Giovanni Anversa Intervista l'Abbé Pierre (2004)

Tratto da La Nonviolenza e' in Cammino

Dalla puntata dell'11 aprile 2004 del programma televisivo "Racconti di vita", disponibile nel sito www.raitre.rai.it, riprendiamo la seguente intervista


- Giovanni Anversa: Abbe' Pierre, chi sono i poveri oggi?
- Abbe' Pierre: Si puo' dire che ci siano due tipi di poveri. Innanzitutto
in tutti i paesi del mondo esiste il problema di quelli che non trovano
lavoro. Questo problema si pone in modo molto diverso nel Terzo Mondo
perche' non ci sono imprese che assumono lavoratori, e nei paesi
industrializzati, dove nonostante il progresso e la modernizzazione si
attuano politiche sociali che hanno come conseguenza il licenziamento e la
disoccupazione di tante persone. Esiste poi un'altra categoria, quella di
coloro che perdono il treno e non riescono a integrarsi e a trovare una
collocazione nella societa'. In questi periodi di crisi e' evidente che "i
piu' forti" hanno sempre la tentazione di emarginare, di respingere i piu'
deboli perche' non c'e' posto per tutti.
*
- Giovanni Anversa: Abbe' Pierre, cosa stanno provocando le ingiustizie che
ci sono nel mondo?
- Abbe' Pierre: Come sa, siamo in mezzo a due aspetti contrapposti: da un
lato la tendenza che si manifesta, quando si detiene un po' di forza, e'
quella di garantirsi il meglio, il posto migliore, la fetta piu' grossa
della torta. Questo comportamento da parte dei piu' forti e' d'altra parte
una delle tentazioni costanti dell'uomo. Dall'altro lato c'e' un altro
fenomeno che si sta imponendo, e cioe' l'indignazione di fronte all'uso
della forza a spese dei piu' deboli. E' una spinta a mettersi al loro
servizio con lo stesso atteggiamento con cui guardiamo ai piu' piccoli
proprio come in quella cellula primordiale della societa' rappresentata
dalla famiglia. Un nucleo dove i piu' forti, i piu' grandi, gli adulti non
si occupano dei neonati, dei malati e dei vecchi non e' piu' una famiglia e
la vita perde di senso. Ci sono pero' anche coloro che d'istinto sono
portati, sotto la spinta di un impulso interno che noi credenti attribuiamo
alla grazia di Dio, a prendere quest'ultima strada adeguando il proprio modo
di vita alle necessita' dei piu' piccoli, dei neonati, dei malati o dei
vecchi.
*
- Giovanni Anversa: Abbe' Pierre, ma lei ci crede che questo mondo possa
cambiare, nonostante quello che stiamo raccontando?
- Abbe' Pierre: Questa forma di maledizione, questo odierno manifestarsi del
male come predominio dei forti, non ha impedito di agire a personaggi come
Madre Teresa e a tanti esseri umani che non saranno mai famosi, non saranno
mai canonizzati anche se a loro modo potrebbero essere definiti dei santi.
Non siamo sufficientemente consapevoli che tutti i giorni, tutte le mattine,
ci sono milioni, centinaia di milioni di mamme e di papa' che svegliandosi
pensano soltanto a quello che devono fare per mettersi al servizio della
propria famiglia, della propria comunita'. Costoro in realta', anche se non
sanno nulla della Rivelazione, sono dei santi perche' fanno la volonta' di
Dio, assumendosi le proprie responsabilita'. Queste energie esistono, non le
percepiamo, perche' non fanno chiasso, non sono prese in considerazione
dalle canonizzazioni. Sono una moltitudine poco visibile che in realta'
rappresenta il lievito che aiuta la comunita' a sopravvivere.
*
- Giovanni Anversa: E' possibile che anche con il comportamento di ognuno di
noi possa cambiare questo modo di consumare che sta facendo danni
all'ambiente, che sta facendo danni anche alle relazioni tra le persone?
- Abbe' Pierre: Si dice che negli Stati Uniti attualmente quasi la meta'
della popolazione soffra di obesita', cioe' e' troppo grassa, ed e' quello
che sta accadendo anche in Europa rappresentando una vera emergenza perche'
compromette l'equilibrio del comportamento e l'aspettativa di una vita
familiare normale. Occorre fare informazione: gli uomini politici devono
avere il coraggio di continuare a dire all'infinito quali sono le cose che
hanno effetti nocivi, che distruggono, e nello stesso tempo impegnarsi nel
far capire come possono essere meravigliosi la natura e l'universo quando
viene rispettata l'essenza di ogni elemento e di ogni creatura.
*
- Giovanni Anversa: Lei ha fatto la Resistenza, e' stato eletto al
parlamento francese, ha iniziato il movimento Emmaus, perche' si e' fatto
coinvolgere cosi' tanto dalla vita?
- Abbe' Pierre: Se ci penso devo riconoscere che ho potuto manifestare
questa dedizione grazie al fatto che a 19 anni ho deciso di diventare frate,
e per sei anni sono rimasto isolato in clausura. Cinque ore durante il
giorno e due la notte, dalla mezzanotte alle due del mattino, erano dedicate
alla preghiera, all'adorazione e all'offerta e cio' ha sicuramente
instillato nel mio animo alcune tendenze: "Amerai l'Eterno", "Amerai il
prossimo". E' andata cosi' fino a quando, per problemi di salute, ho dovuto
lasciare il monastero e il vescovo di Grenoble mi ha accolto tra i suoi
sacerdoti perche' avevo bisogno di vivere in montagna. Da quel momento
niente e' stato piu' come prima. In quello che sono stato spinto a fare,
niente e' stato previsto metodicamente, o e' stato frutto di una
riflessione: si e' trattato semplicemente di non tirarmi indietro di fronte
a circostanze e avvenimenti, a richieste di aiuto da parte della gente.
Avrei potuto, come sarebbe stato normale, dire a me stesso: "Non sono affari
miei, ci devono pensare i servizi sociali", ma istintivamente sono corso in
aiuto di questi esseri umani. Le prime persone che ho assistito sono state
degli ebrei le cui famiglie erano state deportate. Una notte sono arrivati
degli uomini che chiedevano aiuto e da allora l'ingranaggio si e' messo in
moto e non si e' piu' fermato. Il movimento di Emmaus e' nato in ragione di
queste circostanze.
*
- Giovanni Anversa: Abbe' Pierre, che significato ha la memoria per lei?
Penso alle tragedie del Novecento.
- Abbe' Pierre: E' importante ricordare, e non ricordare soltanto il male.
Io sono una di quelle persone che nel secolo scorso hanno vissuto la realta'
delle due guerre: da bambino ho conosciuto parenti che durante la prima
guerra mondiale hanno subito mutilazioni e altre famiglie in cui il padre
era disperso; durante la seconda guerra mondiale, con tutti i disastri che
ha portato con se', ho assistito alle deportazioni, ho visto persone che
oltre ad essere deportate venivano costrette a lavorare per il nemico. Tutto
cio' non va dimenticato, ma bisogna essere consapevoli che il passato non ci
protegge per il futuro. Chi avrebbe mai pensato, alla fine del secolo appena
trascorso - quando tutti erano pieni di speranze di pace -, che qualcuno
avrebbe tratto ancora orribile ispirazione da quei conflitti. Chi avrebbe
mai immaginato che il nuovo secolo sarebbe stato segnato da un terrorismo
peggiore della guerra perche' in un conflitto lo sforzo e' quello di avere
forze pari a quelle del nemico. Nella nuova situazione in cui si trova il
mondo il nemico non e' ben definito. E' inafferrabile. Non ci sono mezzi
logici per combatterlo. In qualsiasi momento quello che e' accaduto a Madrid
puo' succedere in altri paesi, e' un fatto imprevedibile; ma pur ricordando
queste sciagure e in previsione degli attacchi di oggi non dobbiamo
dimenticare che abbiamo due occhi. Se un occhio deve essere aperto
coraggiosamente per vedere il male e per combatterlo, bisogna tenere aperto
l'altro per vedere la bellezza, i fiori che sbocciano di nuovo in primavera,
il sorriso dei bambini. Vedere tutto quello che e' bello: le stelle in una
notte limpida e fredda in cui si puo' vedere lo splendore del cielo. Bisogna
incoraggiare le persone a tenere gli occhi aperti e a guardare le bellezze
meravigliose che ci possono appagare, ma nello stesso tempo avere anche il
coraggio di guardare in faccia il male. A questo si devono preparare i
giovani per essere in grado di capire qual e' il loro ruolo.
*
- Giovanni Anversa: Abbe' Pierre, lei ha vissuto anche una stagione di
impegno politico. Perche' la politica oggi e' sempre piu' lontana dalle
persone?
- Abbe' Pierre: Lei crede che gli uomini politici di oggi siano piu' lontani
di una volta dalla gente? Io penso di no. Sono stato in parlamento, e' stato
il periodo meno utile della mia vita perche' non ero preparato e perche' per
rivestire una carica in politica - compito ingrato, contrariamente a quanto
si pensa - bisogna avere il gusto del potere, di esercitare il potere, ma io
non l'avevo. Ho conosciuto uomini ambiziosi che forse in fondo non pensavano
che alla carriera, ma posso dire che la grande maggioranza dei miei colleghi
dei vari partiti erano persone oneste, degne di stima, che cercavano davvero
di fare del bene.
*
- Giovanni Anversa: Chi e' oggi un cristiano?
- Abbe' Pierre: E' colui che puo' avere il coraggio di dire "Padre nostro",
con tutte le conseguenze che cio' comporta, con la certezza che noi siamo
chiamati a essere figli dell'Eterno con le sue meraviglie, ma nello stesso
tempo dicendo "Padre nostro" riconosciamo di avere il dovere nella vita di
essere fratelli di tutti. Ieri... nei giorni scorsi e' arrivata una lettera
da lontano, dal Madagascar. Un amico di laggiu' ci diceva: "Ho incontrato
una ragazza che portava un bambino sulle spalle. Le ho detto: E' un fardello
molto pesante, e lei mi ha risposto: Non e' un fardello, e' mio fratello".
Tocca a noi ricordare sempre che quelli che frequentiamo e quelli che
conosciamo devono essere trattati come fratelli. Essere cristiani e'
soprattutto questo. Ed e' poi sapere che Dio e' unico ma non e' solo; Dio e'
amore, e percio' si esprime... la parola viene dall'amore tra il Padre... la
parola nasce dal soffio dello Spirito. Questo mistero della Trinita' e' una
affermazione dell'assoluta unicita' di un Dio che e' unico e nello stesso
tempo non e' solo e noi siamo chiamati a far parte della sua famiglia.
*
- Giovanni Anversa: Abbe' Pierre, come dovremmo vivere l'Islam all'interno
delle nostre societa'? E' d'accordo con la legge che in Francia vieta il
velo nelle scuole?
- Abbe' Pierre: E' un argomento molto difficile. Posso testimoniare che
quando e' stata presa quella decisione l'opinione pubblica era divisa
praticamente in parti uguali tra quelli favorevoli ad una decisione per
vietare questo segno e quelli invece contrari. E' stata una scelta
complessa. Credo che ora ci voglia un po' di tempo per intessere un dialogo
amichevole per quanto possibile con i fratelli musulmani, per far capire
loro che quello che viene messo in discussione non e' il velo. Se non si
afferma che a scuola, il luogo dove si forgia l'avvenire, non ci devono
essere segni, rischiamo un domani di veder arrivare cinquanta sette con il
loro emblema, e cosi' per i partiti politici e i sindacati. Come uscire da
questa situazione? Dobbiamo dire ai nostri fratelli musulmani con il dialogo
e con un minimo di conoscenza del Corano: "Ma avete studiato bene da cosa
deriva questa abitudine di portare il velo nel nostro paese?". In realta',
con uno studioso musulmano mio amico ho cercato di rintracciare nel Corano
dove viene prescritto questo segno. In verita' esiste soltanto un vago cenno
che non dice assolutamente di che cosa si tratta, ma suggerisce alle mogli e
alle donne di stringere il velo che portano per essere protette e
rispettate. Il Corano e' stato commentato nei secoli successivi alla sua
apparizione, e sono gli "hadid", interpretazioni che hanno imposto una
quantita' di usanze di cui non si parla affatto nel Corano. Solo attraverso
il dialogo riusciremo a far capire che non e' una discriminazione nei
confronti dei musulmani, ma che se non si ponesse un freno alla pubblicita'
di simboli di qualsiasi tipo un domani la scuola diventerebbe invivibile.
*
- Giovanni Anversa: A 92 anni che significato ha per lei la parola speranza?
- Abbe' Pierre: Bisogna fare una chiara distinzione in francese tra speranza
e aspettativa. C'e' l'aspettativa di avere da mangiare, di vedere
soddisfatte le necessita' immediate, la speranza invece e' la certezza che
abbiamo in noi che la vita ha un significato, che c'e' una meta. La speranza
tiene conto del significato dell'esistenza. Si puo' vivere con poche
aspettative e molte delusioni, ma non si puo' vivere senza una qualche
speranza.
*
- Giovanni Anversa: A un povero basta la parola "speranza"?
- Abbe' Pierre: A nessuno basta la speranza. Evidentemente sarebbe un
inganno se confidando in una viva speranza si lasciasse senza mangiare chi
ha fame. L'aspettativa... la realizzazione delle aspettative e' una
condizione per mantenere viva la speranza.
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- Giovanni Anversa: Abbe' Pierre, cos'e' la felicita'?
- Abbe' Pierre: Qualcosa che e' stato stampato, impresso come uno spazio
vuoto. In noi ci sono dei vuoti che sono un richiamo alla bonta', alla
bellezza, all'amore, all'amicizia. La felicita' e' quando questi vuoti sono
stati colmati, con il passare del tempo. La mia speranza ora e'
l'avvicinarsi, spero, tra non molto, dell'incontro... dell'incontro con
Colui che e' tutto quello cui aspiro: bonta' e amore.

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