Voce forte di chi non ha voce

Mons. Mincuzzi il 30 ottobre 1982 profeticamente pronunciò, rivolto al
novello vescovo, queste parole: "Per quanta mitezza e discrezione ci
potrà mettere Tonino, dovrà annunciare le beatitudini, i paradossi
evangelici, dovrà condannare la violenza, la possibilità di
manipolazione delle masse; sarà malvisto e non avrà consolazioni
neppure da coloro gli appartengono". Cosi è stato.
Don Tonino una cosa sembra volerci dire oggi : che dobbiamo essere
tutti analfabeti sul tema dei diritti, nel senso che dobbiamo
continuare a cercare. Solo se continuiamo a cercare, a documentarci, a
leggere i cambiamenti, a lasciarci prendere dallo stupore riusciremo a
espellere dalla nostra vita il maledetto personaggio che tanto ci
affascina: la paura del nuovo, del cambiamento. Ad esempio, egli non ha
conosciuto materialmente i 5 curdi che recentemente sono morti
soffocati in quel camion sulla Canosa-Napoli, e neppure gli altri 39
morti in questo modo nell´ultimo anno; non ha conosciuto materialmente
i 700 immigrati morti annegati nei nostri mari alla fine del loro
viaggio della speranza. Ma certamente ci inviterebbe, oggi come allora,
a guardare i volti, anzi chiamerebbe per nome ognuna di quelle persone.
Don Tonino ha testimoniato il linguaggio della vita quotidiana, ha
usato parole comprensibili alla gente, consapevole del fatto, che
possiamo dire chi siamo solo quando ci assumiamo la responsabilità di
rispondere alla domanda "Dov´è tuo fratello ? ", cioè nella misura in
cui ci si mette in gioco nel rapporto con i fratelli. Un altro grande
insegnamento viene dal nostro amico vescovo, quello cioè di evitare
linguaggi e prassi "esclusivi"e di scegliere invece linguaggi e
prassi "inclusivi": non esiste la mia idea o la mia chiesa o la mia
nazione o la mia associazione/gruppo ... ma c´è la "mia e la tua" idea,
chiesa, nazione, associazione, e insieme possiamo costruire un mondo
più umano, più rispettoso dei diritti di tutti, nella convivialità
delle differenze. Esasperando le diversità e i conflitti, invece, non
si arriva da nessuna parte, solo alla sopraffazione del più forte sul
più debole:
Agli ultimi della fila, alle "pietre di scarto", don Tonino guardava
con un occhio privilegiato, con la precisa consapevolezza che non sono
oggetto di assistenza ma soggetti di diritto: a voi che non fate la
storia - diceva - a voi che non contate agli occhi degli uomini ma che
siete grandi agli occhi di Dio deve essere data l´opportunità di
diventare cittadini, e questa non è una concessione magnanime ma
questione di giustizia. Occorre dire, però, che anche se la parola
giustizia è una delle 30 parole più usate nel mondo, non sempre la sua
traduzione nei fatti è coerente con il suo significato. Sulla parola
giustizia si operano numerose manipolazioni. Chi opera queste
manipolazioni (i nostri politici sono maestri in quest´arte)a favore di
una giustizia fai da te, oppure a propria misura o a misura dei propri
interessi, ha un a grande responsabilità politica e sociale."La
giustizia è una parola terribile, come la verità" diceva Saveria
Antiochia, la madre di Roberto,il poliziotto trucidato con 80 colpi di
pistola a Palermo il 5 agosto del 1985 mentre volontariamente si era
aggiunto alla scorta del commissario Cassarà il giorno in cui la mafia
lo uccise. Dobbiamo sentire forte la "fame e sete di giustizia", ci
dice don Tonino.
La povertà infatti non è un evento biologico ma un frutto
dell´ingiustizia. Se creiamo le condizioni per cui le persone siano
libere veramente, cioè non dipendenti dagli altri, allora costruiamo
una società più solidale, dunque più giusta . E don Tonino non è venuto
mai meno alle domande dei poveri del suo territorio, domande di
solidarietà, di giustizia, di legalità, anche quelle domande che non
emettono suoni: si è inventato di tutto per ascoltare, condividere,
aiutare. Egli è stato profeta, non per leggere il futuro, ma perché si
è sporcato le mani nel presente, ha fatto emergere contraddizioni, ha
fatto concretamente accoglienza, si è messo in gioco. Ha abbattuto le
mura della sua chiesa e l´ha fatta diventare una casa dove c´era
accoglienza e relazione: "Un vescovo senza fantasia - diceva don
Tonino - senza creatività, incapace di mischiarsi per paura di
contaminarsi, ridotto a distributore di verità, non mi sembra in linea
con l´incarnazione". E aggiungeva "L´importante per un Vescovo è che
non sia arrogante". Diciamole ai nostri vescovi queste parole.
Diciamole anche a quei vescovi che oggi affermano di essere stati amici
di don Tonino, e sono tanti. Diciamo loro che la Chiesa o è profetica o
non è. Di fronte alla nuova legislazione italiana in tema di
immigrazione don Tonino non avrebbe taciuto. Un credente, e un pastore
in particolare, non può e non deve stare zitto di fronte alle
violazioni della giustizia. E la giustizia oggi è piena di ferite
gravissime. Alcuni esempi: la legge sull´immigrazione che consacra
l´esistenza di "cittadinanze diseguali" e che viola 8 direttive europee
sul tema dei diritti; la consacrazione di "cittadinanze diseguali" a
livello geografico tra Nord e Sud d´Italia; l´impossibilità di rendere
usufruibili i diritti sociali per tutti, ecc. I diritti sono risposte
ai bisogni delle persone e, dunque sono i bisogni delle persone a
definire i diritti. Occorre avere la strada come punto di riferimento.
Don Tonino, come Gesù che nel Vangelo ha avuto 109 incontri, ha
preferito una evangelizzazione " per contagio d´amore" lungo la strada:
la strada ci invita a incontrare la povertà e ad entrare in relazione
con i poveri, ci costringe a non dimenticare che la povertà è
espressione della visibilità dell´in-giustizia.
Il 30 aprole 1983 don Tonino all´Arena di Verona, parlando di pace
propose di sostituire la parola "Beati" dalla famosa frase delle
beatitudini con la Parola "in piedi", in modo che suoni cosi: "In piedi
costruttori di pace sarete figli di Dio". Voleva dire che dobbiamo
stare in piedi davanti a tante croci che incontriamo nella vita:
solitudini, sofferenze degli anziani e dei malati, famiglie toccate
dalla malattia, esclusi, inclusi ma disperati dentro ecc. Don Tonino ha
avuto il coraggio della denuncia , attenta, puntuale mai generica,
dell´ingiustizia, facendolo con umiltà e utilizzandola come annuncio di
salvezza. Il suo obiettivo era infatti semplicemente di "saldare la
Terra con il cielo" e quello di sparare a zero sui cattivi.
Diceva ancora: "Dio non fa graduatorie. Non saranno sufficienti i
propositi (le promesse) dei partiti per tranquillizzarci sulle
situazioni di ingiustizia. Il futuro sarà con i piedi scalzi". Come a
dire che la giustizia è un criterio dell´a-zione individuale, ma anche
un criterio della politica, altrimenti la politica è sotto la schiavitù
dei privilegi di pochi. Dobbiamo spezzare la catena dei privilegi che
genera ingiustizie e dobbiamo sconfiggere l´omertà. Ecco una piccola
litania o via crucis dei fatti che ogni giorno ascoltiamo, ma poi
facilmente rimuoviamo: Bernardo Romano, padre di sei figli, si è
bruciato qualche mese fa perché aveva perso il lavoro; è stata
quantificata in 16.000 unità la tratta dei minori nel nostro Paese che
vengono utilizzati soprattutto nel mercato della prostituzione;
sull´asse Bucarest-Madrid la mafia "acquista" migliaia di piccoli
disabili per mandarli sulle strade dei Paesi europei ed elemosinare ;
alla conferenza di Johannesburg - boicottate da Bush, e non solo da
lui - l´OMS ci ha detto che il 40% dei bambini che muore ogni anno nel
mondo sono vittime degli effetti diretti o indiretti dell´inquinamento
(come se precipitasse un boeing carico di bambini ogni 45 minuti); c´è
poi lo scandalo degli aiuti, con i Paesi ricchi che riescono a dare ai
paesi poveri appena lo 0,7 % del loro Pil; si muore prima per
conseguenze del "dio mercato" che per la malattia o la povertà (3,5
milioni i morti di Aids). Oggi si sta affermando un orizzonte culturale
estremamente pervasivo e pericoloso, una vera insidia per l´umanità,
che passa attraverso i media, la pubblicità, le trasmissioni televisive
di intrattenimento. Questo orizzonte culturale vuole convincerci che
ciò che conta è apparire, e che per ottenere il potere di apparire, di
essere come questo o quel personaggio, tutto è consentito, anche di
passare sopra agli altri. Ebbene, don Tonino ci direbbe che dobbiamo
avere il coraggio di essere "persone inadeguate". C´è bisogno oggi di
persone adulte, di cittadini adulti, di cristiani adulti, sul piano
personale e sul piano sociale e politico, persone responsabili, persone
che alla domanda di Caino "Sono forse io il custode di mio fratello?"
rispondono un secco "Sì". C´è bisogno di prudenza e sana follia, e il
coraggio di osare: non basta andare a rimorchio dei ricercatori delle
scienze sociali, che ci presentano il quadro dei problemi sociali; c´è
bisogno di rischiare. C´è bisogno di diventare più vivi, perché a
volte ci illudiamo soltanto di essere vivi, che significa non porre
impedimenti al futuro che irrompe.
Don Tonino cita Morale che dice " la morte odora gia di resurrezione" .
Come dire che la sofferenza e la morte hanno una "collocazione
provvisoria" nella nostra vita, perché prima o poi irrompe la
resurrezione e dunque la speranza. Perché si muoia non lo so, ma il
senso della vita, dell´a-micizia, dell´amore - diceva - non si trova
nei ragionamenti ma nella base dell´impegno. Non si può concludere un
ricordo del vescovo don Tonino, " voce forte per i diritti di chi non
ha voce", se non si parla della pace. Questa mattina 26 guerre si
stanno combattendo nel mondo. Secondo l´Osservatorio di Stoccolma negli
ultimi 20 anni 9 milioni di persone, soprattutto civili, sono morti in
queste guerre. La diplomazia si è dimostrata impotente, l´informazione
incompleta se non cieca.
La prima vittima delle guerra è la verità. Il primo vincitore invece è
la volontà di controllare le ricchezze naturali (diamanti, petrolio,
droga, ecc.) altro che ideologie o progetti sociali e politici o
religiosi: il potere, la volontà di dominare, di possedere le risorse
è solo motore delle guerre, dell´oppressione. Nessuno vuol fare sconti
ai dittatori che minacciano e preparano guerre nei punti più critici
del mondo, ma occorre riconoscere che le modalità di risposta alle loro
provocazione o violenze non sono neutrali, una a caso la volontà degli
Usa di bombardare a tutti i costi Saddam,e il suo Paese. Sarebbe
paradossale pensare che per prendere quel mafioso di Provenzano
bisognerebbe bombardare tutta la Sicilia ... Il terrorismo non è mai
figlio della povertà, anche se si alimenta nella disperazione. Dilatare
la giustizia: è questo il vero antidoto alla guerra e al terrorismo.
Non c´è pace senza giustizia, ce lo ripete in tutti i suoi discorsi il
papa Giovanni Paolo II. Una pace stabile richiede una politica
dialogica, che si basa su due pilastri: 1) bisogna spostare il
baricentro del diritto internazionale dagli Stati alle persone: è
questa la ragione per cui don Tonino è andato a Sarajevo oppure si è
bonariamente preso gioco delle Forze Armate; 2) bisogna rinforzare il
tribunale penale internazionale, costringendo i Paesi che non hanno
firmato la Convenzione a farlo subito (sono gli stessi Paesi che si
ostinano a dirsi difensori della pace nella vicenda di Saddam Hussein).
Concludo con una frase di Turoldo, che salutò don Tonino con queste
stupende parole: "Grazie fratello vescovo per il tuo coraggio ... perché
ci inviti a metterci in ascolto del futuro."

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