Il libro ripercorre gli eventi che hanno segnato un cambio d’epoca. In un mondo che si vorrebbe globalizzato solo dal mercato, irrompe prepotente un’altra istanza: la globalizzazione dei diritti.

È questa istanza che, assieme e oltre il dato materiale - disoccupazione, aumento dei prezzi, risorse depredate, corruzione elevata a sistema di governo - alimenta la rivolta che dalla Tunisia si è propagata all’Egitto e dall’Egitto alla Libia, e poi alla Siria, allo Yemen, alla Palestina, al Bahrein…Nel ripercorrerne i momenti più significativi, anche con interviste ai protagonisti, il libro mette in evidenza i punti unificanti e le specificità delle singole rivolte. I giovani di Piazza Tahrir, le difficoltà dei processi di transizione, il ruolo dei fondamentalisti islamici, le contraddizioni dell’azione dell’Europa, il “nuovo inizio” mai iniziato di Barack Obama…

Il libro è un viaggio in tempo reale nel mondo arabo scosso da un vento di cambiamento che si è trasformato in un “grande tsunami" che ha spazzato via raìs, faraoni, satrapi e dittatori che sembravano inamovibili. Un mondo che cambia e che chiede all’Occidente, quindi anche all’Europa, una rivoluzione di mentalità, oltre che di politiche, per essere all’altezza di una sfida epocale: quella del “dialogo di civiltà”.

http://www.ilmondodiannibale.it
il 14 dic 2011

“Non solo pane”: dietro l’89 arabo.
di Riccardo Cristiano

Fate un salto in arichivio: giornali, settimanali, mensili, siti web, libri: chi non ha detto la sua su quello che il Vaticano ha voluto chiamassimo il “fine vita?” E’ un nostro diritto decidere che è giunto il momento di staccare la spina? E’ un loro diritto impedircelo? E quando? Se siamo stanchi di vivere, se soffriamo, se abbiamo perso consapevolezza o speranza, chi ha il diritto di dire basta? E soprattutto, dopo quanto tempo?

A due passi da noi un giovane tunisino ha sbaragliato i regimi lanciando la stessa discussione. Dalla sua cittadina ha chiesto ai suoi: “Quale altra opzione c’è stata lasciata? Possiamo avere speranza se non abbiamo più consapevolezza? Abbiamo smesso di vivere prima che io nascessi, dopo quanto altro tempo potremo sperare di cominciare a rinascere?”

Parte da lui, da Mohammad Bouazizi, Umberto De Giovannangeli, perché non è possibile  un inizio diverso. Parte da lui il filo narrativo di questo libro che arriva oggi in libreria, “Non solo pane. I perché di un ’89 arabo” (fuorionda,euro 23) per accompagnarci nella lunga marcia che gli arabi hanno deciso di percorere per uscire dall’inverno dei dispotismi. Parte da lui perché sa che i suicidi non sono tutti uguali, e il suicidio di quel ragazzo è stata davvero un inno alla vita. Un inno disperato, come “Il canto per la morte di Ignazio” di Federico Garcia Lorca. Un inno rivoluzionario? Sì, certamente; un inno rivoluzionario, perché invocava un capovolgimento dei parametri. Basta Oriente o Occidente, invocava il suicida Bouazizi, basta Islam o Democrazia, basta falsi ideologismi!

Umberto ci racconta quel ragazzo come un cittadino-modello, o meglio come il modello di quei non cittadini. Un giovane che eccelle negli studi, ma deve abbandonarli per le sue misere condizioni di vita. Il suo Stato non gli offre nulla per seguitare a studiare. Allora lui decide di comprare un carretto, deve sfamare sette parenti.  Ma gli viene impedito anche il commercio ambulante, da un’autorità dispotica e ruffiana solo con gli amici dell’autorità superiore. Lo umiliano, lo aggrediscono, lo mortificano: E lui canta il suo inno alla vita uccidendosi.

Trecento milioni di arabi vivono come lui, nella mortificazione, nell’umiliazione, sotto l’aggressione. Lo sanno, lo capiscono che il suicidio li riguarda tutti. Lo sanno, lo capiscono che lui gli sta dicendo che “ci hanno suicidato tutti mezzo secolo fa.”

Parte da qui Umberto De Giovannangeli per raccontarci che questa rivoluzione è per il pane, che manca, ma non solo per il pane, ché manca anche tutto il resto che serve alla vita. E non manca perché l’Islam…. Non manca perché l’Oriente…. Manca perché i regimi, islamici e laici, hanno stretto un patto contro i loro popoli. Alcuni di loro quel patto contro i loro popoli lo hanno stretto con noi. Come spiegarsi altrimenti che la rendita petrolifera non viene reinvestita né in patria né nei paesi vicini, ma nelle banche americane?

Altri lo hanno stretto con “gli antagonisti” dicendosi contro di noi. Ma quel patto è ferreo e una cortina di dispotismi paradossali ha strangolato per mezzo secolo cultura, libertà, pensiero religioso, sessualità, femminilità, infanzia, diritti, lavoro, creatività.

Tra le pagine più belle di questo libro ci sono di certo quelle nelle quali ci spiega la teoria “del male minore” (crei il mostro fondamentalista, lo liberi, poi crei dei tiranni per combatterlo e li presenti come il male minore), quelle sul bivio di Israele, quelle sulla vera novità che rompe i giochi e apre nuovi scenari: la Turchia di Erdogan.

Un libro da leggere.