Intervento Per Il Seminario del Comitato Dcnan
19 maggio 2005, Roma
di Maria Carla Biavati
Vice Presidente dei Berretti Bianchi Onlus

Faccio parte di una piccola ONLUS che si chiama “Berretti Bianchi” e collaboro da molti anni con padre Angelo Cavagna (membro del Comitato promotore di questo Convegno).

Non lo dico per polemizzare, ma sono la prima voce femminile intervenuta nel dibattito. Lo dico per questione di genere... io credo che le donne, nel senso proprio di genere, abbiano molto da dire sulle pratiche dell’azione civile nonviolenta nelle società dove hanno sempre dovuto interpretare e proporre, diciamo così, un tipo di relazioni nuove.

Ma, a parte questa battuta, volevo ritornare ad un progetto costruttivo, non solo ad una denuncia di carenze. Perché, secondo me, e secondo il punto di vista che porto, ormai ci sono quarant’anni di esperienze che sono sul campo e quindi agite, reali, realizzate. Cosa si può fare perché queste esperienze, come diceva il prof. Consorti, possano giungere alla luce in maniera omogenea dando dei frutti che possano modificare l’andamento attuale?

Allora, secondo me la difesa, il sacro dovere della difesa, è anche un sacro diritto, appunto, non solo un servizio dovuto, ma un’esigenza prioritaria, io sono un civile e devo essere difeso, faccio parte di un paese, di una nazione e, come tale, ho il diritto ad essere difeso con i mezzi che ritengo più idonei al mio mantenimento in vita, quindi cerco di scegliere, tra gli strumenti di difesa che sento miei propri, quelli che mi sono più consoni.

Nel senso che la mentalità civile deve per forza trovare uno spazio di dialogo con la mentalità militare impiegata oggi nei progetti di difesa del territorio. Questo è il problema. Oggi si è parlato dal punto di vista strategico e territoriale, si è parlato dal punto di vista delle relazioni interpersonali, del cambiamento della società, ma bisogna anche parlare della capacità di considerazione del civile all’interno delle situazioni di pre-conflitto e post-conflitto.

Oggi vengono chiamati danni collaterali, gli incidenti che privano della vita i cittadini nelle guerre guerreggiate. E si osserva che dalla seconda guerra mondiale ad oggi, il numero dei civili morti nei conflitti ha un incremento esponenziale rispetto a quello dei soldati degli eserciti belligeranti. A dimostrazione del fatto che non si riesce ad attuare una politica di protezione dei civili se non a posteriori, e mai durante l’attuazione dei conflitti guerreggiati.

Avevo pensato a tre punti per considerare un’effettività della proposta di cambiamento sul concetto di difesa;

Il primo punto consiste nel cercare di organizzare, in maniera adeguata i dati. Cioè riuscire ad ottenere una mappatura degli interventi, ordinati in maniera scientifica collaborando con tutti gli istituti di ricerca, cercando di sostenere quei progetti che riescono a conservare la storia dell’esperienza, perche’ questa sia poi fruibile in futuro. In modo da poter condurre uno studio di fattibilità che tenga conto della ricerca, della formazione e dell’esperienza sul campo praticata nel passato, del successo o dell’insuccesso e della progettazione futura.

La seconda considerazione, consta nella capacità di strutturare dei finanziamenti che implementino progetti aperti alla possibilità di sperimentare. E su questo non vedo solamente l’attuazione di progetti all’estero, bensì l’attuazione di progetti nazionali ed extra nazionali, di pari passo. Credo fortemente nel tessuto della nostra società civile e nella sua capacità di interpretare e portare alla luce i conflitti con metodi decisamente non armati e nonviolenti e vedo, in questo, la possibilità di una forte sinergia tra l’esperienza dei volontari sul campo e la preparazione dei servizi civilisti che sono un branca importante della società civile ma non esaustiva di un intervento di difesa civile programmato.

La terza ed ultima considerazione è il raccordo con le esperienze legislative sovranazionali, cioè con questi famosi Corpi Civili di Pace europei che vengono presentati alla Comunità Europea da Alex Langher già nel 1995 e che, nonostante siano stati riconosciuti dal Parlamento Europeo nel 1999, non sono mai stati implementati. Oggi dobbiamo riuscire ad accorpare le proposte che emergono a livello europeo e globale, e sono numerose, con le esperienze nazionali italiane. Faccio un esempio tra tutti: l’esperienza del servizio civile tedesco che ha una storia, diciamo così, da portare per aiutare questo nostro percorso nazionale che adesso si agisce.

Concludo sottolineando ciò che ha detto padre Angelo Cavagna nel ricordare che l’obiezione di coscienza non si è estinta con la sospensione del servizio di leva obbligatorio ma che rimane un punto focale sia per la difesa civile non armata e nonviolenta sia per il futuro della conoscenza e di ciò che saremo chiamati ad affrontare domani.

TOP