Proposte per un'Europa di Pace
di Lidia Menapace

[Da "La nonviolenza e' in cammino" n. 696, ottobre 2003. Relazione tenuta a un convegno promosso dalla rivista dei missionari saveriani "Missione oggi" ed apparsa in essa, nel n. 7 dell'agosto-settembre 2003 (sito: www.saveriani.it/missioneoggi)]


Che simboli, immagini, concetti evoca in me la parola "Europa"?
Geograficamente, e' una specie di riassunto del mondo. Con climi diversi,
pianure, fiumi. Niente e' eccessivamente grande. Le montagne piu' alte
restano quelle dell'Himalaya. I fiumi piu' lunghi sono altrove. Da punto di
vista culturale, questo frastagliamento si traduce in complessita',
differenziazione, razionalita'. Eppure, l'Europa non evoca il concetto di
"pace".
E' una storia di differenziazione. Non si potrebbe pensare, ad esempio, di
votare in Parlamento la lingua ufficiale, come si e' fatto negli Stati
Uniti. Erano incerti fra tedesco e inglese. E' passato l'inglese per pochi
voti. Si e' potuto fare tutto cio' perche' l'America e' un continente piu'
raccogliticcio e con delle presenze gia' molto determinate dal punto di
vista del potere. In Europa sarebbe impensabile votare "una" lingua
ufficiale, perche' la differenziazione e' molto radicata. Ci sono almeno
cinque o sei delle grandi lingue del mondo. Anche la razionalita' - cioe'
una certa idea di leggere il mondo secondo criteri universabilizzabili -
sembra nata in Europa.
L'Europa, pero', non e' stato un continente di pace. Al contrario, e' stato
il continente piu' aggressivo di tutto il pianeta. Non solo al suo interno,
ma nell'imperialismo, l'Europa ha battuto tutti gli altri.
Persino le religioni - trasferite dalla loro culla nel sistema politico
europeo con il grande patto tra impero romano e cristianesimo che ha dato il
via alla cristianita' (cioe' alla rappresentazione politica del messaggio
religioso) - hanno sviluppato caratteristiche aggressive nella predicazione.
Il fatto che tutte le ex colonie francesi siano prevalentemente cattoliche e
quelle inglesi prevalentemente evangeliche, dice chiaramente il rapporto di
subordinazione e di reciproco aiuto, sostegno. Questa "poco santa alleanza"
si e' realizzata anche nell'espansione missionaria.
*
La guerra moderna "made in Europe"
Di sicuro, l'unificazione dell'Europa e' di per se' elemento che modifica
gli equilibri politici mondiali. Allora diventa importante esaminare
l'Europa sotto il profilo della sua relazione con la guerra, e dei semi di
pace che ha dentro di se'. Questo e' il terreno sul quale mi muovero'.
Se esamina la propria storia, l'Europa ha prima di tutto da fare un'enorme
autocritica. Perche' la caratteristica della guerra moderna - cioe'
dell'attributo dell'esercizio della violenza legittimato allo Stato - e'
un'idea europea. La guerra preesisteva. C'era una guerra arcaica, che
consisteva in un patto per conquistare un territorio dove poter vivere. Ma
la guerra moderna e' un attributo dello Stato, della sua sovranita'. E'
considerata la legittimazione della violenza, che attribuita allo Stato
viene chiamata "forza"; serve per difendere i propri cittadini dai nemici.
C'e' questo passaggio che e' significativo della sottigliezza giuridica
della cultura europea: le armi sono violenza, l'Esercito e' un'istituzione
violenta, tuttavia quando e' assunta dallo Stato in funzione di tutela della
comunita' di cittadini/e, si chiama "forza" e diventa legittima.
Questa legittimazione avviene persino all'interno perche' gli strumenti
violenti che difendono il singolo cittadino dalla criminalita', si chiamano
"forze dell'ordine". La parola "forza" e' una legittimazione, non solo
un'ipocrisia giuridica, perche' in effetti quando la violenza diventa forza,
ha dei limiti; allo stesso modo, la forza che viene attribuita allo Stato,
ha pure dei confini: e' stata elaborata una teoria, sia in ambito cristiano
che in ambito politico, sulla "guerra giusta". Anche questa e' una
caratteristica delle riflessioni europee.
Quale guerra puo' essere dichiarata "giusta"? Nella tradizione giuridica
prevalentemente europea (diventata poi generale), si dice che quando uno
Stato ha subito un danno - ad esempio, gli e' stato portato via un pezzo del
suo territorio - e in nessun altro modo riesce a recuperarlo, puo'
legittimamente far ricorso alle armi. Questo uso e' legittimo se, nel
riparare il danno, c'e' un certo equilibrio. Il risarcimento deve essere
paragonabile al danno ricevuto.
Messe sotto questo giudizio, gia' la prima ma anche la seconda guerra
mondiale e' dubbio che fossero giuste. Vediamo perche'. Il fatto che
l'Italia volesse o rivolesse nel suo disegno di riunificazione di una
comunita' culturalmente abbastanza omogenea, almeno per tradizione
linguistica, il Trentino e il Friuli Venezia Giulia, era legittimo.
Diplomaticamente, era stata gia' quasi ottenuta. Non per niente Benedetto XV
defini' poi la guerra un'inutile strage. Per altre ragioni, l'Italia entro'
pero' lo stesso in guerra: seicentomila morti, grande indebolimento della
popolazione, altri seicentomila morti per la spagnola. E, gia' che
c'eravamo, abbiamo preso anche il Sud Tirolo. Puo' essere considerato un
risarcimento equo? La conquista di Bolzano non era nei disegni nemmeno del
piu' sfrenato dannunziano. Quindi sotto questo profilo, davvero un'inutile
strage anche solo per l'Italia.
*
Una violenza non legittimabile
La seconda guerra mondiale si conclude con lo sganciamento delle due
atomiche su Hiroshima e Nagasaki. Questo e' un danno che non consente
risarcimento. Che risarcimento chiedi per duecentomila persone morte e danni
genetici che si ripropongono per generazioni, non si sa fino a quando? Da
quando c'e' l'atomica, la guerra e' uscita dall'orizzonte giuridico della
sua legittimazione possibile. Non ci sono piu' guerre giuste dopo l'atomica.
Perche' potenzialmente si puo' infliggere un danno ad una popolazione, che
non e' misurabile. Che implica le generazioni successive.
Se vogliamo usare la razionalita' europea, c'e' dunque un impegno storico di
definire i conflitti tra gli Stati - per qualsiasi ragione: territoriale,
culturale, religiosa, economica - senza una guerra, perche' c'e' sempre il
rischio dell'atomica. Ci troviamo di fronte ad un evento del tutto nuovo
nella storia del pensiero giuridico. E' venuta meno la possibilita' di dare
anche con sofisticati ragionamenti, con calcoli, ecc. una legittimazione al
passaggio dalla violenza alla forza. La guerra oggi e' dunque solo violenza
non legittimabile.
Questa e' una cosa con la quale l'Europa deve fare i conti. Un'Europa che ha
inventato la guerra moderna, come attributo legittimo degli Stati nella loro
sovranita'. Su questo terreno, deve dunque fare un'autocritica. Bisogna
restituire il maltolto, che in parte con la decolonizzazione e' gia'
avvenuto. Un maltolto piu' profondo, che e' quello dell'uso delle risorse
dei paesi impoveriti dalla nostra rapina, sarebbe un'altra parte di
risarcimento dovuto. Non e' solo un atto di bonta', ma qualcosa di
impegnativo: comporta anche un cambiamento delle relazioni economiche con le
altre aree del mondo.
*
I semi di pace
Dopodiche' non c'e' niente da salvare in Europa dal punto di vista della
pace?
C'e' una curiosa ambiguita' del messaggio cristiano e due movimenti molto
significativi. Il messaggio cristiano e' di per se' un messaggio di pace.
Tuttavia, sposandosi con il potere politico, spesso non ha portato alla
pace. Il patto tra trono e altare ha in parte cancellato questo volto di
pace del cristianesimo. Appunto solo in parte perche' testimonianze hanno
continuato ad agire, non pero' con il volto ufficiale della chiesa o delle
chiese.
Il messaggio cristiano ha dunque bisogno di fare un grande lavoro di
scrostamento e di recupero di una delle sue piu' straordinarie
caratteristiche dal punto di vista della storia: la laicita' delle
istituzioni pubbliche, politiche, dell'autorganizzazione della societa'. Un
elemento che e' invece del tutto assente nelle altre due religioni
monoteiste (ebraismo e islam). E' un tema fondamentale: una delle cose che
l'Europa cristiana potrebbe rivendicare.
Ci sono altri due movimenti che potrebbero essere messi a fondamento di
un'Europa che abbia fatto su di se' una sana autocritica: il movimento
operaio e il movimento delle donne. Entrambi non hanno mai voluto guerre.
Non ne hanno nemmeno mai provocate, a parte qualche caso isolato (ad
esempio, in tempi moderni, la Thatcher). Ma se facciamo un calcolo
proporzionale, siamo sul 3% contro un 97% degli uomini.
Il movimento operaio ha sempre temuto la guerra. Si spacco' in due
all'inizio della prima guerra mondiale. Rosa Luxemburg senti' la prima
guerra mondiale come una tragedia. Disse: "E' impensabile che i due piu'
organizzati proletariati d'Europa - quello francese e quello germanico -
travestiti da militari si sparino addosso agli ordini delle rispettive
borghesie nazionali".
Abbiamo dunque una lunga tradizione di non interventismo nel movimento
operaio, che ha utilizzato tutte le forme dell'azione nonviolenta:
assemblee, manifestazioni, petizioni, scioperi, picchetti, sabotaggio e
boicottaggio. La stessa Rosa Luxemburg pensava che la rivoluzione avrebbe
dovuto essere fatta attraverso uno sciopero generale ad oltranza, nel corso
del quale l'insediamento delle nuove classi avrebbe modificato le relazioni
nella societa'.
Anche il movimento delle donne ha questa stessa caratteristica. Esso
comincio' in Inghilterra con il suffragismo. E Gandhi ha studiato dalle
suffragiste inglesi le forme della lotta nonviolenta. Anche le suffragiste
facevano manifestazioni, sit-in, si legavano alle colonne dei palazzi del
potere. E intervenivano facendo della disobbedienza civile molto attiva. Una
delle prime cose che fecero, fu di occupare le tribune di Whitehall, il
Parlamento inglese, in un giorno in cui si discuteva la legge elegantemente
intitolata "Legge sui bastardi". Allora, buttarono dei volantini sui quali
c'era scritto: "Forse ci sono dei genitori bastardi, ma i figli...".
Suscitarono uno scandalo enorme. Poiche' erano signore della buona societa'
e, come tali, non dovevano nemmeno sapere che nell'Europa vittoriana c'erano
i bastardi.
Le suffragiste americane si sono segnalate invece per aver fatto una catena
di disobbedienza: avevano ospitato gli schiavi neri che scappavano dagli
Stati del Sud. Generalmente, questi schiavi avevano il nome e l'indirizzo di
una donna bianca, che li accoglieva. E dava l'indirizzo di un'altra donna
bianca, fino a quando non arrivavano negli Stati del Nord. E' curioso che
questo movimento delle donne cominci con dei temi relativi alla riproduzione
e con una sorta di alleanza con altri oppressi. Donne e neri, soprattutto
negli Stati Uniti, sono tradizionalmente collegati.
Penso che sia soprattutto questo, cio' che l'Europa debba rivendicare della
propria storia. Deve dire: "Da questi movimenti vengono suggerimenti di
relazioni fra le persone, i generi, le classi, le etnie, le religioni, molto
conflittuali, ma assolutamente contrari alla violenza e alla guerra".
Dunque, sono dei luoghi di studio importanti.
Con la "Convenzione permanente di donne contro le guerre", proponiamo che
l'Europa si costituisca come continente neutrale.
Proprio la sua scienza giuridica, le consente di dire: "Non c'e' piu' guerra
legittima. Io Europa, come continente, ne ho fatte di tutti i colori, e di
questo chiedo perdono; ma, nella mia storia, ho anche due grandi movimenti
che poi si sono diffusi in tutto il mondo, e che hanno radicalmente cambiato
le relazioni: sono molto conflittuali - considerano il conflitto una delle
forze della storia - e hanno usato tutte le forme della lotta nonviolenta".
*
Europa: un continente neutrale
La neutralita', dal punto di vista del diritto internazionale, e' una
decisione soggettiva di un ente giuridico. "Io, Stato, dichiaro che non
faro' guerra; prendo questo impegno davanti alla comunita' internazionale. E
questa fa lo stesso nei miei confronti. Dunque, non ospitero' sul mio
territorio basi militari o passaggi di truppe. E, di conseguenza, la
comunita' internazionale non potra' passare. A mia volta, mi impegno a non
fare politiche aggressive che debbano sfociare nella guerra; se cio' dovesse
avvenire, la comunita' internazionale mi metterebbe delle sanzioni. E' un
sistema di contrappesi giuridici abbastanza significativo. Applicato in
Europa, obbligherebbe la Nato ad andarsene.
Quando c'e' stata l'ultima guerra in Iraq, l'Austria ha dichiarato: "Sono
neutrale". E non e' passato neanche un fucile. Nemmeno il sorvolo dei suoi
territori era consentito.
Nel territorio europeo (non nell'Unione Europea), ci sono gia' quattro Stati
neutrali: la Svizzera, l'Austria, la Svezia e la Finlandia. Che cosa ne
facciamo? Non possono entrare in Europa perche' sono neutrali? Non possiamo
garantire che la loro neutralita' verra' rispettata anche nell'Europa unita?
C'e' gia' stato un ministro degli Esteri italiano, Gianni De Michelis, che
aveva dichiarato che l'Austria, se voleva entrare in Europa, doveva
rinunciare alla neutralita'.
Mi piacerebbe che anche un'Europa non neutrale riconoscesse la neutralita'
degli Stati europei che gia' l'hanno dichiarata. E che poi essa si
sviluppasse in modo da non ostacolare un futuro di neutralita', quando fosse
maturo. So che al momento e' impensabile presentare al Parlamento europeo
una proposta del genere: esso e' infatti larghissimamente orientato verso
l'Esercito europeo di difesa.
Quindi, per il momento, questa proposta non e' attuabile. Ma teniamo sullo
sfondo la nostra decisione: vogliamo un'Europa neutrale. Intanto facciamo
un'Europa che non ostacoli un futuro accesso alla neutralita'. Ad esempio,
facciamo una Costituzione europea dove, all'articolo 1, ci sia il diritto
alla pace.
*
La rivoluzione in ambito Onu
Questo porterebbe ad una significativa correzione nell'ambito delle Nazioni
Unite.
Penso che, quando l'Europa sara' costituita, chiedera' di entrare all'Onu.
Si stanno costituendo queste mostruose forme non-giuridiche di intervento.
Ad esempio, su Israele ora interviene l'Europa, gli Stati Uniti, forse le
Nazioni Unite... Ma che cosa vuol dire? Il futuro dell'Iraq sara' gestito da
Stati Uniti, la sua coalizione e Onu: che significa? Le Nazioni Unite
vengono degradate ad un ruolo assistenziale, non piu' di direzione politica.
Bisogna uscire da questa logica.
Sono abbastanza vecchia da ricordarmi che, quando la Societa' delle Nazioni
fu sottoposta da parte di Hitler e Mussolini ad attacchi furibondi, e fini'
in pezzi, questo fu uno dei grandi segni della seconda guerra mondiale.
Perche' comunque una sede di comparazione giuridica qualche cosa vale.
Pensate a questa vicenda: con un calciomercato assolutamente sfrenato, gli
Stati Uniti non sono riusciti a comprare voti sufficienti per passare al
Consiglio di Sicurezza: gli ha detto di no il Camerun. Vuol dire che i soldi
non comprano tutto. Vuol dire che il diritto ha una sua forza.
La richiesta dell'Europa di entrare con una nuova identita' collettiva nelle
Nazioni Unite sarebbe l'occasione straordinaria per una riforma dello stesso
Onu. Bisognera' allora ridiscutere la formazione del Consiglio di Sicurezza.
La nostra proposta e' un'Europa unificata, che abbia nella sua Costituzione
il diritto alla pace, con la prospettiva di diventare un continente neutrale
(e percio' un polo di riferimento al mondo di tutti i popoli e i paesi che
vogliono evitare la guerra).
Potrebbe ad esempio ospitare sul suo territorio, visto che ha una grande
tradizione giuridica, tutti i tribunali penali internazionali. Potrebbe
essere il luogo di formazione di una magistratura e di una polizia
internazionale, che intervenga contro i crimini di guerra. In questo senso,
l'avvio del Tribunale penale internazionale - malgrado l'opposizione degli
Stati Uniti - e' significativo. E' un grande segno della forza del diritto.
Cosa proponiamo per le Nazioni Unite? Che la forza dell'Europa rimetta in
discussione le strutture. Chiediamo che il Consiglio di Sicurezza sia tutto
a rotazione. Che l'Assemblea venga dotata di maggiori poteri decisionali.
Che il diritto di veto venga tolto, o venga reinterpretato per quello che
era in epoca romana: non lo detenevano i consoli, ma i tribuni della plebe;
chi aveva gia' il potere, non occorreva che avesse anche il diritto di veto.
Questo potrebbe essere dato ai popoli impoveriti. L'Argentina potrebbe
mettere il veto al Wto, ad esempio.
Alcuni propongono che il Consiglio di Sicurezza diventi il governo del
mondo. Questo mi parrebbe, ora come ora, una fuga in avanti. Si potrebbe
invece cominciare col dire che tutte le agenzie Onu diventino i luoghi in
cui si preparano i futuri governi del mondo. Sulla cultura, sull'infanzia,
sui rifugiati, ecc. si puu' allevare un personale di governo, anche
diplomatico, significativo. Ce n'e' da fare - come vedete - per i prossimi
150 anni...
Non dobbiamo mettere limiti alla nostra fantasia politica.
In questo momento, si soffre soprattutto di una grande asfissia politica:
meschinita' nella politica di tutti i giorni; e grandi gesti di prepotenza
nella politica in cui si decidono le sorti del mondo. Non e' sano. Perche'
induce ad essere o leghisti o imperialisti. Questi sono due eccessi che
ripudio. E' importante stabilire dei territori di possibili conflitti che
vengono tutti analizzati, riconosciuti. E poi ci si impegni per trovare
forme nonviolente per la loro gestione. La pace - che non ha finora alcuna
definizione giuridica positiva (e' solo cessazione della guerra) - potrebbe
diventare "gestione o governo nonviolento dei conflitti".



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