La Scelta della Nonviolenza
di Martin Luther King

Tratto da La Nonviolenza e' in Cammino


[Ringraziamo Fulvio Cesare Manara (per contatti: philosophe0@tin.it) per averci messo a disposizione l'antologia di scritti e discorsi di Martin Luther King da lui curata, Memoria di un volto: Martin Luther King, Dipartimento per l'educazione alla nonviolenza delle Acli di Bergamo, Bergamo 2002, che reca traduzioni di discorsi e scritti del grande maestro della nonviolenza. Il testo seguente e' tratto da La forza di amare, Torino, Sei, 1968, 1973 e successive ristampe, pp. 268-274 (la traduzione e' dell'indimenticabile padre Ernesto Balducci).

Martin Luther King, nato ad Atlanta in Georgia nel 1929, laureatosi all'Universita' di Boston nel 1954 con una tesi sul teologo Paul Tillich, lo stesso anno si stabilisce, come pastore battista, a Montgomery nell'Alabama. Dal 1955 (il primo dicembre accade la vicenda di Rosa Parks) guida la lotta nonviolenta contro la discriminazione razziale, intervenendo in varie parti degli Usa. Premio Nobel per la pace nel 1964, piu' volte oggetto di attentati e repressione, muore assassinato nel 1968. Opere di Martin Luther King: tra i testi piu' noti: La forza di amare, Sei, Torino 1967, 1994
(edizione italiana curata da Ernesto Balducci); Lettera dal carcere di Birmingham - Pellegrinaggio alla nonviolenza, Movimento Nonviolento, Verona 1993; L'"altro" Martin Luther King, Claudiana, Torino 1993 (antologia a cura di Paolo Naso); "I have a dream", Mondadori, Milano 2001; cfr. anche: Marcia verso la liberta', Ando', Palermo 1968; Lettera dal carcere, La Locusta, Vicenza 1968; Il fronte della coscienza, Sei, Torino 1968; Perche' non possiamo aspettare, Ando', Palermo 1970; Dove stiamo andando, verso il caos o la comunita'?, Sei, Torino 1970. Presso la University of California Press, e' in via di pubblicazione l'intera raccolta degli scritti di Martin Luther King, a cura di Clayborne Carson (che lavora alla Stanford University). Sono usciti sinora cinque volumi (di quattordici previsti): 1. Called to Serve (January 1929 - June 1951); 2. Rediscovering Precious Values (July 1951 - November 1955); 3. Birth of a New Age (December 1955 - December 1956); 4. Symbol of the Movement (January 1957 - December 1958); 5. Threshold of a New Decade (January 1959 - December 1960); ulteriori informazioni nel sito: www.stanford.edu/group/King/ Opere su Martin Luther King: Arnulf Zitelmann, Non mi piegherete. Vita di Martin Luther King, Feltrinelli, Milano 1996; Sandra Cavallucci, Martin Luther King, Mondadori, Milano 2004. Esistono altri testi in italiano (ad esempio Hubert Gerbeau, Martin Luther King, Cittadella, Assisi 1973), ma quelli a nostra conoscenza sono perlopiu' di non particolare valore: sarebbe invece assai necessario uno studio critico approfondito della figura, della riflessione e dell'azione di Martin Luther King (anche contestualizzandole e confrontandole con altre contemporanee personalita', riflessioni ed esperienze di resistenza antirazzista in America). Una introduzione sintetica e' in "Azione nonviolenta" dell'aprile 1998 (alle pp. 3-9), con una buona bibliografia essenziale]

Dopo aver letto Rauschenbusch [Cristianesimo e crisi sociale] mi volsi ad uno studio serio delle teorie sociali ed etiche dei grandi filosofi. Durante quel periodo, disperai quasi del potere dell'amore di risolvere i problemi sociali. La filosofia del porgere-l'altra-guancia e dell'amare-i-propri-nemici sono valide, pensavo, solo quando individui sono in conflitto con altri individui; ma quando sono in conflitto gruppi razziali e nazioni, e' necessario un compor–tamento piu' realistico.
Allora, venni in contatto con la vita e con l'insegnamento del Mahatma Gandhi. Leggendo le sue opere, rimasi profondamente affascinato dalle sue campagne di resistenza nonviolenta. Tutto il concetto gandhiano di satyagraha (satya e' verita' che equivale ad amore e agraha e' forza; satyagraha, percio', significa verita'-forza, o amore-forza) era
profondamente significativo per me. Via via che scavavo a fondo nella filosofia di Gandhi, il mio scetticismo riguardo al potere dell'amore diminuiva gradualmente, ed io arrivai a vedere per la prima volta che la dottrina cristiana dell'amore, operante attraverso il metodo gandhiano della nonviolenza, e' una delle armi piu' potenti a disposizione di un popolo oppresso nella sua lotta per la liberta'. A quel tempo, comunque, io acquistai solo una comprensione intellettuale ed una stima di quella posizione, e non avevo alcuna ferma decisione di organizzarla in una situazione socialmente effettiva. Quando, nel 1954, mi recai a Montgomery, Alabama, come pastore, non avevo la minima idea che piu' tardi mi sarei trovato coinvolto in una crisi in cui la resistenza nonviolenta avrebbe potuto essere applicabile. Dopo che ebbi vissuto in quella comunita' per circa un anno, ebbe inizio il boicottaggio degli autobus. I neri di Montgomery, esasperati dalle umilianti esperienze che avevano costantemente subito negli autobus, espressero con una massiccia azione di noncooperazione la loro decisione di essere liberi: giunsero ad accorgersi che, in fin dei conti, era piu' onorevole camminare dignitosamente per le strade che farsi trasportare in autobus in quella forma umiliante. All'inizio della protesta, essi si rivolsero a me perche' servissi loro da portavoce. Accettando tale responsabilita', il mio pensiero, consciamente o inconsciamente, veniva riportato al Discorso della Montagna e al metodo gandhiano della resistenza nonviolenta: questo principio divenne la luce che guidava il nostro movimento: Cristo forniva lo spirito e i motivi, Gandhi forniva il metodo. L'esperienza di Montgomery servi' a chiarire il mio pensiero riguardo alla questione della nonviolenza piu' di tutti i libri che avevo letti. Via via che i giorni si susseguivano, mi convincevo sempre piu' del potere della nonviolenza. La nonviolenza divenne piu' che un metodo a cui io davo il mio assenso intellettuale: divenne dedizione ad una forma di vita. Molte questioni che non avevo chiarito intellettualmente riguardo alla nonviolenza venivano ora risolte entro la sfera dell'azione pratica. Il privilegio che ebbi di fare un viaggio in India lascio' una grande impronta su di me personalmente, perche' era corroborante vedere di prima
mano gli impressionanti risultati di una lotta nonviolenta per la conquista dell'indipendenza. La messe di odio e di risentimento che ordinariamente segue una campagna violenta non si riscontrava da nessuna parte in India, e un'amicizia reciproca, basata sulla completa ugua–glianza, esisteva tra indiani e inglesi entro il Commonwealth.
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Non vorrei dare l'impressione che la nonviolenza possa compiere miracoli da oggi a domani: gli uomini non si lasciano facilmente smuovere dai loro binari mentali o liberare dai loro sentimenti irrazionali, frutto di pregiudizi. Quando i non privilegiati chiedono liberta', i privilegiati dapprima reagiscono con risentimento e resistenza: anche quando le richieste sono presentate in termini nonviolenti, la risposta iniziale e' sostanzialmente la stessa. Io sono sicuro che molti dei nostri fratelli bianchi a Montgomery e attraverso il Sud sono ancora pieni di risentimento contro i dirigenti neri, anche se questi hanno cercato di seguire una via di amore e di nonviolenza. Ma l'azione nonviolenta ha un'influenza sui cuori e sulle anime di coloro che sono impegnati in essa: da' loro un nuovo rispetto di se stessi; suscita risorse di forza e di coraggio che essi non sapevano di possedere; infine, scuote a tal punto la coscienza dell'oppositore che la riconciliazione diviene una realta'.
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Piu' recentemente, sono giunto a riconoscere la necessita' del metodo della nonviolenza nelle relazioni internazionali. Pur non essendo convinto della sua efficacia nei conflitti tra nazioni, io pensavo che, pur non potendo mai essere un bene positivo, la guerra potrebbe servirci come bene negativo, prevenendo la diffusione e la crescita di una forza malvagia: la guerra, per quanto orribile potrebbe essere preferibile all'arrendersi ad un sistema totalitario. Ora, pero', io vedo che la distruttivita' potenziale delle armi moderne elimina totalmente la possibilita' che la guerra rappresenti mai piu' un bene negativo. Se ammettiamo che l'umanita' ha il diritto di sopravvivere, allora dobbiamo trovare un'alternativa alla guerra ed alla distruzione. Nella nostra epoca di veicoli spaziali e di missili balistici telecomandati, la scelta e' tra la nonviolenza e la nonesistenza. Io non sono un pacifista dottrinario, ma ho cercato di abbracciare un pacifismo realistico, che considera la posizione pacifista come il male minore nelle circostanze attuali. Io non proclamo di essere libero dal dilemma morale che il cristiano non pacifista deve affrontare, ma sono convinto che la Chiesa non puo' rimanere in silenzio mentre il genere umano e' di fronte alla minaccia dell'annientamento nucleare. Se e' fedele alla sua missione, la Chiesa deve chiedere la fine della gara degli armamenti.
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Alcune mie personali sofferenze di questi ultimi anni sono pure servite a formare il mio pensiero. Esito sempre a menzionare tali esperienze, per timore di suscitare una falsa impressione: una persona che continuamente richiama l'attenzione sulle sue prove e sofferenze, corre il rischio di acquistare un complesso di martire e di dare agli altri l'impressione di cercare consapevolmente simpatia. E' possibile che uno sia egocentrico nel sacrificio di se'. Percio' sono sempre riluttante a citare i miei sacrifici personali. Mi sento, pero', in certo modo giustificato di menzionarli in questo saggio, a motivo dell'influenza che essi hanno avuto sul mio pensiero. A causa del mio impegno nella lotta per la liberta' della mia gente, in questi ultimi anni ho conosciuto ben pochi giorni tranquilli. Sono stato rinchiuso nelle prigioni dell'Alabama e della Georgia dodici volte; due volte la mia casa e' stata colpita dalle bombe. Raramente passa un giorno che la mia famiglia ed io non riceviamo minacce di morte; io sono stato vittima di un'aggressione quasi fatale: in senso molto reale, dunque, sono stato percosso dalle tempeste della persecuzione. Devo ammettere di aver pensato, a volte, che non potevo piu' sopportare un cosi' pesante fardello, e di essere stato tentato di ritirarmi ad una vita piu' tranquilla e serena. Ma, ogni volta che mi si e' presentata una tale tentazione, qualcosa veniva a rafforzare e a sorreggere la mia decisione. Ormai ho imparato che la soma del Maestro e' leggera precisamente quando noi prendiamo su di noi il suo giogo. Le prove personali mi hanno anche insegnato il valore di una immeritata sofferenza. Quando le mie sofferenze aumentarono, io mi resi subito conto che vi erano due maniere in cui potevo rispondere alla mia situazione: o reagire con risentimento, o cercare di trasformare la sofferenza in una forza costruttiva. Decisi di seguire la seconda maniera. Riconoscendo la necessita' della sofferenza, avevo cercato di fame una virtu': foss'anche solo per salvarmi dall'amarezza, avevo cercato di vedere le mie prove personali come un'occasione per trasfigurare me stesso e per salvare il popolo implicato nella tragica situazione che ora prevale. Ho vissuto questi ultimi anni con la convinzione che la sofferenza immeritata e' redentiva. Vi sono alcuni che ancora considerano la croce come un ostacolo, altri la considerano follia, ma io sono convinto, piu' di quanto lo sia mai stato prima, che essa e' la potenza di Dio per la salvezza sociale e individuale. Cosi', come l'apostolo Paolo, io posso dire, umilmente ma con fierezza: "Io porto nel mio corpo i segni del Signore Gesu'".
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Gli angosciosi momenti che ho passati durante questi ultimi anni mi hanno anche portato piu' vicino a Dio. Piu' che mai prima, sono convinto della realta' di un Dio personale. Certo, ho sempre creduto nella personalita' di Dio: ma, in passato, l'idea di un Dio personale era poco piu' di una categoria metafisica che io trovavo teologicamente e filosoficamente soddisfacente; ora, essa e' una realta' vivente che e' stata convalidata dall'esperienza della vita quotidiana. Negli ultimi anni, Dio e' stato profondamente reale per me. In mezzo ai pericoli esterni, ho sentito una calma interiore; in mezzo a giorni desolati e a notti di terrore, ho udito una voce interiore che diceva: "Ecco, io saro' con te". Quando le catene della paura e i ceppi della frustrazione avevano quasi ridotto all'impotenza i miei sforzi, ho sentito la potenza di Dio che trasformava il travaglio della disperazione nell'allegria della speranza. Io sono convinto che l'universo e' sotto il controllo di un'intenzione amorosa e che nella lotta
per la giustizia l'uomo ha alleati cosmici. Dietro le dure apparenze del mondo, vi e' un potere benigno. Dire che questo Dio e' personale non significa renderlo un oggetto finito accanto ad altri oggetti o attribuirgli le limitazioni della personalita' umana: significa prendere quello che vi e' di piu' alto e di piu' nobile nella nostra coscienza e affermarne la perfetta esistenza in lui. E' certamente vero che la personalita' umana e' limitata, ma la personalita' in quanto tale non implica necessariamente delle limitazioni: essa significa semplicemente autocoscienza e autodirezione. Cosi', nel piu' vero senso della parola, Dio e' un Dio vivente. In lui sono sentimento e volonta', responsivi alle piu' profonde emozioni del cuore umano: questo Dio evoca la preghiera e insieme vi risponde.
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L'ultima decade e' stata quanto mai eccitante. A dispetto delle tensioni e incertezze di questo periodo, qualcosa di profondamente significativo si sta facendo strada. I vecchi sistemi di sfruttamento e di oppressione stanno scomparendo; nuovi sistemi di giustizia e di uguaglianza stanno nascendo. Realmente, questo e' un gran tempo per vivere. Percio', io non sono ancora scoraggiato riguardo al futuro. D'accordo che il facile ottimismo di ieri e' impossibile; d'accordo che ci troviamo di fronte ad un a crisi mondiale che cosi' spesso ci lascia eretti in mezzo al crescente mormorio dell'agitato mare della vita. Ma ogni crisi ha al tempo stesso i suoi rischi e le sue possibilita': puo' significare salvezza o condanna. In un mondo buio e confuso, il Regno di Dio puo' ancora regnare nel cuore degli
uomini.

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