chiesa nel libro “Invece della catastrofe” – hanno conferito alle banche il diritto di produrre moneta, e le banche hanno prestato agli Stati la moneta che creavano». Poi le banche sono fallite, quelle occidentali tutte insieme, «ed essendo le più forti hanno imposto agli Stati di salvarle». Sono fallite, «perché nella loro ingordigia senza limiti hanno creato denaro, cioè debito, non più esigibile perché “troppo”». Così, gli Stati si sono indebitati di nuovo per salvarle. «E stanno fallendo inesorabilmente, a loro volta». Privati della possibilità di stampare moneta sovrana, possono solo “chiedere aiuto” alle sanguisughe della finanza, «che li strozzeranno ulteriormente aumentando il loro debito». In preda al panico, gli Stati allora chiedono ai loro “sudditi” di pagare il conto. «Ed è qui che si scontrano con il limite: i sudditi sono la “finitezza” personificata. Se dovessero pagare il debito che si è scaricato su di loro, morirebbero. Ma ucciderli tutti non è possibile, per ora, e rischia di diventare pericoloso. Dunque si mettono alla testa degli Stati non più dei governanti eletti, mai diretti emissari delle banche, che non essendo stati eletti da nessuno non devono tenere conto delle esigenze di nessuno che non siano i banchieri».

Ed ecco, puntualissimo, l’avvento del “massacro sociale”: «Tutti i patti sanciti nei decenni precedenti del XX secolo vengono stracciati, uno dopo l’altro, e tutti i diritti costituzionali vengono cancellati». Velocemente, «si delinea così un nuovo tipo di Stato: tecnocratico, apertamente autoritario (sebbene ancora paludato degli abiti sontuosi della democrazia del passato), il cui scopo è quello di creare una nuova, inedita forma di schiavitù». La folle moltiplicazione di denaro degli ultimi decenni, per opera della finanza privata – è la tesi centrale dell’analisi che il libro di Chiesa conduce sulla crisi finanziaria – è perfettamente speculare al collasso dell’ideologia della crescita senza fine: «La crescita infinita e la produzione infinita di denaro – gemelle siamesi dell’Apocalisse, inscindibili l’una dall’altra – sono la peste moderna da cui dobbiamo liberarci, per sempre», tenendo però conto di tutte altre crisi in atto: ambientale, climatica, energetica, alimentare, demografica, degli scarti, tecnologica, idrica. «Senza vedere l’insieme, non ci si potrà liberare dal dogma della crescita», il veleno che sta accelerando il drammatico conto alla rovescia del pianeta.

A questo punto, sostiene Chiesa, siamo giunti in una fase pericolosa in cui ogni ulteriore avvitamento della spirale è sempre più vicino a quello che l’ha preceduto, e anche più violento. Mai, nella storia, erano esplose così tante contraddizioni, e tutte insieme. «Non è escluso che, nelle convulsioni dell’epoca, possano determinarsi pause, che daranno l’illusione di un ritorno alla normalità». Ma senza mai poter prevedere alcuna crescita economica. Anzi, la recessione sarà inarrestabile, «perché si ridurranno i redditi reali di centinaia di milioni di persone in tutto l’Occidente». Le eventuali “pause” saranno comunque brevi, e subito seguite da ricadute rovinose: «Ci troviamo nel mezzo di un paradosso lancinante: un gigantesco debito di centinaia di trilioni di dollari non fornisce denaro per investimenti nell’economia reale. Gli Stati non possono investire, perché s’impone loro di sanare il debito; i privati non possono spendere perché i loro redditi vengono falcidiati». Così, «ogni ipotesi neo-keynesiana è sbarrata dal nuovo quadro mondiale, in cui larga parte dell’ex terzo mondo usa per la prima volta le risorse per crescere e non è più depredabile a piacimento». Infine, «ogni crescita sarà sbarrata dai limiti fisici ed energetici dello sviluppo nei vecchi termini».

Del resto, aggiunge Giulietto Chiesa, sono le stesse istituzioni sovranazionali della finanza mondiale che avvertono: non solo non si può crescere, ma non si “deve” più crescere come prima. Lo afferma la Bis, cioè la Bank of International Settlements di Basilea, che è la super-banca che raggruppa 56 banche nazionali europee, inclusa la Bce e la Banca d’Inghilterra. «E siamo di fronte a uno dei rarissimi pronostici azzeccati: questo salotto del Superclan ci annuncia che la crescita economica globale “deve” rallentare», perché «ogni ipotesi di crescita prevederà infatti una possente inflazione». Si noti che la Bis parla di rallentamento globale, includendo anche la Cina. La crescita che ci hanno spacciato per buona fino a ieri «era finta, non reale», nonostante le chiacchiere propalate da «agenzie di rating ed economisti di illustre fama». Era denaro creato da denaro, sganciato dall’economia reale della produzione, gonfiato dalla “finanza creativa” e dalle bolle immobiliari, cioè dal “debito artificiale”. «Chi pensasse di tornare a una crescita come quella sarebbe un folle, semplicemente perché si trattava di una crescita al tempo stesso inesistente, inconsistente e insostenibile».

Ed eccoci, in picchiata, nella spirale disastrosa dell’Eurozona: «I popoli europei sono sottoposti a una pressione crescente dei loro governi perché rinuncino al loro attuale tenore di vita». Il patto sociale europeo? Archiviato, con tutti i suoi diritti e le sue conquiste. «Solo ora, a quasi quattro anni di distanza dal primo collasso, sta cominciando una protesta di massa in Grecia, in Spagna, in Portogallo. Anche in Italia il clima si riscalda. Ma la presa di coscienza è lenta e difficile, in un contesto artificiale come quello creato dal “corporate mainstream”». Nel frattempo, «i banchieri hanno piazzato ai posti di comando i loro uomini, disarcionando Stati e Parlamenti». In Italia Mario Monti, uomo della Goldman Sachs come Mario Draghi, insediato al vertice della Bce. «Il presidente italiano Napolitano è alfiere dell’operazione ed è chiaramente intenzionato a tenerla a galla». Buio pesto anche dalla Commissione Europea: «E’ agli ordini dei banchieri».

La “ripresa”, anche se avvenisse – o fosse almeno percepita come tale, grazie allo «sforzo manipolatorio» del mainstream – troverebbe comunque «limiti invalicabili», nel combinato composto dal mosaico destabilizzante delle mille crisi, tutte potenzialmente fatali. E non c’è più da sperare, per così dire, neppure nell’arma della seduzione carismatica fino a ieri affidata alla politica e alla comunicazione-informazione: «Anche se popolazioni semischiavizzate venissero indotte a collaborare, non vi sarà nulla per sedurle. Il Superclan – lo sappia o non lo sappia poco importa – non ha nulla da proporre. Non ci sarà benessere, ma non potrà esserci nemmeno democrazia. Resteranno appesi ai lampioni i simulacri della democrazia, ma le cerimonie si ridurranno al minimo». Per Giulietto Chiesa «quello che si preannuncia, in Occidente, è un sistema generalizzato di repressione e di razionamento». La catastrofe è davvero dietro l’angolo. L’alternativa? Smascherare i cialtroni della crescita infinita e fermare la locomotiva impazzita, ricostruendo una governance mondiale. Possibile, in teoria, solo «dopo che i rapporti di forza mondiali saranno stati modificati». Sempre che si faccia in fretta, battendo sul tempo gli strateghi della Grande Guerra pianificata per sterminarci.

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