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Giovedì 14 Aprile 2011 23:03

Addio Vittorio
di Pino Cabras  

Non hanno nemmeno aspettato il farsesco ultimatum che avevano inscenato. Vittorio Arrigoni, un uomo mite e coraggiosissimo, è stato ucciso. Con il contrappasso del soffocamento dopo il contrappasso degli occhi bendati, per giunta: per dirci - a tutti noi che in tanti paesi del mondo perdiamo un fratello - che saranno soffocate le voci libere, i corpi che respirano, gli occhi che vedono e non nascondono.

Gli israeliani bombardavano da due settimane la popolazione civile di Gaza, quel 13 gennaio 2009, quando scrissi con angoscia un articolo che denunciava una concreta e incombente minaccia alla vita di Vittorio Arrigoni. Vi ripropongo ora quel pezzo, perché aiuta a capire il lungo rodaggio della macchina preparata per stritolare l’attivista italiano, testimone del dramma di Gaza. L’articolo racconta di come nel 2009 certi ambienti "anti islamici" incitavano pubblicamente a ucciderlo. Oggi vediamo invece la drammatica conclusione nelle mani di islamisti fanatici. È assurdo questo passaggio di testimone fra carnefici così lontani e tra loro nemici?

Per chi ha studiato quali sono i veri obiettivi della galassia di terroristi più estremisti questa non può essere una sorpresa. La stessa Hamas era nata come creazione dell’intelligence israeliana, che voleva rendere permanente l’emergenza e dividere il campo palestinese, ma poi la creatura politica aveva seguito una traiettoria tutta sua che la rese irriconoscibile e meno malleabile. La fabbrica delle emergenze ha sfornato però nuovi prodotti, gruppuscoli sempre pronti ad alimentare la strategia della tensione, e con essa fomentare la totale militarizzazione dell’agenda politica.

Colpisce sapere ad esempio che Azza¯m al-Amri¯ki, Azzam l’Americano, l’«anchorman» bilingue di quei “video di al-Qa’ida” costruiti con la stessa cifra stilistica del video in cui compare Arrigoni nelle mani dei “salafiti”, si chiami in realtà Adam Pearlman, e sia nipote di uno dei più eminenti esponenti della lobby dei falchi filoisraeliani in USA.

Il potere nel mondo post 11 settembre si è giovato ampiamente del terrorismo come instrumentum regni. Ha fatto passi enormi nel distruggere un ordinamento giuridico internazionale che ammetteva norme non basate sul solo diritto di potenza, inquinare i punti di riferimento concettuali per la definizione di ciò che è aggressione o tirannia o resistenza, far abdicare gli Stati dalla difesa dei loro prevalenti interessi nazionali a vantaggio di una coalizione dominata da interessi imperialistici, condizionare l’economia – vicina a un baratro finanziario – entro la gabbia delle priorità militari.

Il lavoro di Vittorio Arrigoni nel decennio post 11/9 va nella dimensione “micro”: è azione concreta e locale, nella Gaza assediata e massacrata, nella prigione a cielo aperto più grande del mondo, nel tiro a bersaglio per droni, fra i pescatori che non possono pescare, i muratori che non possono edificare, i bambini che non si possono curare. Ma è anche azione globale, racconto, narrazione, rivendicazione della verità, pacata polemica nei confronti dei silenzi e delle menzogne politiche e mediatiche che hanno dato forza all’incubo militarista del Sionismo Reale. Aprirà bocca, vorrà dire qualcosa su Arrigoni quel Roberto Saviano che si accompagna ai falchi israeliani e alla Casta politica, al quale Arrigoni diceva: «scendi dal carro armato dei carnefici, e vieni ad abbracciare le vittime»?

Mentre tutto il Vicino e Medio Oriente è ora soggetto a un immenso scossone, ovunque, molti conti saranno regolati. I ponti, in guerra, sono i primi a saltare in aria. La morte terribile di Vittorio "Utopia" Arrigoni, come molti amavano chiamarlo, annuncia un tempo drammatico, annuncia una fase diversa della vita politica in un'area vasta del pianeta. Dovete sentirlo questo pericolo, e capire l'enigma delle parole semplici che ci lasciano gli uomini giusti: Restiamo umani. Restiamo umani. Restiamo umani.

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