No al Nucleare, Civile e Militare
di Omero Dellistorti

Tratto da La Nonviolenza e’ in Cammin
o

[Ringraziamo per questo intervento il nostro buon amico Omero Dellistorti, vecchio collaboratore del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo]


Ero giovane, ero un militante rivoluzionario, ero povero. Quell'inverno faceva cosi' freddo che quando non c'erano riunioni o iniziative andavo a leggere alla sala d'aspetto della stazione ferroviaria, per riscaldarmi. Li' lessi Opera aperta di Eco (o era Apocalittici e integrati? non ricordo bene), e quel saggio in cui polemizzava con Anders sulla televisione, leggendo il quale mi convinceva sempre piu' che proprio Anders avesse ragione. Passarono forse anni. Trovai L'uomo e' antiquato su una bancarella. Lo lessi d'un fiato. Mi persuase per sempre. Poi cercai tutte le altre opere, me ne sfamai con fauci di lupo, ma questa e' un'altra storia. Guenther Anders e' il filosofo che piu' di ogni altro ha saputo cogliere quelle che Balducci ha chiamato "le verita' di Hiroshima", che piu' di ogni altro ci ha detto la verita' sull'ora presente, e quale fosse - quale sia - la lotta da condurre.
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Se la memoria non m'inganna l'incipit di Hiroshima mon amour di Resnais e' folgorante, come anche quel suo documentario Nuit et bruillard di qualche anno prima: il ricordo di Auschwitz e quello di Hiroshima credo siano gli eventi che piu' hanno segnato le mie scelte di vita, e credo di molte e molti altri: il lager (e il gulag), la guerra sterminatrice, il totalitarismo che in vita e in morte riduce le donne e gli uomini in niente, in scoria, in tormento infinito e infinito silenzio. Anni dopo dedicai anch'io un brano (quella cosa che viene sbranata) della mia vita a cercare di dare una mano alla lotta di Nelson Mandela (e di Benny Nato, questo indimenticabile generoso amico, sublime un eroe della mitezza che resiste): mi parve che in quella resistenza, la lotta di un popolo per abbattere l'apartheid, si stava lottando contro Auschwitz e contro Hiroshima; sentii che in Sud Africa si stava combattendo per salvare l'umanita' intera dal trionfo hitleriano. Il giorno che Mandela usci' dal carcere mi parve si aprisse una speranza grande, che la successiva straordinaria vicenda della Commissione per la verita' e la riconciliazione ha confermato. Ma non c'era da farsi illusioni, la lotta sarebbe continuata ancora a lungo. Piu' che mai oggi, che sembra che Hitler sia ancora una volta riemerso dall'inferno, "a luta continua".
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Ero a Pian dei Cangani, campagna di Montalto di Castro, nel 1977 a quella prima manifestazione contro la decisione di costruire li' una centrale nucleare. C'ero ancora anche dieci anni dopo - nel frattempo: Cernobyl - all'ultima davanti ai cancelli: quando la carica di ragazzini in divisa mi stropiccio' - diciamo cosi' - non poco (e mi fece - diciamo cosi' - per un attimo temere che mi rompessero la testa per sempre). Ma l'avemmo vinta noi, vincemmo il referendum, il nucleare almeno qui si fermo'. Nel mezzo: l'esperienza del movimento contro gli euromissili, Comiso; e la nascita della nuova ecologia (e il rapido declino di gran parte delle sue rappresentanze politiche e istituzionali in carrierismo e clientele, arraffamento e complicita'). Poi il crollo dei regimi totalitari all'est, che cosi' fervidamente noi comunisti di sinistra dell'ovest senza esitazioni solidali coi dissidenti avevamo desiderato; e l'immediato riciclaggio dei settori peggiori delle nomenklature nelle mafie restate al potere; e il trionfo del capitalismo piu' rapace e assassino su scala planetaria.
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Talora mi capita di incontrare i vecchi compagni di allora, quelli ancora vivi e che non hanno ceduto (ogni anno qualcuno ci lascia: Dario Paccino or non e' guari). Non c'e' bisogno tra noi di molte parole. Basta un sorriso. Non ci hanno piegati. Non ci piegheranno oggi. Il dottor Stranamore non ha ancora vinto. Mi chiedono talvolta amici piu' giovani (che temo ci percepiscano come animali antidiluviani inaspriti contro tutto e tutti - e non capiscono perche' disprezziamo chi per far carriera fa morire la gente, chi pontifica a mane e a sera riscuote l'obolo della complicita' col male, chi indossa il candido vello e sotto reca irsuto l'abito del vorace, e ci ripugnano anche le condotte di tanti che pure si dicono per la pace e albergano palese la foia del dominio, che sempre e' assassina), perche' abbiamo tenuto duro, per quale motivo non abbiamo mai voluto "fare il compromesso". Per questo, rispondo: perche' non abbiamo saputo, o potuto, o voluto dimenticare Auschwitz; non abbiamo voluto, o potuto, o saputo dimenticare Hiroshima. Come potremmo? E a tutte le guerre, a tutti gli eserciti, a tutte le armi, a tutti i campi di concentramento, a tutte le torture, a tutte le uccisioni: siamo restati per sempre nemici. Non e' per candore che abbiamo scelto la nonviolenza, ma per una interiore, imperiosa, rigorosa necessita' di non tradire le vittime, di non tradire l'umanita'.
Poiche' solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

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