Imagine (John Lennon)

http://www.youtube.com/watch?v=db-hgFoYLeo


Imagine
by John Lennon

Imagine there's no heaven
It's easy if you try
No hell below us
Above us only sky
Imagine all the people
Living for today...
Imagine there's no countries
It isn't hard to do
Nothing to kill or die for
And no religion too
Imagine all the people
Living life in peace...
You may say I'm a dreamer
But I'm not the only one
I hope someday you'll join us
And the world will be as one
Imagine no possessions
I wonder if you can
No need for greed or hunger
A brotherhood of man
Imagine all the people
Sharing all the world...
You may say I'm a dreamer
But I'm not the only one
I hope someday you'll join us
And the world will live as one

Immagina Un Bel Mondo
Immagina nel mondo
la gente senza dei
e senza più l'inferno
e il cielo sopra noi
immagina che il mondo
sia dell'umanità.
Immagina un bel mondo
senza nazioni e idee
nessuno da ammazzare
per fede o per bontà
immagina un bel mondo
che vive in pace puoi?
Potrai dire che sogno c
he è soltanto utopia
ma può darsi che un giorno
sia per tutti così
Immagina soltanto
la generosità la fratellanza, il sogno
l'amore e la poesia
immagina il tuo mondo
che vive in armonia
Potrai dire che sogno
che è soltanto utopia
ma può darsi che un giorno
sia per tutti così

Versione italiana di Gino Paoli
da "Appropriazione Indebita" (1996)


Articolo apparso su Diario della settimana, 27 novembre 2000.

Se gli atei pregassero. "Imagine", 29 anni dopo
di Gianfranco Manfredi

È il 1971. I Beatles si sono già sciolti da un anno, di comune accordo, su proposta di John Lennon che dal ‘67-’68 ha imboccato un nuovo cammino di ricerca espressiva con Yoko Ono, dagli esiti spesso sconcertanti. Malinconicamente, molti hanno giudicato lo scioglimento dei Beatles come una confessione di "abbiamo già dato", qualcuno si illude che abbiano solo esposto il cartello di "chiuso per ferie" e che presto torneranno insieme, e poi naturalmente c’è la massa dei misogini e delle ragazzine piangenti che riversa ogni colpa sulle supposte dark ladies Linda e Yoko.

Ed ecco che, inatteso, giunge l’album Imagine, con il quale Lennon non solo dimostra di aver ritrovato se stesso, ma si "marchia" con una canzone simbolo, destinata a diventare il suo My Way. Desta sorpresa che dopo aver proclamato di voler battere le strade dell’avanguardia e della sperimentazione, Lennon abbia partorito una canzone costruita su un semplicissimo giro di Do, che è nella storia della musica pop l’antagonista strutturale del giro di blues. Il singolo arriva subito al terzo posto nelle classifiche americane, in Inghilterra, causa censura, viene pubblicato solo quattro anni dopo, e conquista il primo posto. Nel frattempo, Imagine si è rivelata una canzone-manifesto, capace di riassumere con mirabile nitore l’utopia di un’intera generazione per consegnarla eternamente vergine ai posteri. Vergine... questo forse era nelle intenzioni (dopotutto lo scandaloso album "programmatico" di John e Yoko che li ritraeva completamente nudi in copertina, si intitolava Due Vergini) in realtà nella storia del rock non c’è stata canzone più stuprata di Imagine. Il tempo sembra aver dissolto il suo intento provocatorio. Non c’è entertainer al mondo che non l’abbia messa in repertorio ed eseguita alla stregua di un qualsiasi evergreen sentimentale, e non c’è programma televisivo per famigliole che non l’abbia ammannita come zuccheroso dessert, dissimulando in puro flatus vocis i versi più chiaramente anti-religiosi, quando non tagliandoli del tutto. La stessa Yoko Ono, del resto, proponendola alla fine del 1999 come canzone Inno del Nuovo Millennio, l’ha definita al tabloid londinese Sun come "una preghiera, scritta per un mondo migliore", aggiungendo questo auspicio-appello: "Spero che questo Natale il disco arrivi in testa alle classifiche. Servirà a diffondere l’idea della pace e John ne sarà toccato".

Qualcuno Crede al Paradiso?

Non guasterà, a quasi trent’anni di distanza, una piccola esegesi del testo di Imagine che ne richiami il senso originale e ne misuri (scherzosamente, ma non troppo) qualche distanza dall’oggi.

L’attacco non potrebbe essere più diretto: Immagina che non esista il paradiso. È facile, basta che ci provi. Tipica ironia demistificatoria di Lennon: chi crede al Paradiso? Nessuno. Nessun inferno sotto di noi (anche la teologia ufficiale ormai ammette che l’Inferno è solo una metafora). Sopra di noi soltanto il cielo (questo è un concetto più ostico per i credenti, ma tutto è possibile dopo che il Papa ha detto che Dio non ha la barba e che il Paradiso con gli angeli che suonano l’arpa tra le nuvolette non va preso alla lettera). Immagina che tutte le persone vivano solo per l’oggi (godi la vita adesso, cogli l’attimo fuggente, eterno imperativo libertino sempre scandaloso agli occhi dei cantori dell’etica del lavoro, del sacrificio, e della competizione). Immagina che non ci siano nazioni, non è poi così difficile da fare (puro cosmopolitismo anarchico, ma, dio mio, non sarà invece stato scambiato con l’odiata globalizzazione? In ogni caso pare difficilissimo abolire gli Stati Nazionali, e tra chi lo chiede c’è chi pretende le Regioni Blindate e le Città Stato. Immaginare va bene, ma illudersi è nefasto). Niente per cui uccidere o morire (nonviolenza sacrosanta, ma con i guerrafondai come la mettiamo?) e anche nessuna religione (ahi! Ecco il punto dolente. Come si fa a vincere la battaglia della pace senza l’appoggio delle principali organizzazioni religiose? Qualche anima bella forse suggerirà di limitare la proposta abrogativa al fondamentalismo islamico e alle sette terroristiche giapponesi). Immagina che tutta la gente viva la propria esistenza in pace (questo, certo, apre il cuore. In una canzone funziona, in una riunione di condominio già meno). Risposta di Lennon alle obiezioni: Puoi dire che sono un sognatore, ma non sono il solo, spero che un giorno tu sarai con noi, e il mondo sarà come un’unica persona.

L’Utopia, la forza del Sogno, l’immaginazione che non ha bisogno di andare al Potere perché è più forte senza il Potere... non si è ancora capito? Si passi alla seconda strofa. Immagina nessuna proprietà. Se ce la fai, mi meraviglio anch’io. Grande Lennon! Sferra il colpo e aggiunge ironia, prima di riassumere "politicamente" i punti cardine della visione: liberazione dal bisogno, dall’avidità e dalla fame, fratellanza universale, condivisione del mondo.

Questo messaggio viene ripetuto con diverse sfumature in altre canzoni dell’album. In Crippled Inside Lennon canta: Puoi anche andare in chiesa a cantare gli inni, puoi giudicarmi in base al colore della mia pelle, puoi vivere nella menzogna finché muori, ma una cosa non puoi nasconderti: che sei menomato dentro.

In I Don’t Wanna be a Soldier enuncia una serie di ruoli che rifiuta: quello di soldato, perché non voglio morire, quello di avvocato, perché non voglio mentire, quello di emigrante, di povero e di ladro, perché non voglio scappare, quelli di "fallito", di ricco e di uomo di chiesa, perché non voglio piangere. Quest’ultima associazione è significativa: arricchire coincide per Lennon con un drammatico fallimento, e appartenere a una chiesa per lui conduce allo stesso esito. L’apparente ricchezza materiale e quella spirituale, incarnate in ruoli, sono per Lennon le maschere sociali che celano un senso profondo di deprivazione e di smarrimento.

Conclusione: il sognatore di Imagine non è affatto un ingenuo. È amaramente consapevole di dover vivere appeso a una speranza molto esile di riscatto universale, ma non si limita ad aspettare che si realizzi. Cerca felicità per sé, nell’oggi, e sintonia con lo stato d’animo di tutti. E canta, chiaro e sommesso, senza bisogno di rafforzare il messaggio con scansioni ritmiche e clangori elettrici, che non esiste lotta per la pace senza denuncia dell’ordine sociale e dell’ipocrisia religiosa in particolare.

Tra Propaganda e Verità.

Domanda: Lennon era anarchico? Verrebbe ovvio rispondere di sì, ma la cosa non è così semplice come appare. In un’intervista politica concessa nel 1966 al giornalista Ray Coleman del Disc Weekly Lennon dichiara: "Io non sono un anarchico e non voglio sembrare uno di loro. Ma penso che sarebbe un bene se sempre più gente si rendesse conto della differenza tra la propaganda politica e la verità. C’è una sola ragione che spieghi la quantità di programmi televisivi elettorali: i politici vogliono forzare il pubblico a guardarli. Altrimenti, alla gente non potrebbe fregare di meno di loro... perché sotto sotto la maggior parte delle persone sa che c’è qualcosa di sbagliato nell’attuale forma di governo... questi politici a me sembrano tutti uguali. Parlano solo di economia, non delle persone e della fame di libertà. Le cose che contano di più per noi, per loro sono irrilevanti".

Al momento in cui rilasciava questa intervista, John non aveva ancora conosciuto Yoko Ono, e lo scioglimento dei Beatles non era all’ordine del giorno. I Beatles però avevano maturato la decisione di non apparire più in pubblico, turbati dall’evidenza: i loro concerti erano diventati puri riti spettacolari e l’isterismo per il quartetto svuotava di significato ogni tentativo di comunicare.

Più Popolari di Gesù.

Fu allora che Lennon cominciò a mostrarsi provocatorio anche nei confronti del pubblico e a dare scandalo fuori dalla cornice abituale del palcoscenico. Nello stesso anno 1966 rilasciò una famosa (e per molti malfamata) intervista alla giornalista Maureen Cleave dell’Evening Standard, in cui proclamava che i Beatles erano più popolari di Gesù Cristo. Seguirono parziali ritrattazioni, in cui Lennon spiegò che aveva voluto essere ironico, ma è bene rileggere il testo integrale della sua dichiarazione alla Cleave: "Il cristianesimo è destinato a scomparire, raccoglierà sempre meno fedeli fino a svanire del tutto. Non c’è nulla da discutere su questo punto: ho ragione e i fatti mi daranno ragione. In questo momento siamo più popolari noi di Gesù. Gesù era in gamba, ma i suoi seguaci erano gentaglia rozza e ottusa". Pur nella frettolosità della "sparata" non deve sfuggire l’acuta associazione tra il cristianesimo e l’idolatria suscitata dal rock. Questa resterà una costante per Lennon, che non a caso canterà: Io non credo in Dio, io non credo ai Beatles.

E neppure si può dire che fosse meno smitizzante nei confronti della già affiorante spiritualità new age. Del guru Maharishi che tutti davano per guida spirituale dei Beatles, disse che le sue tecniche di meditazione erano "bolle di sapone". Un giudizio più gentile , se vogliamo, di quello dato da Mick Jagger ("un ciarlatano") ma anche più sarcastico. Era il tempo in cui un altro celebre cantante, Donovan, dichiarava: "La musica pop è il veicolo perfetto per la religione". Se guardiamo alla riabilitazione del rock voluta da Giovanni Paolo II, non possiamo non riconoscere un carattere profetico alle parole di Donovan. La sbandierata sicurezza con la quale Lennon annunciava la fine del cristianesimo può invece apparire patetica, e il suo disagio nel vivere da protagonista il trionfo del rock idolatrico può essere giudicato contraddittorio e tragico.

Quando Lennon venne ucciso, nel 1980, aveva abbandonato le scene da cinque anni, cercando di vivere come un normale cittadino di New York, uscendo per strada senza guardia del corpo, chiacchierando con le persone del quartiere, non più costretto a fuggire dall’assedio dei fans, tanto da fermarsi in mezzo alla strada per firmare un autografo a Mark Chapman, l’uomo che gli avrebbe poi sparato.

La morte violenta consegnò John Lennon all’icona che credeva d’essere riuscito a spezzare. Ma oggi che è diventato un santino buono per tutti gli usi, si cerchi almeno di rispettarlo per ciò che era: non un leader politico, non un modello di comportamento, ma un ateo militante, questo sì.

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