FORUM VERSO I CORPI CIVILI DI PACE
Bologna 6 – 8 giugno 2003

Documento del Gruppo di Lavoro sulla Formazione
di Fabiana Bruschi, Berretti Bianchi

Il conflitto è una realtà complessa, poco conosciuta, poco studiata; quindi, il lavoro degli operatori di pace è molto difficile in quanto, se manca una preparazione adeguata, si può correre il rischio di commettere errori che possono causare danni alle persone con le quali e per le quali si lavora. Le difficoltà maggiori derivano dal fatto che la figura dell’ “operatore di pace”, essendo del tutto nuova, necessita di una costruzione in itinere e di una formazione che passa dalla teoria alla prassi e dalla prassi alla teoria attraverso continue verifiche. Finalmente anche il mondo accademico si sta aprendo alla formazione di queste figure professionali attraverso corsi triennali, specialistici o master che stanno sperimentando nuovi percorsi formativi. E’ perciò auspicabile che questi diventino un punto di riferimento anche per la formazione dei volontari del Servizio Civile Nazionale che risulta attualmente in fase di programmazione. Ciò garantirebbe, se concentrato sulla formazione dei formatori, una maggiore omogeneità nella preparazione e una rispondenza maggiore all’attuale legislazione italiana che prevede forme non armate di difesa e di intervento nonviolento in operazioni di pace all’estero. Affinché queste figure possano espletare al meglio i loro compiti è necessaria una politica estera di sicurezza che dia più spazio alla prevenzione dei conflitti armati come richiesto ripetutamente da varie mozioni del Parlamento Europeo. L’incremento di queste figure professionali con una buona preparazione, non solo non sarebbe alternativo all’impegno dei tanti volontari delle Ong che già operano in questo settore, ma potrebbe addirittura costituire un punto di riferimento valido e stabile per rendere più efficace il lavoro dei volontari stessi; tale efficacia dovrebbe inoltre essere sostenuta da una adeguata formazione che, per esprimersi al meglio, avrebbe bisogno di periodi più lunghi di intervento nelle aree interessate. Per questo sarebbe auspicabile un riconoscimento giuridico del lavoro dei volontari che, sulla scia della legge già operativa sulle emergenze naturali, permetta loro almeno tre mesi di congedo senza perdita del posto. Ciò consentirebbe a tante persone molto motivate ma impossibilitate attualmente a partecipare per impegni di lavoro, di offrire un valido contributo alla difesa nonviolenta del proprio paese e alla prevenzione dei conflitti armati in altre parti del mondo.

Per mettere meglio a fuoco l’attività di formazione il gruppo ritiene importante chiarire i compiti che i CCP, oggetto della formazione, dovrebbero svolgere; tra questi risultano fondamentali:
&Mac183; la prevenzione dei conflitti armati,
&Mac183; l’osservazione e il monitoraggio di possibili accordi tra le parti,
&Mac183; la mediazione,
&Mac183; l’interposizione,
&Mac183; la riconciliazione,
&Mac183; la ricostruzione del tessuto sociale,
&Mac183; il riequilibrio dei poteri,
&Mac183; l’accompagnamento di persone a rischio,
&Mac183; la creazione di infrastrutture di pace,
&Mac183; la mitigazione dei conflitti ecc…

Una prima ipotesi di formazione, focalizzata specificatamente verso persone disposte a impegnarsi per un tempo prolungato nei CCP, potrebbe prevedere un doppio livello:
1. UN CORSO INTRODUTTIVO che preveda l’analisi delle motivazioni, il metodo del consenso, la conoscenza della filosofia e delle tecniche nonviolente, la mitigazione e la gestione creativa dei conflitti, le tecniche di auto-protezione e di pronto soccorso, la conoscenza essenziale del Diritto Internazionale e Umanitario, la conoscenza delle tecniche e dell’organizzazione delle forme di polizia e degli apparati militari e dei sistemi d’arma. Particolare attenzione dovrà essere dedicata allo sviluppo di capacità quali l’ascolto attivo, il lavoro di gruppo, la promozione del dialogo, lo sviluppo di atteggiamenti assertivi, l’analisi degli aspetti relazionali, e la formazione interiore.
2. UN CORSO SPECIFICO che, a seconda del contesto in cui si opera, preveda la conoscenza almeno elementare della lingua ufficiale del posto, del contesto socio-culturale e storico, degli attori in campo, della condizione della donna, dei problemi economici, dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche dell’area di conflitto e della sua legislazione.

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