Relazione sulla Conferenza di Bruxelles
di Alberto L'Abate
Presidente dell'Institute for Peace Reserch Italian Branch

Hand out al Seminario di Padova
8 maggio 2005


Il 15 marzo 2005 si è tenuta a Bruxelles, presso il Parlamento Europeo, una Conferenza su “Le potenzialità di intervento civile dell’Unione Europea in situazioni di crisi: chiarire i concetti ed i prossimi passi”. Relatori alcuni rappresentanti di Istituzioni Europee Governative e non Governative. Alla riunione ha partecipato anche il prof. A. L’Abate. Ecco il suo intervento in sintesi.

1) Esiste un grosso squilibrio tra risorse destinate a prevenire le guerre e quelle per farle: circa 1 e 140; contro un unico euro speso per prevenire la guerra (e non da parte degli stati ma soprattutto da parte di organizzazioni umanitarie che hanno preso questo come un proprio obiettivo) se ne sono spesi 140 per fare la guerra della Nato, per gli interventi umanitari per gli sfollati dal Kossovo e, dopo il loro ritorno nel paese, per la ricostruzione delle case distrutte durante questa guerra. Se questo squilibrio tra spese per la prevenzione e quelle per fare la guerra persisterà, avremo un futuro pieno di guerre e di conflitti armati. Se l’Europa vuole essere, realmente, portatrice di pace, dovrà investire molto più sia sulla previsione che sulla prevenzione dei conflitti armati.
2) In India si erano costituiti i primi corpi civili di pace al mondo, i “Shanti Sena” (Esercito di Pace). Erano stati organizzati da Gandhi e poi dai suoi più diretti seguaci Vinoba e J.P.Narayan. Essi erano intervenuti, spesso con successo, in varie parti dell’India, sia per prevenire l’esplosione di conflitti armati tra gruppi etnici e religiosi diversi; sia per una difesa nonviolenta del proprio paese; sia infine per interventi umanitari in situazioni di emergenza. Ma l’India, che è la quarta potenza economica del mondo, e che ha uno sviluppo economico annuo del 10% circa, è il secondo paese del mondo dopo la Cina per spese in armamenti. Il suo governo non dà nemmeno un euro per l’organizzazione degli Shanti Sena, gestiti dalle organizzazioni volontarie di tipo umanitario con pochi mezzi e poco personale. Ciò ha ritardato molto e reso molto più debole l’intervento umanitario dopo lo Tsunami.
Se anche l’Europa investirà tutte le sue risorse nell’organizzazione di un esercito europeo e lascerà i Corpi Civili di Pace solo ad interventi volontari, ciò non le consentirà di essere portatrice di quella pace che a parole dice di voler promuovere. Questo non significa promuovere una totale istituzionalizzazione dei corpi civili di pace, che rischierebbe di formare dei burocrati per la pace, bensì costituire un gruppo fisso di persone che operino con capacità professionale in questo campo e che collaborino proficuamente con le ONG che già lavorano in questo settore spesso da anni e con risultati positivi.
Una buona collaborazione tra l’Europa e queste ONG non solo maturerà soluzioni costruttive, ma anche permetterà all’UE di aiutare anche le Nazioni Unite: il Segretario Generale Kofi Annan ha infatti insistito molto sulla necessità di prevenire le guerre ed i conflitti armati e l’UE potrebbe mettere a disposizione anche le risorse e le esperienze europee non del tutto secondarie in questo settore.
3) L’intervento armato della Nato nel conflitto per il Kossovo è servito solo a raggiungere quegli stessi obiettivi che erano già stati presentati, nel 1992, dalla TFFR (Transnational Foundation for Peace and Future Research, della Svezia), una ONG che aveva proposto, per prevenire l’esplosione della guerra, un’amministrazione transitoria della zona da parte delle Nazioni Unite. Ma le proposte sia della TFFR che delle altre ONG sono cadute nel vuoto e non si è fatto nulla per portarle avanti. L’intervento militare della Nato, se ha portato alla fine delle ostilità ed ad un rientro degli albanesi nel loro territorio, non ha per niente risolto i problemi di questa regione ed ha anche inasprito i conflitti trai gruppi etnici che vivono nel Kossovo, tanto che attualmente la situazione è molto calda e c’è il grosso rischio di una riacutizzazione del conflitto e di una nuova esplosione armata. In questo caso la previsione del confitto era stata fatta correttamente già nel 1992 ed erano state indicate anche le possibili soluzioni. Occorrerebbe migliorare i nostri strumenti di previsione e soprattutto stringere i rapporti tra previsione e prevenzione, non aspettando che il conflitto si acutizzi talmente da rendere necessario un intervento armato che ha sempre, per la sua stessa natura, conseguenze nefaste. Invece, a circa 9 anni da quelle date siamo ancora a discutere come e se fare i Corpi Civili di Pace, mentre l’Europa sta già lavorando per coordinare gli interventi militari e sta costituendo una polizia europea.

TOP