B) Campagna per una Soluzione Nonviolenta del Problema del Kossovo,
Coordinamento Nazionale: Grottaglie, Taranto, Italia.

1) Organismo , o organismi coinvolti, e sue caratteristiche

La Campagna non é una singola organizzazione ma un coordinamento di molte Organizzazioni Non Governative Italiane : il Movimento Internazionale per la Riconciliazione, Pax Christi, Beati i Costruttori di Pace, Agimi-Caritas di Otranto, co-promotrici, e moltissime altre come aderenti: tra queste la Commissione Pace e disarmo delle Chiese Battiste e Valdesi, il Movimento Nonviolento, la Segreteria Nazionale per la Difesa Popolare Nonviolenta; vari comuni italiani che hanno appoggiato l’iniziativa, ed anche la Regione Val d’Aosta. La campagna ha organizzato vari viaggio studio a Belgrado ed a Pristina, cui hanno partecipato qualificati esponenti dei movimenti promotori: tra questi il Presidente di Pax Christi Italia, Mons. Bettazzi, e della Caritas Italiana, Mons. Nogaro. Sulla base di interviste raccolte in loco dalle prime due delegazioni, nel 1993 ha pubblicato un libro per far conoscere in Italia il punto di vista degli albanesi del Kossovo ( Resistenza nonviolenta nella Ex-Yugoslavia: dal Kossovo la testimonianza dei protagonisti, EMI ediz., Bologna, 1993). La terza delegazione, di dodici persone, insegnanti, docenti universitari, attivisti di movimenti nonviolenti, amministratori comunali, ecc., nell’agosto 1994, dopo incontri con personalità serbe ed albanesi, ha scritto la relazione: Prevenire la guerra nel Kossovo (“Azione Nonviolenta”, ottobre 1994) ed ha proposto di organizzare una permanenza a lungo termine di volontari nella zona, definendo questa attività come “Ambasciata di Pace”. Gli scopi dell’ambasciata dovevano essere: 1) costruire un luogo fisico di incontro tra persone di vari popoli, di diversa cultura e fede politica e religiosa; 2) facilitare i rapporti interculturali; 3) trovare elementi nuovi che rompano il muro contro muro (ricerca e coltivazione di “focolai di pace”); 4) tessere i fili dei rapporti tra gli albanesi ed i pacifisti e nonviolenti serbi; 5) promuovere gemellaggi tra organizzazioni e scuole di ogni ordine e grado italiane e kossovare; 6) monitoraggio sul rispetto dei diritti umani. La proposta ha trovato l’adesione della Campagna Italiana per l’Obiezione di Coscienza alle Spese Militari, che ha contribuito alla gran parte delle spese di impianto e di avvio del progetto, e di alcuni Enti Locali ed organizzazioni locali, oltre che delle organizzazioni promotrici o aderenti. L’Ambasciata si é aperta nel 1995, ma ha avuto difficoltà con la polizia serba ed é stata chiusa per vari mesi, si é poi riaperta alla fine del 1995. Dall’inizio del lavoro ad ora (marzo 1997) ha assicurato la presenza in loco per circa 10 mesi di una, due o più persone. Il risultato delle attività dell’ultimo periodo si é concretizzato in una relazione: Kossovo: una guerra non guerreggiata, che é stata presentata al gruppo di lavoro per la costituzione di un Corpo Europeo Civile di Pace al Parlamento Europeo (Bruxelles, 26/6/1996), e nella proposta di organizzare a Pristina un centro di Cultura italo-europeo. Una delle attività della Campagna é stata anche quella di far conoscere la situazione della zona anche a rappresentanti di Enti Locali (ed ho organizzato a questo proposito una delegazione di sindaci ed amministratori), ed anche quella di stimolare il governo ed il Parlamento Italiano a prendere coscienza della gravità del problema. Per questo ha organizzato un viaggio studio di alcuni parlamentari italiani ed europei, tra cui Alex Langer (parlamentare europeo dell’Alto Adige), viaggio che però é stato bloccato all’aeroporto di Roma per lo sciopero dell’Alitalia; ed ha inviato a tutte le autorità ed i gruppi parlamentari italiani il Dossier Kossovo: per non dimenticare e per prevenire l’esplosione del conflitto armato, all’interno del quale sono riportate notizie sulla Campagna e le ultime relazioni su citate. Ha inoltre organizzato vari convegni, tra cui uno molto importante a Venezia che ha prodotto dei materiali pubblicati nel numero di “Azione Nonviolenta” su citato, e vari incontri di studio.

2) Scopi dichiarati dell’intervento e principi ispiratori

Lo scopo dichiarato era quello della prevenzione dell’esplosione del conflitto armato e dell’appoggio alla ricerca di una equa soluzione al problema. La Campagna ha “adottato” il problema del Kossovo, sia per la forma di lotta nonviolenta che sta portando avanti la popolazione albanese di questa zona, sia per l’impostazione di fondo dei movimenti aderenti, tutti basati sul principio della nonviolenza attiva, convinti perciò che non sia possibile e giusto lasciare gli albanesi credere, come ci é stato detto più volte, che “i paesi del mondo comprendono solo il linguaggio delle armi, e non quello della nonviolenza”. Oltre a questo, alla base della scelta della costituzione dell’Ambasciata di pace, c’erano anche le seguenti considerazioni riportate nella relazione della terza commissione di studio : “Abbiamo potuto riscontrare che l’interesse ad evitare l’esplosione e l’emergere del conflitto armato era presente, al momento dl nostro viaggio, sia presso i serbi che presso gli albanesi. E questo apre la possibilità di una presenza di terze parti che svolgano un lavoro di intermediazione, anche se il lavoro é complesso ed estremamente delicato.... Tutto questo - continua la relazione del gruppo di studio - ci ha convinto dell’importanza di un progetto per l’aiuto ad una soluzione pacifica del problema del Kossovo. Anche se la situazione é grave, e ci é sembrato esserci i segni di un ulteriore aggravamento negli ultimi tempi, l’esplosione del conflitto é forse ancora evitabile e le possibilità di agire positivamente in questo senso sono presenti” (Azione Nonviolenta, p.2). Questo é stato reso possibile, inoltre, anche dalla concessione ad un docente dell’Università di Firenze facente parte della Campagna, di due anni accademici di congedo per studiare il problema dei rapporti tra Serbi ed Albanesi in questa regione, ricerca ancora in atto che ha portato ad intervistare diverse centinaia di persone, Serbe, Albanesi, Macedoni, Montenegrine, con posizioni di potere, o politici all’opposizione di ambedue le parti, o studiosi della materia od anche semplici cittadini. Sulla base di queste interviste, e della partecipazione diretta alla vita della popolazione della zona per vari mesi, sono state fatte una serie di proposte per la soluzione del problema, che sono appunto riportate nella relazione su citata : “Kossovo: una guerra non guerreggiata” (CK, Dossier Kossovo, luglio 1996). Il testo é stato tradotto anche in inglese, per la presentazione al parlamento Europeo, ed in albanese, dove é stato pubblicato dal quotidiano Bujku di Pristina in cinque puntate, dal 12 al 17 settembre 1996.

3) Modalità e durata del lavoro preliminare che ha portato alla/e proposta/e

Come accennato il lavoro della Campagna dura da molti anni, la prima delegazione é infatti di fine agosto 1993. Altre sono state fatte nel febbraio 1994; nell’agosto 1994, e nel 1995 (quest’ultima di sindaci di alcune città italiane, che ha portato allo sviluppo di un progetto di adozione di famiglie in stato di indigenza, progetto portato avanti con la collaborazione con l’ICS - Consorzio Italiano di Solidarietà). Dopo è iniziato il lavoro dell’Ambasciata di Pace che é tuttora in atto, malgrado difficoltà ad ottenere il visto per ragioni di lavoro, e la necessaria spola con l’Italia per non superare i tre mesi di presenza in zona concessi dall’entrata per ragioni di turismo o di ricerca. Molti di questi viaggi, ed incontri successivi, sono stati fatti anche in Macedonia. La Agimi-Otranto ed il MIR della Puglia avevano inoltre lavorato a lungo tempo in Albania in progetti umanitari e di scambio culturale. Rispetto a tutte le altre proposte prese in analisi questa é l’unica che oltre alle interviste ed i colloqui, spesso rapidi e formali, ha una grossa componente di vita vissuta in loco e di osservazione attenta della vita quotidiana, oltre ai moltissimi colloqui informali che sono spesso più importanti di quelli “ufficiali” per comprendere il modo di pensare, le speranze ed i problemi, delle persone con cui si é in contatto. Oltre a questo la Campagna ha organizzato, con la collaborazione di vari Enti Locali, due convegni di studio, uno a Venezia (8-9 aprile 1994), con l’ appoggio della Regione Veneta (gli atti dell’incontro sono pubblicati nello stesso numero di “Azione Nonviolenta” su citato), ed uno ad Aosta (25 ottobre 1996), con la collaborazione della Regione Val D’Aosta e del Comune, convegni cui hanno partecipato vari studiosi italiani e stranieri, serbi ed albanesi.

4) Proposta/e specifica/he

Le proposte sono incluse nella relazione sulla guerra non guerreggiata, riportata nel Dossier su citato. Ma nel presentarle seguiremo il testo sintetico illustrato oralmente a quell’incontro di lavoro e pubblicato nel Dossier citato, pp, 69-72. Ma molte di queste più che essere proposte originali nostre, sono quelle che sono state fatte dalle due parti, o da altri studiosi (come quella sull’Euroslavia pubblicata dalla rivista italiana Limes), e sulle quali abbiamo voluto sentire il parere di componenti delle comunità etniche che si confrontano sul problema del Kossovo. Non abbiamo preso in considerazione la richiesta ufficiale degli albanesi, quella dell’indipendenza, perché abbiamo messo l’accento sulle “soluzioni possibili” e ci é sembrato che questa, sia per l’opposizione nettissima dell’altra parte, sia per quella della comunità internazionale, non avesse, almeno al momento dell’indagine, un reale spessore di realizzabilità nei tempi brevi. Sia infine anche per il rischio implicito di guerra che questa comporterebbe. In complesso le proposte analizzate sono state: 1) la spartizione del territorio; 2) una Confederazione Balcanica; 3) una Mini-Confederazione Yugoslava; 4) l’autonomia speciale; 5) Corpi Civili di Pace Europei nel Kossovo.
La spartizione del territorio é una proposta fatta ripetutamente da parte serba, recentemente anche dall’Accademia Serba delle Scienze e delle Arti (Sanu), che aveva già presentato una idea simile in passato. Secondo questa proposta una parte del territorio del Kossovo resterebbe alla Serbia. In questa zona sarebbero incluse le miniere di Trepça (un tempo, prima dell’occupazione della zona, molto produttive e ricche); alcune aree dove vi sono dei monasteri serbo-ortodossi di valore storico; ed una zona montana molto bella, ma anche rilevante dal punto di vista strategico perché confinante con la Macedonia e l’Albania. Il resto del territorio potrebbe anche diventare, secondo questa proposta, uno stato indipendente. In realtà questa soluzione porterebbe sicuramente ad una guerra perché, come ci ha dichiarato Surroi (direttore di Koha, uno dei settimanali albanesi più prestigiosi della zona) “non é possibile decidere sulla divisione del territorio” e soprattutto “spostare le centinaia di migliaia di persone che non l’accettano” senza l’uso della forza e delle armi.
La proposta di una Confederazione Balcanica é stata fatta dalla rivista italiana “Limes”, n° 4, definendola “Progetto Euroslavia”. Limes la propone come condizione per accettare in Europa i paesi di questa area. La definizione non piace agli albanesi perché loro non sono slavi, ed il nome rischia di mettere al centro del progetto proprio quei popoli che li hanno dominati per secoli, ed ancora lo fanno. Ma l’idea della confederazione balcanica é vista, in generale, con favore, ma come un progetto bello ma “utopistico”, a lunga o lunghissima scadenza. Ma d’altra parte ci é stato sottolineato come i popoli più interessati ad un progetto del genere sono proprio quello albanese e quello macedone, dato che questi popoli sono divisi tra varie nazioni, e potrebbero ritrovare, attraverso la confederazione, quella unità che gli attuali confini non permettono. Forse perciò proprio dalle zone del sud dei Balcani potrebbe partire un processo aggregativo che vada in questa direzione. Ma quanto avviene attualmente in Albania allontana l’avvio di questo processo e lo rende, almeno per il momento, irrealizzabile.
Adem Demaçi, presidente attuale del Partito Parlamentare (il secondo partito, come voti, degli albanesi del Kossovo) ha proposto una Confederazione tra Serbia, Montenegro ed il Kossovo, vista come inizio di un processo aggregativo più ampio, tipo quello precedente. Ma le difficoltà a portare avanti questa proposta sono notevoli. Va infatti contro la storia e la legislazione tradizionale, che hanno sempre visto il Kossovo associato alla Voivodina (dove vive una forte minoranza ungherese e che godeva, sulla base della Costituzione del 1974, degli stessi diritti del Kossovo). E va anche contro i progetti di modifica costituzionale proposti dall’attuale governo serbo che, per quanto si conosce, tendono all’aumento del potere centrale (sul modello tedesco), ed ad una riduzione degli stati a provincie (ma con differenze notevoli tra i diritti della Serbia e del Montenegro, da una parte, e quelli del Kossovo e della Voivodina dall’altra, ed ancora minori quelli che sarebbero riconosciuti al Sangiaccato).
La soluzione favorita dalle diplomazie occidentali é quella dell’autonomia speciale. Ma il problema di fondo é quello di “Quale autonomia?”. Il modello di cui si parla, con più frequenza, in Serbia, e che sembra riscuotere il maggior favore negli ambienti governativi, é quello dell’Alto Adige (o Sud Tirolo) in Italia. Questo modello é stato recentemente riproposto come una delle possibili soluzioni anche nei lavori della Fondazione Bertelsmann di Monaco. Ma esso é del tutto escluso dagli albanesi del Kossovo perché tutti i diritti riconosciuti da tale statuto alle popolazioni di lingua tedesca e ladina, loro li avevano già, ed anche maggiori, con la Costituzione del 1974, revocata con la forza dal governo serbo. Per loro sarebbe perciò un passo indietro e non uno in avanti. In uno studio pubblicato dall’Università Europea di Schlaining (in Austria, una istituzione specializzata nella risoluzione dei conflitti) ed in cui si confronta il problema del Kossovo con altre situazioni simili, si parla, come possibile soluzione, di “una autonomia internazionalmente protetta”. Questa soluzione sarebbe sicuramente più accettata dagli albanesi, ma non dall’attuale governo serbo perché questo pretende che il problema del Kossovo sia “un affare interno della Serbia”. Il modello più interessante sembra essere quello delle isole Åland, in Finlandia (delle isole all’entrata del Golfo di Botnia, nel mar Baltico, tra la Svezia, la Finlandia, l’Estonia e la Lituania). Queste isole, in cui la lingua corrente ed ufficiale é la svedese perché tradizionalmente legate alla Svezia, per decisione della Lega delle Nazioni (l’antecedente delle Nazioni Unite) fanno parte della Finlandia ma godono di una fortissima autonomia, collegata a degli accordi internazionali che riconoscono a queste isole uno status “di zona demilitarizzata e neutrale”. Questo modello si collegherebbe molto bene alla richiesta della leadership albanese del Kossovo di dar vita ad uno stato “senza armi” (e senza coscrizione militare) e con “frontiere aperte”. Ma dovrebbe essere imposto dalla comunità internazionale alla Serbia, in caso contrario il governo serbo non l’accetterebbe sicuramente.
In collegamento con il gruppo di lavoro del Parlamento Europeo che sta cercando di portare avanti la proposta di Alex Langer di Corpi Europei Civili di Pace, e che ha organizzato già due incontri a Bruxelles ed uno all’Università Europea di Schlaining, abbiamo voluto sentire il parere dei nostri interlocutori anche su questa proposta. Il Parlamento Europeo ha accettato di inserire questa proposta nel proprio bilancio, con una prima cifra per “ studi di fattibilità”. Il problema che ci siamo posti é quello di vedere se dei corpi di questo tipo, non in alternativa, ma in appoggio ad una delle altre soluzioni accennate, in particolare quella della Mini-Confederazione Jugoslava o dell’autonomia speciale modello isole Åland, potessero essere un aiuto alla soluzione del problema. Purtroppo un reale confronto ed un dialogo aperto tra governo serbo e leadership albanese su questi temi non é ancora cominciato, e dovrebbe essere attivato con urgenza. Ma gli albanesi pongono due condizioni all’inizio delle trattative ufficiali: 1) la demilitarizzazione della regione, con l’uscita dalla zona delle forze armate e della polizia serba e montenegrina che attualmente la tengono sotto controllo; 2) la partecipazione alle trattative, come mediatore, di una terza forza autorevole. Per evitare eventuali vendette contro i serbi da parte albanese, con la smilitarizzazione del territorio, sarebbe necessaria la presenza in zona di una forza neutrale. Il governo serbo non accetterebbe facilmente la presenza di un esercito internazionale armato. D’altra parte questo, come é successo in altre zone (ad es. Somalia), invece di portare ad una vera pacificazione rischierebbe di rinfocolare i conflitti armati (per ora abbastanza marginali in questa area). Per queste ragioni la presenza di un “Corpo Europeo Civile di Pace”, non armato, potrebbe essere più facilmente accettato dalle due parti. Quali funzioni dovrebbe portare avanti un corpo di questo tipo ?: 1) monitorare il rispetto dei diritti umani sia da parte serba che albanese; 2) favorire occasioni di dialogo e di confronto aperto tra le parti in conflitto per la ricerca di soluzioni nonviolente e giuste, non solo a livello di vertice ma anche di base; 3) aiutare la ripresa della vita economica, sociale e culturale della zona, stimolando il ritorno di tutti gli albanesi ai posti di lavoro dai quali erano stati licenziati, o si erano volontariamente dimessi per ragioni politiche; 4) aiutare il rientro nel Kossovo dei giovani emigrati per non fare il servizio militare - aiutandoli anche ad ottenere il diritto ad esserne esentati come da molti di loro rivendicato - e di tutte le persone e famiglie emigrate perché si sentivano minacciate o perché prive di fonti di reddito adeguate; 5) aiutare l’organizzazione di elezioni che permettano alla popolazione della zona di esprimere la propria volontà rispetto ai destini di questa area. Anche su questa proposta abbiamo sentito il parere delle due parti. La parte governativa serba é del tutto contraria perché, come già accennato, pretende , almeno fino a tempi recenti, che il problema del Kossovo sia un affare interno della Serbia, e non vuole intromissioni esterne. Molto favorevoli invece gli intellettuali e gli studiosi serbi di gruppi neutrali o di opposizione al regime. Del tutto favorevole la posizione della leadership albanese, e degli intellettuali albanesi consultati, che chiedono però un maggiore impegno dell’Unione Europea alla risoluzione del problema complessivo del Kossovo, e non vogliono che dei corpi del genere vengano utilizzati come scusante per non portare avanti una politica comune e coerente (da questo punto di vista viene ritenuta fondamentale l’ organizzazione di una Conferenza Internazionale apposita sul problema del Kossovo). Ma il problema di fondo di questa proposta é quello dei tempi. I Corpi suddetti sono ancora a livello di progetto, all’elaborazione di studi di fattibilità. Poi é previsto il reclutamento degli interessati ed una loro preparazione, abbastanza lunga. Mentre il problema del Kossovo é scottante e va affrontato con urgenza. Per questo sarebbe forse indicato, nel frattempo, accrescere la presenza in zona di O.N.G. impegnate su questi temi, aiutandole anche ad avere dei volontari a lungo termine, eventualmente con una legge, tipo quella del volontariato giovanile, che permetta un impegno di obbiettori di coscienza al servizio militare all’estero o di altro volontariato adulto, già preparato sui temi della nonviolenza e della risoluzione nonviolenta dei conflitti. Oltre naturalmente ad ottenere il rientro in zona delle missioni OSCE, ed a organizzare, in zona, un Centro di Cultura Europeo, che usi la cultura come strumento di comunicazione e non di separazione, ed anche, se possibile, un Centro Europeo di Informazioni, già ufficialmente richiesto, come già realizzato dagli Stati Uniti attraverso l’USIA.

5) Follow-up delle proposte

Le proposte, come accennato, sono state oggetto di lunghe discussioni e confronti. Inoltre il testo della relazione in cui esse sono riportate é stato letto e rivisto, e sostanzialmente accettato, da alcuni membri della leadership albanese e dell’intellettualità albanese e serba. Un ulteriore confronto su di esse ci dovrebbe il 28-29 aprile c.a., a Bruxelles, in un Convegno organizzato dal “Forum Europeo di Prevenzione Attiva dei Conflitti” su “La politica di prevenzione civile dei conflitti come parte della politica estera e di sicurezza comune dell’Unione Europea”. In tale Conferenza sarà approfondita la proposta dei “Corpi Civili di Pace Europei”, e del loro possibile impegno per i problemi di alcune aree calde, tra cui forse anche il Kossovo. Il lavoro, in cui si inseriscono queste schede, di analisi comparativa dei vari progetti di mediazione e di risoluzione del conflitto del Kossovo presentati da organizzazioni esterne, viene svolto per essere illustrato in quella occasione. Siamo inoltre in attesa, da parte Governo Italiano, di una risposta alla proposta della “Campagna per una Soluzione Nonviolenta del problema del Kossovo” di dar vita, a Pristina, ad un “Centro di Cultura Italo-Europeo” che usi, come accennato, la cultura come strumento di comunicazione e di dialogo e non di conflitto”.

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