E) Comunità di Sant’ Egidio, Roma, Italia

1) Organismo , o organismi coinvolti, e sue caratteristiche

La Comunità di San Egidio é una comunità religiosa che si trova nella Chiesa Cattolica di San Egidio, nella piazza omonima di Roma. E’ formata da preti e da laici che frequentano la parrocchia. Da anni la comunità si é impegnata in lavori di studio e di mediazione di conflitti, con notevole successo. In particolare “ha svolto un lavoro di mediazione per il processo di pace in Mozambico, ha aiutato a raggiungere un accordo politico ad Algeri, ed ha facilitato i negoziati di pace in Guatemala” (“Koha”, ed. inglese in E mail, n°115, intervista di H. Hysa, p.5). Per questo suo lavoro di pacificazione é stata proposta, tra l’altro anche da M. Gorbaciov, per il premio Nobel per la Pace. In questo suo lavoro é stata aiutata dalla diplomazia Vaticana, con la quale ha ottimi rapporti, ed anche da quella italiana, che pur non partecipando direttamente ai lavori, ha fornito un appoggio indiretto a queste attività. Alla Comunità partecipano studiosi universitari, e vari religiosi, tra cui Monsignor Paglia, secondo Surroi, direttore di Koha, che l’ha incontrato varie volte : ”uno degli uomini più fidati del papa ed una persona con eccellenti capacità diplomatiche” (Koha, 115, p.1). Contrariamente a quanto fatto da quasi tutti gli altri gruppi analizzati, che hanno cominciato facendo una ricerca di sfondo e delle proposte per la soluzione del conflitto, e pubblicandola per avere il commento delle due parti, il lavoro portato avanti dalla Comunità é stato estremamente silenzioso, quasi segreto, da “diplomazia sottorranea”. Per questo non abbiamo uno scritto di sfondo della Comunità, ma solo comunicati stampa, interviste concesse a vari giornali, e molti articoli scritti da altri su di loro. Su questi, e su una conoscenza diretta di alcuni di loro, e su interviste e colloqui fatti ad alcuni membri, italiani ed albanesi, della Commissione che ha lavorato per gli accordi, si basa questa scheda. Gli scritti sono: A. Salihu, Kossovo: ritornerà l’educazione alle scuole?, Koha, 2 settembre 1996, pp.3-4; Agenzia stampa “Reuters”, del 3 settembre 1996; Koha, 9 settembre 1996, ed. elettronica in inglese, in particolare : V. Surroi, Le scuole, il prete ed il dialogo, pp. 1-2; Mario Marazziti (portavoce della Comunità di San Egidio, intervistato da A. Zheji), Un accordo tra parti che non si riconoscono reciprocamente, pp.2-4; Y. Hysa, La santa educazione del Kossovo, pp.4-6; X. Ahmeti (Consigliere per l’educazione di Rugova - morto in un incidente stradale poco tempo dopo l’accordo - intervistato da B. Haxhiu), L’accordo non può essere portato avanti solo parzialmente, p.6-7; A. Salihu, B. Haxhiu, Educazione: un tetto- due sistemi, pp.7-10; Kosovo Communication (Bollettino- citato come KCB - del Ministero dell’Informazione della Repubblica del Kossovo) n° 277, 10.9.1996, tutto dedicato all’accordo ed ai commenti su di esso; B. Kosumi (presidente del Partito Parlamentare del Kossovo, intervistato da D. Gorani), Anche gli accordi possono portare alla guerra!, Koha, 18 settembre 1996; V. Surroi, Nemmeno Kissinger capisce questo; Koha, 2 ottobre 1996, p.3; Due note sull’implementazione degli accordi da parte di B. Haxhiu e F. Agani, Koha, 12 febbraio 1997, p. 8.

2) Scopi dichiarati dell’intervento e principi ispiratori

Uno degli scopi fondamentali é stato sicuramente quello di dare una mano alla prevenzione dello scoppio del conflitto. Questo emerge chiaramente sia dalle dichiarazioni di Andrea Riccardi, uno dei fondatori della Comunità: “L’accordo indebolisce gli amici della guerra. E’ un segnale politico importante” (Reuters, p.1), sia dall’intervista a Marazziti: “ La nostra iniziativa é iniziata alla fine degli anni 80, nei rapporti tra la nostra Comunità e l’Albania alla caduta del comunismo, quando facevamo degli sforzi per aprire delle strade verso la libertà di fede e verso tutte le altre libertà..... in rapporto al Kossovo é stata molto importante la visita del Dr. Rugova alla nostra comunità nel 1993. Dopo la visita i nostri rapporti si sono fatti più frequenti. E’ stato precisamente il fatto che questo popolo [l’albanese] attraversasse delle difficoltà e che avesse scelto la resistenza non-violenta, come pure la nostra preoccupazione che questa situazione potesse svilupparsi (in inglese “escalate”) in una violenza più grande, verso una situazione terribilmente drammatica che ci ha stimolato ad invitare le due parti a parlare tra di loro” (Koha, 9 settembre 1996, p.2). Per questo l’attenzione della Comunità si é concentrata su quelle che vengono definite, da molte delle proposte analizzate, “le misure per lo sviluppo di una fiducia reciproca tra albanesi e serbi, una lunga lista di misure che potrebbero migliorare la situazione del Kossovo e preparare l’atmosfera per negoziati sul suo status” (Surroi, Koha, n° 115, p. 2).

3) Modalità e durata del lavoro preliminare che ha portato alla/e proposta/e

Come accennato prima il lavoro preliminare, anche se fatto senza grancassa e silenzioso, é stato molto lungo. Dopo le prime iniziative in Albania per la libertà di culto e le altre libertà, di cui ha parlato prima, dice Marazziti: “Il lavoro é continuato con il nostro aiuto umanitario, economico e sanitario in Albania, che sta ancora continuando. La nostra presenza in Albania ha posto la nostra Comunità in una posizione specifica nel mondo albanese, inclusi anche gli albanesi del Kossovo e della Macedonia”. E continua, accennando anche all’importanza del lavoro della Comunità per il dialogo interreligioso: “i nostri sforzi per aiutare la soluzione dei conflitti interconfessionali, che facevano parte del conflitto politico nell’ex-Jugoslavia, tra i cattolici e gli ortodossi, ci ha aiutato a stabilire molti contatti nel mondo Serbo-Ortodosso e con Belgrado. Questo lavoro concreto e fruttuoso ha accresciuto la fiducia verso di noi ed ha così reso possibile avere conversazioni su argomenti molto delicati come quello della creazione di un dialogo indiretto ed a lunga distanza tra Belgrado e Pristina” (Koha, 2 settembre, pp. 2-3). E dice F. Dante, un altro membro della comunità di Sant’ Egidio, intervistato a Bologna da Y. Hysa: “Questa attività ecumenica é stata molto apprezzata dagli albanesi che si considerano uno dei pochi popoli al di sopra delle differenze religiose” (Koha, 2 settembre, pp.4-5). E dice sempre Dante, parlando del lavoro svolto dalla Comunità: “Io non direi che abbiamo “mediato”. La nostra Comunità ha aiutato a raggiungere un accordo tra il Presidente della Serbia Milosevic ed il leader albanese Rugova, per il ritorno dei bambini nelle scuole. Questo ha richiesto una serie di discussioni tra le due parti a diversi livelli. I membri della Comunità sono stati presenti alle conversazioni ed hanno aiutato lo scambio di materiali tra le due parti” (ibid. p.5). E dice Marazziti, precisando le modalità con cui la Comunità ha lavorato per questo dialogo, “Per prima cosa abbiamo preparato una lunga lista di problemi della popolazione civile che necessitano una soluzione. Da questa lunga lista abbiamo messo a fuoco i problemi riguardanti l’educazione, come primo passo verso la discussione di altri temi, e c’é stato un accordo, sebbene non si toccasse la soluzione del problema del Kossovo “ (ibid. p. 3). Secondo i dirigenti di questa Comunità, appena risolto il problema scolastico, il dialogo avrebbe dovuto continuare per trattare altri temi. Dice Riccardi “Non c’é una agenda, ma io penso che i prossimi passi saranno nei campi della vita civile, della cultura, dell’economia e della salute” (Reuters, p.1). Qualcosa di simile dice anche Marazziti, rispondendo ad una domanda che gli chiede se saranno possibili anche altri accordi: “ Spero che, sebbene sicuramente non così presto, ma dopo il successo nell’implementazione di questo accordo e dopo che la popolazione del Kossovo abbia goduto di questo nuovo clima, si possano fare ulteriori passi almeno nei settori della vita civile, dell’assistenza sanitaria e dello sport” (Koha, 2 settembre, p. 4). E dice Marazziti, concludendo l’intervista: “ La soluzione del problema del Kossovo rimane solo una speranza, anche se personalmente credo sia giusto arrivare ad una soluzione. La storia va avanti e costruisce le premesse ed il clima per raggiungere delle cose che ad un certo stadio sembrano impossibili” (ibid.).

4) Proposta/e specifica/he

Come le trattative si sono svolte nella massima segretezza, tanto da creare malumori sia da parte albanese che serba, per quanto riguarda questi ultimi soprattutto da parte dei serbi del Kossovo che si sono sentiti del tutto scavalcati anche per il fatto che nessuno di loro fa parte del gruppo di lavoro che deve portare avanti l’accordo, così anche il testo firmato é rimasto in gran parte segreto. Di questo si conosce solo un brevissimo testo pubblicato dal Kosova Communication Bulletin (n°277, 10.9.1996) che recita così: “ DICHIARAZIONE: Da qualche anno tutto il sistema di educazione e di istruzione, nel Kossovo, dal livello primario a quello universitario, non funziona normalmente. Sulla base dell’Accordo comune, i firmatari, il Presidente della Repubblica della Serbia, Slobodan Milosevic, ed il Dr. Ibrahim Rugova hanno convenuto per l’inizio della normalizzazione del sistema di educazione e di istruzione che riguarda gli allievi, gli studenti ed i giovani del Kossovo. Questo Accordo prevede il ritorno degli allievi, degli studenti e degli insegnanti nelle scuole ed all’Università (?). A causa della sua importanza sociale ed umanitaria, questo Accordo é al di fuori di ogni dibattito politico. E’ la preoccupazione per l’avvenire degli allievi e degli studenti che ha portato i firmatari a concludere questo Accordo. Malgrado questo limite ringraziano gli amici comuni della Comunità di Sant’ Egidio per l’aiuto e l’appoggio che hanno dato alla realizzazione del dialogo. I firmatari sono convinti della disponibilità di tutti coloro che sono obbligati a mettere in opera l’accordo per la normalizzazione del sistema d’educazione e d’istruzione. Sarà creato un gruppo misto (3+3) per la messa in opera di questo Accordo. I giovani devono adottare un serio approccio verso l’elevazione del proprio livello di istruzione e di cultura, in modo da diventare dei cittadini responsabili, perché vinca la civiltà e non una parte sull’altra. Pristina, il 1 settembre 1996, Dr. Ibrahim Rugova; Belgrado, il 1 settembre 1996, il Presidente della Repubblica della Serbia, Slobodan Milosevic” (ibid.).
Non staremo qui a riportare tutti i commenti e le critiche fatti all’accordo, riportati, almeno quelle da parte albanese , nel Bollettino su citato (KCB, 10,9,1996). Quelli da parte serba sono invece apparsi nel numero di “Vreme”, un settimanale di Belgrado, del 7 settembre 1996. I commenti delle diplomazie occidentali sono stati tutti molto positivi, positivi in genere anche quegli degli albanesi, tranne due grosse eccezioni, quella di Adem Demaçi (allora presidente del Consiglio dei Diritti Umani di Pristina, e più tardi eletto come presidente del Partito Parlamentare, il secondo partito, dopo la LDK, del Kossovo) , e quella di Rexhep Qosja (uno dei più noti intellettuali albanesi kossovari). Demaçi vede la firma dell’accordo come un cedimento verso “il regime egemonico e poliziesco di Belgrado” (ibid., p. 4) e ritiene che Rugova, firmando come semplice cittadino, e non come Presidente della Repubblica del Kossovo abbia “rinunciato al mandato datogli dal popolo, ed ha rinnegato il suo ruolo di Presidente e, di conseguenza, il Kossovo come Repubblica” (ibid.). Anche Qosja vede la firma come una capitolazione verso il regime serbo, e come legata ad una politica che riduce la “questione del Kossovo” ai “problemi del Kossovo” rinunciando del tutto alla sua indipendenza: “Chi nel mondo si occuperà ancora alla questione del Kossovo - scrive Qosja - quando i problemi del Kossovo saranno risolti?. Naturalmente nessuno” (ibid.). Ma opposizioni ci sono state anche nei riguardi di Milosevic, sia da parte dei partiti ultranazionalisti, sia da parte dei serbi di questa zona e del rettore dell’Università (serba) di Pristina.
Dalle interviste ad alcuni dei membri della commissione che ha messo a punto l’accordo si viene comunque a sapere che oltre al testo della Dichiarazione, su citata, c’é un testo dell’accordo di 14 pagine (Koha, 9 settembre 1996, p 8). Secondo Marazziti il testo, preparato durate l’estate scorsa, era stato scritto nelle due lingue, albanese e serbo. Ma il testo completo non risulta essere disponibile, perciò la sua segretezza ha fatto aumentare notevolmente i dubbi sulla validità e sulla consistenza di questi accordi.

5) Follow-up delle proposte

Ma i problemi più grandi sono legati non tanto alla firma dell’accordo, ma alla sua implementazione. I principali problemi emersi in questa fase sono: 1) l’inclusione o meno dell’Università al suo interno; 2) gli stessi contenuti; 3) la partecipazione o meno di Sant’ Egidio alla commissione mista (3+3); 4) la capacità della terza parte di assicurare l’implementazione degli accordi.

1)Università: si o no?

Già nel testo pubblicato nel KCB accanto ad Università c’è un punto interrogativo. Infatti su questo aspetto ci sono subito state delle riserve da parte serba (non si sa se dovute alle rimostranze del Rettore dell’Università Serba di Pristina e del Segretario per l’Educazione del Kossovo che si sono recati a Belgrado per protestare contro l’accordo). Subito dopo la firma, alla domanda dei giornalisti di Koha su questo argomento, i funzionari del Ministeri dell’Informazione e dell’Educazione della Serbia, hanno confermato che l’accordo includeva anche l’Università (ibid., p.9). Ma qualche giorno più tardi, da parte serba, é stata fatta circolare la notizia che il testo in lingua serba da loro sottoscritto non includeva l’Università. Diversa é invece la posizione degli Albanesi, che, tranne alcuni dubbi di Rugova all’inizio (Reuters, p.1) superati dai successivi colloqui (ibid.), da parte di più persone membre del gruppo 3+3, ed in varie occasioni, ha dichiarato che senza università l’accordo per loro non ha alcun valore . Dice Ahmeti, nella sua intervista a Koha:” Il ritorno alle Università non é discutibile. L’accordo di Roma lo precisa in modo netto...noi consideriamo accettabile l’accordo solo se sono coperti tutti e tre i livelli” (9 settembre 1996, p. 6). Ed anche da parte della Comunità di Sant’Egidio non ci sono dubbi. Dice Marazziti, nella sua intervista a Koha: “ L’accordo prevede l’apertura graduale delle scuole a tutti i livelli all’interno del sistema educativo statale, a cominciare dalle scuole elementari fino all’Università”. Ma la situazione su questo punto risulta essere sempre stagnante, con una forte resistenza da parte serba, soprattutto a causa della opposizione serba in loco, a portare avanti gli accordi per questo livello scolastico.

2) Rientro degli albanesi nel sistema educativo della Serbia o semplice accordo sui muri ?

Ancora più importante é la diversa interpretazione subito data agli accordi da parte serba ed albanese. Per i serbi l’accordo era una vittoria loro perché gli albanesi, dopo aver boicottato per tanti anni il sistema scolastico statale, accettavano di rientrarci. E la cosa non é di poco conto se si pensa che “sistema scolastico” significa anche giurisdizione sulle scuole e soprattutto supervisione dei programmi, che sono sempre state le due cose che gli Albanesi del Kossovo non hanno mai accettato. Del tutto opposta la posizione degli albanesi i quali sostengono di non aver “boicottato” le scuole, ma di esserne stati espulsi con la forza, e che solo dopo questo fatto, per non lasciare i ragazzi ed i giovani per la strada, hanno istituito le loro scuole parallele. Secondo Ramaj, infatti, coordinatore della Commissione parlamentare kossovara sull’educazione, ed uno dei tre membri della commissione mista da parte albanese, l’accordo precisa: “il ritorno senza condizioni degli allievi, degli studenti e degli insegnanti albanesi nei loro (sottolineatura nostra) locali scolastici ed universitari, ivi compresi gli edifici ausiliari, per esempio gli internati degli allievi e degli studenti, le cucine scolastiche, le palestre, le biblioteche, ecc.,” (CKB, cit., p. 1). E precisa Agani, Vicepresidente dell’LDK ed altro membro del gruppo 3+3 del Kossovo, che l’accordo: “non significa che gli albanesi ritorneranno nel sistema d’insegnamento della Serbia, ma solamente che le scuole albanesi porteranno avanti il loro insegnamento nei loro locali scolastici... Quindi siamo nel nostro sistema” (ibid.). Ma secondo un dirigente del Ministero dell’Informazione Serbo a Pristina, e secondo i due prorettori dell’Università Statale di Pristina, in colloqui diretti con noi, l’accordo non può andare avanti perché gli albanesi pretendono di tornare nelle aule scolastiche dello Stato Serbo, e vogliono essere pagati dal Governo Serbo, ma fare scuola in una lingua “minoritaria”, e continuare a dire nei loro libri scolastici che i Serbi sono gli occupanti, e che gli Albanesi non hanno nulla a che fare con loro. Su questo punto le dichiarazioni della Comunità di Sant’Egidio sono meno chiare. Dice Marazziti: “Le commissioni bilaterali hanno la piena autorità a seguire ed ad applicare questo accordo, che é un bisogno vitale interno. In realtà, il sistema educativo sarà gestito da Belgrado ma l’importanza della commissione lo garantisce. Questo significa che una parte dell’indipendenza del Kossovo, in rapporto all’educazione, dipende da Belgrado, ma che, d’altra parte, Belgrado perde una parte della sua indipendenza in rapporto alla commissione di implementazione che sarà eletta presto e che rimpiazzerà la commissione di negoziazione” (Koha, 9 settembre 1996, p.3-4). Ed alla domanda del giornalista di Koha su chi avrebbe messo le ingenti somme necessarie a finanziare il progetto, risponde Marazziti: “Belgrado. L’accordo prevede l’apertura graduale del sistema educativo che sarà finanziato dal governo di Belgrado e forse anche dalla Comunità internazionale che potrebbe dare i suoi contributi” (ibid. p. 4). Ed il giornalista di Koha che ha intervistato Monsignor Paglia a Belgrado, riferisce così le sue parole: “Egli ha sottolineato che anche i curriculi sono stati oggetto di discussione, e non solo le strutture edilizie. ‘Naturalmente’ ha detto Paglia, “ci sarà una discussione a proposito dei timbri ma insisteremo a lasciar cadere questo problema per il momento” (ibid. p. 8). Come si vede si può per lo meno dire che la situazione a questo proposito non é molto chiara, e si può comprendere come questo sia uno dei punti principali che ostacolano l’applicazione dell’accordo.

3) Deve la Comunità di Sant’Egidio partecipare ai lavori della Commissione (3+3) ?

Su questo aspetto non si é parlato, le notizie qui riportate sono perciò il frutto di colloqui diretti con uno dei membri della Comunità che ha partecipato e partecipa al lavoro di mediazione. La comunità non prevedeva di partecipare direttamente al lavoro della commissione mista che essa riteneva essere un problema tecnico più che politico, ma si era impegnata, nelle parole di Riccardi . “a continuare ad appoggiare il dialogo nascente tra il governo serbo e l’opposizione albanese della LDK” (Reuters, p.1). La richiesta della loro partecipazione anche alla fase di implementazione degli accordi, ed al fatto perciò che la Commissione mista da 3+3 diventasse 3+3+3, é stata fatta dagli albanesi. Milosevic si é opposto decisamente, e questo ha bloccato per molto tempo l’implementazione dell’accordo. E’ solo recentemente, verso la fine di gennaio 1997, quando la pressione internazionale su Milosevic si é fatta più pesante, anche per i noti fatti delle elezioni amministrative e per le manifestazioni degli studenti e delle opposizioni alla sua politica, che Milosevic ha accettato la proposta. Ma , per quanto ne sappiamo, la situazione é ancora stagnante, e, dopo un appuntamento mancato agli incontri da parte dei Serbi, ed un rinvio della riunione prevista, c’é la possibilità - secondo fonte Albanese - che la Comunità si ritiri denunciando la sua impossibilità a portare avanti il lavoro a causa della non volontà, della parte (o delle parti ?), ad implementare l’accordo.

4) Forza di convinzione o forza di imposizione?

E’ questo un punto non affatto secondario dell’accordo, ma soprattutto della sua implementazione. Una delle difficoltà principali per l’apertura del dialogo tra governo serbo e governo parallelo albanese é sempre stata la diversa posizione rispetto alla “terza parte”. Il governo serbo ha sempre detto che il Kossovo é un “suo problema interno” e che perciò lo doveva risolvere da solo senza bisogno di mediatori esterni, il governo parallelo albanese, al contrario, ha sempre detto che non avrebbe accettato di andare ad un dialogo con il governo serbo se non in presenza di una terza parte. L’offerta di mediazione da parte della Comunità di Sant’Egidio non era stata vista del tutto con soddisfazione da parte albanese che avrebbe preferito avere alle spalle “uno stato politicamente forte che avrebbe potuto seguire ogni accordo raggiunto” (Koha, 9 settembre, p. 7). Ma alla fine sembra che ci sia stato un mutuo consenso sulla Comunità, per cui Milosevic avrebbe potuto dire che l’accordo era stato fatto senza una terza parte (almeno senza una terza parte governativa), e gli albanesi invece confermare che per gli accordi era stata necessaria la presenza di una terza parte (ibid.). Ma é certo che anche questo é uno dei punti delicati. Surroi, il direttore di Koha, scrive, scherzando, sulle difficoltà a portare avanti l’accordo: “Il mediatore Monsignore non è la più grande garanzia per la sua implementazione . Non credo che Milosevic considererà come una seria punizione nei suoi riguardi il fatto che il Monsignore non includa il suo nome tra le persone per cui prega” (Koha, 2 ottobre 1997, p. 1). Ed in tutte le dichiarazioni della Comunità si fa riferimento non alla forza di imposizione, ma a quella di convinzione. Così nel testo dell’accordo firmato si parla del convincimento di tutte le persone obbligate a mettere in atto l’accordo, e si considera che l’accordo é negli interessi delle due parti, per cui non vince una parte sull’altra ma la civiltà. E così via. Ma molti commenti (si veda Verme, cit.) sostengono che Milosevic ha firmato perché voleva farsi togliere le sanzioni da parte della comunità internazionale, ed in effetti lo stesso giorno della firma il Ministro degli Esteri Italiano Dini, ha fatto delle dichiarazioni alla Radio Televisione Serba nelle quali sosteneva che ormai la Yugoslavia poteva essere riammessa a pieno titolo nella comunità internazionale. Solo gli Stati Uniti, e più tardi la Germania, hanno insistito sostenendo che il “il muro esterno delle sanzioni” contro la Yugoslavia doveva essere mantenuto fino a che la situazione del Kossovo non fosse normalizzata. Più recentemente, anche a causa della falsificazione dei risultati elettorali municipali da parte di Belgrado e delle lotte delle opposizioni, l’Unione Europea sembra essersi fatta più coraggiosa prendendo una posizione analoga. Analoga é anche la richiesta del Governo Albanese del Kossovo che chiede il mantenimento di queste sanzioni fino a che i problemi del Kossovo non vengano risolti e per lo meno fino a che non sia aperto un serio dialogo tra le parti.


E’ certo comunque che, qualsiasi ne sia la ragione, lo stallo nell’implementazione di quell’accordo, che aveva creato moltissime aspettative tra gli studenti, gli insegnanti e tutta la popolazione albanese, e che era stato visto come una vittoria della “politica nonviolenta” dell’attuale Governo del Kossovo, rischia di trasformarsi nel suo opposto. Significativo di questo stato d’animo é l’intervista di Koha a Kosumi, l’allora presidente del secondo partito kossovaro, il Partito Parlamentare. Dice, questo dirigente politico albanese: “Temo che questi passi ci possano portare ad una guerra nel Kossovo. Milosevic, con questi passi, sta ingannando l’opinione serba, affermando di aver iniziato a risolvere il problema del Kossovo, ma il suo scopo é tenere il Kossovo sotto occupazione. Anche la LDK, dall’altra parte, ha propagandato che questo tipo di resistenza ci porterà alla libertà. La LDK ha valutato questo accordo come un successo per la sua politica e questo può essere invece pericoloso. Non dubito che verrà il giorno in cui gli albanesi perderanno fiducia nei loro partiti” (Koha, 18 settembre 1996).
E significativo anche il detto, diffuso tra gli studenti di Pristina,
che: “3+3 non fa 6, ma 0”.

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