Legalita' E' Umanita' Numero 33 del 9 settembre 2009
7. UNA SOLA UMANITA'.
Fulvio Vassallo Paleologo: Chi Sostiene i Carnefici Diventa un Carnefice

[Dal sito http://clandestino.carta.org col titolo "Respinti, torturati e
dimenticati". Fulvio Vassallo Paleologo e' docente all'Universita' di
Palermo]


Ancora una volta, dopo qualche giorno di commozione per le vittime eritree
dell'ultima tragedia dell'immigrazione, mentre non si sa nulla di altre
imbarcazioni cariche di migranti che, nei primi giorni di settembre, erano
state segnalate alla deriva nel Canale di Sicilia, scattano puntuali i
processi di rimozione e di mistificazione della realta'.
L'Italia continua a trattare Gheddafi come un alleato privilegiato malgrado
le violenze e gli abusi ai danni dei migranti detenuti in Libia. Si ignora
il sostegno dato da Gheddafi al dittatore sudanese, condannato dal Tribunale
penale internazionale, al dittatore eritreo, ed ai signori della guerra in
Somalia. Chi sostiene i carnefici diventa un carnefice. Neppure le foto
delle violenze e degli assassinii di somali nel carcere di Bengasi, ed i
racconti degli orrori a cui nei centri di detenzione libici sono sottoposti
i profughi eritrei, scalfiscono il cinico calcolo economico ed il coacervo
di interessi oscuri che accomuna alla polizia libica diversi esponenti del
mondo politico, economico e culturale italiano. Ed anche l'Italia si avvita
in pratiche sempre piu' disumane. I pattugliamenti congiunti ed i
respingimenti collettivi continuano e da maggio sono oltre 1.500 i migranti
riconsegnati dalle unita' militari italiani alla polizia libica.
I ministri (Maroni e Frattini in testa), lo stesso Berlusconi, gli apparati
di informazione che obbediscono ai loro ordini (guidati dai nuovi vertici
Preziosi e Minzolini), i giornali e le televisioni "di famiglia", dopo avere
colpito e costretto alla difensiva (o al silenzio) quella parte del mondo
cattolico che aveva paragonato le tragedie dell'immigrazione allo sterminio
degli ebrei, si stanno esibendo nel consueto esercizio che alterna
allarmismo e rassicurazioni allo scopo di mantenere il consenso elettorale
sul tema immigrazione. Dopo le paure per la sicurezza, adesso gli stessi
responsabili della crisi economiche stanno alimentando una terribile "guerra
tra poveri" e gli immigrati (compresi i richiedenti asilo) vengono additati
come i nuovi "nemici interni".
Sempre piu' spesso la questione dell'ingresso dei richiedenti asilo viene
confusa con la "lotta all'immigrazione irregolare", quasi come se ascoltare
le istanze di soccorso e di salvataggio costituisse un incentivo o una vera
e propria agevolazione dell'immigrazione "clandestina". Si dimentica, o si
nasconde, che l'Italia ha accolto negli anni appena 50.000 titolari di asilo
o di altre forme di protezione internazionale, meno di un terzo della
Francia e di un decimo della Germania. Pero' qualcuno ha la faccia di bronzo
per invocare il sostegno dell'Europa, un sostegno che ben difficilmente
potra' arrivare sia per gli egoismi di alcuni stati (come la Polonia o la
Repubblica Ceca, ma l'elenco e' lungo), sia per il discredito, se non
l'infamia, di cui il governo italiano si e' coperto con la prassi dei
respingimenti collettivi, vietati da tutte le Convenzioni internazionali.
La vera questione viene nascosta accuratamente. Ne' l'Unione europea, ne'
l'Italia in questo momento, sembrano intenzionate ad aprire canali legali di
ingresso per lavoro ne' intendono adottare un regime unico vincolante (e non
facoltativo come oggi) per le procedure di asilo, a partire dalla
cancellazione del Regolamento n. 343 del 2003 (Regolamento Dublino) che
addossa sugli stati piu' esterni il maggior carico nell'accoglienza (e
spesso nel salvataggio) di quanti fuggono verso l'Europa.
Adesso sembra che tutte le responsabilita' siano dell'Europa e che solo le
decisioni delle istituzioni comunitarie possano risolvere il problema della
distribuzione dei rifugiati (resettlement) e soprattutto della
esternalizzazione delle richieste di asilo nei paesi di transito. Questa e'
la vera molla che spinge ad invocare il sostegno dell'Europa. Con la scusa
di volere sottrarre persone, tra le quali donne e minori, allo sfruttamento
dei trafficanti, si vorrebbe affidare all'Unione europea il compito di
finanziare proprio nei paesi di transito (come la Libia) nuovi sportelli
(forse anche centri di raccolta) per i richiedenti asilo, gestiti magari da
organizzazioni internazionali come Oim ed Acnur.
Sembrerebbe comunque che le istituzioni comunitarie si stiano ponendo
maggiormente il problema del resettlement (reinsediamento) degli asilanti
all'interno degli Stati dell'Unione mentre procedono con grande cautela (e
lentezza) nell'affrontare il tema del reinsediamento da paesi terzi (come la
Libia), molto piu' delicato dal punto di vista politico e molto piu' oneroso
dal punto di vista economico. Un progetto (questo del resetttlement) che e'
gia' fallito in Marocco ed Egitto, paesi dai quali molti richiedenti asilo
sono costretti a fuggire perche' le autorita' strappano loro i documenti di
riconoscimento rilasciati dall'Acnur, mentre sono appena qualche centinaio i
casi di persone che ottengono il riconoscimento di uno status di protezione
internazionale. Eppure quei paesi, a differenza della Libia, hanno
sottoscritto la Convenzione di Ginevra, e sarebbero dunque tenuti a
garantirne l'applicazione, mentre invece disperdono, anche verso la Libia o
nel deserto al confine con l'Algeria, quanti avrebbero titolo per ottenere
il riconoscimento del diritto di asilo.
Si invoca l'intervento (ed il sostegno finanziario) dell'Europa, ma quando
l'Europa critica la politica italiana dell'immigrazione non resta altro
argomento che il ricorso alle minacce ed alle pratiche eversive dell'ordine
costituzionale (interno e comunitario). Ci si indigna, ma si eludono le
"richieste di informazioni" della Commissione europea e persino le decisioni
di sospensiva delle espulsioni adottate dalla Corte europea dei diritti
dell'uomo (organo del Consiglio d'Europa).
Come i respingimenti collettivi effettuati ai danni di persone salvate da
unita' militari nel Canale di Sicilia, la pratica dei respingimenti
"informali" alle frontiere dell'Adriatico viola il diritto a rimanere nel
territorio italiano per il tempo necessario per l'accertamento dell'eta',
per il tempo necessario per l'esame della domanda di protezione
internazionale, per il tempo necessario a far valere i mezzi di ricorso. In
entrambi i casi si puo' verificare la violazione dell'articolo 3 della
Convenzione Europea a salvaguardia dei diritti della persona, che sancisce,
anche per i casi di respingimento, il divieto di trattamenti inumani e
degradanti, norma che puo' essere invocata tanto davanti agli organi
comunitari che davanti alla Corte Europea dei diritti dell'uomo ed al
Comitato per la prevenzione della tortura (Cpt).
E in verita' la stessa norma potrebbe essere richiamata dal giudice
nazionale, proprio in caso di allontanamento forzato degli immigrati,
soprattutto se c'e' il ragionevole dubbio che si tratti di minori. Ma viene
messa in discussione anche la stessa possibilita' effettiva di presentare un
ricorso individuale alla Corte di Strasburgo. Chi ha presentato un ricorso
alla Corte viene incarcerato e sottoposto a pressioni di ogni genere perche'
ritratti o perche' altri non seguano il suo esempio. Le prospettive di
condanna dell'Italia a livello internazionale sembrano ancora lontane,
possono dipendere da delicati equilibri politici, e questo contribuisce a
trasmettere alle autorita' militari la certezza della impunita', per quanto
gravi possano essere gli abusi commessi.
Sarebbe dunque auspicabile che la magistratura italiana sanzioni gli
illeciti internazionali commessi dalle autorita' italiane nei casi di
respingimento collettivo, perche' tali illeciti costituiscono anche
violazione del diritto interno, sia delle leggi di ratifica dei Trattati
internazionali, che delle disposizioni stabilite a favore dei richiedenti
asilo e dei minori non accompagnati.
Occorrerebbe anche che non siano sottoposti a procedimento penale tutti
coloro che operano azioni di salvataggio in mare conducendo i naufraghi in
un luogo sicuro, come imposto dal diritto internazionale del mare. Alcuni
processi, come quello intentato a carico dei responsabili della nave tedesca
Cap Anamur, o il successivo processo a carico di alcuni pescatori tunisini,
accusati del reato di agevolazione dell'immigrazione clandestina per avere
salvato nel 2007 decine di naufraghi in acque internazionali, hanno avuto,
al di la' dell'esito delle prossime sentenze che si attendono per il mese di
ottobre, un devastante "effetto annuncio".
Sono sempre piu' numerose le testimonianze di migranti che raccontano di
imbarcazioni civili che non si fermano per prestare soccorso, come e'
avvenuto da ultimo nel caso della tragedia dei 73 eritrei morti due volte,
prima per inedia e poi "cancellati" dalle vergognose affermazioni del
ministro dell'interno che ne ha addirittura negato l'esistenza a bordo del
gommone. Almeno in questo caso le fotografie diffuse da Malta hanno fatto
rapidamente giustizia delle menzogne diffuse per screditare le testimonianze
dei naufraghi.
Le vittime di queste prassi "informali" ben difficilmente possono far valere
con ricorsi individuali i loro diritti fondamentali, dal diritto alla vita
ed alla salute, ai diritti di comprensione linguistica e di protezione
internazionale. Le polizie di frontiera nei paesi di transito sono ancora
ampiamente colluse con le organizzazioni criminali. Il clima di illegalita',
a Patrasso come in Libia, e' dominante e numerosi agenti della polizia di
frontiera, in entrambi i paesi, sono finiti sotto inchiesta per corruzione,
come denunciato nei rapporti pubblicati da Fortresseurope.blogspot.com
Per queste ragioni spetta alle organizzazioni non governative costruire una
rete diffusa sul territorio in modo da garantire un monitoraggio continuo,
raccogliere la documentazione, diffondere le informazioni su quanto accade e
ricorrere a tutti gli strumenti legali interni ed internazionali per
denunciare quanto sta avvenendo alle frontiere marittime, secondo quanto
previste dai vari regolamenti di procedura delle organizzazioni
internazionali e comunitarie (per i quali si rinvia al sito
www.altrodiritto.unifi.it, alla rubrica Diritti/frontiere).





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