Ken Saro-Wiwa, il primo martire del petrolio
di Maurizio Torretti
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Ha inizio a New York il processo che vede il consorzio petrolifero Royal Dutch Shell accusato di presunta complicità nell’uccisione di Ken Saro-Wiwa, intellettuale, scrittore, attivista nigeriano, condannato e giustiziato quattordici anni fa.
Di etnìa Ogoni, tra i più importanti intellettuali dell’Africa post-coloniale, giornalista e scrittore di straordinario talento, drammaturgo, formidabile conferenziere, ambientalista, strenuo difensore della nonviolenza e candidato al premio Nobel per la pace, Ken Saro-Wiwa fu condannato a morte con l’accusa (inventata) di omicidio al termine di un processo farsa voluto dal regime militare nigeriano guidato da Sani Abacha.

Il 10 novembre 1995 è stato impiccato, insieme ad altri otto compagni del Mosop, il movimento da lui fondato.

L'esecuzione suscitò le più vive proteste da parte dell’opinione pubblica internazionale e condannata in tutto il mondo da governi e organizzazioni per i diritti umani. Le conseguenze furono l’isolamento economico e diplomatico della Nigeria (venne tra l’altro sospesa dal Commonwealth) che terminò nel 1999 con la fine del regime militare e l’elezione democratica di Olusegun Obasanjo alla presidenza della repubblica del paese.

In realtà, Ken Saro-Wiwa, nato nel 1941 a Bori, nel Delta del Niger, la regione meridionale della Nigeria, era considerato un personaggio scomodo.

Aveva denunciato al mondo intero la multinazionale petrolifera anglo-olandese responsabile della catastrofe ecologica causata da decenni di intenso sfruttamento dei giacimenti di petrolio in Ogoniland, l’area che sorge nel Delta del Niger. Oltre alla Shell aveva accusato apertamente di corruzione e collusione il governo militare nigeriano interessato a difendere i profitti che ruotavano attorno alle attività delle grandi società petrolifere occidentali.

Fondatore e leader del Mosop, il Movimento per la sopravvivenza del popolo Ogoni, uomo combattivo, con una buona esperienza nell’organizzare importanti ed efficaci mobilitazioni di massa, il 4 maggio 1993, in occasione della giornata delle popolazioni indigene proclamata dalle Nazioni Unite, Ken Saro-Wiwa riuscì a far scendere in strada oltre trecentomila persone.

Arrestato più volte e torturato, non rinunciò mai alla lotta in difesa dei diritti e degli interessi legittimi delle minoranze etniche oppresse di quella regione irrimediabilmente impoverita, devastata e drasticamente avvelenata dagli impianti delle società petrolifere.

Quaranta anni di sfruttamento dei giacimenti hanno portato le terre costiere del Niger ad essere classificate dalla Conferenza per l’Ambiente e lo Sviluppo dell’Onu come “il delta fluviale più danneggiato del mondo”. Quello nei confronti della Royal Dutch Shell è un processo storico di grande importanza, decisamente scomodo e dall’esito incerto, che sarà seguito con particolare attenzione dai consigli di amministrazione delle potenti imprese petrolifere; si tratta infatti di un processo in cui potrebbe essere emessa una sentenza di colpevolezza che, a cascata, chiamerebbe in causa anche altre grandi imprese estrattive impegnate in varie aree del mondo e dunque ritenute responsabili delle stesse violazioni.

Se il Tribunale distrettuale di Manhattan dichiarasse la compagnia anglo-olandese colpevole sarebbe infatti la prima condanna di una multinazionale per violazione dei diritti umani.



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