Immaginate un uomo rapito e costretto a dichiarare in video di aver commesso atroci crimini in nome della religione. Oppure un viaggio di clandestini diretti in Europa che si trasforma in una carneficina. Immaginate un soldato che, rimasto chiuso in una stanza per diversi giorni con la sua amata, per sopravvivere si nutre del suo corpo e del suo sangue... Tredici macabri racconti che ci trasportano nell'orrore quotidiano dell'odierno Iraq, dilaniato dalla violenza e dagli estremismi. Oltre a criticare con impietoso disincanto e dissacrante humour nero i rapporti tra Iraq e Occidente, il lato oscuro delle migrazioni clandestine e le difficoltà di integrazione dei rifugiati in Europa, Hassan Blasim racconta, senza mezzi termini, un genere umano che ha perso l'innocenza.

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03 aprile 2012

“Il Matto di Piazza Liberta’”, Racconto Crudele di un Iraq Lacerato
di Azzurra Meringolo

Parla lo scrittore e regista Hassan Blasim autore di un libro sconvolgente sull'Iraq uscito anche in italiano. "Da quando le truppe americane hanno lasciato il Paese, la situazione appare un po’ piu' tranquilla, ma il mio ottimismo è prudente".

Roma, 03 aprile 2012, Nena News – Immaginate un uomo rapito e costretto a dichiarare in video di aver commesso atroci crimini in nome della religione. Oppure un viaggio di clandestini diretti in Europa che si trasforma in una carneficina. Immaginate un soldato che, rimasto chiuso in una stanza per diversi giorni con la sua amata, per sopravvivere si nutre del suo corpo e del suo sangue. Immagini raccapriccianti che provengono da un Iraq che Hassan Blasim racconta con crudeltà in “Il Matto di Piazza della Libertà” pubblicato dal Sirente, grazie alla traduzione in italiano di Barbara Teresi.

La sua avventura letteraria è iniziata nella sfera virtuale, poi cosa è accaduto?

Scrivo fin da quando ero molto giovane. In Iraq ho anche ideato diversi cortometraggi, ma soltanto nel 2003 ho cominciato a pensare seriamente alla pubblicazione. Non mi era possibile pubblicare su giornali e riviste cartacee, a causa della censura, e così ho cominciato a mettere i miei racconti e le mie poesie sul blog. Dopo tre anni di attività in rete, alcune testate, sia cartacee che online, hanno iniziato a chiedermi di scrivere per loro. Il fatto è che noi, “scrittori della rete”, abbiamo prodotto un piccolo squarcio nella censura  e la stampa araba si è messa a reclutare gli scrittori esordienti su Internet, anche se con qualche riserva e una certa circospezione. Grazie al web puoi entrare in contatto con i lettori in modo sorprendente. Io ricevevo centinaia di messaggi da parte di utenti, scrittori e artisti di vari paesi arabi. E ancora adesso sono assolutamente a favore della scrittura in rete, e ho redatto più d’un articolo sull’importanza della pubblicazione online, specialmente per il mondo arabo. In seguito la mia raccolta di racconti è stata tradotta in inglese, e ora anche in italiano. Entro l’anno sarà tradotta anche in finlandese, mentre sono in corso accordi per la traduzione dei miei racconti in altre lingue. Al momento sto terminando la stesura del mio secondo libro.

Fuggendo dal regime di Saddam Hussein, nel 1998 si è trasferito in Kurdistan dove ha girato un film per esprimere il dolore del popolo di questa regione.   “Wounded Camera”( Cinepresa ferita), le ha provocato non pochi problemi, costringendola a lasciare definitivamente l’Iraq e partire per la Finlandia. Quale era il suo obiettivo?

Quando sono arrivato in Kurdistan avevo una gran voglia di dedicarmi a un film che esprimesse il dolore del popolo curdo. Il Kurdistan, però, malgrado la protezione internazionale di cui godeva, era in una situazione davvero complicata in quel periodo, a causa dell’embargo imposto dalle Nazioni Unite all’Iraq e dell’assedio da parte del regime di Baghdad. Io ho vissuto a Sulaymaniyya e lì non c’erano attrezzature cinematografiche né professionisti del cinema. Ho organizzato un rapido corso per insegnare le basi della lavorazione di un film, ho messo su uno staff e scritto la sceneggiatura di Wounded Camera. Poi abbiamo fatto le riprese con una vecchia videocamera. Si può dire che il film per me è stato una sorta di sfida: realizzare un lungometraggio con una videocamera amatoriale, un budget molto misero e in assenza di professionisti non era un’impresa facile. Nel complesso è un film semplice che racconta le sofferenze di un cineasta curdo che, attraverso la questione curda, indaga sé stesso. Quanto al genere, è un film nel film. Ci ho lavorato sotto lo pseudonimo di Azade Othman, per paura di ritorsioni contro la mia famiglia da parte del regime di Saddam. Ancora oggi, in Kurdistan, molta gente ricorda questo film. In seguito ho continuato a insegnare sceneggiatura e regia in Kurdistan, e mi sono dedicato alla scrittura di cortometraggi e alla critica cinematografica.

Il suo libro inizia con l’immagine di giovani sognatori che prendono accordi con trafficanti per essere trasportati su un camion che esporta frutta da Istanbul a Berlino. Cosa ha voluto dire immigrare nella storia dell’Iraq contemporaneo?

Nel mio paese l’immigrazione ha avuto diverse fasi. Negli anni ‘70 Saddam ha sgombrato il paese dai comunisti, dagli oppositori e dagli intellettuali che minacciavano il suo regime dittatoriale. Dopo la guerra contro il Kuwait, le Nazioni Unite hanno imposto all’Iraq l’embargo economico: sono stati anni molto difficili che hanno intaccato duramente il senso civico della società irachena. Ovviamente il regime dittatoriale non è stato affatto scalfito da quella misura punitiva, mentre invece il popolo ha vissuto, durante l’embargo, delle situazioni crudeli, disumane. Bisognava lottare contro il dilagare della fame più feroce. Per questo ha avuto inizio una grande ondata migratoria fuori dall’Iraq, in particolare verso l’Europa. In seguito, dopo l’invasione americana, ha avuto inizio un’altra grande migrazione a causa delle violenze settarie, ma questa volta i grandi flussi migratori più che in Europa puntavano verso i vicini Paesi arabi.

Cosa vuol dire immigrare verso paesi dove, almeno negli ultimi dieci anni, si è diffusa una certa Islamofobia?

In realtà le ferite inferte dalla migrazione agli esseri umani non riguardano soltanto gli iracheni, ma anche gli afgani, gli iraniani e tutti i migranti di ogni nazionalità! Essere sradicati dalla propria terra, dalla propria città e dai ricordi, per ritrovarsi in Europa a lottare contro la mancanza di lavoro e la diffusione del razzismo e dell’Islamofobia, è una cosa molto triste. Il problema della migrazione necessita di soluzioni radicali, e tra queste il fatto che l’Occidente capitalista smetta di derubare i popoli del Terzo Mondo e di intromettersi nei loro affari. Quando vado in Inghilterra per prendere parte a un festival letterario incontro enormi difficoltà d’ingresso. Pratiche aeroportuali, impronte digitali. Il visto d’ingresso è difficilissimo da ottenere: interrogatorio in ambasciata, interrogatorio in aeroporto. Tutte queste procedure per uno scrittore invitato a un festival letterario. Mentre invece i soldati americani e britannici sono andati in Iraq senza visto e senza invito, imbracciando le armi e uccidendo la gente.

I suoi personaggi sono soprattutto uomini, che spazio hanno le donne nella società che racconta?

La società irachena è una società maschilista ed è l’uomo il grande responsabile degli episodi di violenza che narro. Nei miei racconti le donne compaiono, ma come vittime delle guerre degli uomini. Sono convinto, inoltre, che le autrici irachene affrontino molto meglio di me il tema della condizione femminile in Iraq.

Nei suoi racconti emerge la sua posizione critica nei confronti dell’ultima operazione statunitense in Iraq. Tre mesi fa le ultime truppe statunitensi sono uscite dal paese. E’ più ottimista?

Prima dell’occupazione vivevamo alla mercé di un dittatore sanguinario e stupido che ha mandato in rovina il Paese trascinandolo in guerre inutili. In quel periodo chi restava in silenzio poteva vivere la sua misera esistenza in pace. Da quando le truppe americane hanno lasciato il Paese, la situazione appare un po’ piu’ tranquilla, ma il mio ottimismo è prudente. Nena News