PRIMAVERA, TEMPO DI BILANCI PER I NETWORK EUROPEI.
a cura di Matteo Menin

In un contesto in cui la sicurezza di noi tutti è legata sempre più a variabili che trascendono la dimensione nazionale, in cui gli strumenti istituzionali e politici per affrontarla, pur restando ahinoi essenzialmente tradizionali (militari e di polizia), assumono una crescente dimensione internazionale ed europea, lo sviluppo di una dimensione transnazionale della sicurezza civile e dei suoi strumenti diviene una scelta obbligata.
Marzo ed aprile sono stati mesi di intensa attività per l’azione internazionale del CSDC. Come vi abbiamo anticipato nel numero di febbraio di Pacedifesa, dal 26 al 30 marzo, si sono tenute a Dunblane (Scozia) le assemblee annuali di EN.CPS e delle Organizzazioni europee membre di NonviolentPeaceforce . Dal 31 marzo al 2 aprile, invece, si è tenuta a Dublino la conferenza sul ruolo della società civile nella prevenzione dei conflitti, organizzata dalla European Platform for Conflict Prevention and Transformation (EPCPT ) – in collaborazione con l’ufficio europeo di collegamento per il peacebuilding (EPLO ) – e dal Governo irlandese . Il 22 aprile, inoltre, si è tenuta a Bruxelles l’assemblea generale di EPLO (a cui il CSDC partecipa attraverso il network EN.CPS), la Rete Europea per i Servizi Civili di Pace è stata rappresentata dal CSDC.
Questi incontri, hanno permesso al Centro Studi, di fare un primo bilancio delle attività europee ed internazionali e di individuare le priorità dell’azione di rete per il prossimo anno.

In un contesto in cui la sicurezza di noi tutti è legata sempre più a variabili che trascendono la dimensione nazionale, in cui gli strumenti istituzionali e politici per affrontarla, pur restando ahinoi essenzialmente tradizionali (militari e di polizia), assumono una dimensione internazionale ed europea crescente, lo sviluppo di una dimensione transnazionale della sicurezza civile e dei suoi strumenti diviene una scelta obbligata.
Il riconoscimento di quest’esigenza, insieme alla coscienza delle assai ridotte risorse delle organizzazioni della Società Civile italiane che operano nell’ambito della trasformazione nonviolenta dei conflitti e della ricerca di soluzioni alternative alla violenza bellica ha portato il CSDC ad accettare la sfida di costruire una rete con altre realtà europee (di media e piccola grandezza) che si occupano di tradurre in realtà operativa e in priorità politica i corpi civili di pace (sono così nate la rete EN.CPS e le Nonviolent Peaceforce).
Attraverso questi network si è realizzata il primo progetto mondiale di impiego dei corpi civili di pace (il progetto di NP in Sri-Lanka) e continua la ricerca di fondi per la realizzazione del primo progetto pilota europeo a Cipro. Sono stati presi in considerazione altri possibili progetti in altre aree.
La partecipazione a queste reti, però, ci ha anche permesso di proporci come partner per le grandi organizzazioni europee, per lo più del nord Europa, che si occupano di prevenzione dei conflitti violenti e costruzione della pace, e ciò ha consentito al CSDC di contribuire attivamente alla promozione politica della sicurezza civile e di strumenti alternativi a quelli militari in Europa - a contribuire ad esempio allo studio di fattibilità del Parlamento Europeo sui Corpi civili di pace europei, o alla proposta di una generale riforma degli strumenti e strutture dell’UE per la gestione delle crisi e la costruzione della pace e, conseguentemente, alla possibile creazione di un’agenzia europea per il peacebuilding. Si tratta, in altre parole, di portare lo specifico approccio del CSDC dalla dimensione nazionale a quella europea ed internazionale.

Se la partecipazione alle reti e uffici di coordinamento è essenziale, non c’è alcun dubbio che sia anche questa una sfida in sé. Se in EN.CPS vi è un’ampia convergenza dovuta al comune approccio al tema della sicurezza e alla chiarezza dell’obiettivo dei servizi civili di pace ed in NP una completa identificazione delle organizzazioni membre con la mission della creazione di un primo Corpo civile di pace internazionale, le difficoltà non mancano, legate soprattutto ai diversi stili di lavoro.
Quando si passa ad analizzare l’attività all’interno di una rete più grande come EPLO, invece, appare prevalere una difficoltà che va oltre le diverse visioni ed approcci alla costruzione della pace, ed investe i rapporti di forza legati alle dimensioni e alla diversità di struttura delle organizzazioni; a questo si aggiungono naturalmente le difficoltà intrinseche che il rapporto fra OSC e istituzioni europee comporta, che costituisce il lavoro quotidiano di EPLO. Per capire quali sono i vantaggi ed i limiti della partecipazione a queste iniziative è importante fare due esempi.
Grazie alla partecipazione ad EN.CPS ed EPLO, il Centro Studi Difesa Civile, dicevamo, è stato coinvolto nella preparazione dello Studio di fattibilità sui Corpi Civili di Pace Europei. Lo studio (già disponibile nell’edizione originale in inglese e che stiamo traducendo in italiano) è un compromesso fra le diverse idee raccolte e riflette soprattutto la visione degli autori, ed in particolare di Catriona Gourlay di ISIS. I contributi del CSDC, accolti solo in parte, hanno tuttavia permesso di sottolineare l’importanza del coinvolgimento – in particolare in alcune situazioni - di personale volontario, seppur professionalmente preparato, ed il non esclusivo ricorso a professionisti o funzionari; o l’importanza dell’apporto formativo che molte Osc che si occupano di conflitti possono fornire allo stesso personale governativo; o ancora la necessità di fornire adeguati finanziamenti alla realizzazione di questo progetto.
Nei prossimi anni, anche sulla scia di quanto già fatto in Italia con la pubblicazione delle due ricerche “La Difesa Civile e il progetto Caschi bianchi” e “Le Ong e la trasformazione dei conflitti”, ci potrebbe essere quindi un maggior coinvolgimento nella dimensione europea della ricerca sulla sicurezza.

La proposta di un’Agenzia Europea per il Peacebuilding (EPA) è frutto di un lavoro molto intenso di un working group interno ad EPLO (a cui hanno partecipato ben quattro membri di EN.CPS e NP ed i risultati finali, sebbene non ancora pienamente soddisfacenti, sono incoraggianti.
Un primo confronto sulla proposta con i rappresentanti istituzionali e di altre Ong, tenutasi in un incontro al PE, ci ha convinto a rivedere la prima versione del documento per renderla più comprensibile anche ai non specialisti del peacebuilding – anche in vista della Conferenza di Dublino - e potere allargare così la potenziale cerchia dei sostenitori (la nuova formulazione “Getting hard about soft security: european structural reform for peacebuilding” propone, infatti, una revisione strutturale della politica di prevenzione dei conflitti e gestione delle crisi, aprendo così la strada anche a contributi di specialisti in altre aree, pur lasciando inalterato il contenuto delle nostre richieste).
La successiva Conferenza di Dublino, che ha visto la partecipazione di più di 200 organizzazioni, ognuna interessata a confrontarsi ma anche a presentare le proprie idee e proposte, si è conclusa con la discussione e l’adozione di una Action agenda (un documento comune che sintetizza le diverse proposte) che, una volta sottoscritto dai partecipanti, sarà presentato al Governo Irlandese affinché ne faccia il cuore del prossimo programma dell’UE sulla prevenzione dei conflitti. I Servizi Civili di Pace e la proposta di una Riforma strutturale degli strumenti europei di peacebuilding (inclusi i Servizi Civili di Pace) è stata inserita nel documento finale fra le raccomandazioni a Governi, UE e ONU; fra i principi guida, inoltre, è stato indicata la necessità di rafforzare le capacità istituzionali a fornire una risposta civile nonviolenta e più volte è stata ricordata la necessità di un coinvolgimento delle Osc nei processi di definizione delle politiche e degli strumenti per affrontare i conflitti.
Se, quindi, non è stata adottata formalmente la proposta contenuta nel nostro documento finale, bisogna riconoscere che i contenuti delle nostre richieste sono stati complessivamente accettati ed inclusi nel documento. Resta da vedere quale sarà lo spazio dato a queste proposte dal Consiglio Europeo che il prossimo Giugno dovrà adottare il programma sulla prevenzione dei conflitti.
La Conferenza è stata anche un primo test importante e indicativo della capacità delle Osc europee che si occupano di prevenzione dei conflitti, di dialogare, confrontarsi e arrivare a posizioni comuni su ampia scala. Data la dimensione dell’evento, il giudizio è quindi nel complesso positivo, anche se le metodologie adottate per raggiungere il consenso hanno sollevato non pochi dubbi di trasparenza e verticalizzazione del processo decisionale. Anche su questo punto resta da vedere se e come le proposte fatte saranno inserite nel documento politico (background document) che accompagnerà, ampliandola, l’action agenda. E come verranno gestiti gli incontri futuri.


Lo studio di fattibilità sui CCP e la proposta di un’Agenzia Europea per il Peacebuilding- poi diventata proposta per una riforma strutturale dell’UE nel campo della trasformazione dei conflitti - soddisfano quindi solo in parte il CSDC. I risultati pur positivi rispecchiano, però, le dinamiche interne ai network e ci permettono di individuare delle necessità per il futuro lavoro.
La prima è quella di un potenziamento di EN.CPS quale organizzazione di riferimento per chi si occupa di corpi civili di pace e risoluzione nonviolenta dei conflitti in Europa (anche in vista dell’allargamento).
La seconda sta nel far crescere anche in Italia l’attenzione ed il sostegno, sia da parte delle Osc sia delle istituzioni ai diversi livelli (dal locale al nazionale), per le politiche e gli strumenti della prevenzione dei conflitti violenti, la loro trasformazione e, in generale, per la gestione civile delle crisi. Manca, infatti, ancora una sensibilità diffusa presente invece in altri paesi, soprattutto del nord Europa, e questo finisce per ripercuotersi nella capacità della società civile italiana di influire sui processi decisionali europei e quindi di contribuire ad un approccio che rispecchi anche le differenze culturali fra le diverse società civili europee.


Matteo Menin

Padova 28 Aprile 2004