Paolo Arena e Marco Graziotti Intervistano Giuliano Pontara


 
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come definirebbe la nonviolenza?
- Giuliano Pontara: Non c'e' una sola "vera" o "corretta" definizione: si va, per gradi, da una nozione "minima" di  nonviolenza intesa come modalita' di lotta non armata, ad una nozione "massima" intesa come concezione comprensiva del mondo e della vita. Personalmente  mi trovo nel mezzo del cammin...
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali sono le personalita' e le esperienze a suo parere piu' significative della nonviolenza?
- Giuliano Pontara: Mi sono occupato del pensiero-azione di Gandhi e del pensiero-azione di Aldo Capitini, ma  ritengo che quello che piu' conta e' la miriade di lotte non armate, incruente, condotte nelle situazioni piu' diverse, nei periodi storici piu' diversi, dai gruppi piu' diversi di persone - per cause che, in base ai valori in cui credo (e a sostegno dei quali sono in grado di fornire, in dialogo, buone - anche se non conclusive - ragioni), sono giuste o addirittura "sacrosante".
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa consiglierebbe di leggere sulla nonviolenza?
- Giuliano Pontara: Quando avevo 16-17 anni mia madre mi diede da leggere un saggio di Ralph Waldo Emerson sulla fiducia in se'; fu una lettura che in quel periodo mi aiuto' moltissimo; forse puo' aiutare ancora qualche giovane oggi.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali esperienze o iniziative nonviolente a suo parere oggi meritano maggior sostegno ovvero meriterebbero di essere intraprese?
- Giuliano Pontara: Tra le esperienze e iniziative in atto nel mondo che meritano continuo e maggior sostegno non vi e' che l'imbarazzo della scelta: dalle lotte nonviolente dei gruppi israeliani-palestinesi appoggiati dagli internazionali, a quelle dei gruppi di societa' civile in Colombia per porre fine ad una guerra civile che dura da quaranta anni. Tra le iniziative che vanno potenziate vi e' quella dei corpi civili di pace.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Potrebbe presentare la sua stessa persona a un lettore che non la conoscesse affatto?
- Giuliano Pontara: Solo un ricordo - e alla fine si vedra' perche' - di un periodo della mia vita. Il 30 dicembre del 1952, a vent'anni - quando stavo per essere chiamato a fare il servizio militare - lasciai l'Italia. Durante l'estate di quell'anno ero stato in un campo di lavoro internazionale in Svezia e li' ero venuto in contatto con giovani provenienti da varie parti del mondo: da quell'esperienza, e dall'incontro con persone coinvolte nel movimento pacifista svedese, nacquero in me quei dubbi sull'eticita' del servizio militare che pochi mesi dopo avrebbero pesato molto sulla mia (sofferta, anche da parte dei miei genitori) decisione di migrare in Svezia, dove amici del movimento pacifista svedese, conosciuti durante l'estate, mi aiutarono a trovare lavoro come aiuto bidello in un collegio popolare per adulti. Andavo in Svezia "senza arte ne' parte" (in Italia ero stato bocciato due volte al ginnasio e, passato all'istituto commerciale e per geometri, ero stato di nuovo bocciato quando ero al quarto anno; mi piaceva solo giocare a ping-pong e, in questo molto appoggiato da mio padre, studiare appassionatamente il violino - magari un po' di "arte" ce l'avevo). Pochi mesi dopo il mio arrivo in Svezia, mosso dal bisogno di approfondire le ragioni della mia scelta, cominciai a studiare seriamente per la prima volta nella mia vita (sempre continuando a fare l'aiuto bidello e a suonare il violino) e decisi che avrei preparato da privatista l'esame di maturita' classica che nel '56, dopo anni di duro lavoro, riuscii a superare per un pelo presso il liceo Prati a Trento.
Poco dopo il mio arrivo in Svezia, Nancy - una giovane americana  vicina al movimento pacifista dei quaccheri che avevo conosciuto durante il periodo estivo nel suddetto campo di lavoro, e della quale mi ero molto innamorato - mi mise in contatto epistolare con Aldo Capitini (allora non sapevo chi fosse). Aldo in quel periodo, oltre ad un appoggio morale, mi diede un aiuto pratico di cui avevo moltissimo bisogno: durante tutti gli anni di studio per preparare da lontano l'esame di maturita' classica io gli mandai regolarmente (allora c'era solo la posta normale) i miei esercizi di traduzione dal greco in italiano e lui - pur sovraccarico di lavoro e attivita' - riusci' sempre a rinviarmeli regolarmente corretti e commentati. Nino Betta, professore di liceo a Trento, mi aiuto' nello stesso modo per le traduzioni dal latino all'italiano e dall'italiano al latino. La moglie di Nino, Anita Betta, fu la persona che - in qualita' di insegnante di italiano all'istituto commerciale e per geometri che frequentai - mi aiuto' molto  dolcemente a cominciare a pensare.
Colgo qui l'occasione per esprimere, per la prima volta pubblicamente, la riconoscenza profonda che sempre alberga in me per l'appoggio morale e l'aiuto pratico che Aldo e Nino e Anita (amici carissimi tutti scomparsi ma in me molto vivi) mi diedero in un periodo della mia vita in cui tutto - o quasi - doveva essere ricominciato da capo.

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