Riflessione sulle occasioni perdute

di Alberto Labate Docente presso l'Università di Firenze

Discorso tenuto al Forum "Verso i Corpi Civili di Pace"
Bologna 6 – 8 giugno 2003

Alex Langer è stato il primo parlamentare europeo ad avanzare la proposta di Corpi Civili di Pace Europei e recentemente c’è stata una nuova mozione del Parlamento Europeo che richiama Alex Langer, anche se all’interno di un quadro molto militaresco. In seguito si vedrà se l’idea della Presidenza Greca e di Prodi, di anticipare l’esercito europeo con un primo nucleo di Corpi Civili di Pace Europei sia un’ipotesi realizzabile o meno. Dal Titolo del testo di Paolo Bergamaschi che poi approfondirà questo argomento, non mi sembra un ipotesi molto realizzabile. Vi si intuisce molto di più l’idea di un’Europa armata e quindi con un problema di fondo su cui riflettere.

Ho cercato di buttar giù delle riflessioni, senza dover ripetere storie e cose già scritte e dette. Riflessioni un po’ autocritiche perché mi sembra che intorno al movimento pacifista ci sia un po’ troppo autocompiacimento per il sorprendente successo delle manifestazioni del 15 febbraio 2003, quando milioni di persone sono scese in piazza per manifestare contro la guerra. E, sicuramente, bisogna prendere atto di questo evento e della sua forza intrinseca. Però mi sembra doveroso prendere altresì coscienza dei limiti della nostra azione, che sono molto forti;

Prima riflessione:
Durante la prima guerra del Golfo eravamo riusciti a convincere le autorità iraqene, che avevano promesso di invitare per Natale i parenti degli ostaggi, di liberare gli ostaggi e di invitare anche i pacifisti, cosa che è stata fatta. Ci siamo andati ed eravamo nel campo della Pace che avevamo organizzato in Iraq. Purtroppo la liberazione degli ostaggi, che doveva servire come primo atto di apertura del regime di Saddam Hussein ricevette la risposta di Bush padre che fu di un cinismo terribile – “Hanno liberato gli ostaggi, quindi ora possiamo bombardare” –
Così, invece di servire ad aprire un dialogo di mediazione, il successo ottenuto della liberazione degli ostaggi fu funzionale all’accelerazione dell’inizio del conflitto. In quest’ultima guerra del Golfo è successo qualcosa di analogo, il movimento è sceso in piazza in modo massiccio, alcune nazioni nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU hanno manifestato la loro contrarietà alla guerra, il Parlamento dell’Unione Europea ha espresso un parere contrario, ma purtroppo tutto questo è servito solo a ritardare la guerra, e a far distruggere nel frattempo dai 70 ai 100 missili a lungo raggio che violavano le regole internazionali, e di nuovo un ufficiale dell’esercito USA ha commentato – “Ora che hanno distrutto i missili più pericolosi potremo intervenire con maggiore sicurezza per i nostri soldati” – Quindi anche questa volta non siamo riusciti a fermare la guerra e abbiamo addirittura facilitato i portatori di morte. E questo deve farci riflettere!

Seconda riflessione sulle occasioni mancate:
Nella prima guerra del Golfo, il Governo Svedese aveva formulato una proposta di mediazione che noi avevamo ripreso e sostenuto, e che fu accolta con molto interesse anche dagli iraqeni, i quali erano disposti a ritirarsi unilateralmente dal Kuwait a patto che venissero sostituiti dai Caschi Blu dell’ONU, formati da paesi che non fossero coinvolti con le minacce di guerra guidate dagli USA. Oltre ai Caschi Blu dell’ONU ci sarebbero stati anche Caschi Bianchi o Berretti Bianchi, chiamateli come volete, comunque delle forze civili nonviolente o Corpi Civili di Pace, formati da tutte le organizzazioni che erano già intervenute in Iraq e che sarebbero andate in Kuwait, dove sarebbero rimaste per aiutare la popolazione civile e, al contempo, per organizzare una Conferenza ONU sul Medio Oriente. Sappiamo benissimo che il problema dell’Iraq e del Medio Oriente più in generale non si risolve senza risolvere il problema della Palestina occupata dall’esercito israeliano e che, la famosa mozione dell’ONU che chiedeva l’eliminazione di tutte le armi di distruzione di massa, è una mozione che riguarda anche Israele, ma in realtà Israele non l’ha mai presa in considerazione, mentre in Iraq si è fatta la seconda guerra dicendo che c’erano armi di distruzione di massa nonostante pare invece non ci siano. Per arrivare alla provocazione di John Galtung che, quando è venuto a Firenze per inaugurare il nostro corso per Operatori di Pace, ha detto chiaramente che quelle armi ce le avrebbero messe gli americani.
Ora, la proposta di mediazione del Governo Svedese era stata concordata anche con Papisca in Kossovo e doveva passare attraverso Picco, suo amico, che lavorava nella segreteria dell’ONU, dove giunse insieme al nostro programma che comprendeva la presenza, alla Conferenza sul Medio oriente, di un certo numero di saggi che includevano lo stesso Papisca, Padre Balducci e qualche premio Nobel in modo che il segretario dell’ONU si muovesse promuovendo un lavoro di mediazione in sintonia con il progetto Svedese da noi sostenuto. Ma gli altri movimenti pacifisti non ci sono stati e hanno organizzato una grande manifestazione che nei fatti non è servita a nulla. E questo, a mio avviso, è un limite, questo attardamento e attaccamento alle grandi manifestazioni che durano un giorno ma che poi non risolvono il problema.

Terza riflessione:
Anche nella guerra yugoslava troviamo occasioni mancate di notevole portata; mi ricordo della Piattaforma per la Prevenzione dei Conflitti Armati che, alvuni anni orsono, tenne una riunione presso la Comunità di Sant’Egidio a Roma, dove si discusse anche del problema del Kossovo. E, ai tempi, feci notare la necessità di aumentare lo sforzo per la prevenzione della guerra in quella zona, ma l’unica associazione che rispose alla mia richiesta fu la Comunità di Sant’Egidio, tutte le altre si resero indisponibili, per ragioni economiche o altro, per poi intervenire successivamente al conflitto e raccogliere i fondi destinati alla ricostruzione e agli aiuti umanitari. Mentre la Comunità di Sant’Egidio lavorò in silenzio andando subito a proporre una mediazione ai vertici politici di Serbia e Kossovo, Milosevic e Rugova, senza tener conto che nei conflitti squilibrati, come in quel caso, prima bisogna riequilibrare il conflitto e poi andare a mediare con i vertici del potere. Quindi prima bisognava superare le divisioni interne dei kossovari, in cui si confrontavano i sotenitori della nonviolenza costruttiva e quelli della violenza attiva, cercando di creare un fronte comune da cui poi far partire la mediazione. Invece la mediazione della Comunità di Sant’Egidio è andata a vantaggio di Milosevic che ne assunse la paternità, riuscendo ad ottenere la fine delle sanzioni di primo livello, il riconoscimento della Serbia come mercato privilegiato da parte dell’Europa, grazie anche al nostro Dini, e, sostanzialmente, senza poi applicare nei fatti l’accordo proposto dalla Comunità di Sant’Egidio con la loro mediazione ai vertici del potere.
Una cosa ancora peggiore causata da questa Piattaforma per la Prevenzione dei Coflitti Armati che ha funzionato per anni e che dovrebbe essere ancora attiva, almeno sulla carta, anche se non si riunisce più, è la seguente; si era ottenuta la possibilità di aprire tavoli di concertazione tra ONG e Ministeri della Difesa, degli Esteri ecc … il primo di questi tavoli era proprio sul Kossovo e ci si era impegnati a scrivere un testo da proporre insieme alla Comunità di Sant’Egidio, ma da parte loro non ci fu nessuna risposta, i tavoli rimasero vuoti e l’Italia a Rambouillet fece una delle figure più cacine di questo mondo, invece di aiutare la Pace, aiutò la guerra!

Quarta riflessione:
Quando Galtung è venuto a parlare a Firenze, era gennaio 2003, ci disse chiaramente che aveva informazioni dirette sufficientemente attendibili che se si fosse riusciti a mandare centomila “Protettori Civili” in Iraq, a difendere acquedotti, ospedali, mercati e in ogni altro luogo fondamentale per la vita della società civile iraqena, questo avrebbe impedito la guerra, o quanto meno ne avrebbe reso molto difficile il suo svolgimento. Ma purtroppo quando mai si riesce ad organizzare dei numeri di questo genere, anche nei Balcani, il massimo che si è riusciti a raccogliere sono due o tremila persone, numero significativo ma assolutamente lontano dall’organizzazione di centomila persone che si mobilitano a livello mondiale per impedire una guerra. Cosa che presuppone un salto di qualità organizzativo da parte nostra e che al momento rimane pura utopia, in quanto rimaniamo ad un livello di dilettantismo orgaizzativo spaventoso. Diciamolo chiaramente!
Ora, i centomila “Protettori Civili” nel caso dell’Iraq, probabilmente non sarebbero stati accettati dal regime di Saddam Hussein, perché preferiva le bombe ai “Protettori Civili”, che avrebbero potuto creare un clima avverso al suo regime e, in qualche modo, lo avrebbero danneggiato e messo comunque in crisi. In realtà, alcune centinaia di “Scudi Umani” sono andati in Iraq, e tra loro, anche alcuni dei famigliari delle vittime delle Torri Gemelle di New York, ai quali bisogna dare atto di questo coraggioso impegno. Ma in definitiva quando andiamo in zone di conflitto non si riesce a restare a lungo termine, perché ognuno di noi ha i suoi impegni famigliari e di lavoro. Ma se vogliamo veramente eliminare la guerra dallas storia, bisogna essere inn grado di mobilitare decine di migliaia di persone per un tempo sufficientemente lungo da non ritardarne solamente l’inizio, ma da ostacolarne definitivamente la sua attuazione.

Ora, per concludere, il bilancio che esce da queste riflessioni è che non basta la grande manifestazione di una giornata, ma c’è bisogno di impegni molto più radicali, credo che manchi attualmente una strategia e un coordinamento che permetta al nostro lavoro di essere molto più efficace e molto più efficiente. Penso a quei giovani volontari che sono morti a Gaza, vittime del terrorismo israeliano, come pure ai molti altri vittime di quello palestinese. Penso a questi volontari e all’isolamento in cui sono stati lasciati proprio dalle autorità dei loro paesi, dagli organismi internazionali e, a volte, anche dalle loro stesse organizzazioni che li mandano in zona di conflitto. E credo che se noi continuiao a mandare volontari in zone di conflitto per attuare azioni di prevenzione dello stesso, dobbiamo riuscire a tenere quel minimo di posizione politica e di appoggio che permetta loro di avere un ruolo più importante, se invece continuiamo così, faremo solo il solletico ai venditori di armi, senza riuscire a fare nessun passo reale per eliminare la guerra dalla storia. Guerra che oggi si maschera da “umanitaria”, o “per la democrazia”, o “contro le armi di distruzione di massa”, o “contro il terrorismo”, quando invece essa stessa fomente il terrorismo offendo ragioni alla sua proliferazione, sono tutte invenzioni mediatiche che non cambiano la sostanza, e cioè che la guerra è un fenomeno di una crudelté e cecità bestiale e che non potrà mai portare ad un mondo diverso e migliore di quello attuale.
Vorrei concludere rileggendo quelli che sono gli obiettivi di questo Forum, e cioè:
di creare una sinergia tra coloro che in Italia si occupano di Corpi Civili di Pace che:
- facilitino il lavoro delle organizzazioni membre,
- lavorino per poter dare un riconoscimento ufficiale alle organizzazioni membre facendone aumentare il peso politico,
- s'impegnino a sostenere i volontari delle organizzazioni membre nel loro lavoro sul campo,
- cerchino in tutti i modi leciti di reperire fondi che sostengano i progetti delle organizzazioni membre,
- acquisiscano i report dei monitoraggi dei volontari sul campo e li facciano circolare tra i membri del Parlamento Europeo.

Per gli organizzatori del Forum l'impegno per la pace non è solo una dichiarazione di principio, lontana dal realismo della politica internazionale. Scegliere la pace significa costruirla negli atti concreti, nelle scelte quotidiane ed in quelle di politica estera, non solo durante i momenti di crisi.


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