Una Sintesi Schematica del "Dulce Bellum Inexpertis" (1515) di Erasmo Da Rotterdam
di Enrico Peyretti

Tratto da La Nonviolenza e’ in Cammino
[Nel riproporre questo testo ai nostri lettori, nuovamente ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey@libero.it) per averci messo a disposizione questo schema ad uso didattico - da lui steso a suo tempo per i suoi allievi - dell'Adagio 3001 di Erasmo, "Dolce e' la guerra a chi non l'ha provata", seguendo come testo di riferimento la traduzione italiana nel volume curato da Eugenio Garin, Erasmo, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1988, alle pp. 57-97. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario]

1. L'inganno dell'inesperienza.
2. Cio' e' specialmente vero per la guerra, oggi trionfante al punto di capovolgere il giudizio su di essa, che e' cattiva e dannosa. Problema: da dove viene la guerra? Necessaria indagine filosofi–ca.
3. L'immagine dell'uomo e quella della guerra:
a) l'immagine dell'uomo: il corpo; linguaggio e ragione; immagine di Dio;
b) l'immagine della guerra: aspetto orribile; effetti piu' gravi; guai minori, ma sempre terribili; conseguenze consuete; rovina morale; la guerra genera guerra.
4. Natura della guerra: opera della peggiore Furia; origine della parola; peggio che bestiale (confronto uomo-animali); la Natura stupita.
5. Problema dell'origine della guerra: uccidere le fiere per difesa; idem senza necessita'; mangiare le belve (esempi di assurdita' consuete); mangiare animali innocui e sevizie sugli animali; uccidere le bestie insegna ad uccidere l'uomo: a) duello; b) tirannicidio da' gloria; c) guerra (cresce la furia; sviluppo delle armi; guerra=gloria; limitazioni alla guerra; guerra senza limiti, a scopo di lucro, peggio della gloria). Sommario: dalla caccia alla guerra; i potenti ottusi e disumani non vogliono capire.
6. Critica del bellicismo cristiano. Punto presente della storia della guerra: uomo contro uomo, cristia–no contro cristiano. Nessuno condanna. C'e' chi applaude e santi–fica, chi benedice e fa della guerra un sacramento. Falsificazione dei profeti, della preghiera, della croce. Antitesi fra guerra e regno di Dio. Giulio II istigatore. Obiezione dei mercenari. Rinvio della risposta al paragrafo 12.
7. Confronto morale guerra-pace (dopo il confronto uomo-guerra, paragrafi 3-6). Due argomenti (morale e utilitario) indipendenti e convergenti: a) la guerra e' colpa, e' male morale (qui, par. 7); b) la guerra e' danno per tutti, e' male fisico (par. 8, e gia' alla fine del 7; par.14). Confronto tra gli effetti della pace e quelli della guerra; il danno morale della guerra e' piu' grave di quello fisico (cfr. Primo Mazzolari, Tu non uccidere, ed. 1965, p. 19); elenco dei mali naturali, confronto col male voluto; la pace e' benefica per tutti, la guerra per pochi, a danno di altri; inutilita' della vittoria.
8. La guerra e' un danno per chi la fa, senza vantaggio certo; affliggere se stessi per poter affliggere gli altri; non convenienza economica, irreparabilita' del danno.
9. Incompatibilita' fra l'essere cristiano e far guerra: peggio che fratricidio; niente e' piu' lontano dall'amore; Salomone e Cristo (motivo ripetuto in Erasmo); beatitudini; insegnamento degli apostoli; armonia nel corpo e nell'universo; l'uomo (e il cristiano) che fa guerra e' al di sotto degli animali.
10. Storia e analisi della corruzione del cristianesimo fino a renderlo guerriero:
a) cultura: dialettica; retorica; disputa; Aristotele sopra Cristo; il diritto romano sopra il vangelo; la cultura pagana sopra le Sacre Scritture. Tensione tra Cristo e filosofia (ragione);
b) onori e ricchezze: per i poveri; per noi; onore al ricco;
c) potere: titolo; potere temporale; tirannide.
11. Guerre dei cristiani peggiori di quelle dei pagani antichi: nuove armi; noi pseudocristiani; Romani ponevano limiti alla guerra: uccidere solo per necessita'; oggi onorato l'uccidere con inganno e ferocia per lucro; contro i mercenari; monarchi cristiani peggiori dei monarchi gentili.
12. Contro le giustificazioni religiose della guerra. Il vangelo proibisce la guerra. Prima obiezione: argomento biblico per la guerra. Risposta: a) guerra dei cristiani meno giustificabili di quelle degli ebrei; b) perche' non imitiamo altre usanze degli ebrei? c)l'unica guerra lecita ai cristiani e' la guerra morale ai vizi. Solo questa guerra genera la vera pace. Cristo, vietando la spada a Pietro, proibisce quella guerra che prima sembrava lecita. Seconda obiezione: eppure Pietro uso' la spada. Risposta: a) non era ancora cristiano; b) non per se' ma per la vita del Maestro; c) imitarlo anche nel rinnegare? d) Cristo non approva la difesa armata. Altre obiezioni: a) guerra come mestiere; b) ogni guerra e' giusta se dichiarata dal principe; c) sacerdoti e monaci non possono combattere ma possono dirigere una guerra; d) la propria causa appare a tutti giusta, dunque e' lecito combattere; e) Cristo vieto' la difesa finche' c'era lui, dopo la sua dipartita e' lecita la difesa armata; f) cosi' le sue esortazioni all'amore dei nemici; g) insegnamenti simili degli apostoli sono consigli e non precetti. Risposta: con questi argomenti speciosi si capovolge Cristo in "banditore di guerre" e "consigliere dell'accumulo dei beni" e si da' avallo religioso alla cupidigia dei principi. Cristo indica il fine dello sforzo morale, non da' le misure del permesso e del vietato (cfr. i lavori di teologia morale di Bernhard Haering). Oggi capovolgimento: sospetto di eresia chi esorta a fuggire la guerra, campione di ortodossia chi snerva il vangelo e offre ai cupidi principi argomenti concessivi. "Un dottore davvero cristiano non approva mai la guerra; e se, forse, in qualche momento la ammet–te, lo fa suo malgrado e con dolore".
13. Obiezioni a favore del diritto di guerra, e repliche. a) e' diritto di natura. Risposta: ma il vangelo va oltre. b) il vangelo e' per alcuni. Risposta: no, e' per tutti quelli che sperano in Cristo. Chi si ride di lui combatte per il denaro e il potere, ma questa e' morte piu' che vita. c) casi di papi e padri della chiesa a favore della guerra. Risposta: e' tradizione non univoca; e comunque, perche' seguire esempi equivoci, divergenti dalla parola chiara di Cristo? d) guerra come procedura giudiziaria. Risposta: in giudizio c'e' il primato della legge; la guerra e' giudizio in causa propria; in guerra la pena va sugli innocenti; i vantaggi della guerra sono per i briganti; in tribunale si punisce uno per il bene di tutti, in guerra sono puniti tutti, benche' inno–centi. Conclusione: meglio pochi colpevoli impuniti che condannare, con loro, tutti gli innocenti.
e) e' diritto dei principi. Risposta: tutti avrebbero qualche diritto; il governo e' amministrazione, non possesso; il diritto dei principi viene dal popolo, che puo' toglierlo; e' diritto che i principi rivendicano per se', non per la giustizia.
14. In ogni caso, la guerra non conviene. Meglio una pace ingiusta che una guerra giusta (questo paragrafo prosegue il n. 13, discutendo ancora l'argomento del diritto dei principi, sotto l'aspetto della saggezza pratica. Alla fine si aggiunge un sesto preteso fondamen–to del diritto di guerra, quello religioso, cui sara' dedicata la prima parte del par. 15). Anche ammesso il diritto di guerra, esaminarne la convenienza (argomento utilitario, vedi par. 7). Esempio tratto dagli interessi privati: vittoria inutile. Affermazione di principio di morale utilitaria: "Meglio una pace ingiusta di una guerra giusta" (cfr. Querela pacis, p.122 nel medesimo volume sopra citato). Spesa superiore al guadagno. Il possesso attuale di un principe e' migliore di una rivendicazione cruenta, sempre precaria. Alternativa alla guerra: l'arbitrato (vedi Lettera ad Antonio di Bergen alla p. 35 dell'introduzione di Garin; vedi Mesnard, ivi alle pp. 47-48). f) diritto di guerra in difesa della chiesa: prima risposta sintetica (antitesi tra chiesa e guerra); sviluppo della risposta nel paragrafo seguente.
15. Contro la crociata e contro le guerre in genere: a) contro la crociata: contraddizione tra crociata e cristianesimo (tra crociata e croce). Obiezione: occhio per occhio. Risposta evangelica: il cristiano violento e' eretico, peggiore dei turchi; oggi monaci, papi, vescovi confidano nel potere umano, regnano a danno del popolo cristiano; turchi "quasi cristiani". Noi tutti cristiani rendiamo non credibile il vangelo, distruggiamo Asia e Africa mentre Cristo rispetta tutto, facciamo uso imperialista del vangelo. Cosi' siamo anche politicamente imprudenti (mondo cristiano assediato dai barbari). Dio non aiuta i violenti, anzi "vinceremo veramente allorquando saremo vinti". Una guerra vinta non evangelizza: meglio turchi o ebrei sinceri che cristiani ipocriti. Obiezione ripetuta: vim vi repellere licet, e' necessario. Risposta: perche' scateniamo violenza con le nostre discordie? La crociata peggiora i cristiani; sospetto fondato che la crociata serva ai tiranni civili ed ecclesiastici per spo–gliare i popoli cristiani. Ammette il problema di difenderci dai turchi, se sono loro ad assalirci, a condizione: che questa guerra sia fatta con animo e mezzi cristiani; non inimicizia (turchi "braccati come prede"), ma testimonianza di costumi cristiani; chiediamo loro consenso a un cristianesimo essenziale (tema dell'umanesimo cristiano e del pacifismo-ecumenismo rinascimentale. Erasmo qui rinvia al suo prossimo Antipolemos, perduto, vedi p. 27 dell'introduzione di Garin e p. 162). b) contro le guerre in genere (dei cristiani), che sono stolte o malvage; stupida educazione dei principi (vedi Panegyricus, citato alle pp. 24- 25 dell'introduzione di Garin); guerre fatte per tiranneggiare e depredare il popolo; coperture ideologiche; "Non ottengono mai proprio quello che vogliono": - gloria: falsa gloria; - orgoglio: "ti costringi a umiliarti all'ultima feccia dell'umanita'", "perche' e' con costoro che soprattutto si combattono le guerre"; - guadagno: calcolo errato, maggior danno per tutti. Ipotesi di guerra inevitabile: se si verifica: lasciarla fare ai violenti ("L'infame impresa sia fatta da infami"); limitare quanto piu' possibile lo spargimento di sangue. Per scongiurarla: se... (indica 9 condizioni di vita spirituale cristiana, che infine sintetizza in: innocenza, amore, pazienza)... allora la guerra sparirebbe. Altrimenti, eliminare Cristo come favola. Se invece e' verita', mostriamolo con azioni di pace, specialmente i pontefici, i principi, le citta'. Se si agita il popolo, i principi lo riconducano all'ordine; se sono i principi a turbare la pace, i pontefici ricompongano i disordini. Elogio di Leone X e confronto con Giulio II. Speranze. Conclusione brevissima in tono dimesso: "Ma questa digressione e' durata troppo, almeno per chi preferisce sentir parlare di proverbi [gli Adagia, di cui il "Dulce bellum inexpertis" fa parte, sono una raccolta di massime commentate] piuttosto che di pace e di guerra".

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