Maria Carrozza Intervista Pat Patfoort


La seguente intervista gia apparsa su "La nonviolenza e' in cammino" nel gennaio 2005, estratta dalla mailing list del gruppo di lavoro tematico sulla nonviolenza e i conflitti della Rete di Lilliput



Quella che segue e' un'intervista con l'antropologa Pat Patfoort, che ha
messo a punto, nel corso dei suoi studi, il "metodo dell'Equivalenza", un
sistema efficace e nonviolento per la risoluzione dei conflitti. E lo ha
sperimentato come metodo educativo e come strumento di mediazione, tanto
all'interno delle carceri o nei conflitti interetnici, quanto all'interno
della famiglia.
"Difendersi senza attaccare" e' il titolo del prossimo libro
dell'antropologa belga Pat Patfoort, ma soprattutto e' una formula
suggestiva per descrivere in sintesi il metodo dell'Equivalenza, il sistema
nonviolento per la soluzione dei conflitti da lei teorizzato, elaborato
lungo un percorso di studio e di lavoro ultradecennale, che ha portato la
studiosa fiamminga, trainer e mediatrice internazionale in diverse parti del
mondo, e negli ultimi anni anche in Sardegna. In poche (e non certo
esaustive) parole, mentre solitamente, in uno scambio di opinioni, lo scopo
e' di "vincere" sull'altro e di prevaricarlo, di sottometterlo alle proprie
ragioni, con il metodo dell'Equivalenza prevale lo sforzo di mettere sul
piatto della bilancia le proprie convinzioni, valori, stati d'animo, per
giungere ad una soluzione propositiva e "creativa" del conflitto d'idee.
L'Equivalenza, che si pone come alternativa al sistema comune e prevalente
di comunicazione (codificato dalla studiosa come modello del
Maggiore/minore), puo' essere decritta in negativo: non e' violenza e non
provoca sofferenza e rapporti di oppressione tra le persone (per un
approfondimento della tematica si consiglia la lettura dei testi della
Patfoort pubblicati in Italia, Costruire la nonviolenza: per una pedagogia
dei conflitti, La Meridiana, Molfetta (Bari) 1992; e Io voglio, tu non vuoi.
Manuale di educazione nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2001).
Chi ha portato Pat Patfoort nell'isola e' l'associazione "La Triangola", la
onlus che ha aperto a Cagliari uno dei primi sportelli di Counseling e di
Mediazione dei conflitti (per informazioni: tel. 070725139 e 070823154,
e-mail: frances.baro@virgilio.it) e che, nell'ultima settimana di ottobre,
ha organizzato un ciclo di seminari con Pat Patfoort: uno a Cagliari e una
quattro giorni a Sassari. Attraverso "La Triangola", arriviamo a incontrare
Pat Patfoort, che ci aspetta sorridente e disponibile a rispondere alle
nostre domande.
*
Maria Carrozza: Come e' diventata mediatrice e qual e' la filosofia-guida
del suo studio sulla gestione nonviolenta dei conflitti?
Pat Patfoort: Il mio figlio maggiore ha 30 anni e 32, 33 anni fa ho iniziato
a riflettere sull'educazione nonviolenta. Il lavoro con il centro di Bruges
e' iniziato 13 anni fa. La struttura si chiama "Il fiore di fuoco", un fiore
virtuale, secondo un'antica leggenda musulmana, che trasmette molto amore
solo a chi coltiva la propria forza interiore. Il fiore significa dolcezza,
bonta', il fuoco e' forza. Questi due poli, nella mia visione di
nonviolenza, interagiscono: per essere nonviolenti bisogna avere
consapevolezza delle proprie qualita', bisogna avere autostima.
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Maria Carrozza: ... che e' anche un concetto fondamentale della teoria
dell'Equivalenza. Quale importanza da' all'autostima?
Pat Patfoort: Per me e' molto semplice: l'autostima negli esseri umani,
specie nei bambini, deve essere coltivata, non repressa. Ad esempio, nel
rapporto tra padre e figlio, piuttosto che fare molte critiche, sottolineare
cio' che non va nel bambino, che avrebbe potuto fare meglio, il padre
potrebbe prestare piu' attenzione alle qualita', alle attitudini personali,
ai progressi che fa suo figlio.
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Maria Carrozza: E invece cosa accade?
Pat Patfoort: Generalmente in famiglia non va cosi': un bambino che mostra
empatia con il mondo che lo circonda, che osserva le cose, viene lodato meno
di uno bravissimo a scuola, che sa far di conto velocemente, che sa leggere
ad un'eta' precoce e cosi' via... Considero questa negativita' come la
malattia della societa' contemporanea. Noi stessi l'abbiamo dentro il nostro
vissuto: ce l'hanno insegnata da piccoli, e da grandi la ripetiamo
inconsciamente e l'applichiamo ai nostri figli.
Infatti, il momento migliore per avvicinarsi alla nonviolenza e' quando ci
nasce un figlio. La nonviolenza serve a questo punto, per aiutare i piccoli
a diventare individui forti, senza frustrazioni, che non abbiano bisogno di
esercitare la violenza sugli altri per affermarsi nella societa'.
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Maria Carrozza: L'Equivalenza e' nato come un metodo educativo, ma lo si
puo' sperimentare anche al di fuori del nucleo famigliare. Come e in che
realta'?
Pat Patfoort: Questo metodo e' funzionale a risolvere conflitti in tutti i
contesti sociali, anche in quelli piu' ampi, come, ad esempio, nelle
carceri, o in situazioni di guerra, tra gruppi contrapposti. Negli ultimi
anni ho lavorato principalmente, in Belgio con i detenuti e in Senegal con i
"Ribelli", un movimento di liberazione armato, rappresentativo delle
popolazioni del sud, che da piu' di vent'anni si oppone al governo di Dakar.
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Maria Carrozza: Come e' arrivata in Senegal?
Pat Patfoort: Ho vissuto in Africa per oltre cinque anni, li' sono nati i
miei figli. Tre anni fa l'Unicef mi ha incaricata di sviluppare un progetto
di mediazione tra l'ala armata e la parte politica dei "Ribelli" (il
movimento ha rotto le comunicazioni con il governo nel giugno del 2003).
L'agenzia dell'Onu si rendeva conto di non poter svolgere il suo mandato,
perche' e' chiaramente impossibile nutrire, curare, salvare gli orfani di
guerra, mutilati, rifugiati e abbandonati dalle famiglie, se i bambini si
rifiutano di mangiare. In Senegal il quotidiano delle persone e' la violenza
e l'oppressione della guerra civile.
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Maria Carrozza: E come lavora in questo terribile contesto di disperazione?
Pat Patfoort: Il mio compito e' aiutare i Ribelli a liberarsi dalla
violenza, che utilizzano esclusivamente a scopo di difesa. Con loro il
metodo dell'Equivalenza ha iniziato a funzionare. Infatti, a un certo punto,
le due parti del movimento di liberazione hanno ripreso a parlare. Il
processo di composizione del conflitto sta prendendo il via, ma il vero
problema e' costituito dalla societa' attorno, quella rappresentata del
governo centrale di Dakar, che non sa ancora cosa vuol dire gestire un
conflitto.
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Maria Carrozza: In che senso?
Pat Patfoort: Provo a spiegarmi con un'immagine: il governo si comporta come
un genitore che, per ottenere ad ogni costo la pace tra i suoi figli, e'
convinto che basti costringerli a tenersi per mano. In Senegal e' accaduto
questo, quando Dakar ha dichiarato unilateralmente la fine della guerra
civile, organizzando una grande festa, alla quale avrebbero dovuto
partecipare tutti i Ribelli. Ma cosi' non e' stato: l'ala armata del
movimento non ha accettato quella festa, era troppo presto per accettarla,
ha fatto un passo indietro e i negoziati per la pace si sono di nuovo
arrestati.
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Maria Carrozza: Passiamo al lavoro con i detenuti: come e perche' e'
iniziato?
Pat Patfoort: Anche in Belgio la mediazione e' un fatto nuovo, e' un
esperimento del Ministero della Giustizia per combattere il problema del
sovraffollamento e delle rivolte nelle carceri, dove il 70% dei detenuti ha
meno di 30 anni.
Come usciranno dal carcere tutti questi uomini, come dei criminali, o come
persone piu' responsabili? Queste sono le due alternative. E' ovvio
preferire la seconda. Ma come arrivare al risultato?
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Maria Carrozza: Gia', come?
Pat Patfoort: Con il metodo nonviolento. Anche i detenuti, gli assassini ad
esempio, quelli che hanno ucciso al culmine di un'escalation di violenza,
rispondono bene al sistema dell'Equivalenza, un metodo che non ha dei
contenuti da imporre, ma la funzione di trovare una soluzione ad un
qualsivoglia conflitto.
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Maria Carrozza: Parliamo della sua esperienza in Sardegna? Per alcuni, che
fanno riferimento al codice barbaricino, e' una terra governata da un forte
senso dell'identita', dalla vendetta e dall'invidia, che renderebbero la
societa' sarda e le sue dinamiche non paragonabili ad altre esperienze. Cosa
ne pensa?
Pat Patfoort: Che la vostra sia una comunita' particolare, lo so. Ma anche
in Sardegna ho individuato le stesse identiche dinamiche che alimentano i
conflitti in ogni parte del mondo. Ad esempio, in tre paesi confinanti dove
ho lavorato si parlava di rivalita', di attrito tra le diverse cittadinanze.
Alcuni dicevano, invece, che i conflitti non esistevano, che non sono mai
esistiti: insomma, facevano finta di niente. Ma queste dinamiche accadono in
tutto il mondo. Penso, ad esempio, al Kossovo, dove sono stata. Quest'anno,
dopo la morte in un fiume di tre ragazzini albanesi, si e' arrivati quasi di
nuovo alla guerra civile. Ancora oggi i kossovari serbi per fare la spesa al
mercato ci vanno sotto scorta.
*
Maria Carrozza: Quindi lei e' convinta che il metodo dell'Equivalenza sia,
per cosi' dire, esportabile in tutto il mondo?
Pat Patfoort: Si', certamente. E proviamo anche a ribaltare la domanda: il
sistema Maggiore/minore funziona per risolvere i conflitti? La risposta e'
scontata: il sistema Maggiore/minore ha sempre dato molti problemi. Pensiamo
all'Iraq, dove il modello e' all'apice, o in Palestina... E' chiaro che non
funziona e l'Equivalenza e' un'alternativa. C'e' ancora molto da scoprire in
materia, ma occorre provare. L'Equivalenza sembra una follia, ma solo
perche' non ci siamo abituati.