Un Percorso di Formazione alla Nonviolenza per Studenti degli Ultimi Tre Anni delle Scuole Medie Superiori della Regione Toscana
di Alberto L’Abate

Il percorso considera suo punto di partenza il triangolo (A,B,C) di Galtung sul conflitto visto come la somma di tre aspetti correlati tra di loro: e cioè A, l’atteggiamento (in particolare quello di odio, di sfiducia o di apatia); B, behavior, comportamento (in particolare quello violento, sia fisico che verbale- io aggiungo anche quello psicologico ); C, contraddizione (in particolare la questione in gioco quando gli “obbiettivi sono reciprocamente incompatibili”, che porta ad un blocco o ad una paralisi).
Ma Galtung dà anche, allegato al triangolo del conflitto, le indicazioni per uscire fuori dal conflitto stesso: a livello dell’atteggiamento, attraverso l’empatia, a livello del comportamento (la B del triangolo), attraverso la nonviolenza (in particolare, nel suo manuale -2008, e dalle nostre ricerche su questo argomento - L’Abate, 2001; 2008- emerge come fondamentale il comportamento assertivo); ed a livello delle contraddizioni Galtung pone la creatività (che presuppone che persone siano capaci di risolvere – o meglio, nei termini di Galtung, di trasformare nonviolentemente - i conflitti ) .
Sembrano perciò essere questi tre gli obbiettivi di fondo di una educazione alla nonviolenza :empatia, assertività, capacità di trasformare nonviolentemente i conflitti.
Vediamo, uno per uno questi obbiettivi e come possiamo raggiungerli:
1) Empatia. Questo è un atteggiamento che persone normali (che non abbiano avuto una infanzia del tutto infelice, senza genitori ed educati in collegi con pessimi insegnanti, o con genitori che non abbiano voluto il/la figlio/a e lo/a considerino una disgrazia - purtroppo ce ne sono parecchi di questo tipo) dovrebbero aver già imparato fin dai bambini attraverso il loro rapporto di scambio di affettività e di comprensione reciproca con la madre, o con il padre. Quindi non si tratta di impararlo da zero ma di rinforzarlo e svilupparlo, in particolare attraverso l’incremento dell’atteggiamento di apertura e di fiducia verso gli altri, e della capacità di mettersi nei loro panni. Un esercizio utile a questo fine è quello del decentramento culturale, e cioè del vedersi con gli occhi degli altri, per mettere in discussione le proprie idee e riconoscere la validità di quelle altrui. Da questo punto di vista, in training passati, è stata molto utile la lettura collettiva (una frase a persona) di un estratto del Papalagi: un racconto di come un cosiddetto primitivo (delle isole Samoa), dopo aver visitato il mondo occidentale parla delle assurdità di questo mondo, e mette in guardia i suoi compaesani dal lasciarsi plagiare da tale cultura. Naturalmente è importante, dopo la lettura, discuterne a fondo e vedere cosa questa ci può insegnare per la nostra vita quotidiana. Per l’apprendimento di come sviluppare questo atteggiamento può essere molto utile la lettura delle pagg. 96 ed 97 del manuale di Galtung su citato su “L’empatia per ammorbidire gli atteggiamenti”, e predisporre uno o più giochi di ruolo che, partendo dalle esperienze degli stessi giovani, insegnino loro a vedere il problema dal punto di vista delle persone con le quale sono in conflitto.
2) Assertività. Questo tipo di comportamento non ci è mai stato insegnato, e va perciò appreso del tutto. Infatti quello che si insegna normalmente è lo stare lontani dai conflitti per non restarne intrappolati noi stessi, oppure il rispondere a qualche oltraggio,o violenza subito/a , reiterando quanto ricevuto: e cioè a fuggire dal conflitto o rispondere con violenza alla violenza. Il comportamento assertivo che porta le persone, ed i giovani, di fronte ad una violenza subita, a non fuggire ma nemmeno a rispondere sullo stesso tono, senza subire l’ingiustizia ma senza farla in risposta, ma a comportarsi assertivamente (cercando di trasformare il conflitto in confronto, per poi passare al dialogo) è qualche cosa che purtroppo nessuna scuola o insegnante ha mai insegnato ai suoi allievi. L’assertività, che è un comportamento ma anche un atteggiamento, è particolarmente utile da imparare per lottare contro la violenza, nel caso dei conflitti squilibrati, o contro la violenza strutturale, ambedue molto diffusi nel nostro mondo. Per apprendere l’assertività può essere importante conoscere i metodi da noi utilizzati nelle ricerche- intervento da noi fatti in circa venti anni di sperimentazione in classi di varie parti d’Italia (con giochi cooperativi o con l’educazione alla responsabilità ) (L’Abate, 2001) che hanno dimostrato la possibilità di aiutare gli allievi, di ambo i sessi (ma con percorsi talvolta differenziati) a passare da atteggiamenti e comportamenti aggressivi o passivi, ad atteggiamenti e comportamenti assertivi. Non è difficile trovare esercizi, o nel manuale di Galtung, o nel mio libro citato, od anche infine in testi specifici (Bonenti,Meneghelli), che, partendo dai problemi stessi della classe in cui si lavora, aiutino gli allievi ad apprendere questo tipo di comportamento e vederne la validità e l’efficacia nella costruzione di rapporti umani costruttivi e validi. Uno strumento da noi sperimentato che si è dimostrato molto utile a far sviluppare e crescere l’assertività negli studenti è stata la ricerca autobiografica secondo la metodologia maieutica di Danilo Dolci . Gli studenti scrivono la loro autobiografia passando attraverso quattro stadi: 1) autoanalisi individuale; 2) autoanalisi di gruppo; 3) analisi dei condizionamenti esterni (positivi e negativi); 4) programmazione di iniziative per ridurre i condizionamenti negativi ed accrescere quelli positivi. Su questa metodologia ed i suoi risultati si veda il libro di L.Porta.
3) Competenza alla trasformazione nonviolenta dei conflitti. Anche per questa competenza è molto difficile trovare qualcuno a cui sia stata trasmessa. Ma spesso, ciascuno di noi, sulla base del proprio atteggiamento verso il conflitto e della simpatia verso persone (o anche animali) che di fronte a questi si comportano in modo che ci soddisfa, può aver sviluppato un suo specifico modo per affrontarli. Ma la creatività prevista da Galtung , per agire positivamente a questo livello, presuppone che impariamo molti metodi di trasformazione dei conflitti per usarli al momento opportuno, momento in cui ognuno di questi può servire effettivamente risolvere il conflitto che ci troviamo di fronte. Una teoria già positivamente sperimentata in molte occasioni, in Italia ed all’estero, è quella della Patfoort, (che sviluppa alcune idee che si trovano anche nel manuale di Galtung) del passaggio dalla cultura del M/m, vista come la radice della violenza della nostra società (Patfoort, 1992,2001) ad una cultura dell’equivalenza, cioè per passare dalla violenza alla nonviolenza cercando, insieme, di trovare gli obbiettivi sovraordinati che possono essere raggiunti solo insieme, e con un atteggiamento di fiducia negli altri (e non di sfiducia), e dando vita a giochi non a somma zero (vinco io vinci te), ma a somma variabile, in cui tutti i contendenti possono vincere. Ma anche per questo più che indicare uno o due esercizi specifici, fissati a priori, può essere importate che l’animatore parta dai problemi concreti sentiti dai giovani della classe e su questi metta in moto il processo di apprendimento di questa competenza. Può aiutare, per sviluppare la fiducia verso le capacità trasformative della nonviolenza, la proiezione di uno dei filmati sulle lotte nonviolente vincenti del mondo (Una forza più potente ). Quello che si presta meglio è quello sulle lotte dei neri del Sud degli Stati Uniti contro la loro esclusione da ristoranti e da negozi, perché oltre a dimostrare l’efficacia delle loro lotte, può servire anche ad imparare come ci si deve formare per portare avanti lotte di questo tipo. Per sviluppare la creatività può anche essere utile portare avanti, secondo la metodologia del lavoro maieutico di Danilo Dolci , un laboratorio di questo tipo che parta dalla domanda : “I Forum Mondiali per una alternativa hanno lanciato lo slogan :’Mettere la guerra fuori dalla storia!’. Secondo te è possibile? E se si come?”. Due esempi di laboratorio di questo tipo si possono trovare in L’Abate, 2008, pp. 279-298.

Bibliografia minima di riferimento.
Galtung J., La trasformazione dei conflitti con mezzi pacifici. Manuale per partecipanti e formatori/trici, Bolzano, 2008. Pubblicazione fuori commercio a cura della Regione Autonoma TrentinoAlto-Adige (richiedibile al Dott.Saltarelli, Provincia di Bolzano. Tel. 0471/414435, oppure <salvatore.saltarelli@provincia.bz.it>).
L’Abate A., a cura di., Giovani e pace. Ricerche e formazione per un futuro meno violento, Pangea Editr.,Torino, 2001.
L’Abate A., Per un futuro senza guerre. Dalle esperienze personali ad una teoria sociologica per la pace, Liguori, Napoli, 2008.
Il Papalagi,Edizioni Mille Lire, scaricabile anche gratuitamente da Internet.
Bonenti D., Meneghelli A., Assertività e training assertivo, Angeli, Milano, 1992.
Porta L., a cura di., Autobiografie a scuola: un metodo maieutico, Angeli,Milano, 2004.
Patfoort P., Costruire la nonviolenza: per una pedagogia dei conflitti, La Meridiana, Molfetta (Ba.),1992:
Patfoort P., Io voglio. Tu non vuoi. Manuale di educazione nonviolenta. Ediz. Gruppo Abele,Torino, 2001.
Una forza più potente , DVD parlati in inglese ma con sottotitoli in italiano, distribuiti in Italia dal giornale “Azione Nonviolenta”, di Verona. Nei due DVD sono trattate, in modo molto documentato e ben fatto, le lotte nonviolente dei neri in USA; di Gandhi in India; del Sud Africa contro l’apartheid; della Danimarca contro i nazisti; della Polonia contro la dittatura comunista; del Cile per la sconfitta di Pinochet (per richiederli <azionenonviolenta@sis.it>) .

Altri strumenti utili per la formazione alla nonviolenza, ed in particolare per le attività di Interventi Civili di Pace anche all’estero,oltre ai libri già citati di Galtung, e di L’Abate (2008); sono il libro: L’Europa ed i conflitti armati: prevenzione, difesa nonviolenta e corpi civili di pace, Firenze University Press, 2008, a cura di L’Abate A., Porta L., con scritti di Reychler, Galtung, Truger, Martinelli, Simic, Janjic, Drago, Salio, Biavati, Meyer, Tullio, ecc.,ecc.,ed, in appendice, con una lunga storia degli Shanti Sena indiani di N.Desai, che è stato il loro coordinatore.
Utilissimi anche per far conoscere cosa sono, ed a cosa servono, i Corpi Civili di Pace, a studenti di scuole medie superiori i Quaderni di Missione Oggi sulla “Resistenza non armata” e sui “Corpi Civili di Pace”. Il secondo, fatto con materiale fornito dal Corso per Operatori di Pace dell’Università di Firenze, è stato già ristampato a richiesta dell’IPRI-Rete CCP, ma è esaurito anche questo. Il sottoscritto ha però una versione scannerizzata che può essere messa a disposizione per un eventuale sito del progetto Infoeas.
Utilissimi per la formazione di personale che sia interessato ad intervenire in situazioni di conflitto all’estero sono i giochi di simulazione sul conflitto arabo-israeliano in Medio Oriente, e quello sul conflitto serbo-albanese per il Kossovo. Il primo è pubblicato dalle Ediz. Gruppo Abele, di Torino, 2003, e si intitola: La mia storia, la tua storia, il nostro futuro. Un gioco di ruolo per capire il conflitto israelo-palestinese Le autrici, Angela Marasso e Maria Chiara Tropea, dell’IPRI-Rete CCP , sono disponibili a utilizzarlo su richiesta per la formazione di volontari . Il secondo: Kossovo. Una storia controversa, non è ancora pubblicato ma è stato sperimentato positivamente, due volte, presso il Master per mediatori internazionali di Pace della Provincia di Bolzano ed Università di Bologna, è stato curato dal sottoscritto che è pure disponibile ad utilizzarlo per la formazione di operatori che vogliano andare a lavorare in quella area.
Utile anche per una formazione, sia nelle scuole che per volontari, il libro curato da Marianella Sclavi, Costruire la pace, Bruno Mondatori Editore, Milano, 2007,dove sono riportati vari giochi di simulazione su conflitti vari, antichi ed attuali, facili ad usare anche da parte di un pubblico non specializzato. Sia quelli precedenti che questi giochi di ruoli presuppongono un tempo a disposizione di una giornata e mezzo od anche due/due e mezzo.
Infine ultimi strumenti, adattissimi per il Kit di formazione alla nonviolenza di studenti delle scuole superiori e universitari, sono i due video su “Come va il mondo?”, e “Come va il mondo 2: che fare?” che durano circa 35 minuti l’uno, con commenti vocali e musicali. Nel primo, con dati aggiornatissimi e con molte foto, si analizza la situazione mondiale secondo quattro capitoli: 1) popolazione e risorse; 2) gli squilibri economici e sociali; 3) l’inquinamento ambientale e le sue conseguenze; 4) la corsa agli armamenti. Il secondo prende in analisi quello che fanno, e non fanno, le Nazioni Unite con il loro progetto “millenium project”, e quello che possono fare i cittadini, sia singoli, attraverso un comportamento adeguato, sia collettivamente, attraverso lotte nonviolente o interventi civili di pace. I due lavori non sono del tutto ultimati. Con i miei due collaboratori stiamo mettendo a punto le versioni finali per le quali cerchiamo anche qualche finanziamento per poter utilizzare attrezzature migliori del mio computer di casa (non adatto a questo tipo di lavoro). Ma, nella versione provvisoria, sono già stati sperimentati molte volte in varie classi di scuole medie superiori, o con studenti universitari, con docenti di scuole superiori, e con un pubblico normale. In tutte queste sperimentazioni è emerso che molte delle persone, e dei giovani, che, dopo la proiezione del primo video, si erano dichiarate pessimiste o incerte sulla possibilità di cambiare la situazione attuale, dopo il secondo video, sono diventate ottimiste. Il che mostra l’utilità di uno strumento di questo tipo per il compito che ci poniamo con il nostro INFOEAS.



TOP