Gianni Beretta Intervista Rigoberta Menchu'

Dal quotidiano "Il manifesto" del 18 agosto 2006.
Gianni Beretta e' corrispondente dal Centroamerica del quotidiano "Il
manifesto".
Rigoberta Menchu', india guatemalteca, premio Nobel per la pace, e' una
delle figure piu' belle dell'impegno per la dignita' umana, i diritti, la
pace, la solidarieta'. Opere di Rigoberta Menchu': Mi chiamo Rigoberta
Menchu', (a cura di Elisabeth Burgos), Giunti, Firenze 1987; Rigoberta, i
maya e il mondo, (con la collaborazione di Dante Liano e Gianni Mina'),
Giunti, Firenze 1997]


Il mandato di cattura internazionale per crimini contro l'umanita', emesso
dalla giustizia spagnola il mese scorso nei confronti dell'ex dittatore
Efrain Rios Montt (e di altri sei alti ufficiali dell'esercito) ha avuto un
grande impatto in Guatemala. Ne abbiamo parlato con il Nobel per la pace
Rigoberta Menchu', promotrice della denuncia contro Rios Montt presso le
corti spagnole. Rigoberta, assai raffinatasi nelle sue riflessioni e nei
suoi progetti, ci racconta pure del suo ruolo nell'attuale governo e dei
suoi propositi per la formazione di un partito indigeno, in un paese dove la
violenza e l'intimidazione continuano a farla da padrona.
*
- Gianni Beretta: Quella denuncia potra' sortire qualche effetto pratico,
visto che l'ex-generale genocida continua a girare libero e impune nel suo
paese?
- Rigoberta Menchu': Credo che l'ordine di arresto internazionale contro i
responsabili del genocidio costituisca innanzitutto un trionfo per le
vittime e i loro familiari, un riscatto della loro dignita' e per la memoria
dei loro morti. E' poi un successo per la giustizia universale, che mette
alla prova l'applicazione delle convenzioni internazionali contro i delitti
di lesa umanita'. Ma si tratta soprattutto di un test decisivo per
l'efficacia dello stato e della giustizia guatemalteca; una sfida contro
l'impunita'. Credo che questo mandato di cattura presto o tardi sara'
eseguito. Ma non sara' facile perche' i responsabili del terrorismo di
stato, delle torture e delle mattanze del passato sono ancora molto
influenti nella politica e nelle istituzioni. Non solo: posso affermare
senza remore che questi gruppi sono alla testa della criminalita'
organizzata, del sistema di corruzione e del narcotraffico. Dunque
perseguirli non significa solo fare i conti con il fascismo genocida di un
tempo ma con enormi interessi dell'oggi. Che poi significa un grande rischio
per l'incolumita' dei testimoni e dei denuncianti di quei crimini. E' per
questo che ho preferito ricevervi nella mia casa, da dove, per motivi di
sicurezza, esco solo se necessario.
*
- Gianni Beretta: Rigoberta, come ti trovi nel ruolo di ambasciatrice di
buona volonta' per gli accordi di pace in questo governo della destra
moderata del presidente Oscar Berger?
- Rigoberta Menchu': Fui io a propormi per rilanciare l'applicazione degli
accordi di pace nella loro integralita', che significa salute, istruzione,
terra, nazione multiculturale e plurietnica. Sono ambasciatrice ad honorem;
partecipo alle riunioni di gabinetto (anche se ci sono state molte
resistenze) dove pongo i problemi sul tavolo; ma mantengo tutta la mia
autonomia. Ho un'agenda propria per la costruzione della pace che va al di
la' dell'agenda di questo governo.
*
- Gianni Beretta: Con quali risultati?
- Rigoberta Menchu': Devo riconoscere che questo governo ha ampliato gli
spazi di partecipazione degli indigeni nelle istituzioni dello stato e
nell'esecutivo. Svolgono un ruolo importante la Commissione presidenziale
contro il razzismo e le discriminazioni, l'Accademia delle lingue maya, il
Consiglio nazionale di educazione maya e il Coordinamento interistituzionale
delle organizzazioni maya. Molti di noi ricoprono oggi incarichi di
responsabilita'. La battaglia l'abbiamo data. Forse non si vedra' ancora
molto. Ma quando uno e' rinchiuso in una gabbia dove ci sono piu' belve
feroci che animali docili...
*
- Gianni Beretta: Per il resto che opinione hai del presidente Berger?
- Rigoberta Menchu': I miei rapporti con il presidente sono buoni. Il
problema e' che questo governo non ha i sufficienti rapporti di forza per
far passare i suoi programmi in parlamento. Faccio un esempio: il Congresso
non ha ancora approvato la legge per combattere il crimine organizzato; il
Fronte repubblicano guatemalteco (il Frg di Rios Montt e di Alfonso
Portillo, precedentemente al governo) vogliono emendarla con la non
estradabilita' dei narcotrafficanti cui sono legati. Pensate che tutti sanno
chi sono e dove stanno i capi narcos, ma sono intoccabili: la loro capacita'
di intimidazione e' piu' forte di quella repressiva dello stato. Rios Montt
e Portillo prima di andarsene hanno creato per legge entita' inquinate e
infiltrato gli apparati dello stato con le mafie del crimine. Cosi' che
l'attuale governo avrebbe pure buoni propositi ma e' troppo debole. La
situazione in Guatemala e' dunque ancora molto grave. Io stessa, se fossi al
posto del presidente non saprei bene cosa fare in materia di legalita' e
sicurezza dei cittadini. L'aiuto della comunita' internazionale e'
fondamentale.
*
- Gianni Beretta: Ci sono poi i fenomeni dilaganti delle bande giovanili e
dell'assassinio indiscriminato delle donne.
- Rigoberta Menchu': Le maras (bande giovanili) sono nate a Los Angeles e
sono state trapiantate in Centroamerica dai giovani deportati. Sono una
nuova modalita' di espressione della violenza che i boss della criminalita'
usano come proprio capitale d'investimento. Le modalita' della violazione
dei diritti umani in Guatemala oggi sono cambiate; ma per mantenere lo
stesso risultato: la paura, la psicosi del terrore. Le mafie manipolano le
maras che sono organizzate capillarmente nei quartieri dove esigono il pizzo
da chiunque svolga un'attivita': persino dall'anziana povera signora che
vende zuppe all'angolo della strada. E la polizia, essa stessa intimidita,
non riesce a intervenire. Tantomeno trova testimoni disposti a denunciare.
Per questo capita pure che qualcuno finisca col farsi giustizia da se'.
Anche il numero crescente di assassinii di giovani donne si consuma
all'interno delle bande e delle mafie, con un ritorno prepotente del
machismo, legato alla cultura del terrore. E' urgentissimo lavorare per
sostenere le istituzioni del sistema democratico prima che la sfiducia e la
disperazione abbiamo definitivamente il sopravvento.
*
- Gianni Beretta: Rigoberta, recentemente hai ventilato l'ipotesi di formare
un partito degli indigeni.
- Rigoberta Menchu': Quello dell'organizzazione e' uno dei miei nahuales
(energie spirituali) che piu' mi protegge in questo mondo. Fin da bambina
mio padre mi ha insegnato a organizzare nella comunita'. E da quando ho
avuto il Nobel ho pensato a uno strumento politico che rendesse possibile la
partecipazione delle popolazioni indigene al potere. Nel 1993 ci ho provato
insieme ad altri leader conosciuti. Formammo il Kamal-E. Ma non funziono'
perche' un gruppo maya che unisse diverse tendenze non piacque all'allora
guerriglia e alla sinistra. Ci disperdemmo nella post-guerra ciascuno
facendo preziosi censimenti del genocidio. Non rilanciai quell'idea per non
dar corda a coloro che mi accusavano di voler figurare alla testa di ogni
iniziativa senza avere una vera base sociale. Ho riflettuto molto su quelle
critiche giungendo alla conclusione che non si trattava altro che dei soliti
argomenti di chi imbraccia gli strumenti dell'oppressione e del razzismo.
Volevano condizionarmi; arrivai in effetti a chiedermi persino se il
progetto di un partito non avesse macchiato lo stesso premio Nobel. Ora quei
condizionamenti li ho lasciati alle spalle. Sono una dirigente politica che
ha ricevuto una missione dai suoi avi; e la devo compiere fino in fondo.
Dunque, anche se non per le elezioni dell'anno prossimo, fondero' un partito
indigeno. Qualcuno dice che voglio essere presidente della repubblica; se il
destino lo vorra' saro' presidente del Guatemala.
*
- Gianni Beretta: Pensi a un percorso come quello di Evo Morales in Bolivia;
una sorta di riscatto dopo cinque secoli di sottomissione?
- Rigoberta Menchu': Non bastera' un mandato per Evo Morales per cambiare
istituzioni escludenti e per mostrare miglioramenti decisivi nella vita dei
boliviani. E' un lungo processo del quale lui deve gettare le fondamenta, ma
che i fratelli indigeni boliviani devono sostenere preparandosi per essere
in grado di condurre le redini del paese. Io appoggiai molto l'avvento al
governo di Lucio Gutierrez in Ecuador, eletto grazie al voto indigeno. Ma
poi e' risultato che non avevamo sufficiente gente preparata per gestire lo
stato e l'economia; e tutto e' caduto. Dobbiamo essere prudenti altrimenti
cresciamo come un vulcano in eruzione. Mentre i soliti reazionari ci
aspettano al varco per dire: lo vedete che gli indigeni non sono cambiati e
non sono buoni a nulla?
*
- Gianni Beretta: Anche il peruviano Alejandro Toledo, prima di assumere la
fascia presidenziale, ando' a Machu Picchu a invocare i buoni auspici delle
divinita' ancestrali...
- Rigoberta Menchu': Non mi interessa se un presidente e' indigeno o no.
Cosi' come non giudico il presidente Berger in quanto ladino. Mi importa
solo che sia un buon amministratore, trasparente, democratico,
partecipativo, pluriculturale. Certo ci vuole anche tanta spiritualita'. Le
aspirazioni materiali devono essere in equilibrio con quelle spirituali. Ma
posso affermare che ci sono fior di europei che conoscono le energie maya da
diventarne guide spirituali; e indigeni maya che di queste energie non sanno
proprio niente. Sono argomenti profondi che non si possono banalizzare con
luoghi comuni.

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