L'Attizzo
di Tiziano Terzani

Orsigna 11 agosto 1999
giorno dell'eclissi


Nel cuore dell'Uomo c'é un bambino e quello parla in una lingua antica: la poesia. La sua voce è semplice e pura, ma oggigiorno quasi non gli esce più dal petto soffocata com'é dalle mille zavorre della vita. Scuola, società, convenzioni, lavoro, televisione, pretese di serietà e telefonini imbavagliano ogni giorno di più quella creatura e la mettono a tacere. Anche quando, per esuberanza, quella cerca di farsi sentire, nessuno le presta più l'orecchio, perché tutti siam presi e rintontiti ad ascoltare l'assordante rumoreggiar del mondo che, pur assurdo e inutile, ci par tanto importante.
Eppure quel bambino dentro di noi e' il miglior compagno, il migliore amico e maestro che abbiamo. E siam fortunati, perché quel bambino non invecchia mai e, anche quando sembra averci abbandonati, é sempre li, nascosto, sempre pronto a giocare, a ridere, a divertirsi. Basta, anche senza saperlo, dargli l'occasione d'uscire allo scoperto.
Io certo non me ne resi conto e forse tutto avvenne per quel "caso" che alla fine sembra far quadrar le cose e dare un senso ai fatti più disparati dell'esistere.
Ero andato, come al solito all'alba, a fare una passeggiata su per la Valle dell'Orsigna, quando, dopo Casa Corrieri, lungo la strada sterrata che porta all'Uccelliera, contro la distesa dei faggi, mi si parò dinanzi qualcosa di nuovo e di assurdo: un cartello su cui, a grandi lettere, c'era scritto: "Foresta di Maresca".
Mi venne una gran rabbia. Una rabbia contro tutto quel che attorno a me cambia in nome di regole, principi e norme alla cui definizione non credo di aver partecipato. Una rabbia contro chi, seduto in qualche ufficio lontano, davanti allo schermo d'un computer, senza che sia stato delegato da nessuno, decide il destino di un popolo o che il fiasco del vino non deve aver più la paglia. Quel cartello era la goccia che faceva traboccare il mio vaso. Già la USL aveva, con le sue tattiche spesso terroristiche, fatto chiudere un simpatico, vecchio bar sulle Piastre e minacciava di condannare a morte l'unico spaccio dell'Orsigna; già il Comune di Pistoia, forse per smaltire qualche rimanenza, era venuto a togliere i vecchi, ancora ottimi, pali di legno dell'illuminazione pubblica per sostituirli con dei nuovi, orribili, di alluminio e metterci su delle angoscianti lampade dalla luce blu, fredda e lunare. Ora ci si metteva anche la Comunità Montana: un'altra di queste inappellabili, "autorità" contro cui tutti si sentono impotenti! Senza chiedere nulla a nessuno, senza avvisare, senza consultarsi, quella veniva a cambiare i nomi secolari dei nostri posti!!!!!
Corsi a casa, scrissi un proclama da affiggere in paese e preparai i moduli per raccogliere le firme di chi, come me, voleva che quel cartello fosse rimosso o al massimo modificato. Avremmo mandato una petizione in triplice copia: al Sindaco di Pistoia, al Presidente della Provincia ed alla Comunità Montana.
Quella mia non fu una gran trovata, anzi, a pensarci bene, fu, nonostante il tono scherzoso e roboante, un modo legalistico, burocratico quanto la sua causa, di reagire ad una stupidaggine. Ma quella fu la scintilla, fu l'attizzo. Nel giro di poche ore la storia del cartello era sulla bocca di tutti, nel giro di pochi giorni era diventata una delle belle storie dell'estate... quasi come quella delle ballerine brasiliane che, essendosi dovute spogliare per lo spettacolo nella vecchia sagrestia, avevan lasciato il Cristo di marmo sulla piazza con le braccia più aperte e sconsolate di sempre.
La storia del cartello stanò tutti. Da quelli che in segreto tramavano colpi di mano e vendette a quelli che semplicemente stavano a discuterne e ad arzigogolar teorie su chi avesse fatto che cosa e perché, tutti si divertivano. Improvvisamente ad Orsigna s'era riscoperto il piacere del gioco e la reazione di tanti, anche di quelli che avevano visto il cartello prima di me, ma s'eran tenuti la loro rabbia in petto, diventò di appassionata partecipazione. Davanti alla bacheca della "Voce di
 Orsigna" la gente si ritrovava ad attaccare e a leggere "le ultime notizie dal fronte".
Poi ci fu il colpo di genio.....di uno sconosciuto.
Una mattina nella cassetta della posta, in una busta senza francobollo, trovai una bella poesia, ironica ed un po' minacciosa, di un tale, ovviamente un marescano, che firmandosi "il tarlo", mi metteva in guardia dal soffiar sul fuoco: avrei potuto bruciarmi la barba!!
Corsi in paese per affiggere il testo sulla bacheca, ma tutti già sapevano: la stessa poesia, nottetempo, era stata attaccata ai pali della luce e agli alberi lungo la strada. Feci appello agli orsignani perché rispondessero "per le rime", ma non ce ne fu bisogno: il bambino in cuore a tutti s'era già svegliato, e senza remore, con gioia antica, già parlava e rideva in versi. E con questo, grazie al tarlo, una storiella di campanile aveva fatto un salto di qualità, era salita di un piano, aveva messo le ali. In un piccolo fatto del quotidiano era cresciuto il seme dell'arte.
La guerra del cartello mise da parte le autorità coi loro ruoli, il loro linguaggio, le loro responsabilità e titubanze, e si trasformò in una spontanea, appassionata, giocosa sfida poetica fra la gente di due paesi.
Alcune poesie erano scritte a mano su carta a quadretti, altre al computer. Alcune arrivavano per lettera o comparivano sulla bacheca, altre erano messaggi messi nella bottiglia magica della posta elettronica affidata alle onde del mare cibernetico. Nonostante le innovazioni tecnologiche, la voce dei poeti era quella di un tempo, quella che da decenni non avevo più ascoltato.
Uno dei più bei ricordi delle mie estati di ragazzo di città che veniva ad Orsigna subito dopo la guerra, era quello di una damigiana di vino che lentamente si svuotava sotto la pergola della Paolina. Al fresco, di domenica pomeriggio, c'era una fila di tavoli con tanta gente attorno. Il vino veniva servito in dei piccoli bicchieri di vetro. Uno si alzava ed intonava un verso. Riprendendo in rima l'ultima parola di quello, un altro gli rispondeva facendosi beffa di lui e sostenendo una tesi contraria. Sull'ultima rima del secondo, ripartiva il primo poeta o un terzo. E così via, avanti per ore.
Lo chiamavano il contrasto ed i classici temi su cui si contrastava erano la luna ed il sole, la donna bruna e quella bionda, l'acqua ed il fuoco. Ognuno poteva intervenire, rifacendosi all'ultimo verso rimasto nell'aria e prendendo le difese di una delle due posizioni, appunto in contrasto. Una volta che il tema era sugli abitanti della montagna contro quelli di città, provai anch'io a cimentarmi attaccando i montanini e cercando di dire che i cittadini avevano anche loro qualcosa da contribuire alla montagna, ma fui subito bruciato da una rima che a proposito dei villeggianti diceva: "posson anche avere dei begli occhi, ma in montagna non portan che pidocchi".
Dopo ogni stoccata, come questa, fra il pubblico accalcato, in piedi, in ascolto, attorno ai tavoli, scoppiavano risate e applausi. Il contrasto finiva quando i poeti non avevano più argomenti e la damigiana non aveva più vino.
Ad Orsigna sono passati anni ed anni dall'ultimo contrasto. La pergola della Paolina è stata tagliata, l'aia di terra battuta e' stata lastricata, il bar ha chiuso ed i vecchi poeti, tutti uomini, pastori, che alla sera tornavano a casa spesso barcollando e continuando a canticchiare, son tutti morti. C'è rimasto solo Guido del Fosso, che allora era il più giovane, ma nessuno e' oggi in grado di sfidarlo. I giovani sanno tutto delle cose di cui parlano i giornali e la televisione, ma la poesia non é la loro lingua e nessuno d'inverno accanto al fuoco legge più per impratichirsi alla rima un canto della Divina Commedia e le vicende di Pia de' Tolomei. Quella razza di pastori, uomini arguti e sapienti, eleganti e rudi, s'è estinta. Ma non l'aspirazione all'alto che loro esprimevano andandosi a mettere con un filo d'erba in bocca in cima a un colle per guardar le pecore, o andando sotto la pergola della Paolina a cantare di poesia alla domenica.
La guerra del cartello e' la riprova che, nonostante tutto quel che cambia (e questa, lo so, é la natura delle cose), tutto non muore mai (anche questa é natura) e, guarda caso, la prima risposta orsignana al tarlo marescano e' stata di una signora che non s'è firmata, ma che (ce lo siam ricordati in pochi) é la nipote della Paolina.
Già perché anche questa é stata una bella novità dell'estate: ad Orsigna i protagonisti del contrasto sul cartello sono state le donne. Le donne, meravigliose donne, sempre le più vicine alla natura, le sole ad avere ancora antenne, le ultime a sentire ed a parlare ancora, nonostante le spinte del tempo, la voce del cuore, appunto quella della poesia. L'unica eccezione-uomo, sul fronte orsignano, e' stato il Nozzoli, grande affabulatore. Rispondendo alle mie insistenze mi recitò un paio di versi che io, ignorante, non riconobbi come quelli di Renato Fucini e così quando furon pubblicati come suoi in un articolo di giornale, il bravo Franco imbarazzato, s'affrettò a scriver di getto una bella lettera - questa tutta sua - di scuse, in versi, alla buon anima del grande Fucini ed ai suoi eredi.
A me non rimase che attizzare quel fuoco, fare da tramite delle rime e tenere le fila del tutto con la mia controparte marescana: un intraprendentissimo giovane che a 33 anni ha già co-fondato una repubblica, messo in piedi una casa editrice, scritto, con uno strano titolo, "Ventun giorno", una bella, intelligente, distaccata e divertentissima satira del mondo di oggi e che qui di seguito, col nome ovviamente falso di Luther Blissett, firma la co-introduzione a questo libretto. Un mistero?
Non e' il solo di questa storia. E chi fece sparire il cartello di Orsigna? E chi andò a mettere quello falso a Maresca? Ma soprattutto: chi si nasconde dietro i versi firmati: il tarlo?
Anche questo mistero ha contribuito a riscoprire il fascino della poesia; della poesia, semplice, popolare, del contrasto perché anche quella poesia intrattiene, diverte, fa pensare, commuove, solleva lo spirito e lo libera dalla pania del banale. Quante volte ci si potrebbe ricorrere invece che affondarsi nella noia, abbandonarsi alla rabbia, disperarsi nell'angoscia o consolarsi con una bottiglia di wiskey o una pasticca di Prozac!!
Una figlia annuncia di volere andare a convivere col fidanzato? Scriviamole una poesia per dirle che nella vita non si può alla lunga evitare d'impegnarsi. Un giovane è in lite coi genitori che non capiscono i suoi tatuaggi e l'orecchino al naso? Si rivolga alla poesia per dir loro che vuol esser "moderno", come tutti. E se l'USL, o la Comunità Montana, o la sezione Nettezza o l’Illuminazione Pubblica del Comune fa' una bischerata, mandiamogli una protesta in versi. Almeno, essendo diversa, la leggeranno. E poi, credetemi, funziona! Da noi ad Orsigna il cartello che diceva "Foresta di Maresca" non c'è più.
É rimasta solo la cornice, solida e vuota, a ricordare, ogni volta che qualcuno ci passerà dinanzi, che il bambino dentro ognuno di noi e' sempre disposto a parlare la sua bella lingua e che il fuoco della poesia è sempre lì pronto ad ardere. Basta un attizzo, anche casuale, come questo:

Gli orsignani son pochi, ma fieri e questa
non se la lasciano fare !

Recentemente uno strano cartello è comparso sulla strada sterrata che porta a Pian Grande, poco dopo Casa Corrieri. E' un bel cartello, ben piantato e ben fatto, ma purtroppo proclama una insostenibile falsità. Dice che quella che si ha dinanzi è "la Foresta di Maresca".
E' possibile che nell'assurdo mondo della burocrazia che rende noi orsignani "terremotati", ma i marescani no, quella bella foresta lungo i pendii del nostro fiume venga identificata in "burocratese" come la " Foresta di Maresca ". Ma noi non possiamo accettare che quella definizione sia scritta a tutte lettere in un cartello visibile a chiunque si appresti ad una delle più belle camminate (o giudate!) della valle. Quel cartello è offensivo.
Da che mondo è mondo -almeno il nostro- il fiume qui si chiama Orsigna, la valle si chiama Valle dell'Orsigna, il paese si chiama Orsigna e se quella foresta ha da avere un nome non può che essere "Foresta dell'Orsigna". Certo non "Foresta di Maresca" !
Allora: abitanti di Orsigna o amici di questo piccolo, ma grande paese: fate due passi fino al famigerato cartello, godetevi il fresco e la natura e, se quel cartello vi fa rizzare il pelo e lo volete rimosso o corretto, firmate una copia della petizione a questo fine presso il Ristorante Orsognudo o allo spaccio della Bettina.


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