Don Tonino Bello ed i Corpi Civili di Pace
di Alberto Labate,
Berretti Bianchi

La mia non è una relazione dotta, di chi legge tutti i testi di un autore e li commenta, ma piuttosto la testimonianza di una persona che ha conosciuto Don Tonino, sia pur solo per poco tempo (forse circa un’ora), ma che da quell’incontro ne ha tratto ispirazione e forza per portare avanti i comuni progetti di una nonviolenza attiva. Il titolo del mio intervento è “Don Tonino Bello ed i Corpi Civili di Pace”. perché proprio su questo tema abbiamo discusso con lui. Ho conosciuto Don Tonino alla Casa per la Pace di Pax Christi dell’Impruneta dove era venuto per una riunione del Comitato Direttivo di questa associazione di cui è stato presidente nazionale. Io ero venuto invece alla Casa per la Pace per incontrare altri amici del comitato e per aggiornarli sui risultati di un incontro che avevamo appena avuto, a Verona, su come portare avanti , in concreto, un intervento attivo nonviolento per il superamento del conflitto jugoslavo. Si voleva fare una azione, sia pur simbolica, che mostrasse l’importanza e la possibilità di intervenire, anche in conflitti acuti, con la nonviolenza attiva. A Verona si era appunto discusso sull’opportunità e la necessità di dar vita, dal basso, ad una iniziativa che prefigurasse un intervento del tipo di quello che i corpi civili di pace avrebbero potuto fare prima e durante i conflitti armati. Qualche anno più tardi (1995) Alex Langer, l’ispiratore dell’incontro di Verona, avrebbe fatto approvare dal Parlamento Europeo una mozione per la costituzione ufficiale di “Corpi Europei Civili di Pace”. Trovai Don Tonino entusiasta dell’idea dell’ organizzazione di interventi di nonviolenza attiva per cercare di prevenire o interrompere i conflitti armati, in particolare quello jugoslavo. Era d’accordo con me che questi interventi dovevano essere un’ anticipazione di possibili Corpi Civili di Pace che servissero anche a stimolare dalla base l’intervento delle istituzioni, ed era ben convinto dell’opportunità e della necessità di muoversi in quella direzione. Infatti quando, qualche mese dopo, venne fuori la proposta, da parte dei “Beati i costruttori di Pace” della prima marcia per la pace a Sarajevo che era appunto una prefigurazione, sia pur di tipo simbolico, di un intervento di questo tipo, Don Tonino, malgrado lo stato avanzato della sua malattia, aderì all’iniziativa e vi partecipò attivamente. Da quel breve incontro alla Casa per la Pace e dalla discussione avuta con lui mi sono convinto che Don Tonino non si illudeva affatto che il raggiungimento della pace fosse cosa semplice, e che, se avesse vissuto più a lungo, ci avrebbe dato una grossa mano a portare avanti l’iniziativa della costituzione di questi corpi sia al livello di base che a livello istituzionale. Alex Langer, dopo aver presentato quella mozione, aveva deciso di lasciarci, passando però a noi, suoi amici, il compito di portare avanti le idee ed i progetti per i quali si era battuto strenuamente sia all’interno del Parlamento Europeo, sia come animatore di varie iniziative di diplomazia dal basso, per la prevenzione dei conflitti armati, in particolare di quello della ex Jugoslavia.
Se si guarda ciò che sta succedendo nel nostro paese a livello di base non si può dire affatto che manchino iniziative e proposte in questo campo. Molte sono le organizzazioni che operano in questo settore. I Beati infatti, dopo la marcia di Sarajevo, ne hanno organizzate altre a Mostar, ad Aviano, a Pristina, in Africa. I Volontari di Pace in Medio Oriente sono intervenuti in Iraq prima della guerra del Golfo del 1991 trovando possibili soluzioni che avrebbero potuto risolvere il problema senza la guerra se si fosse lasciato all’ONU la possibilità di svolgere realmente il proprio ruolo di mediazione. La Campagna Kossovo, cui partecipano varie ONG italiane, ha lavorato a fondo per la prevenzione del conflitto armato del Kossovo tenendo aperta a Pristina, per alcuni anni, anche una ambasciata di pace che ha lavorato per rompere il muro tra albanesi del Kossovo e Serbi di Belgrado, e per trovare soluzioni pacifiche al conflitto, che avrebbero potuto, se ce ne fosse stata la volontà politica, risolvere il problema anche qui, senza arrivare alla guerra. Tra le proposte fatte, a livello del Parlamento Europeo, c’era anche quella dell’intervento in zona di Corpi Europei Civili di Pace che, se fossero stati organizzati ed inviati nella zona, avrebbero potuto, forse, prevenire l’esplosione del conflitto armato. E sempre con riferimento al Kossovo, la Comunità di San Egidio, che era già intervenuta positivamente per risolvere alcuni conflitti nella zona dell’Africa, era riuscita a far firmare tra Serbi e Kossovari un accordo che, se monitorato e fatto rispettare adeguatamente dalla Comunità Internazionale, avrebbe portato ad un miglioramento graduale dei rapporti tra le due parti in conflitto ed alla soluzione dei problemi senza la guerra. I giovani dell’Operazione Colomba hanno dato vita, anche utilizzando obiettori di coscienza in servizio civile, a progetti a medio e lungo termine di condivisione della vita con persone vittime della guerra, alla riapertura dei rapporti tra gruppi divisi dal conflitto, ed all’anticipazione, in zone di conflitto, di attività che sarebbero proprie di Corpi Civili di Pace (in Bosnia, Kossovo e in altre zone) . Ed anche le Donne in Nero, sia a livello italiano che internazionale, con modalità molto originali e forme organizzative molto vicine a quelle ipotizzate per i corpi di intervento nonviolento in situazioni di conflitto, hanno portato e stanno portando avanti, in varie parti del mondo (Jugoslavia, Palestina, Afganistan, ecc.), attività per la prevenzione dei conflitti armati e per la ricerca di soluzioni pacifiche. Ed altre organizzazioni, come i Berretti Bianchi, che hanno preso il posto dei Volontari di Pace in Medio Oriente, e l’Associazione per la Pace, hanno portato avanti iniziative di anticipazione dei Corpi Civili di Pace anche nel conflitto arabo-israeliano. Forse anche altre organizzazioni, che non conosco, portano avanti iniziative che vanno nella stessa direzione. Dovremmo essere contenti di questo interesse e di queste iniziative che vanno, sembra, in questa stessa direzione, da parte di tante organizzazioni italiane?. Forse si. Ma tutti i tentativi portati avanti in molti anni nel nostro paese per dare vita ad una organizzazione comune, del tipo di quelle costituite in Germania (la Federazione per la Difesa Nonviolenta e per il Servizio Civile di Pace) o in Francia (il coordinamento per l’intervento civile nonarmato), od a livello internazionale (come le Nonviolent Peace Forces) sono miseramente falliti e stentano notevolmente ad andare avanti. Ed anche il Forum organizzato dal coordinamento di “Verso i Corpi Civili di Pace” per il prossimo 6-7-8 giugno a Bologna proprio con lo scopo di trovare forme organizzative coordinate più valide tra queste iniziative di base rischia di essere un flop che riunisca solo poche persone di buona volontà che già da anni si stanno interessando di questo aspetto, senza riuscire a coinvolgere le altre e soprattutto l’opinione pubblica. Perché questo? Siamo più bravi degli altri e riusciamo a lavorare in sintonia anche senza un minimo di organizzazione comune, oppure siamo troppo gelosi delle nostre idee e delle nostre iniziative da non poter nemmeno concepire di fare un lavoro insieme con gli altri? Oppure, un’altra ipotesi, forse più realistica delle prime due, le persone che portano avanti questo progetto di maggiore coordinamento tra queste notevoli ed importanti iniziative non hanno quella autorevolezza e quel prestigio che sarebbe necessario avere per superare le gelosie e le sfiducie reciproche? Prendendo per buona questa ultima ipotesi credo che Don Tonino, se fosse ancora in vita, darebbe lui stesso una forte mano per superare queste remore e per far fare dei passi avanti notevoli ad un progetto di questo tipo cui era molto affezionato. Ma proprio quanto successo in questi ultimi tempi nell’area di Gaza, in Palestina, dove due volontari americani andati come osservatori di base, e come interpositori nonviolenti tra i belligeranti (visto che gli USA – mettendo il suo veto - e Israele, hanno ripetutamente impedito alle Nazioni Unite di mandare nella zona dei propri osservatori e peace-keepers) sono stati uccisi dai militari israeliani, o da operai alle loro dipendenze, ed un altro è stato ferito molto gravemente tanto da far temere per la sua vita, richiede il superamento di queste remore e lentezze, in modo da mettersi d’accordo almeno per alcune minime richieste da fare alle istituzioni europee e nazionali, affinché questo tipo di intervento possa continuare, ed anche intensificarsi, senza che questi volontari vengano abbandonati a se stessi senza alcun appoggio da parte di queste istituzioni.
Passando ora all’analisi, sia pur superficiale e rapida, di quanto sta avvenendo in questo campo da parte delle istituzioni, anche Organismi Intergovernativi, come le Nazioni .Unite, si stanno muovendo in questa stessa direzione. Così nell’Agenda per la Pace dell’ex Segretario delle Nazioni Unite, Boutrous Gali, si parla dell’importanza di attrezzare le Nazioni Unite per dar vita ad interventi civili di questo tipo. Ed anche il suo successore, Kofi Annan, ha scritto ripetutamente sulla necessità di prevenire le guerre, anche grazie ad organismi civili di questo tipo, ed ha chiesto alla società civile dei vari paesi del mondo di organizzarsi e premere dal basso verso i loro stati, che compongono le Nazioni Unite, perché superino l’attuale concezione che le guerre si risolvono con le armi e con le forze armate, e diano più importanza al lavoro civile ed alla prevenzione degli stessi conflitti. Il Parlamento Europeo, come abbiamo visto, grazie all’iniziativa di Alex Langer, già nel 1995 ha approvato una mozione, poi ripetuta ed approfondita in varie occasioni, perché si crei, a livello della Comunità Europea, un “Corpo Europeo Civile di Pace”, di persone ben preparate all’azione nonviolenta, prima, durante e dopo l’esplodere dei conflitti armati, per evitarli e superarli pacificamente. E l’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione Europea), nel suo congresso di Istambul, nel 1999, ha deciso di dar vita a gruppi di intervento rapido (REACT- Rapid Expert Assistance and Cooperation Team) formati da esperti civili di risoluzione nonviolenta dei conflitti che vadano nelle zone calde per prevenire l’esplosione del conflitto, per gestire pacificamente la crisi, o per mettere in atto attività per la riconciliazione dopo il conflitto.Inoltre, alcuni paesi, tra cui l’Italia, hanno approvato leggi che legalizzano i cosiddetti “Caschi Bianchi” (per distinguerli dai “Caschi Blu” armati) riconoscendoli come sostitutivi di un eventuale servizio militare obbligatorio permettendo, con l’aiuto dello stato, alle persone che ne fanno parte di fare interventi nonviolenti in aree di conflitto, anche all’esteroMa questi tentativi sia di O.I.G. che di O.N.G. cozzano con il fatto che dopo la distruzione delle torri di New York dell’11 settembre 2001 prevale, negli USA, che sono la più grande potenza mondiale, il desiderio di vendetta e l’idea che la politica valida è quella della “ragione della forza” e non quella della “forza della ragione”, e malgrado il fatto che gli ispettori dell’ONU avessero fatto dei notevoli passi avanti per cercare armi di distruzione di massa e chimiche, non ancora trovate anche durante e dopo la guerra, ed avessero fatto distruggere circa un centinaio di missili iracheni illegali, gli USA e l’Inghilterra hanno dato ugualmente inizio alla guerra, affermando, sembra, in modo molto cinico: “hanno distrutto i missili a lunga gettata, avremo meno difficoltà, e meno morti, ad entrare in Iraq ed a sconfiggere il regime di Saddam.”. L’hanno fatto e sono riusciti a distruggere il regime. Ma non è affatto sicuro che la ragione ufficialmente proclamata come obiettivo della guerra, e cioè la lotta contro il terrorismo, sia stata raggiunta. Anzi una gran parte degli studiosi su questi temi ritiene che proprio a causa di questa guerra il terrorismo riprenderà vigore e linfa vitale rendendo la vita quotidiana degli abitanti dei paesi ricchi - quelli che sfruttano quasi il 90 % delle risorse del mondo, e che cercano di trarre, da questa guerra, il controllo anche di altre importanti e durevoli risorse energetiche del mondo - quasi invivibile a causa della continua paura di atti terroristici.
Ciò pone un grosso problema all’Europa: seguire il modello USA ed Inglese e dare la priorità all’organizzazione di un forte esercito europeo, e di una forte polizia europea, oppure cercare di fare una politica diversa, cercando da una parte la “forza della ragione”, rinforzando e non riducendo il potere di Organizzazioni Internazionali realmente democratiche, che tengano conto del desiderio di pace della maggior parte delle popolazioni del mondo, e dando la priorità ad una politica di riequilibramento degli attuali squilibri con i paesi del terzo mondo, alla prevenzione dei conflitti armati, ed alla riconversione delle industrie belliche in industrie di pace. Se la Comunità Europea sceglie questa seconda strada, secondo gli insegnamenti di Don Tonino Bello, e di Cristo, il suo Maestro (“non ci sarà pace finché non ci sarà giustizia”), l’organizzazione concreta di Corpi Europei Civili di Pace ben preparati alla nonviolenza attiva ed alla trasformazione nonviolenta dei conflitti, che operino attivamente per la prevenzione dei conflitti armati, dovrà diventare una delle priorità da perseguire. La prima strada invece di aumentare la sicurezza porterebbe l’Europa ad essere una fortezza chiusa ma sempre più attaccabile da parte di un terrorismo sempre più aggressivo; la seconda strada potrebbe aprire, invece, per l’Europa e forse anche per il mondo intero, un futuro più giusto ed umano, in cui il terrorismo sia solo un ricordo del passato. Speriamo che l’insegnamento di Don Tonino sull’importanza della scelta della giustizia e della nonviolenza attiva, prevalga su quello dei cattivi maestri che dicono che la “ragione sta nella forza” e che non tiene conto di quella che sta diventando la forza più grande nella storia moderna, e cioè la lotta nonviolenta, come dimostrato da tante esperienze storiche del secolo scorso, in India, negli USA, nelle Filippine, in Polonia, in Sud Africa, nei paesi dell’Est, e cioè di quello che è stato chiamato “potere del popolo”, che un giornale americano ha definito la “seconda superpotenza”. Ciò richiede anche un grosso salto di qualità del pacifismo, che anche Don Tonino riteneva necessario, che passi da una impostazione generica, di chi partecipa solo ad una manifestazione ogni tanto, o appende soltanto la bandiera della pace alla finestra, o firma una petizione per la strada, ad una nonviolenza specifica ed attiva che si trasforma in modo di vita e non si ritrae davanti ai conflitti armati ma cerca di intervenire per prevenirli, interromperli, e riconciliare le persone che si sono combattute, ricostruendo i rapporti umani e sociali distrutti dalla guerra. Mi auguro che il vostro convegno e la vostra iniziativa contribuiscano a portare avanti con forza questa seconda impostazione.

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