Come può un libro all’apparenza quanto mai remoto nel tempo e nello sguardo sul mondo, parlare come pochi altri al nostro presente? Walden è infatti il resoconto di due anni di vita solitaria nella campagna del Massachusetts che Henry Thoreau trascorse fra il luglio del 1845 e il settembre del 1847. E tuttavia è il testo da cui oltre un secolo dopo prenderanno le mosse i movimenti ecologisti e ambientalisti di mezzo mondo. Un semplice diario, che all’esperienza intima unisce la descrizione della vita quotidiana, materiale, fatta di suoni, silenzi, paesaggi reali e immaginari, è per contrasto una riflessione sull’economia, sulla politica, sulla democrazia, sugli Stati Uniti, che in quegli anni si vanno formando come potenza. Tra le righe in cui la penna di un maestro mette in scena la semplicità della vita fra i boschi, scopriamo anche perché Thoreau è l’autore cui si ispireranno Gandhi e le controculture contemporanee, che lo rileggeranno e lo rielaboreranno, criticandolo sì, ma assumendolo come punto di partenza. Uscendo apparentemente dal mondo, il personaggio di Thoreau si presenta come rappresentante di una nazione che comincia a lasciare il suo segno indelebile sulla società. È da quel nucleo, infatti, (da quel «rinascimento americano» che dobbiamo a Hawthorne, Melville, Emerson, Poe, Whitman, Frederick Douglass) che muovono le istanze più libertarie e democratiche, non meno di quelle più drammaticamente solipsiste ed espansioniste dell’America.