Tratto da The Globalization of Poverty and the New World Order 
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4 gennaio 2013

La Globalizzazione della Povertà e il Nuovo Ordine Mondiale

di Michel Chossudovsky

Prefazione alla seconda edizione 

Appena poche settimane dopo il colpo di stato militare in Cile, avvenuto l’11 settembre 1973, con cui il governo eletto del presidente Salvador Allende venne rovesciato dalla giunta militare guidata da Augusto Pinochet, quest’ultimo ordinò un aumento del prezzo del pane da 11 a 40 escudos, un aumento del 264%. Questo trattamento economico era stato progettato da un gruppo di economisti chiamato “Chicago Boys“.

Al momento del colpo di stato militare insegnavo all’Istituto di Economia dell’Università Cattolica del Cile, che pullulava di “Chicago Boys”, discepoli di Milton Friedman. Quell’ 11 settembre, nelle ore successive al bombardamento del Palazzo Presidenziale della Moneda, i nuovi governanti militari imposero un coprifuoco di 72 ore. Alcuni giorni dopo, alla riapertura dell’Università, i “Chicago Boys” festeggiavano. Neanche una settimana dopo, molti dei miei colleghi vennero chiamati a ricoprire posizioni chiave nel governo militare.

 Mentre i prezzi alimentari erano saliti alle stelle, i salari erano stati congelati per garantire “stabilità economica e scongiurare pressioni inflazionistiche“. Da un giorno all’altro, un intero paese venne fatto precipitare nella povertà abissale: in meno di un anno, in Cile, il prezzo del pane era aumentato di 36 volte e l’85 per cento della popolazione cilena era stata spinta al di sotto della soglia di povertà.

Questi eventi mi colpirono profondamente nel mio lavoro come economista. Attraverso la manomissione dei prezzi, dei salari e dei tassi di interesse, la vita delle persone era stata distrutta, l’intera economia nazionale era stata destabilizzata. Ho cominciato a capire che la riforma macro-economica non era né “neutrale” – come rivendicato dal mainstream accademico – nè separata dal più ampio processo di trasformazione sociale e politico. Nei miei primi scritti sulla giunta militare cilena, consideravo il cosiddetto “libero mercato” come un efficiente strumento di “repressione economica“.

Due anni dopo, nel 1976, sono tornato in America Latina come visiting professor all’Università Nazionale di Cordoba, nel cuore industriale dell’Argentina. Il mio soggiorno è coinciso con un altro colpo di stato militare. Decine di migliaia di persone furono  arrestate e moltissimi desaparecidos sono stati assassinati. Il colpo di stato militare in Argentina era una “copia” di quello guidato dalla CIA in Cile. Dietro i massacri e le violazioni dei diritti umani, erano state anche ordinate le riforme del “libero mercato” – questa volta sotto la supervisione dei creditori newyorkesi dell’Argentina.

Le mortali prescrizioni economiche del Fondo monetario internazionale (FMI), applicate con il pretesto del “programma di aggiustamento strutturale“, non erano ancora state lanciate ufficialmente. L’esperienza del Cile e dell’ Argentina sotto i “Chicago Boys” era una prova generale delle cose che sarebbero successe in seguito. A tempo debito, i proiettili economici del sistema di libero mercato stavano colpendo un paese dopo l’altro. A partire dall’assalto della crisi del debito degli anni 1980, la stessa medicina economica del FMI è stata sistematicamente applicata in più di 150 paesi in via di sviluppo. Dal mio precedente lavoro in Cile, Argentina e Perù, ho iniziato a studiare l’impatto globale di queste riforme. Alimentandosi senza sosta sulla povertà e sulla dislocazione economica, stava prendendo forma un Nuovo Ordine Mondiale.

Nel frattempo, la maggior parte dei regimi militari in America Latina erano stati sostituiti da “democrazie” parlamentari, cui era affidato il raccapricciante compito di mettere all’asta l’economia nazionale nel quadro dei programmi di privatizzazioni sponsorizzati dalla Banca Mondiale. Nel 1990, tornai all’Università Cattolica del Perù, dove avevo insegnato dopo aver lasciato il Cile nei mesi successivi al golpe militare del 1973.

Ero arrivato a Lima nel pieno della campagna elettorale del 1990. L’economia del paese era in crisi. Il populista governo uscente del presidente Alan Garcia era stato inserito nella “lista nera” del FMI. Alberto Fujimori divenne il nuovo Presidente il 28 luglio 1990. E appena qualche giorno dopo, anche il Perù venne colpito dalla  ”terapia d’urto economica”  - questa volta con una vendetta. Il Perù fu punito per non essersi adeguato ai diktat del FMI: il prezzo del carburante venne fatto aumentare di 31 volte e il prezzo del pane aumentò più di dodici volte in un solo giorno. Il FMI – in stretta consultazione con il Tesoro degli Stati Uniti – aveva operato dietro le quinte. Queste riforme –  eseguite in nome della “democrazia” – furono molto più devastanti rispetto a quelle applicate in Cile e in Argentina sotto il pugno del regime militare. Negli anni ’80 e ’90 ho viaggiato molto in Africa.Il mio campo di ricerca per questa prima edizione era stato, infatti, il Ruanda che, nonostante gli alti livelli di povertà, aveva raggiunto l’autosufficienza nella produzione alimentare. Dai primi anni del 1990, l’economia nazionale del Ruanda venne distrutta e il suo sistema agricolo, una volta vibrante, fu destabilizzato. Il FMI aveva chiesto l ‘”apertura” del mercato interno per l’esportazione sottocosto delle eccedenze di grano statunitensi ed europee. L’obiettivo era quello di “incoraggiare gli agricoltori ruandesi ad essere più competitivi“. (Vedi il Capitolo 7.)

Dal 1992 al 1995, per le mie ricerche ho viaggiato in India, Bangladesh e Vietnam e sono tornato in America Latina per completare il mio studio sul Brasile. In tutti i paesi che ho visitato, tra cui Kenya, Nigeria, Egitto, Marocco e le Filippine, ho osservato lo stesso modello di manipolazione economica e di interferenze politiche da parte delle istituzioni di Washington. In India, causa diretta delle riforme del FMI, milioni di persone erano state ridotte alla fame. In Vietnam – che rappresenta una delle più prospere economie per la produzione del riso nel mondo – erano esplose carestie su scala locale direttamente derivanti dalla soppressione del controllo dei prezzi e la deregolamentazione del mercato del grano.

In concomitanza con la fine della Guerra Fredda, al culmine della crisi economica, ho viaggiato in diverse città e zone rurali in Russia. Le riforme sponsorizzate dal FMI erano entrate in una nuova fase – allungando la loro presa mortale sui paesi dell’ex blocco orientale. A partire dal 1992, vaste aree dell’ex Unione Sovietica, dagli stati baltici alla Siberia orientale, vennero spinte nella povertà abissale.

I lavori per la prima edizione di questo libro si conclusero all’inizio del 1996, con l’inserimento di uno studio dettagliato sulla disintegrazione economica della Jugoslavia. (Vedi il Capitolo 17.) Era stato avviato, messo a punto dagli economisti della Banca Mondiale, un “programma di fallimento“. Nel 1989-90, circa 1100 imprese industriali sono state spazzate via e più di 614.000 lavoratori del settore industriale sono stati licenziati. E questo era solo l’inizio di una frattura economica molto più profonda della Federazione Jugoslava.

Dopo la pubblicazione della prima edizione nel 1997, il mondo è cambiato radicalmente, la “globalizzazione della povertà” ha esteso la sua presa a tutte le principali regioni del mondo tra cui l’Europa Occidentale e il Nord America.

Distruggendo la sovranità nazionale e i diritti dei cittadini era stato installato un Nuovo Ordine Mondiale.  In virtù delle nuove regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), istituito nel 1995, furono concessi  ”diritti ben radicati“ alle più grandi banche del mondo e alle multinazionali. I debiti pubblici sono cresciuti a dismisura, le istituzioni statali sono crollate e l’accumulazione di ricchezza privata è progredita senza sosta.

La guerre guidate dagli Stati Uniti in Afghanistan (2001) e Iraq (2003) hanno segnato una svolta importante nell’evoluzione di questo Nuovo Ordine Mondiale. Mentre è in stampa la seconda edizione, le forze americane e inglesi hanno invaso l’Iraq, distruggendo le sue infrastrutture pubbliche e uccidendo migliaia di civili. Dopo 13 anni di sanzioni economiche, la guerra in Iraq ha portato un’intera popolazione in condizioni di povertà.

La guerra e la globalizzazione vanno di pari passo. Supportata dalla macchina da guerra degli Stati Uniti, si è aperta una nuova e mortale fase della globalizzazione guidata dalle multinazionali. Mettendo in mostra la più grande potenza militare dopo la seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti hanno intrapreso un’avventura militare che minaccia il futuro dell’umanità.

La decisione di invadere l’Iraq non aveva nulla a che fare con “le armi di distruzione di massa di Saddam ” o dei suoi presunti legami con Al Qaeda. L’Iraq possiede l’11 per cento delle riserve mondiali di petrolio, cinque volte più grandi di quelle degli Stati Uniti. Il 70% delle riserve mondiali di petrolio e gas naturale sono infatti situate in quell’area dell’ Asia Centrale - Medio Oriente che si estende dalla punta della penisola araba al bacino del Mar Caspio .

Questa guerra, che era stata in fase di progettazione per diversi anni, minaccia di sommergere una regione molto più ampia. Un documento del 1995 del Central Command americano conferma che “lo scopo del coinvolgimento degli Stati Uniti. . . è quello di proteggere gli interessi vitali degli USA nella regione – l’accesso ininterrotto e sicuro al petrolio del Golfo  da parte degli USA e dei suoi alleati“.

Dopo l’invasione, l’economia irachena è stata posta sotto la giurisdizione del governo di occupazione militare statunitense, guidato dal generale in pensione Jay Gardner, un ex CEO di uno dei più grandi produttori americani di armi.

In collaborazione con l’amministrazione statunitense e il Club di Parigi dei creditori ufficiali, il FMI e la Banca Mondiale hanno in programma di svolgere un ruolo chiave nella ricostruzione “post-bellica” dell’Iraq “. Il programma nascosto è quello di imporre il dollaro come valuta proxy dell’Iraq, in un assetto di comitato valutario simile a quello imposto alla Bosnia-Erzegovina sotto l’Accordo di Dayton del 1995. (Vedi il  Capitolo 17). A sua volta, le vaste riserve petrolifere irachene sono candidate ad essere prese in consegna dai giganti petroliferi anglo-americani.

La spirale del debito estero dell’Iraq verrà utilizzata come strumento di saccheggio economico. Saranno imposte condizionalità. L’intera economia nazionale sarà messa all’asta. Il FMI e la Banca mondiale saranno chiamati a fornire legittimità al saccheggio della ricchezza petrolifera irachena.

Il dispiegamento della macchina da guerra americana pretende di allargare la sfera di influenza economica americana in un’area che si estende dal Mediterraneo al confine occidentale della Cina. Gli Stati Uniti hanno stabilito una presenza militare permanente non solo in Iraq e in Afghanistan, ma hanno anche  basi militari in diverse delle ex repubbliche sovietiche. In altre parole, la militarizzazione supporta la conquista di nuove frontiere economiche e l’imposizione a livello mondiale del sistema di “libero mercato“.

Depressione Globale

L’assalto della guerra guidata dagli Usa sta avvenendo al culmine di una depressione economica mondiale, che ha le sue radici storiche nella crisi del debito dei primi anni 1980. La guerra americana di conquista ha un impatto diretto sulla crisi economica. Le risorse statali negli Usa sono state reindirizzate al finanziamento del complesso militare-industriale e al rinforzo della sicurezza interna a scapito del finanziamento dei tanto necessari programmi sociali.

Sulla scia dell’11 settembre 2001, attraverso una massiccia campagna di propaganda, è stata rafforzata la traballante legittimità del “sistema globale di libero mercato“, aprendo le porte a una nuova ondata di deregolamentazioni e privatizzazioni, con la conseguente acquisizione da parte dei privati della maggior parte, se non di tutti, i servizi pubblici e le infrastrutture dello Stato (compresa l’assistenza sanitaria, elettricità, acqua e trasporti).

Inoltre,negli Stati Uniti, Inghilterra e nella maggior parte dei paesi dell’Unione europea, il tessuto legale della società è stata revisionato. Sulla base dell’ abrogazione dello stato di diritto, sono emerse le fondamenta di un apparato statale autoritario con poca o nessuna opposizione dalla base della società civile.
(…)

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