La Nonviolenza In Cammino
Claudio Ragaini: Il Carteggio Tra l'abbe' Pierre e Albert Schweitzer (1998)

[Dal mensile "Jesus", n. 5, maggio 1998, col titolo "1954-1964: il carteggio
tra l'Abbe' Pierre e Albert Schweitzer. Le lettere di due apostoli"]


Nel giugno del 1954 l'Abbe' Pierre chiede a Schweitzer, per la rivista di
cui e' direttore, un parere sul problema dell'esclusione sociale e della
solidarieta'. Dal cuore del Gabon il medico elvetico gli invia una lunga e
affettuosa lettera nella quale gli rivolge consigli e raccomandazioni.
Inizia cosi' una decennale corrispondenza tra due grandi testimoni,
impegnati sulle frontiere della carita'.
L'Abbe' Pierre (Henri Groues) e' nato a Lione il 5 agosto 1912. Ordinato
sacerdote nel 1938, durante la seconda guerra mondiale ha partecipato
attivamente alla Resistenza francese. Nel 1949 ha fondato la comunita' di
Emmaus. Eletto deputato all'Assemblea nazionale, ha lasciato la politica
attiva per dedicarsi interamente a quella "insurrezione della bonta'" che,
lanciata nell'inverno del 1954, intende affrontare i problemi degli
emarginati, dei senza casa, dei poveri.
Di nazionalita' tedesca - originario dell'Alsazia - e di religione
protestante, Albert Schweitzer (1875-1965), una volta laureatosi in medicina
(1913), decise di partire alla volta di Lambarene', oggi nel Gabon, allora
nell'Africa Equatoriale francese, dove apri' un ospedale e un lebbrosario
che gesti' fino alla morte. Nel 1953 ottenne il Nobel per la pace.
*
Estate del 1954: e' l'anno del disastro militare francese di Dien Bien Phu,
in Indocina, prologo alla guerra del Vietnam; e della furiosa campagna di
McCarthy contro il pericolo comunista in America. Da Paesi distanti migliaia
di chilometri, due grandi personalita' del nostro secolo, differenti per
carattere e opere, ma unite nelle stesse finalita', fanno la loro conoscenza
epistolare, preludio di un'amicizia profonda che li accompagnera' negli anni
futuri.
Sono due autorita' morali nel pieno della maturita' e della notorieta'.
L'uno, Albert Schweitzer, il medico, teologo e musicista alsaziano, ha
lasciato l'Europa e la carriera per andare a fondare un ospedale per
lebbrosi a Lambarene', nella foresta del Gabon. Ha 78 anni ed e' all'apice
della sua fama: ha ricevuto l'anno prima il premio Nobel per la pace, e'
diventato un personaggio della fantasia popolare; la sua immagine
patriarcale dai grandi baffi spioventi e il casco bianco in testa, o la sua
figura raccolta sulla tastiera dell'organo, che si e' portato dall'Europa
nella sua capanna, compaiono su tutti i rotocalchi del mondo e ne hanno
fatto un simbolo del nostro tempo, non ancora intaccato dalle polemiche e
dai sarcasmi. Su di lui e' stata scritta un'opera teatrale di successo: E'
mezzanotte dottor Schweitzer, da cui e' stato tratto anche un film.
L'altro e' l'Abbe' Pierre, al secolo Henri Groues, il prete francese
apostolo dei diseredati e dei senza casa. E' molto piu' giovane, ha 42 anni,
ma nel suo Paese, e non solo in quello, costituisce un punto di riferimento
nella mappa della solidarieta' e della carita'. Gia' deputato, ha lasciato
il Parlamento francese per fondare le comunita' Emmaus e offrire una ragione
di vita a chi nella vita non ha piu' nulla da ricevere. I suoi
"straccivendoli" che raccolgono e riciclano gli scarti della citta' sono
diventati popolari; cosi' come le sue campagne per i senza casa, in una
Francia assediata dal problema degli alloggi, hanno fatto scalpore.
Proprio in quell'anno, nel gelido gennaio di Parigi, da un microfono di
Radio Lussemburgo, l'Abbe' ha mobilitato l'opinione pubblica e le autorita'
parigine per raccogliere aiuti a favore dei bisognosi che vivono sui
marciapiedi e sotto i ponti. La sua "insurrezione della bonta'" e' diventata
un simbolo nella storia di Emmaus, ha contagiato la Francia, ha reso l'Abbe'
Pierre il prete piu' famoso del Paese.
I due personaggi non si conoscono, non si sono mai incontrati. Il dottor
Schweitzer e' partito per l'Africa molti anni prima, l'Abbe' ha trascorso la
sua gioventu' in convento prima di diventare cappellano di Marina e poi
partigiano e poi difensore dei senza casa. Oggi confessa che del medico
alsaziano e del suo ospedale non sapeva nulla, fino a quando, agli inizi
degli anni '50, non gli si presentarono due signori svizzeri, affidandogli
un'offerta in danaro lasciata da un benefattore per essere divisa con il
dottor Schweitzer: "E chi e'?", chiese l'Abbe' un po' ingenuamente e seppe
tutto di lui e della sua attivita' filantropica.
Nasce cosi' il primo contatto, preludio al loro incontro. Nel giugno del
1954, il secondo numero della rivista di Emmaus "Faim et soif", diretta
dall'Abbe' Pierre, si rivolge al dottor Schweitzer, come ad altri importanti
personaggi della scena mondiale, chiedendo di esprimere un parere sul
problema dell'esclusione sociale e della solidarieta'. Rispondono il primo
ministro indiano Nehru, il biologo Rostand, Walter Hallstein, ministro degli
Esteri tedesco, e il dottor Schweitzer, appunto.
Piu' che una risposta quella dell'anziano medico e' una lunga e affettuosa
lettera scritta all'Abbe' Pierre, nella quale, da un vecchio militante della
carita' al piu' giovane, gli rivolge consigli e raccomandazioni. "Caro Abbe'
Pierre, le scrivo con la matita perche' mi trovo in barca sul fiume. Non
puo' immaginare da quanto tempo seguo la sua attivita', e provo una profonda
simpatia per lei... Le scrivo dopo quattro giorni di riflessione. Voglia
considerare le osservazioni che le faccio come una profonda testimonianza di
simpatia, e mi consideri come un fratello maggiore che parla al piu'
giovane".
Una strana lettera, un po' paternalistica, pubblicata integrale nel testo di
"Faim et soif", ma che negli archivi di Emmaus, dove e' conservata
trascritta a macchina, appare ridotta nella versione originale e priva di
certi passaggi essenziali nei quali Schweitzer consiglia all'Abbe' di
limitare i suoi messaggi e i suoi appelli, di non pensare a slanci
universalistici che poco otterrebbero come effetto, essendo ogni Paese, ogni
situazione, diversi l'uno dall'altro. "Lei ha l'enorme privilegio di
predicare con le azioni. Le sue idee emanano dalla particolarita' delle sue
azioni. Le parole non ne sono che l'accompagnamento in sordina! Conservi
questo privilegio".
La lettera non deve aver sortito alcun effetto sull'Abbe' dal punto di vista
pratico, se non quello di aumentare il suo desiderio di conoscere di persona
l'illustre interlocutore e di esporgli a voce le sue opinioni. "E' certo",
dice oggi l'Abbe' Pierre, "che non ho messo in pratica i consigli del dottor
Schweitzer, ho continuato ad agire secondo l'impulso, come risposta alle
situazioni di abbandono nelle quali mi imbattevo. L'azione di Emmaus e'
stata contagiosa, le nostre comunita' si sono diffuse in tutto il mondo,
come un esempio contagioso".
Nel 1954 Schweitzer e' in Europa per una serie di conferenze e di concerti.
L'Abbe' Pierre, in risposta alla lunga lettera, gli invia poche righe di
ringraziamento e chiede di incontrarlo, ed e' probabile che i due personaggi
si siano visti, anche se non resta traccia dell'evento, ne' soccorre la
memoria dell'Abbe' su tale avvenimento.
Passano circa tre anni. E' l'Abbe' Pierre che scrive al medico di
Lambarene', esprimendo il desiderio di incontrarlo in occasione del suo
prossimo rientro in Europa: "Abbiamo entrambi a cuore tanti problemi umani
cosi' dolorosi. Sarebbe, per i poveri sforzi che cerco di compiere, molto
prezioso poterne parlare insieme". E infatti si incontrano in Francia, forse
piu' di una volta. Il dottor Schweitzer fa dono al religioso di alcuni suoi
libri di cui l'Abbe' ringrazia. Ma il suo pensiero come quello di altri
amici, il sociologo brasiliano Josue' De Castro e il federalista Habicht, e'
di coinvolgere il medico in una Fondazione internazionale che riunisca
esponenti importanti del mondo solidaristico, per utilizzare le "enormi
disponibilita' ancora immobilizzate di fronte agli appelli di Stati o di
organismi sclerotizzati o abusivamente centralistici". Ne discutono in un
incontro in Alsazia, a Gunsbach, il paese del dottor Schweitzer, e il medico
qualche tempo dopo comunica di accettare l'invito a far parte del Consiglio
della Fondazione, della cui attivita' tuttavia non restano tracce
successive.
Passano quasi altri tre anni durante i quali l'Abbe' Pierre attraversa un
periodo di salute malferma; non c'e' traccia di altri contatti epistolari,
se non un breve telegramma del febbraio 1960 con il quale l'Abbe' Pierre
comunica all'amico lontano che arrivera' (anzi, "arriveremo") a Lambarene'
il 4 marzo. Dunque i due hanno rinsaldato i loro rapporti, Schweitzer ha
invitato il fondatore di Emmaus a visitare il suo ospedale sulla riva del
fiume, e l'Abbe' non si e' fatto pregare.
Non sara' l'unica visita che il religioso francese compira' a Lambarene'.
Cinque anni dopo, in occasione della morte del medico, l'Abbe' Pierre
rievochera' commosso sulla rivista di Emmaus gli incontri col vecchio medico
e i momenti passati a conversare, di sera, seduti sui gradini di legno
dell'ospedale affacciato sul fiume. Il dottor Schweitzer, ottantacinquenne,
da qualche tempo, dopo la gloria del Nobel, e' al centro di polemiche e di
cattiverie: l'accusano, anche in Africa, di atteggiamenti paternalistici, di
gestire un ospedale vecchio, senza regole igieniche, di rifiutare la
modernita' e via dicendo. L'Abbe' gli dice: "Sa, dottore, cosa mi diceva
qualche mese fa un amico africano diventato ministro? 'Ora che devo
governare, scopro che il vecchio non era poi cosi' matto. Ma se vado a dire
queste cose ai miei compatrioti evoluti verrei insultato...'". E il vecchio
medico: "Mi da' una grande gioia, prima che io muoia". E aggiunge, spiegando
lo spirito della sua opera: "Questo non e' un ospedale: e' un villaggio dove
si cura e si guarisce. So che non e' moderno, ma e' piu' che moderno, e'
umano".
Arriviamo all'ottobre del 1962: durante un volo verso Bombay, l'Abbe' Pierre
incorre in un fortunale che mette a duro repentaglio l'aereo sul quale
viaggia. Sono attimi terribili che gli suggeriscono alcune riflessioni che
raccogliera' poi in un articolo dal titolo "Il fine", nel quale si interroga
sul destino dell'uomo, dando una risposta senza alternative: "Tu sei nato
per amare; la tua gioia e' nel servizio al prossimo". Un mese dopo il dottor
Schweitzer gli scrive un'affettuosa lettera di apprezzamento, rinnovandogli
l'invito ad andarlo a trovare in Africa.
L'eta' del vecchio amico e' ormai avanzata, la sua salute e' malferma. C'e'
in lui la serena consapevolezza della fine che non piega tuttavia la
tensione morale: "Presto compio 88 anni e questo significa che posso
lasciare questo mondo da un giorno all'altro... Sono sempre al mio posto...
Lotto con la mia penna contro le armi atomiche e deploro che l'opinione
pubblica non si scagli contro queste armi funeste, profondamente disumane".
E ancora, in una lettera di due mesi dopo: "Se mi ammalo sara' avvisato
telegraficamente".
Nella primavera del '63 l'Abbe' torna a incontrare il vecchio amico
all'ospedale di Lambarene', nel corso di un viaggio in Africa. Poi, a
luglio, c'e' il tragico episodio del naufragio sul Rio de la Plata del
piroscafo Ciudad de Asuncion sul quale e' imbarcato anche l'Abbe' Pierre, in
visita alle sue comunita' in Uruguay: ci sono quaranta morti tra i
quattrocentoventinove passeggeri e ventidue dispersi, anche l'Abbe' e' dato
tra le vittime. E' stato ripescato senza sensi dopo aver passato quattro ore
in acqua aggrappato a una cassa e creduto morto. Poi la notizia che il
fondatore di Emmaus e' salvo, in condizioni quasi miracolose, dopo aver
visto davvero la morte da vicino.
Naturalmente anche il vecchio amico, nel cuore dell'Africa, e' informato
dell'accaduto e a distanza di qualche mese, benche' con le mani ormai quasi
bloccate dall'artrosi, gli scrive una lettera, nella quale gli esprime la
sua gioia per lo scampato pericolo: "Dio stima che tu devi ancora restare su
questa terra e fare il tuo lavoro. E Dio vuole che noi, tuoi amici, possiamo
ancora godere della tua presenza...". Schweitzer parla poi delle sue
condizioni di salute: "La mia grande e vera sofferenza e' il crampo degli
scrittori che ho ereditato da mia madre e che peggiora ogni giorno. Devo
sforzarmi per scrivere in modo appena leggibile... Non riesco a imparare a
dettare le lettere. Come dicevamo quando eravamo giovani? 'Ce la caveremo'.
Ecco la giusta filosofia". E aggiunge: "Ti prometto che quando saro'
seriamente malato, ti manderemo un telegramma".
Il legame di amicizia e rispetto che si e' creato tra i due combattenti
della carita' si e' rinsaldato e rinvigorito in questo luminoso tramonto
della vita del medico missionario, che e' passato al "tu" nei confronti del
piu' giovane amico. E' una simbiosi di sentimenti che valica frontiere e
spazi temporali e che li tiene uniti nella fede. Gli scrive l'Abbe'
nell'aprile del 1964: "Si', cresce misteriosamente nel tempo, ora lentamente
e ora con bruschi balzi in avanti, questa prefigurazione del Regno
dell'Eterno, che e' Amore, sulla nostra terra cosi' carica di dolore,
preparando l'incontro totale dell'aldila'".
Le successive e ultime lettere dell'Abbe' Pierre a Lambarene', nel corso del
1964, riguardano la realizzazione di un'idea lungamente cullata e di cui ha
gia' parlato al medico nella sua ultima visita: inviare come volontario
nell'ospedale del dottor Schweitzer per un breve periodo formativo uno dei
monaci della comunita' ecumenica di Taize'. "Ho la ferma convinzione",
scrive il religioso francese, "che se, un giorno, degli uomini semplici,
umili e lavoratori venissero a vivere nell'Africa, ... questo potrebbe
essere molto fruttuoso per aiutare la nuova adolescenza di questi popoli".
Il dottor Schweitzer risponde (o fa rispondere) affermativamente. E'
disposto anche a finanziare una parte del viaggio, come esplicitamente, con
molto spirito pratico, gli chiede l'Abbe' nella speranza che la parte
restante possa arrivare dalla Comunita' di Taize' o da benefattori. Ma il
priore di Taize', frere Schultz, felicissimo di appoggiare l'idea dell'Abbe'
Pierre, non condivide tuttavia la questione della spesa: "Sarei
imbarazzato", scrive al confratello nell'agosto del 1964, "se la somma
dovesse essere raccolta tramite una richiesta pubblica: noi non accettiamo e
non domandiamo mai danaro per noi stessi. Desidererei dunque un'estrema
discrezione intorno a questa faccenda, affinche' nessuno abbia l'impressione
che Taize' chieda denaro per pagare il viaggio di un Fratello della
Comunita'".
Infine, raccolti non si sa come i fondi necessari, ottenuta una riduzione
sulla tariffa aerea, fratel Adrien della Comunita' di Taize' - come informa
l'ultima lettera dell'Abbe' diretta al dottor Schweitzer - potra' partire
per Lambarene' il 24 settembre.
Nelle poche righe che accompagnano questa informazione, c'e' anche un cenno
alle tensioni del mondo (siamo in piena guerra fredda) e ai timori di una
guerra nucleare. "Come lei, io sento tutto quanto c'e' di preoccupante nella
corsa ai 'perfezionamenti' dei mezzi di minaccia atomica. Come arrivare a
ridurre la paura che, da entrambi le parti, spinge anche degli uomini di
buona volonta' su questa strada di follia?".
Per il novantesimo compleanno del dottor Schweitzer, il 14 febbraio 1975,
viene pubblicato in Francia per le edizioni Du Cerf un volume in suo onore,
Il vangelo della misericordia, che raccoglie i contributi di trentasei
personalita' internazionali della cultura, del mondo ecclesiale e politico.
L'Abbe' Pierre scrive una lunga postfazione al libro dal titolo "Vendicare
Dio amando" e ne invia una copia in Africa con una dedica autografa: "In
omaggio, in amicizia e in ringraziamento al dottor Schweitzer". Ricevendo la
pubblicazione il vecchio medico risponde il 17 marzo per ringraziare.
Parole toccanti, scritte a fatica, le ultime inviate all'Abbe' Pierre, che
rivelano le sue precarie condizioni di salute. "Le scrivo solo poche e
povere righe. Soffro del crampo degli scrittori. A volte non sono capace di
scrivere. Con tutto il cuore, il suo devoto Albert Schweitzer". E' l'ultimo
legame con l'amico dai comuni ideali. Il 4 settembre il mondo apprende che
il Grand Docteur di Lambarene' e' morto serenamente nel suo ospedale.
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