I perché di un Convegno
di Alberto L'Abate

Il convegno è la chiusura del progetto della Rete Europea di Università per la Pace (cui hanno aderito finora 9 Università o Centri di Ricerca, di cui 4 italiani, e 3 dei Balcani, ma cui varie altre Università e Centri di Ricerca italiane e straniere, si sono dichiarate interessate ad aderire, e stanno realmente aderendo), e l’inizio invece di un altro progetto, di stretto rapporto tra l’Università di Firenze e quella di Belgrado, in vista di costituire in questa ultima Università un primo nucleo di un Master di Studi per la Pace che si dovrebbe in seguito allargare a livello europeo e forse diventare anche un dottorato.
Come è scritto nel documento sottoscritto dalle Università facenti parte del progetto:
“Per raggiungere una valida integrazione Europea è necessario costituire una cultura di pace comune che, a nostro avviso, non è stata sufficientemente presente nella storia recente di questa area. Eventi politici recenti che hanno visto impegnati paesi di questa area ed anche l’Europa (conflitti in Iraq, nell’ex-Jugoslavia, nel Medio Oriente, ecc.,) hanno mostrato la debolezza di una linea di intervento comune che appoggiasse i processi di pace. Il ruolo dell’Europa è stato strutturalmente debole e qualitativamente inferiore alle reali possibilità di ricerca e di ricerca per l’azione che sono presenti nell’area. Secondo noi la frammentazione delle attività di ricerca scientifica in Europa, anche se singolarmente di alto livello, non ha permesso la nascita di una adeguata cultura, teorico-pratica, sulla prevenzione, la gestione costruttiva, e la risoluzione nonviolenta dei conflitti armati….. Una rete di questo tipo sembra particolarmente importante per un attuale e futuro valido inserimento dei paesi dell’ex-Jugoslavia all’interno dell’Europa, con riferimento al patto di stabilità ed agli accordi di Ancona e di Bologna.
Infatti lo smembramento della ex-Jugoslavia ha acutizzato, in questa area, i problemi dei rapporti tra territori con abitanti di etnie, culture e religioni diverse. L’Università, in questo progetto, si pone come partner che può lavorare per tendere a superare queste barriere cercando di operare per la comprensione reciproca e per la elaborazione di progetti comuni che puntino ad una rivitalizzazione culturale della società civile, in vista di una crescita della comunità sui problemi dello sviluppo del processo democratico e del superamento dei conflitti tra etnie e tra paesi e nazioni diverse.”
Ma se andiamo a vedere quello che sta realmente avvenendo a livello europeo i problemi esistono e non sono di secondo piano. Nel trattato di Costituzione Europea firmato a Roma il 22 Ottobre 2004, pur dichiarando, in vari punti, che la difesa si può fare sia con le armi che con strumenti civili, di fatto si parla ripetutamente e si istituisce una “Agenzia Europea per la Difesa” con compiti di coordinamento delle politiche militari dei vari paesi membri. Perciò, in nome della sicurezza, si stanno aumentando le spese militari, naturalmente a spese di quelle sociali, e cioè dell’assistenza alle fasce più deboli come i bambini e gli anziani, che viene sempre più lasciata alla carità, alle assicurazioni private, od alle singole famiglie. Ed in nome della sicurezza l’Europa sta lavorando anche per dare vita ad una polizia europea.. Ma la sicurezza sta realmente solo in una difesa armata, e data l’attuale politica militare che considera la difesa non come protezione del territorio del proprio paese, ma come difesa dei suoi interessi in tutte le parti del mondo (il che si lega più ad un attacco che ad una difesa) non ci sarebbero proprio altre strade per difendersi meglio?. Uno dei padri della nonviolenza, il Mahatma Gandhi ha scritto che la migliore difesa è “il non aver nemici”. Ma questo significherebbe il rivedere tutta la politica, anche dell’Europa, e porsi in primo piano il problema degli attuali squilibri tra mondo sviluppato, che sfrutta oltre l’80% delle risorse del mondo, e quello sottosviluppato cui restano solo le briciole, e perciò il pensare seriamente, da una parte, ad uno sviluppo alternativo, che non distrugga il nostro pianeta, e che non sfrutti le sue risorse in modo tale da deprivare di qualsiasi possibilità di sviluppo le generazioni future, e, dall’altra, ad una reale prevenzione dei conflitti armati (che, su dichiarazione degli stessi militari, non è compito né competenza loro). Per questo bisogna cominciare seriamente a comprendere l’importanza e l’efficacia delle lotte nonviolente, fatte da popolazioni intere, che, in questo secolo, hanno avuto successi importanti, sia per abbattere dittature sostanzialmente militari (Filippine, Cile, Paesi dell’Est), sia per la liberazione da regimi di tipo coloniale (India, Sud Africa), sia infine per difendere i diritti delle minoranze (Danimarca, Stati Uniti), ecc. Ma questo significa che l’Europa dovrebbe pensare seriamente a preparare la popolazione a difendersi attraverso le armi della nonviolenza, ed a dar vita a quei Corpi Europei Civili di Pace che il Parlamentare Alto-Atesino Italiano, Alex Langer, aveva fatto approvare, fin dal 1995, dal Parlamento Europeo, e che varie mozioni successive dello stesso Parlamento hanno visto come parte fondamentale di una politica europea che puntasse alla prevenzione dei conflitti armati.
.Purtroppo proposte innovative, come quella di considerare come parte della politica di sicurezza non solo le forze armate, ma anche i corpi europei civili di pace come strumento importante di una politica europea di prevenzione dei conflitti armati, sono ancora piuttosto emarginate. La nuova Costituzione Europea, firmata a Roma il 22 Ottobre, li prevede, ma anche andando contro la volontà delle ONG che si occupano di aiuti umanitari, come appoggio a queste ed all’interno della politica di emergenza, dimenticando del tutto che il ruolo principale di questi organismi potrebbe, e dovrebbe, essere, sia quello della prevenzione dei conflitti armati, sia l’organizzazione di forme di Difesa Popolare Nonviolenta di fronte ad eventuali invasori esterni o colpi di stati interni, sia infine di interventi mirati per la ricostruzione del tessuto sociale dopo i conflitti.
La politica europea ha sempre dato una eccessiva importanza alla ricostruzione delle strutture fisiche (case , industrie, ecc.), sicuramente fondamentali, ma ha sempre trascurato invece la ricostruzione dei rapporti umani dopo i conflitti armati, che sono sicuramente molto importanti perché, in caso contrario, c’è il grosso rischio che i conflitti si ricreino e riesplodano. Per questo corpi del genere di quelli previsti dalla proposta Langer potrebbero essere fondamentali. C’è inoltre la proposta, presentata dalla EPLO (European Peace Lobbing Organization), (una organizzazione di cui fanno parte molte ONG che intervengono, in forma civile, nei conflitti armati, ed anche la Rete Italiana per i Corpi Civili di Pace) di costituire, accanto all’”Agenzia Europea per la Difesa”, o come parte di questa stessa, una Agenzia Europea per la Costruzione della Pace. Questa agenzia dovrebbe, se approvata, portare avanti sia ricerche, sia ricerche-intervento, sia iniziative, come ad esempio i citati Corpi Europei Civili di Pace, per la prevenzione dei conflitti armati, per l’interposizione civile in caso di conflitti, o per la ricostruzione dei rapporti civili ed umani, o per lavorare per il superamento delle ingiustizie interne o esterne che possono portare a conflitti armati.
Il nostro convegno ha come uno dei suoi principali obiettivi proprio quello di dare corpo ad una proposta di questo tipo e di farne capire l’importanza all’opinione pubblica italiana, dato il fatto che il nostro paese, con la costituzione di un Comitato Nazionale Consultivo per la Difesa Nonarmata e Nonviolenta, e con l’esistenza di una legge che prevede la sperimentazione di forme di difesa nonarmata e nonviolenta, e che prevede che gli attuali Obbiettori di Coscienza, ed i Volontari del Servizio Civile Nazionale, possano intervenire anche all’estero in operazioni di questo tipo, è quasi all’avanguardia tra i paesi europei.
Una grossa importanza, all’interno di una politica di pace, è quella della formazione e dello sviluppo di forme di Difesa Nonviolenta di base, che forse potrebbero permettere alla nuova Europa di eliminare, almeno gradualmente, gli eserciti, da una parte attraverso la costituzione, prevista nello statuto delle Nazioni Unite, di una vera e propria polizia internazionale per fare applicare le sentenze del Tribunale Penale Internazionale, e dall’altra, dall’organizzazione di forme efficaci di difesa nonviolenta.
Naturalmente non possiamo caricare il nostro convegno di aspettative troppo grandi, ma vorremmo che fosse almeno un momento importante di approfondimento teorico su questi temi ed anche di avvio di un processo che si muova verso la direzione indicata che potrà essere ulteriormente sviluppato nelle iniziative che si studieranno nel convegno stesso.
Altri documenti preparatori del convegno, ed eventuali aggiornamenti del programma, si possono trovare nel sito Web del Corso di laurea in “Operazioni di Pace, Gestione e Mediazione dei Conflitti” dell’Università di Firenze, “http://www.operatoriperlapace.unifi.it”

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