Dopo Aver Pensato a Storie Come Queste
di Anna Bravo


Tutti i registi di cinema sanno che un modo per far scattare
l'identificazione degli spettatori e' riprendere il protagonista di spalle,
mentre si allontana, da solo, e, come succede in molti film western, con
l'unico bagaglio di una borraccia, un involto, un fucile. Se e' inseguito da
un nemico, o piu' nemici, l'effetto e' maggiore. Se si tratta di una donna,
e' facile che tenga per mano un bambino e trascini un fardello
manifestamente troppo pesante per lei.
Da mesi, da anni, su tutti i giornali compaiono fotografie di questo tipo:
donne, uomini, giovani, vecchi, bambini, di cui vediamo soltanto la schiena
e le borse di plastica che portano con se'. Escono da un campo nomadi,
dall'androne di un edificio, spesso camminano su sentieri o vicoli
dissestati. Eppure su nessun giornale, mi pare, si sono messi in rapporto il
potenziale emotivo di quelle immagini e l'assenza di identificazione con cui
in genere vengono guardate. E' vero che la finzione puo' essere piu'
commovente, e' fatta per ottenere quel risultato, e' piu' curata, piu'
"bella". Ma da noi ci sono fotografi, giornalisti, scrittori che sanno
raffigurare e raccontare in modo strordinariamente efficace. Alcune autrici
anche meglio.
Allora, cosa rende cosi' freddo, cosi' astratto, il rapporto fra osservatore
e osservato? Si sono date tante risposte, e cosi' pertinenti, che non
presumo di averne una in piu'.
Vorrei soltanto che chi sta progettando il "pacchetto sicurezza" provasse a
immaginare di essere un'altra persona. Questa persona viene da un paese
pericoloso, affamato o poverissimo; puo' essere una brava persona, puo'
essere un violentatore, un omicida, un delinquente piccolo o grande. Oggi ha
la febbre, sente un dolore forte in qualche punto del corpo, un dolore
sconosciuto ma in certi casi fin troppo conosciuto. Non ha un permesso di
soggiorno, non sa l'italiano. Se e' un grande delinquente, avra' il denaro
per una visita privata, per una clinica. Se e' un piccolo delinquente
occasionale o una brava persona, spesso ha pochissimi soldi, a volte niente;
ha un lavoro in nero, o nessun lavoro; sa che ha bisogno di essere curato, e
che i medici potrebbero segnalarlo alla polizia come clandestino. Un amico
gli ha detto che non hanno l'obbligo di farlo, ma lui sa che ne hanno il
potere. Va in un ospedale, da' un nome falso per tutelarsi da un'espulsione,
e gia' per questo diventa doppiamente fuorilegge. Non puo' distinguere (e
chi potrebbe?) fra il medico che fa il suo lavoro, e quello disposto a fare
anche il lavoro di spia. Aspetta a lungo in un pronto soccorso dove capisce
a malapena qualche parola, alla fine se ne va, magari per strada barcolla
perche' sta male, perche' ha bevuto per rincuorarsi e tenersi su, come fanno
tanti, italiani e non, ricchi e poveri, brava gente e gente violenta. Se non
lo ferma la polizia, torna a casa, e la casa probabilmente e' una baracca,
una tenda, un dormitorio pubblico, una vecchia cascina abbandonata, forse
non esiste affatto. Domani andra' in giro, se potra', a cercare un lavoro, a
comprare un panino e una birra, a pulire i vetri di un'auto, a vendere
fazzoletti di carta; oppure a borseggiare una pensionata - non diamo ai
razzisti il pretesto per dichiararsi gli unici "capaci di dire la verita'",
tanto piu' che il diritto a essere curati non ha niente a che fare con il
certificato penale. Forse questa persona guarira' da sola, forse no, forse
morira' e se il suo male e' contagioso moriranno altri.
Dopo aver pensato a storie come queste, chi sta progettando il "pacchetto
sicurezza" (e chi ha deciso di votarlo) puo' tornare se stesso a condizione
che abbia perso del tutto la capacita' di immaginare il dolore degli altri.
Che la parola liberta' gli faccia venire in mente un marchio di scarpe da
ginnastica. Che la parola giustizia gli faccia venire in mente un palazzone
con statue nelle nicchie della facciata e la scalinata davanti. E che
prodigiosamente gli resti il coraggio di guardarsi allo specchio la mattina.
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