Elena Buccoliero Intervista Pat Patfoort


Da "Azione nonviolenta" di aprile 2006 (disponibile anche nel sito
www.nonviolenti.org) riprendiamo questa intervista li' apparsa col titolo
"Laboratori di nonviolenza in carcere. Capire le ragioni della violenza.
Rimarginare le ferite attraverso la consapevolezza, per cambiare".

Elena Buccoliero (per contatti: e.buccoliero@comune.fe.it), nata a Ferrara
nel 1970, collabora ad "Azione nonviolenta" e fa parte del comitato di
coordinamento del Movimento Nonviolento; lavora per Promeco, un ufficio del Comune e dell'azienda sanitaria locale di Ferrara dove si occupa di
adolescenti con particolare attenzione al bullismo e al consumo di sostanze,
e con iniziative rivolte sia ai ragazzi, sia agli adulti; a Ferrara, insieme
ad altri amici, anima la Scuola della nonviolenza.
E' autrice di diverse
pubblicazioni, tra cui il recente (con Marco Maggi), Bullismo, bullismi,
Franco Angeli, Milano 2005. Un piu' ampio profilo biobibliografico di Elena
Buccoliero e' nel n. 836 de "La nonviolenza e' in cammino"

Pat Patfoort e' uno dei nomi piu' belli e piu' noti della nonviolenza
europea. E' una signora dolcissima e ridente, piena di grinta e ben persuasa
del suo pensiero. Le sue tracce si ritrovano in Cecenia, in Kossovo, in
Ruanda... nelle situazioni di conflitto piu' dure, piu' aspre, dove proporre
training che aiutino gruppi di entrambe le parti - di solito prima
separatamente e poi insieme - a riconoscere le ragioni dell'altro, la sua
umanita'.
Pat Patfoort e' anche impegnata da oltre 15 anni nella conduzione di gruppi
sulla nonviolenza, in diverse carceri del suo paese, il Belgio. Per una
volta le abbiamo chiesto di parlarci di questo aspetto, meno noto, della sua
azione per la nonviolenza. E come inizia a parlare dei carcerati, si
intuisce una vicinanza personale molto forte alle tante storie che ha
incontrato.
*
- Pat Parfoort: Il carcere e' una strategia adottata dalla societa' per
difendere se stessa, mettendo gli autori di reato in posizione minore. Ora,
io ammetto che chi ha determinati comportamenti possa avere bisogno di un
tempo di isolamento per pensare a quello che ha fatto, a come e' stato
possibile, a come avrebbe potuto agire diversamente. Questo pero' comporta
un intenso lavoro con le persone dei carcerati, ed anche con le guardie, o
con le persone la' fuori, perche' tutti oscillano tra le posizioni di
debolezza o di sopraffazione, tra minore e Maggiore come io sono solita
dire, ed anche i prigionieri tra loro ripropongono lo stesso modello
relazionale se non vengono aiutati a fare diversamente.
*
- Elena Buccoliero: La tua e' una critica radicale alla istituzione
carceraria, alle sue modalita'...?
- Pat Patfoort: Io credo ci siano diversi modi per consentire la riparazione
dei reati, e dovrebbero essere esplorati di piu'. Un tema su cui si riflette
e si sperimenta da tempo e' la ricostruzione di un rapporto tra vittima e
autore di reato, quando questo e' possibile, perche' entrambi possano
rielaborare cio' che hanno vissuto. Io dico ai carcerati che incontro: non
puoi piu' cambiare il passato; puoi solo scegliere di proseguire come prima,
in una posizione M o m, oppure puoi cercare l'equivalenza, il rapporto alla
pari con gli altri.
*
- Elena Buccoliero: La mediazione e' molto importante, ma credo richieda un
grosso percorso alle vittime.
- Pat Patfoort: Si', ma non soltanto a loro. Anche per chi ha commesso il
crimine e' molto difficile accettare di incontrare la propria vittima. Non
sono pronti. Per molti di loro il comportamento celava una difesa, un
desiderio di affermazione positiva o il bisogno di uscire da una posizione
minore - non e' raro, per esempio, conoscere uxoricidi che per anni erano
stati posti in posizione minore dalle loro mogli - l'errore sta in come una
spinta, legittima, viene tradotta in azione. Ogni volta che noi, ad un
bambino picchiato da un compagno, diciamo di "ridargliele indietro" stiamo
preparando un potenziale autore di reato. Si tratta di capire, e di
sperimentare, che affermare se stessi e' diverso dal prevaricare gli altri.
*
- Elena Buccoliero: E' diverso per te lavorare con autori di violenza
privata o politica?
- Pat Patfoort: I criminali non sono cattiva gente. Sono persone che hanno
fatto cose cattive. D'altra parte, io in tanti anni non ho mai conosciuto
persone veramente malvagie. Per i terroristi vale lo stesso discorso, ma io
ho bisogno di lavorare di piu' su me stessa per accostarmi a loro. Ricordo
bene il caso di un veterinario ucciso dalla mafia del mio paese cinque anni
fa, perche' si era rifiutato di pagare il pizzo. Questo caso mi aveva
toccato moltissimo. Era un eroe per me. Tempo dopo ho conosciuto in prigione
un certo Carl che sapeva tutto sul commercio delle armi. Un tipo simpatico,
intelligente. Come fai a sapere tante cose?, gli ho chiesto, e cosi' ho
scoperto che aveva scritto un libro sulle armi da fuoco. Bene, Carl aveva
venduto l'arma che aveva ucciso quel veterinario. Come e' stato possibile?,
mi sono chiesta. Ed ecco la storia: il padre di Carl e' morto quando lui era
solo un bambino, e' stato adottato da un mercante di armi. A dodici anni
sapeva tutto il possibile sulla merce del nuovo padre. Questa era l'unica
cosa che sapeva fare davvero bene. In prigione, alcuni anni piu' tardi, e'
diventato cosciente della propria storia.
*
- Elena Buccoliero: Si', ma non credi che in questo modo si finisca per
giustificare qualsiasi comportamento, anche il piu' crudele?
- Pat Patfoort: Ti racconto ancora una storia. Yussef era un ragazzo di 17
anni, nordafricano. Quando l'ho conosciuto era in carcere perche' aveva
ucciso una signora anziana per rubare in casa sua. Ascolta la sua storia.
Yussef veniva picchiato dal padre, non amato dai suoi familiari. Cercava
fuori casa l'affetto che non sentiva intorno a se'. Ha incontrato un gruppo
di amici e per la prima volta ha avuto la sensazione di essere parte di
qualcosa di piu' grande di lui, ma anche il gruppo lo ha posto in posizione
minore. Avrebbe fatto di tutto pur di essere accettato. "Scommetto che tu
non sei capace di rubare", gli hanno detto. E lui ha voluto dimostrare che
invece si', era un duro come gli altri. Entra nella casa dell'anziana
signora, gli altri fuori che lo aspettano. Yussef picchia questa signora,
lei si difende, lui la uccide. Come posso non piangere per la tragedia di
questa donna, per la tragedia di Yussef che a 16 anni ha rovinato la sua
vita quando voleva solo essere amato, voleva solo esistere per qualcuno? No,
non e' una scusa. Non ci sono giustificazioni per un omicidio, ma ci sono
delle ragioni che devono essere cercate, anche perche' questo ci permette di
lavorare sulla prevenzione.
*
- Elena Buccoliero: Come si svolgono i laboratori in carcere?
Tengo gruppi di nove persone e lavoro con loro per dieci settimane, due
volte alla settimana, con qualche altro incontro piu' avanti, di verifica
sul lavoro del gruppo.
*
- Elena Buccoliero: Che risultati hai riscontrato?
- Pat Patfoort: In genere ci sono illuminazioni repentine a cui seguono
delle ricadute, e poi delle lente riprese di ognuno dentro al proprio
percorso di vita. E' proprio come se inizialmente, quando spiego il modello
m-M, chi mi ascolta adottasse per la prima volta un'altra prospettiva e
scoprisse molte cose di se'. Poi il tempo passa e ognuno e' portato a
rientrare nella vita di sempre. E' allora che il cambiamento inizia davvero,
sempre con lo sguardo rivolto a quella piccola luce intravista
inizialmente...
*
- Elena Buccoliero: Immagino che i tuoi allievi possano avvicinarsi anche
per opportunismo: sconti di pena, permessi...?
- Pat Patfoort: I prigionieri vengono ai miei gruppi per scelta e la loro
prima motivazione e' poter mostrare il diploma del corso al giudice del
prossimo processo, per esempio di secondo grado, sperando che venga
diminuita la pena. A me tutto questo non interessa. Io chiedo la
partecipazione, e basta. Non m'importa del motivo iniziale per cui le
persone vengono al gruppo. Ho incontrato una volta un terrorista musulmano
che ha partecipato alle prime due sessioni e poi e' scomparso. Continuava a
dire che erano tutte stupidaggini. Beh, qualche tempo dopo e' ricomparso e
ha seguito tutto il percorso. Cio' che lo ha fatto ritornare, e' che non si
era sentito giudicato.
*
- Elena Buccoliero: E' necessario un lavoro su se stessi per relazionarsi
serenamente con persone che possono aver commesso anche reati davvero gravi?
- Pat Patfoort: Il percorso e' lungo per ognuno di noi. Trentacinque anni fa
a Bordeaux ho incontrato Lanza Del Vasto. Ricordo bene quel momento. Era
inverno, c'era poca gente. E' stato per me una fonte di grande ispirazione,
anche se poi non ho condiviso tutte le sue posizioni. Dopo di allora credo
di aver fatto tanto, per i miei bambini e mio marito, e poi per i miei
amici, le persone che ho intorno. Dopo qualche tempo ho cominciato a
chiedermi: quale influenza ho io? Ecco, credo che il passaggio fondamentale
sia stato proprio in questa acquisizione di consapevolezza.
*
- Elena Buccoliero: Generalmente il compito piu' difficile e' proprio con le
persone piu' vicine.
- Pat Patfoort: Lo so bene. Io sono cresciuta in posizione maggiore. Una
famiglia dell'elite francese, benestante, con ottime possibilita' di
istruzione. Per mio padre era tassativo "non sposare un fiammingo". Solo da
ragazza mi sono resa conto della mia storia, che era molto fortunata ma
anche molto dura, perche' per buona parte della mia vita sono stata
terrorizzata da mio padre, e cioe' in posizione minore davanti a lui. Me ne
sono accorta dopo la nascita del mio primo figlio, avevo gia' trent'anni, e
da quel momento ho deciso di compiere un percorso insieme a lui. Sono andata
a trovarlo da sola, spesso, per un paio d'anni. Per prima cosa gli ho
chiesto di parlarmi di lui, di come era cresciuto, di che cosa gli altri si
aspettavano da lui - e piano piano, con dolcezza perche' non si ritraesse,
sono riuscita a rivelargli quanto io fossi da sempre terrorizzata da lui. E'
stata una liberazione cosi' grande... Ed e' stato un dono, perche' dopo
pochi anni mio padre e' morto. Ora molte persone mi dicono che sono stata
fortunata a poter vivere questo, ma io credo invece di essere stata brava e
coraggiosa, perche' ho voluto che questo percorso si compisse. Non ci
sarebbe mai stato senza la mia determinazione. Io credo che, come me, anche
molte altre persone potrebbero lavorare su se stesse in questi termini, per
rimarginare le ferite attraverso la consapevolezza e la riconciliazione.
*
- Elena Buccoliero: Nell'autunno scorso hai svolto dei laboratori sui
conflitti in Cecenia. Puoi affidarci un ricordo di quell'esperienza?
- Pat Patfoort: Ho lavorato con russi e ceceni nello stesso laboratorio, e'
stata un'esperienza fortissima. Ricordo bene una donna russa il cui fratello
era stato bruciato vivo nella sua macchina, rivedo la sua emozione. Riuscire
per la prima volta a pensare che questa cosa tanto orribile era accaduta
perche' dall'altra parte c'erano non degli oppositori ma un popolo con delle
rivendicazioni che potevano avere una loro verita'. L'ultimo giorno poi e'
stato emozionante. Ho chiesto a due russi e a due ceceni di mettersi uno di
fronte all'altro e di cercare di parlarsi per soddisfare le esigenze
reciproche. In certi momenti e' stato durissimo.
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- Elena Buccoliero: E tu che cosa hai imparato da questa esperienza?
- Pat Patfoort: Mi sembra di essere diventata piu' umana. Ho imparato molto
sui ceceni, la mia relazione con questo popolo e' letteralmente cambiata. Ho
imparato ancora una volta a lottare contro le mie paure e i miei stereotipi.
E ho acquisito una convinzione ancora piu' forte che e' importantissimo
costruire una via per la nonviolenza, anche solo con un bambino di due anni.
Non c'e' niente di impossibile da risolvere, io ne sono convinta,
soprattutto in educazione. Si possono svolgere seminari anche molto
difficili, e questo dara' potere e speranza alle generazioni future. E'
bello poter pensare di costruire relazioni armoniose per i propri figli.