I Rischi della Nonviolenza
di Davide Melodia


Da "La nonviolenza e' in cammino" n. 173


In una societa' violenta, la violenza comporta dei rischi, ma la nonviolenza
ne comporta di piu'. Prima di tutto perche' e' fraintesa, restando,
nell'idea dei piu', la politica di chi e' debole, arrendevole, non
combattivo, alieno da ogni forma di lotta.
Molti si sono fermati al concetto della "resistenza passiva", che e' stata
superata sin dalla fine dell'800 in Sud Africa da Gandhi, con il
"satyagraha", che e' l'adesione alla verita', da cui procede la forza della
nonviolenza.
Da qui nasce la "resistenza attiva nonviolenta".
La nonviolenza si trova ed opera fra i due estremi della rassegnazione e
della violenza.
Dall' incomprensione al rischio il passo e' breve. L'insulto, l'offesa e la
diffamazione del nonviolento lo seguono come un'ombra. E sono pochi coloro
che cercano di capire, e, quando lo fanno, rispettano il nonviolento.
Applicando nella vita e nella lotta politica la nonviolenza ho corso molti
rischi, e mi sono reso conto che, ogni volta che la mia azione corrispondeva
alla verita', la paura non esisteva.
Ma, sia per natura, che per autoeducazione e per principio, non mi sta bene
di correre dei rischi che non ho accettato ne' scelto personalmente.
Quando mi ritraggo da una situazione pericolosa, non si tratta mai di
timore, ma del fatto che quella situazione non l'ho cercata io. E se non
l'ho cercata, ho sicuramente avuto le mie buone ragioni.
Esempio: Le marce antimilitariste nonviolente, durante le quali abbiamo
subito l'aggressione di reazionari, di nemici politici o di polizia male
informata: non siamo fuggiti, non abbiamo chiesto scusa, non siamo venuti a
compromessi, abbiamo subito percosse, arresti e processi. E siamo stati
sempre assolti per avere dimostrato di avere alti ideali e di non avere
esercitato alcuna violenza.
E tutto questo perche' partecipare era una nostra scelta, nella
consapevolezza dei rischi che una marcia antimilitarista in una societa'
militarista comporta. Ci sono fior di documenti e una storia che provano
quanto sopra.
Gli infiltrati, durante una manifestazione dichiaratamente e coerentemente
nonviolenta in ogni suo aspetto e momento, si possono scoprire, isolare e
neutralizzare, per cui il confronto si svolge fra i nonviolenti ed i veri
avversari che si vogliono contestare. E non e' facile neppure per i peggiori
mezzi di comunicazione di stravolgerne i contenuti.
Gli infiltrati, durante una grande manifestazione di massa, che e' solo
parzialmente nonviolenta, sono difficilmente individuati, difficilmente
isolati, difficilmente neutralizzati, e provocano lo scontro, giustificando
le cariche delle forze dell'ordine e le aggressioni dei reazionari. Cosi'
facendo gettano il discredito su tutta la manifestazione - anche quando
questa ha i piu' alti valori - ed allontanano il raggiungimento degli
obiettivi dei partecipanti coerenti. In tali casi cerco forme alternative di
contestazione.


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