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giovedì 19 dicembre 2013 15:46

Aleviti, la carta settaria di Erdogan
di Giorgia Grifoni



La comunità alevita denuncia discriminazioni nel lavoro e attacchi regolari. Una tendenza in crescita dall'elezione del premier turco, che dal 1999 nutre astio nei loro confronti

Roma, 19 dicembre 2013, Nena News

Tempi duri per le minoranze etnico-religiose in Turchia. Non c'è scampo per nessuno: a partire dai curdi, repressi duramente per decenni e ora imbrogliati dall'accordo firmato dal capo storico del PKK Abdullah Ocalan con il primo ministro Erdogan, che aveva promesso riforme democratiche a loro favore contro l'abbandono del territorio statale da parte dei guerriglieri. Riforme mai attuate. Gli armeni, invece, bersagliati dalle autorità turche per il loro attivismo nei confronti del mancato riconoscimento del genocidio del 1915, ieri si sono visti sbattere la porta in faccia persino dalla Corte Europea di Giustizia: negare il loro massacro, si legge nella sentenza, non è un crimine. Per buona pace di Ankara che ha sempre negato la pulizia etnica commessa su 1.5 milioni di armeni, bollandola come "incidente di guerra".



Le politiche islamiste del governo Erdogan, che sta giocando la carta settaria per mantenere i consensi della sua notevole base elettorale, messa a rischio nel maggio scorso dalle proteste di Gezi Park, sono riuscite a penetrare tra le masse turche: a farne le spese è la comunità alevita, che denuncia un aumento della discriminazione nei suoi confronti non solo religiosa, ma anche sociale e lavorativa. L'ultimo incidente risale al novembre scorso quando, come riporta un'analisi del portale al-Monitor, dozzine di uomini armati di bastoni si sono scagliati su un gruppo di operai in un cantiere a Bolu, nel nord-est della Turchia, al grido di "Picchiamo i comunisti aleviti!". Il datore di lavoro non solo non li ha protetti, ma li ha addirittura licenziati il giorno seguente.



Vittime di discriminazioni sin dai tempi dell'Impero Ottomano, quando la venerazione dell'Imam Ali (icona dello sciismo, ndr) poteva anche costar loro la condanna a morte per eterodossia, eresia e immoralità, costituiscono circa il 15 per cento della popolazione turca. Oppositori di lunga data del bigottismo sunnita, sono stati tra i più ferventi difensori dello stato laico kemalista. Ma, nonostante il secolarismo professato, le radici curde e la forte impronta politica di sinistra ne hanno fatto il capro espiatorio anche prima dell'ascesa al potere del partito Giustizia e Sviluppo (AKP). Vittime frequenti dei massacri politici degli anni '70, nel 1993 furono circondati da circa 20 mila sunniti in un hotel della città di Sivas in cui stavano celebrando la festa di Pir Sultan Abdal. Le folle inneggianti la shari'a diedero fuoco all'albergo, provocando la morte di 33 aleviti. Come da copione, la polizia non fece nulla per fermarli né per salvare qualcuno dal rogo. E la sentenza del 1997 che condannava a morte 33 persone per il massacro non è stata mai eseguita.



Ironia della sorte, tutte e cinque le vittime delle proteste di Gezi Park nel maggio scorso facevano parte della comunità alevita. Nonostante il movimento non abbia mai avuto radici settarie, un rapporto segreto della polizia pubblicato sul quotidiano Milliyet il 25 novembre scorso identificava il 78 per cento dei manifestanti come Aleviti: una prova, secondo molti, che lo Stato abbia schedato l'intera minoranza, come del resto farebbe con molti dei suoi cittadini sospetti. Un accanimento, secondo Salahettin Ozel, capo della federazione Alevi-Bektash, che arriva direttamente dal primo ministro Erdogan: "Gli Aleviti non hanno mai subito attacchi così estensivi, ha detto Ozel ad al-Monitor, prima dell'arrivo di Erdogan. Erano attacchi taciti: ora sono pianificati e sistematici".

Il premier turco ha infatti pubblicamente accusato i giudici aleviti per la condanna a quattro mesi inflittagli nel 1999 per sedizione islamista. E ora, a quanto sostengono i membri della comunità, Erdogan si starebbe vendicando di loro.



Gli aleviti denunciano che per loro è diventato difficile lavorare. E persino vivere. Le loro case sono state recentemente bersaglio di numerose scritte e graffiti che recavano anche minacce. In alcuni casi riportati dai media turchi, dipendenti pubblici li hanno denigrati o maltrattati, come il maestro di scuola che segregava in classe gli allievi aleviti o un altro insegnante che in aula tacciava il loro credo di perversione. Per non parlare della polizia, che in alcuni casi cercava i nomi degli studenti aleviti nelle scuole. La comunità denuncia l'eliminazione dei suoi candidati da tutti i concorsi pubblici in fase di colloquio, a discapito del voto conseguito allo scritto: particolarmente preclusa agli aleviti sarebbe la carriera giudiziaria. E gli imprenditori non hanno vita facile.



In questo contesto, non stupisce una così forte presenza alevita tra i manifestanti di Gezi Park, che le autorità turche hanno tentato di far passare come rivolta alevita. "Perché la protesta di maggio, si chiede Ali Kenanoglu, presidente dell'associazione culturale Hubyar Sultan, è durata più a lungo nei quartieri aleviti? Noi non siamo scesi in piazza per chiedere più cemevi (case di preghiera degli aleviti, ndr), ma perché questa crescente discriminazione ci mette in pericolo nel lavoro e nella vita di tutti i giorni". Nena News.

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