Ricordi della "Rosa Bianca"
di George J. Wittenstein

[Dal sito: www.olokaustos.org riprendiamo il seguente testo, originariamente una conferenza tenuta nel 1997 da George J. Wittenstein, uno dei superstiti del gruppo di giovani resistenti antinazisti della "Rosa bianca". I curatori del sito cosi' presentano il testo seguente: "Il 22 febbraio 1943, furono processati e condannati a morte tre giovani del gruppo di resistenza tedesco la 'Rosa Bianca'. Sophie Scholl, Hans Scholl e Christoph Probst vennero decapitati nello stesso giorno dopo solo qualche ora dalla sentenza. La loro colpa era di aver scritto e distribuito sei volantini antinazisti. Ci e' sembrato importante presentare ai nostri lettori un episodio spesso trascurato all'interno della tragedia nazista. Al di la' del valore pratico della resistenza messa in atto dai ragazzi della 'Rosa Bianca', cio' che va sottolineato e' il valore etico della loro azione. La resistenza che questi giovani cercavano di suscitare nel popolo tedesco era una forma di nonviolenza: la disobbedienza. La pericolosita' dell'atto di dissenso per un regime totalitario e oppressivo rappresenta il maggior pericolo. Non e' la violenza che puo' spaventare i teorici dell'oppressione ma il pensiero che, finalmente libero, fa della disobbedienza arma di liberta'. Vogliamo commemorare gli aderenti alla 'Rosa Bianca' con le parole del dottor George J. Wittenstein, dalla sua conferenza 'Memories of the White Rose' (Copyright 1997 by Dr. George Wittenstein All Rights Reserved). Tra gli ultimi sopravvissuti dei fondatori del gruppo, Wittenstein e' emigrato negli Stati Uniti dopo la fine della guerra. Qui ha insegnato alla University of California a Los Angeles ed esercitato come cardiochirurgo. Ringraziamo il dottor Wittenstein per averci dato il consenso per la traduzione e la
pubblicazione del suo testo. La traduzione e' a cura di Olga Baldassi Pezzoni".
Tra il 1942 ed il 1943 un gruppo di studenti ed un professore di Monaco realizzarono e diffusero una serie di sei volantini clandestini antinazisti. I primi quattro volantini si aprivano col titolo "Fogli volanti della Rosa Bianca" ed erano diffusi in poche centinaia di copie; gli ultimi due intitolati "Fogli volanti del movimento di Resistenza in Germania" ciclostilati in qualche migliaia di copie. Scoperti, furono condannati a morte e decapitati gli studenti Hans Scholl, Sophie Scholl, Christoph Probst, Willi Graf, Alexander Schmorell ed il professor Kurt Huber.
Opere sulla Rosa Bianca: Inge Scholl, La Rosa Bianca, La Nuova Italia, Firenze, 1966, rist. 1978 (scritto dalla sorella di Hans e Sophie Scholl, il volume - la cui traduzione italiana e' parziale - contiene anche i testi dei volantini diffusi clandestinamente dalla Rosa Bianca); Klaus Vielhaber, Hubert Hanisch, Anneliese Knoop-Graf (a cura di), Violenza e coscienza. Willi Graf e la Rosa Bianca, La nuova Europa, Firenze 1978; Paolo Ghezzi, La Rosa Bianca. Un gruppo di resistenza al nazismo in nome della liberta', Paoline, Cinisello Balsamo (Mi) 1993; Romano Guardini, La Rosa Bianca, Morcelliana, Brescia 1994; Paolo Ghezzi, Sophie Scholl e la Rosa Bianca, Morcelliana, Brescia 2003]


Il contesto politico
Cinquantaquattro anni fa (1) tre studenti tedeschi vennero arrestati. Pochi giorni dopo vennero condotti davanti al Volksgerichtshof (Corte di Giustizia Popolare), condannati a morte, e decapitati lo stesso giorno. Alcuni mesi dopo furono eseguiti altri arresti e, al termine di un secondo processo, furono emesse altre tre condanne a morte.
Occorre aggiungere che la Corte di Giustizia Popolare esisteva al di fuori della Costituzione tedesca. Era stata creata nel 1934 dal Nsdap, il partito nazionalsocialista, al solo scopo di eliminare i nemici di Hitler. Come si puo' spiegare che, dopo dieci anni di governo nazista, con il suo incessante indottrinamento politico che aveva inizio gia' in eta' prescolare, e nel bel mezzo di una "grande guerra patriottica", questi studenti che erano in gran parte cresciuti sotto l'influenza di questo regime, decidessero di prendere posizione contro la tirannia nazista? Per far questo sara' necessario inquadrare gli eventi nel loro contesto storico. Sono fermamente convinto che nessuna persona che viva negli Stati Uniti possa comprendere appieno che cosa significhi vivere sotto una dittatura assoluta, in quanto e' estremamente diverso da quello che noi associamo a questo termine, per esempio, in relazione ad una tipica situazione latinoamericana. Mai prima si era avuto un controllo cosi' assoluto, eccetto che nell'Unione Sovietica, alla quale Hitler in parte si rifece. Il governo - o meglio, il partito - controllava tutto: i mezzi d'informazione, le armi, la polizia, le forze armate, il sistema giudiziario, i viaggi, tutti i livelli dell'istruzione, dalla scuola materna all'universita', le istituzioni religiose e culturali. L'indottrinamento politico iniziava in tenera eta' per continuare poi con la "Gioventu' hitleriana", con l'obiettivo ultimo di raggiungere un controllo completo della mente. Nelle scuole i bambini venivano esortati a denunciare perfino i propri genitori, se questi pronunciavano frasi negative nei confronti di Hitler o
dell'ideologia nazista. Anche un mio cugino adolescente, per esempio, minaccio' di denunciare suo padre; riuscii a malapena a dissuaderlo facendogli notare che egli stesso sarebbe finito abbandonato se suo padre fosse stato arrestato e incarcerato. Una resistenza organizzata era praticamente impossibile. Nessuno poteva parlare apertamente, perfino coi propri amici piu' intimi, perche' non si era mai sicuri che questi non fossero spie naziste o collaboratori del regime. Il controllo e la sorveglianza da parte del partito erano cosi' ben organizzati che ogni singolo caseggiato in citta' aveva un proprio funzionario di partito con il compito di spiare i vicini. Ufficialmente il "Blockwart" (guardiano di caseggiato) aveva l'incarico di garantire il benessere dei residenti del proprio caseggiato, ma in realta' doveva sorvegliare, registrare e riferire le attivita', le conversazioni e i commenti di ogni persona, oltre alle sue frequentazioni. Nemmeno la privacy in casa propria era garantita: era molto comune coprire il telefono con un copriteiera o un cuscino, come precauzione contro l'ascolto indebito mediante "cimici". Non era neppure possibile sapere quale corrispondenza fosse stata segretamente aperta. Ricordo benissimo un evento accaduto in un cinema: qualcuno che era seduto alcune file davanti a me fu portato via dalla Gestapo. Pareva che avesse espresso un commento negativo nei confronti di Hitler durante il precedente notiziario. Chiunque l'avesse sentito, per compiere un dovere patriottico, doveva aver informato la polizia segreta.
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Le origini della "Rosa Bianca"
Certo, c'erano individui e piccoli gruppi locali che si opponevano al regime. In effetti oggi sappiamo che ce n'erano piu' di trecento, ma, per le ragioni che ho descritto precedentemente, era praticamente impossibile stabilire dei contatti, e ancor piu' mantenere le comunicazioni. Pertanto i
gruppi erano piccoli, isolati, e non conoscevano l'esistenza gli uni degli altri. L'unica resistenza che avrebbe potuto avere successo sarebbe stata quella dei militari. Questi ci provarono, con grande ritardo, quel 20 luglio 1944, e fallirono miseramente. Con cio' ritorno alla mia domanda iniziale: come fu possibile per un piccolo gruppo di studenti universitari sfidare questo regime cosi' potente e, con infiniti rischi, chiamare ad una resistenza aperta?
La risposta e' molteplice:
1. Eravamo studenti e, lungo tutto il corso della storia, gli studenti sono stati idealisti, ribelli e disposti a rischiare: ribelli nei confronti dell'ordine esistente, nei confronti delle convenzioni vuote, vecchie e nuove (gli Stati Uniti e l'Europa hanno avuto un'esperienza diretta di queste cose negli anni Sessanta). La maggior parte dei membri del nostro gruppo aveva appartenuto alla "Buendische Jugend". Si trattava di organizzazioni giovanili molto simili ai Boys Scout, che erano nate in Europa intorno al 1908 ed erano particolarmente diffuse in Germania. Essenzialmente, queste organizzazioni si svilupparono sulla spinta della delusione dei giovani nei confronti del vecchio ordine stabilito e delle scuole, che li avevano terribilmente delusi, oltre che i genitori soffocanti. Erano impregnate di romanticismo tipicamente tedesco. I loro ideali e obiettivi dichiarati erano: liberta' individuale, autodisciplina e adesione ai piu' alti principi morali ed etici.
2. Questi studenti provenivano da famiglie borghesi. I loro genitori erano oppositori di Hitler e questo deve averli in una certa misura influenzati.
3. La maggior parte di noi erano studenti di medicina, ad eccezione di Sophie Scholl, che aveva una laurea in biologia e filosofia. Avevamo in comune un profondo interesse e un grande amore per le arti, la musica, la letteratura e la filosofia. La maggior parte di noi aveva amici o compagni di classe ebrei che erano stati espulsi, deportati o avevano sofferto nel pogrom della Notte dei cristalli. Tutto ebbe inizio, possiamo dire, nell'inverno 1938/'39. Quelli tra noi che stavano adempiendo i due anni di servizio militare obbligatorio e intendevano entrare nella facolta' di medicina furono assegnati a una "Sanitaetskompanie", una scuola di addestramento per personale medico, per gli ultimi sei mesi.
Fu li' che incontrai Alexander Schmorell. Era un giovane di molti talenti, uno scultore molto dotato, con un profondo interesse per la musica e la letteratura; era nato in Russia da padre tedesco (un medico) e madre russa. Presto scoprimmo le nostre tendenze politiche affini e diventammo intimi amici. Forse alcuni di voi hanno letto in qualche libro sulla Rosa Bianca cio' che Alex Schmorell mi disse, indicandomi la porta della nostra caserma: "Forse, fra dieci anni, ci sara' una targa su quella porta, con la scritta: 'Da qui ebbe inizio la rivoluzione'".
Entro la primavera seguente la maggior parte di noi si era iscritta all'Universita' di Monaco. Ci furono due giorni di indottrinamento politico obbligatorio, che nessuno prese sul serio. Sebbene le confraternite fossero state sciolte e fatte confluire nell'organizzazione studentesca nazionalsocialista, trovavamo esilarante il grado di liberta' di cui godevamo da studenti, in confronto a quello che ci eravamo lasciati alle spalle: sei mesi di "Arbeitsdienst" (una specie di lavoro coatto paramilitare, in uniforme), seguiti da due anni di servizio militare. Tuttavia, ciascuno tenne per se' le proprie opinioni, a causa del palpabile senso di oppressione e di controllo, e della minaccia, sempre pendente, dei campi di concentramento. Tuttavia, il malcontento studentesco ribolliva. Per esempio, al termine del semestre estivo, il capo dell'organizzazione studentesca nazista dello Stato di Baviera ci convoco' per informarci che ci era stato ordinato di impiegare le nostre vacanze nel lavoro agricolo, altrimenti non ci sarebbe stato permesso di iscriverci al semestre autunnale. Ci furono dimostrazioni; gli studenti della facolta' di chimica esplosero bombe puzzolenti e fu chiamata
la Gestapo. Poco dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, provocato dall'invasione della Polonia da parte della Germania (settembre 1939), gli studenti di medicina furono arruolati, alloggiati in caserma e obbligati a frequentare le lezioni in uniforme. Inizialmente, cio' fu eseguito in maniera tipicamente prussiana: gli studenti venivano stipati nelle caserme, fino a dieci per stanza, il che rendeva lo studio particolarmente difficile; ci si recava alle lezioni marciando in colonna al mattino e si ritornava allo stesso modo la sera. Alla fine l'assurdita' e l'impraticabilita' di tutto questo divenne evidente e ci fu concessa maggiore liberta'; ci fu concesso di abitare in alloggi privati e all'ultimo anno perfino di indossare abiti civili. Solo l'appello e l'esercitazione mattutina del sabato rimasero obbligatori. Molti di noi non si presentavano e gli amici rispondevano per conto degli assenti gridando "Presente", quando venivano chiamati i loro nomi. In questo gruppo studentesco io presentai Alex Schmorell a Hans Scholl.
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La formazione culturale e gli incontri
L'evoluzione di Hans Scholl fu forse quella tipica di molti giovani tedeschi: nel 1933, in uno slancio d'entusiasmo giovanile, aderi' alla "Gioventu' hitleriana", come aveva fatto la sua sorella maggiore, che divenne anche un capo. In seguito rimase deluso, quando gli obiettivi dell'organizzazione divennero palesi, e fondo' un gruppo separato all'interno della Gioventu' hitleriana stessa, basato sui principi della "Buendische Jugend" (per questo fu arrestato per un breve periodo nel 1937). Sebbene egli stesso fosse luterano, nel 1940-'41 incontro' due letterati cattolici, Carl Muth e Theodor Haecker, che impressero un nuovo indirizzo alla sua vita, al punto che incomincio' a trascurare la medicina per immergersi nella religione e nella filosofia. Di fatto, per un certo periodo Scholl penso' anche di convertirsi al cattolicesimo.
A quel tempo, con alcuni amici diede inizio alle "Lesenabende" (serate di lettura), durante le quali si leggeva letteratura moderna e classica, che poi venivano discusse fino a tarda notte. Contemporaneamente, ma all'insaputa l'uno dell'altro, anch'io iniziai il mio circolo, al quale invitavamo noti scrittori, commediografi, attori, poeti e musicisti, perche' ci presentassero le loro opere, mentre noi a nostra volta leggevamo loro le nostre poesie, sollecitando la loro critica. In entrambi i gruppi, queste discussioni non toccavano mai l'argomento politico; erano invece incentrate sul nostro interesse sviscerato per ogni genere d'arte, di musica e di filosofia. Tutti noi assistevamo spesso a concerti e importanti spettacoli teatrali. Quella che oggi e' nota come la "Rosa Bianca", nacque dall'amicizia personale, sempre piu' profonda, tra giovani che condividevano un grandissimo interesse per la medicina e altri campi. Certamente tutti avevamo le medesime convinzioni politiche, contrarie a Hitler e al regime nazista. Ma, come era tipico di milioni di tedeschi all'epoca, ci rifugiavamo nella nostra sfera privata - nel nostro caso, le arti, la filosofia, il nostro circolo di amici. Questo percorso fu intrapreso da molti di coloro che non poterono emigrare e fu propriamente denominato "Innere Emigration" (emigrazione interiore). Tuttavia, man mano che le atrocita' naziste divenivano piu' evidenti, quando gli ebrei incominciarono ad essere deportati e quelli che rimasero furono costretti a portare la Stella di David gialla; quando si venne a conoscenza delle atrocita' commesse nella Polonia e nella Russia occupate, e quando cominciarono a circolare segretamente le copie del sermone del vescovo Galen, che condannava l'uccisione degli internati negli ospedali psichiatrici, il nostro distacco cedette il passo alla certezza che non bastava piu' tenere per se' le proprie convinzioni e i propri standard etici, ma che era venuto il momento di agire.
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I volantini: i "Fogli volanti della Rosa Bianca"
Cosi', all'inizio dell'estate del 1942, Alex Schmorell e Hans Scholl scrissero quattro volantini, con una macchina da scrivere ne fecero il maggior numero possibile di copie - probabilmente non piu' di 100 - e le diffusero in tutta la Germania. Questi volantini venivano lasciati negli elenchi telefonici all'interno delle cabine pubbliche, spediti per posta a professori e studenti, o portati da corrieri ad altre universita' per essere distribuiti. Tutti e quattro furono scritti in un periodo di tempo relativamente breve, tra il 27 giugno e il 12 luglio. Secondo quanto ci e' dato di conoscere oggi, Hans Scholl scrisse il primo e il quarto volantino, mentre Alex Schmorell partecipo' alla redazione del secondo e del terzo (io mi occupai della revisione del terzo e del quarto). Tutti i volantini vennero inviati anche ai membri della "Rosa Bianca", in modo da poter controllare se venivano intercettati. E' significativo che, dei primi 100 volantini, 35 furono consegnati alla Gestapo. Cio' non significa necessariamente che i destinatari fossero nazisti. Chi si scopriva destinatario di materiale tanto pericoloso, temeva con ragione di essere sulla lista del mittente e, se il materiale fosse stato intercettato dalla polizia segreta, lo avrebbe messo in gravissimo pericolo. Consegnando i volantini alla polizia segreta, si sperava di distogliere da se' ogni sospetto. Qualcuno avrebbe perfino potuto pensare (e non sarebbe stato impossibile) che i volantini potessero essere stati prodotti e spediti dalla stessa Gestapo, per mettere alla prova la sua fedelta' verso il partito e lo stato. Produrre e diffondere questi volantini oggi puo' sembrare semplice, ma in realta' non era solo molto difficile, ma anche estremamente pericoloso. La carta era scarsa, come pure le buste, e se qualcuno ne acquistava in grandi quantita', o comperava piu' di qualche francobollo, immediatamente diveniva sospetto. Portare i volantini in un'altra citta' comportava grossi rischi, perche' i treni erano costantemente pattugliati dalla polizia militare, che chiedeva i documenti di viaggio a tutti i maschi in eta' di servizio militare. Chiunque viaggiasse senza i necessari documenti era sospetto, e le conseguenze erano prevedibili. Alcuni di noi viaggiavano in abiti civili, sperando per il meglio; altri con documenti di viaggio falsi. Anch'io ho viaggiato con una carta d'identita' falsa (quella di mio cugino, col quale avevo una certa somiglianza). Lasciavamo le cartelle con i volantini in uno scompartimento diverso, in quanto i bagagli venivano regolarmente perquisiti. Ma la maggior parte dei volantini veniva trasportata da studentesse, le quali non erano sottoposte a tali controlli. A quel tempo la sorella di Hans Scholl, Sophie, si era iscritta all'universita' di Monaco per studiare biologia e filosofia. Quando scopri' le attivita' segrete di suo fratello lo prego' di poter partecipare, ma egli
rifiuto' per proteggerla. A seguito della sua insistenza, pero', Hans cedette. Cosi' Sophie divenne una cospiratrice attiva. I volantini portavano il titolo: "Fogli volanti della Rosa Bianca" (2) (a tutt'oggi l'origine di questo titolo non e' chiara, anche se sappiamo che e' stato probabilmente coniato da Hans). Tutti e quattro i volantini contenevano lo stesso messaggio: essi facevano riferimento allo sterminio di massa degli ebrei e della nobilta' polacca, e ad altre atrocita' commesse dai nazisti e dalle SS. Invocavano l'azione contro il nazionalsocialismo e una resistenza prima passiva e poi attiva. Erano pieni di idealismo, di entusiasmo quasi estatico, e disseminati di citazioni di Goethe, Schiller, Lao Tse, Novalis, Aristotele ed altri. Chiamavano all'"autocritica", a "liberare la scienza tedesca" - a "liberare lo spirito dal male" -, a una "rinascita della vita studentesca, affinche' l'universita' tornasse ad essere una comunita' viva, dedita alla verita'". In altre parole, i volantini erano destinati all'elite intellettuale, agli studenti e alle facolta' universitarie.
I volantini contenevano anche commenti su come la Germania avrebbe dovuto essere ricostruita dopo la guerra, e reintegrata nell'Europa. Per eliminare il sospetto che la Rosa Bianca potesse essere in qualche modo finanziata dai nemici della Germania, gli Alleati, e non fosse un movimento puramente tedesco, il quarto volantino afferma: "Noi desideriamo enfatizzare che la Rosa Bianca non e' al soldo di alcuna potenza straniera. Sebbene siamo consapevoli che il potere nazionalsocialista debba essere spezzato militarmente, noi ricerchiamo il risveglio dello spirito tedesco profondamente ferito. Per amore delle generazioni future, dovremo essere d'esempio dopo la guerra, affinche' mai nessuno abbia piu' il benche' minimo desiderio di sperimentare qualcosa di questo genere. Non dimenticate i piu' piccoli criminali di questo sistema; annotatevi i loro nomi affinche' nessuno possa sfuggire... Noi non resteremo in silenzio - noi siamo la vostra cattiva coscienza. La Rosa Bianca non vi lascera' in pace...". Presto Christoph Probst fu aggiunto a questo circolo di amici, sebbene non avesse partecipato direttamente alla stesura dei volantini, in quanto era stato trasferito all'Universita' di Innsbruck. Era l'unico tra noi ad essere sposato (cosa molto insolita a quel tempo) e aveva tre figli. Era forse il piu' apolitico tra noi; la letteratura e la filosofia erano i suoi principali interessi, oltre al suo amore per la medicina. Tra tutti i membri della "Rosa Bianca", egli era il mio migliore
amico. Vivere sotto il regime nazista era estremamente stressante e frustrante. Non si sapeva mai quando il partito si sarebbe nuovamente intromesso nella propria vita personale o nella propria istruzione. Fritz-Joachin von Rintelen era un professore di filosofia molto popolare, le cui lezioni venivano seguite da studenti di molte discipline diverse. Un giorno non si presento' per la lezione programmata, e cominciarono a circolare voci che gli fosse stato revocato il diritto di docenza. Concordammo di incontrarci di nuovo per la lezione successiva, la settimana seguente. Quando von Rintelen non comparve, l'intera classe si reco' nell'ufficio del rettore dell'Universita' per domandare spiegazioni. Dopo un po', il rettore, pallido ed evidentemente scosso, socchiuse la porta e disse: "Non intendo fornire alcuna informazione", e richiuse la porta sbattendola. Capeggiati da un pittore amico mio, Remigius Netzer, e da me, decidemmo allora di recarci all'appartamento del professor von Rintelen per una dimostrazione di solidarieta'. E fu cosi' che nel pieno della guerra, alla luce del giorno, un'ottantina e piu' di studenti, alcuni perfino in uniforme, marciarono lungo il viale principale di Monaco, sotto gli occhi assolutamente increduli dei passanti.

L'esperienza del fronte orientale
Nell'estate del 1942 le autorita' si trovarono ad affrontare un dilemma: cosa fare di migliaia di studenti di medicina in uniforme durante le vacanze estive? La soluzione ovvia non venne loro in mente se non molto piu' tardi, e cioe' modificare il sistema dei semestri trasformandolo in trimestri e cosi' continuando l'istruzione lungo l'intero arco dell'anno. In questo modo il tempo necessario a formare un nuovo medico per le forze armate sarebbe stato abbreviato. Invece si inventarono il concetto della "Frontbewaerung". L'idea consisteva nell'inviare tutti gli studenti di medicina sul fronte russo per un periodo di tre mesi, cosi' che potessero fare esperienza nel prestare cure mediche sotto il fuoco e lavorare come assistenti medici negli ospedali da campo. Sul treno per la Russia insieme a noi c'era Willi Graf, uno studente di medicina che, al contrario di noi, non aveva avuto la fortuna di essere collocato in un'unita' di studenti medici e quindi non aveva potuto continuare i suoi studi fino all'estate del 1942. Era profondamente religioso e aveva aderito a organizzazioni giovanili cattoliche gia' in eta' molto precoce. Aveva preso a tal punto le distanze dal nazionalsocialismo che aveva perfino cancellato dalla sua agenda i nomi di coloro che avevano aderito alla Gioventu' hitleriana. In Russia fece amicizia con Hans e Alex e, una volta tornati a Monaco, divenne un membro attivo del gruppo. L'esperienza del lungo viaggio e i tre mesi trascorsi in Russia lasciarono su tutti noi una profonda impressione. Sulla via del fronte trascorremmo alcuni giorni a Varsavia. Varsavia era stata dichiarata citta' aperta dal governo polacco, per salvarla dalla distruzione ma, in totale spregio della Convenzione di Ginevra, essa fu parzialmente distrutta da bombardamenti e artiglieria. Non dimentichero' mai la visita al ghetto, che era costituito da diversi isolati circondati da mura e sorvegliati da soldati ucraini. Inorridii quando scoprii che, per un pacchetto di sigarette, quegli ucraini avrebbero sparato per divertimento a chiunque si affacciasse a una finestra e venisse loro indicato. Gli abitanti del ghetto avevano il permesso di lavorare all'esterno e, al loro rientro, i loro zaini venivano perquisiti. Vidi con i miei occhi delle SS picchiare alcuni ebrei con dei frustini da cavallo senza essere stati provocati, e riuscii perfino a fotografarli. Grazie ad Alex, che parlava correntemente il russo, riuscimmo a prendere contatto con dei contadini russi. Alex rimprovero' una guardia che aveva picchiato a sangue un lavoratore russo e questo per poco non gli costo' la corte marziale. Hans Scholl diede la sua intera razione di tabacco, un bene di grandissimo valore, a un ebreo in una colonna di lavoratori forzati. Provavamo grande compassione e rabbia per coloro che soffrivano sotto quegli oppressori senza scrupoli. In Russia maturammo la convinzione che bisognava fare qualcosa e arrivammo a comprendere la terribile verita' che la Germania si poteva salvare soltanto perdendo la guerra: una conclusione estremamente dolorosa per qualcuno che ami il proprio Paese, la propria patria - e noi di certo l'amavamo.
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Le dimostrazioni e gli ultimi volantini
Quando ritornammo, il 6 novembre 1942, l'impegno maggiore fu profuso nell'allargare il nostro piccolo circolo e nel trovare e incoraggiare nuovi attivisti in altre universita'. A quel tempo l'umore generale aveva incominciato a cambiare: gli scacchi subiti sul fronte russo e i pesanti bombardamenti alleati sulle citta' tedesche avevano avuto il loro effetto. Piu' o meno in quel periodo un'altra persona si aggiunse al movimento: Kurt Huber, 50 anni, professore di filosofia, psicologia e musicologia. Egli non divenne attivo fino al novembre 1942, quando gli fu presentata la bozza del
quinto volantino di Hans Scholl, che rifiuto' perche' "troppo comunista". Il professor Huber era un uomo straordinario. Aveva un handicap fisico che a volte lo rendeva difficilmente comprensibile, ma quando si lasciava trasportare durante le sue lezioni parlava splendidamente e con grande eloquenza e ispirazione. In qualche modo riusciva ad inserire nelle sue lezioni dei commenti su argomenti, libri o autori censurati o proibiti, riuscendo alla fine a dimostrarne la superiorita' rispetto ai governanti nazisti e alla loro ideologia. In una lezione su Leibniz, diede un esempio perfetto di travestimento linguistico, contrapponendo il concetto antiassolutista di stato dei filosofi alla realta' del nazionalsocialismo. Ricordo perfino una lezione di un'ora sul filosofo ebreo Spinoza. Il professor Huber ebbe una vita difficile: non fu mai promosso a docente di ruolo, nonostante il suo straordinario lavoro. Per questo doveva sopravvivere e mantenere una famiglia di quattro persone con il magro stipendio di 300 marchi al mese. Una delle ragioni addotte per non concedergli la promozione fu "Noi possiamo avere solo professori che possano anche agire come ufficiali".
Il 13 gennaio 1943, il Gauleiter della Baviera (una carica simile a quella di governatore, ma non elettiva, che veniva ricoperta da un funzionario del partito nazista) arringo' tutti gli studenti universitari durante un'assemblea presso il famoso Museo Tedesco di Monaco. Rimprovero' le studentesse, perche' sprecavano tempo e fondi facendo le studentesse, cosa che "non avevano il diritto di fare". Avevano invece l'obbligo di dare un figlio al loro amato Fuehrer. Offri' loro i servigi di alcuni begli stalloni, nel caso non fossero state abbastanza attraenti da trovarsene uno da sole. Quando molte studentesse tentarono di abbandonare l'aula in segno di protesta, acclamate dall'applauso generale degli studenti, il Gauleiter le fece arrestare. A questo punto gli studenti, molti dei quali indossavano l'uniforme, assaltarono il podio e presero in ostaggio il leader studentesco, fino a quando tutte le donne non furono rilasciate.
Come si puo' immaginare, la notizia dell'accaduto si sparse per tutta Monaco alla velocita' del lampo. Questo rafforzo' la convinzione di Scholl e Schmorell che fosse venuto il momento di incitare all'azione, e che il popolo fosse ormai maturo per ribellarsi ai suoi oppressori. Quasi contemporaneamente fu scritto e diffuso il quinto volantino, per la prima volta con una tiratura di 5.000-6.000 copie, perche' Schmorell era riuscito, con enormi difficolta', a procurarsi un ciclostile. Questo volantino aveva un tono diverso ed era intitolato: "Fogli del Movimento di Resistenza in Germania". Poi ci fu la grande svolta nella guerra, con la sconfitta di Stalingrado nel febbraio 1943. Questo ispiro' il professor Huber a scrivere un nuovo volantino su richiesta di Hans Scholl. Il volantino fu approvato da tutto il gruppo, che vi apporto' solo piccolissime modifiche. Fu spedito tra il 16 e il 18 febbraio. Stranamente, ne' Scholl ne' Schmorell ricevettero le copie che si erano autospediti, come avevano sempre fatto per verificare se la corrispondenza veniva intercettata. Questo fatto e la sconfitta di Stalingrado furono lo stimolo per azioni ancor piu' audaci: nelle notti del 4, dell'8 e del 15 febbraio, dipinsero enormi slogan sui muri lungo la strada principale di Monaco, in 29 punti, tra cui l'universita'. "Liberta'", "Abbasso Hitler", e cancellarono molte svastiche, usando soprattutto catrame e stampini. L'impresa era resa particolarmente rischiosa dalla presenza di pattuglie della polizia. Io avevo il compito di scrivere slogan simili nelle toilette dell'universita'. Il sesto volantino fu anche l'ultimo: la mattina del 18 febbraio, Hans e Sophie Scholl arrivarono all'universita' con una valigia piena di volantini, e ne lasciarono delle pile fuori da ogni aula. Mentre stavano lasciando l'edificio, si accorsero che nella valigia c'erano ancora molti volantini. Si voltarono e salirono le scale fino al'ultimo pianerottolo sopra il cortile coperto da un tetto di vetro e Sophie rovescio' il contenuto della valigia nel cortile sottostante. Furono notati e subito fermati da un custode. Nel giro di pochi giorni piu' di ottanta persone furono arrestate; fra esse Christof Probst, autore della bozza di un volantino, scritta il 31 gennaio, che fu trovata nelle tasche di Hans Scholl al momento del suo arresto. Se non fosse stato per questa svista, probabilmente oggi Christof Probst sarebbe ancora vivo per mancanza di prove a suo carico. Non si sapra' mai che cosa indusse Hans e Sophie a compiere quell'azione che, secondo quanto dichiararono durante gli interrogatori, non era stata pianificata. Si e' speculato che fossero coscienti del fatto che la Gestapo era sulle loro tracce e, incoraggiati da quanto era accaduto un mese prima al Museo Tedesco, credevano che quest'ultimo atto disperato avrebbe portato a una sollevazione generale in Germania. Certo nessuno di noi ne sapeva nulla. Alex Schmorell, per esempio, apprese del loro arresto in tram, mentre si recava all'universita'.
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I processi contro la "Rosa Bianca"
La reazione di Hitler fu fulminea. La Corte Popolare fu convocata solo quattro giorni dopo e, al termine di un processo durato appena quattro ore, gli Scholl vennero condannati a morte per decapitazione. Ero fortunosamente riuscito a chiamare i genitori degli Scholl, che abitavano a Ulm, chiedendo loro di venire immediatamente a Monaco. Li incontrai alla stazione ferroviaria e li condussi direttamente al Palazzo di Giustizia, dove il processo era gia' in corso. Naturalmente, con quest'azione mi mettevo in pericolo, ma altrimenti non avrebbero piu' rivisto i loro figli vivi, perche' i tre furono giustiziati il pomeriggio stesso. Secondo i documenti storici disponibili, pochi passi prima di giungere alla ghigliottina, Christof Probst disse: "Ci rivedremo tra pochi minuti", mentre Hans Scholl grido': "Viva la liberta'". Cosi' rapida e brutale fu l'azione delle autorita' naziste; cosi' grande fu la fretta con cui cancellarono quello che consideravano un pericolo per se stessi; cosi' seria considerarono questa minaccia, che nessuna notizie dell'evento fu fatta filtrare fino ad esecuzioni avvenute. Alex Schmorell era ancora latitante. Con uno stratagemma riuscii a lasciare la caserma nella quale eravamo stati confinati dopo gli arresti e ad incontrare suo padre nel suo ufficio, per informarlo che la mia famiglia avrebbe potuto nascondere Alex nella nostra casa di campagna e, magari, farlo passare in Svizzera. Solo molto piu' tardi venni a sapere che Alex aveva cercato di fuggire in
Svizzera, ma aveva dovuto tornare indietro a causa della neve alta. Fu arrestato durante un raid aereo su Monaco, tradito da un'ex fidanzata.
Il 19 aprile si svolse un secondo processo, durante il quale Schmorell, Graf e Huber vennero condannati a morte e altri ai lavori forzati. Il professor Huber tenne un discorso appassionato a propria difesa davanti alla Corte Popolare. Per citare solo qualche frase: "Io chiedo la restituzione della liberta' al popolo tedesco", e ancora, citando il filosofo Johann Gottlieb Fichte, "voi dovete agire come se l'intero destino della Germania dipendesse da voi e dalle vostre azioni, e la responsabilita' fosse vostra e vostra soltanto". Questi tre dovettero attendere a lungo prima di essere ghigliottinati. Tutti gli appelli furono vani. Schmorell e Huber vennero infine giustiziati il 13 luglio 1944, e Wili Graf il 12 ottobre. Kurt Huber aveva completato la sua opera maggiore su Leibniz mentre era in prigione. Per illustrare come Huber considerava la sua attivita' antinazista, permettetemi la citazione di un breve brano da una poesia che dalla prigione scrisse a suo figlio di quattro anni per spiegargli che suo padre non moriva come traditore:
"Io sono morto per la liberta' della Germania, per la verita' e per l'onore. Fedelmente ho servito queste tre cose fino all'ultimo palpito del mio cuore".
La brutalita' del regime nazista e' dimostrata dalla fattura di 600 marchi che la signora Huber ricevette per "usura della ghigliottina". Quando ella rispose all'ufficiale che non sarebbe stata in alcun modo in grado di procurarsi una tale somma, che ammontava al doppio dello stipendio che suo marito percepiva, l'ufficiale le rispose: "Forse potremmo farle uno sconto... Dopotutto ne abbiamo talmente tanti in questi giorni...". Ci furono altri gruppi, altri arresti e altre esecuzioni di persone collegate alla "Rosa Bianca" anche alla lontana. Desidero citare l'unico putsch militare riuscito contro il regime nazista; si chiamava "Freiheitsaktion Bayern" (Azione bavarese per la liberta'), con cui anch'io ero collegato.
Il comandante di un'unita' di addestramento per interpreti, il dottor Rupprecht Gerngross, aveva segretamente armato la sua compagnia, ufficialmente disarmata, e fece in modo che praticamente tutti i membri fossero oppositori del regime. Mentre gli americani si avvicinavano alla Baviera, le sue truppe occuparono Radio Monaco, facendo appello alla cittadinanza perche' arrestasse i funzionari nazisti ed esponesse lenzuola bianche (atto punibile con la morte). Arrestarono il Reichsstatthalter, il governatore della Baviera nominato dai nazisti. Nella battaglia che segui' ci furono molte perdite. Purtroppo, questa importante azione che salvo' molte vite di civili e salvo' Monaco dalla completa distruzione che Hitler aveva ordinato, viene raramente citata.
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Sopravvissuto
Mi viene spesso chiesto come sono sopravvissuto. Solo dopo la guerra sono venuto a conoscenza dei dettagli. La Gestapo mi sospettava fin dall'inizio; era sulle mie tracce e continuava a sorvegliarmi e a indagare sul mio conto. Il comandante della mia compagnia mi racconto' successivamente che piu' volte la Gestapo mi aveva cercato e gli aveva fatto domande su di me. Ormai anche lui sospettava il mio coinvolgimento con la "Rosa Bianca", perche', naturalmente, era al corrente della mia ottima amicizia con coloro che erano stati arrestati e giustiziati. Si era premurato di depistare deliberatamente la Gestapo. A tutt'oggi non saprei dire quali siano state le sue motivazioni; se lo abbia fatto per ragioni umanitarie, perche' lui stesso era contrario a Hitler, o se era semplicemente furioso perche' l'autorita' militare era sottoposta ai capricci del partito. Il braccio politico del governo (il partito) aveva interferito con l'autorita' dell'esercito arrestando, processando e giustiziando i suoi uomini senza nemmeno consultarlo. Infatti, dopo gli arresti mi diede esplicitamente il permesso di usare l'arma che avevo in dotazione, se la Gestapo avesse tentato di arrestarmi. Naturalmente cio' sarebbe stato insensato, ma era indicativo della sua indignazione. Spesso mi sono chiesto quanto egli stesso fosse intelligente o circospetto, perche' usare le armi contro la Gestapo sarebbe equivalso ad un suicidio. Cio' mi fa pensare che si sia trattato di una reazione spontanea ed emotiva. Qualunque fosse il motivo, io ero evidentemente protetto quando mi trovavo in caserma sotto il suo comando. E' piu' che probabile che mi abbia salvato la vita. Durante gli interrogatori, della Gestapo prima e di un tribunale militare poi, per aver offerto aiuto ad una donna ebrea il cui figlio era stato giustiziato (offrendole rifugio e aiuto per lasciare clandestinamente la Germania), riuscii a negare qualsiasi coinvolgimento. Tuttavia quando appresi, tramite i miei contatti nella "Freiheitsaktion Bayern", che la Gestapo era di nuovo sulle mie tracce, compresi che forse non avrei avuto un'altra possibilita'; dato che non potevo lasciare la Germania, l'unica possibilita' che avevo di sfuggire alla Gestapo era di chiedere il trasferimento al fronte, cosa che di norma nessuno faceva volontariamente. Ma il fronte era l'unico luogo dove la Gestapo non aveva giurisdizione, e quindi il solo luogo "sicuro" per uno come me. Fui ferito sul fronte italiano.
Concludo leggendo il sesto e ultimo volantino. Fu scritto da Kurt Huber dopo la sconfitta tedesca a Stalingrado, e distribuito da Hans e Sophie Scholl nell'edificio principale dell'universita' in quella mattina fatale del 18 febbraio 1943. (...).
(Fine)

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Note
1. La conferenza che pubblichiamo venne tenuta nel 1997. Il 18 febbraio 1943 vennero arrestati Sophie e Hans Scholl, il giorno successivo fu arrestato Christoph Probst. Il 22 febbraio 1943 furono portati davanti al tribunale speciale (Volksgerichtshof, Corte di Giustizia Popolare), condannati a morte e decapitati qualche ora dopo il processo.
2. In tedesco Flugeblaetter der Weissen Rose.
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